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Un mentore di Joseph Biden

di Julio Loredo

 

 

Non è passato inosservato, al meno per chi conosce la storia del cattocomunismo negli Stati Uniti, il fatto che il presidente Joseph Biden abbia messo dietro la sua scrivania del Salone Ovale l’effigie dell’agitatore César Chávez (1927-1993), presentandolo come fonte d’ispirazione e modello da seguire. Chi era César Chávez e perché Biden l’ha preso come mentore?

Nel settembre 1965 scoppiò in California un violento sciopero dei lavoratori agricoli nelle vigne. Fu l’inizio dell’ormai storico Delano Grape Strike, chiamato anche in spagnolo La Huelga (Lo Sciopero). Iniziato dai lavoratori filippini, lo sciopero fu subito fatto proprio dagli ispanici, che lo trasformarono in un movimento nazionale, portandovi tutto il bagaglio dell’allora nascente movimento della Teologia della liberazione (TdL). Fu, a tutti gli effetti, la prima grande “prassi rivoluzionaria” del cattocomunismo negli Stati Uniti, che coinvolse tra l’altro molti dei personaggi e dei movimenti che, nei decenni successivi, avrebbero formato la sinistra del Partito Democratico.[1]

Lo sciopero californiano trascinò il movimento di liberazione ispanico, allora chiamato Movimento Chicano o Brown Power, animato dalla cosiddetta Teologia della liberazione chicana (cioè messicana-americana). In concreto, lo sciopero coinvolse molti sacerdoti allineati a questa corrente. “Il movimento chicano ha dato ispirazione al clero chicano e, in seguito, a tutto il clero ispanico nel Paese – scrive il teologo della liberazione Virgilio Elizondo, partecipante a questi fatti – Abbiamo iniziato a organizzarci e a lavorare per il cambiamento”.[2] Infatti, molti di coloro che, negli anni successivi, formeranno il movimento della Teologia della liberazione negli Stati Uniti, furono iniziati all’attivismo rivoluzionario proprio in quello sciopero. Altri erano già membri di gruppi di sinistra all’interno dell’Azione Cattolica e vedevano la loro partecipazione allo sciopero come un corollario logico del loro impegno religioso progressista.

La star dello sciopero californiano fu senz’altro César Chávez, un tipico figlio del cattolicesimo sociale di sinistra. Egli vi fu introdotto da P. Donald McDonnell, un prete agitatore che vagava per i campi della California negli anni Cinquanta e che organizzava i lavoratori rurali attraverso degli schemi che assomigliavano molto a quelli delle cosiddette “Comunità ecclesiali di base” della Teologia della liberazione. “Il giovane Chávez incontrò padre Donald McDonnell, che aveva una passione per la storia del lavoro – scrive Stan Steiner nel suo libro sui messicano-americani – ogni sera discutevano insieme delle dottrine sulla giustizia sociale e le encicliche dei Papi”.[3] Encicliche, commento io, interpretate sempre dal punto di vista di quel cattolicesimo democratico condannato da Leone XIII e da S. Pio X.

Nel 1952 Chávez fu ingaggiato come agitatore da Fred Ross, rappresentante in California di Saul Alinsky, il teorico della rivoluzione comunista-populista negli Stati Uniti. Vicino al Communist Party USA, Alinsky (1909-1972) aveva subito capito che doveva lavorare insieme alla sinistra “cattolica”. Nel 1940 fondò l’Industrial Areas Foundation, una sorta di università per la formazione di agitatori professionali. L’IAF poi creò una fitta rete nazionale di Peoples’ Organizations, che in molti luoghi entrarono in simbiosi con le Comunità ecclesiali di base ispirate alla TdL. Chávez fu assunto alla Community Service Organization, facente capo all’IAF, e vi lavorò per ben dieci anni, ricevendo una formazione approfondita come agitatore professionale e divenendo una sorta di allievo principale di Alinsky.  

Nel 1962 il suo capo gli ordinò di organizzare i lavoratori agricoli nella valle di San Joaquín. Da quello sforzo nacque l’United Farm Workers Association (UFWA). Questo sindacato, insieme all’Agricultural Workers Organizing Committee, che congregava i lavoratori filippini, fu la fucina dello sciopero delle uve. Lo sciopero, di per sé una disputa di lavoro locale, fu abilmente trasformato in una causa nazionale, che galvanizzò la sinistra “cattolica”. Dietro le quinte, Saul Alinsky ne fu, indubbiamente, l’eminenza grigia.[4]

Il voto per dichiarare lo sciopero fu eseguito in una chiesa cattolica, dopo la preghiera del parroco, in una riunione presieduta dal ritratto del leader socialista e guerrigliero messicano Emiliano Zapata. Nonostante la flagrante partecipazione di agitatori comunisti - compresi alcuni arrivati appositamente ​​da Cuba - un flusso continuo di preti e di suore si recò nella valle di San Joaquín per unirsi alle barricate. Molti furono arrestati. I simboli religiosi, come lo stendardo di Nostra Signora di Guadalupe, erano onnipresenti. “Dio è al tuo fianco nelle barricate!” divenne il grido di guerra dei manifestanti. Messe quotidiane erano offerte per gli scioperanti, celebrate da sacerdoti attivisti vestiti con casule rosse con l’aquila nera dell’United Farm Workers. I sermoni erano fervidi proclama alla “Revolución”. Con il consenso del vescovo Hugh Donohoe, di Fresno, diversi sacerdoti funsero da “cappellani” degli scioperanti.[5]

Mons. William Quinn, ex direttore dell’Azione Cattolica di Chicago, si recò a Delano per dare sostegno al movimento, insieme a P. James Vizzard, S.J., direttore della National Catholic Rural Life Conference. La Huelga si concluse nel 1970 con la vittoria dei lavoratori, grazie alla mediazione di mons. Roger Mahoney, allora vescovo di Stockton e poi arcivescovo di Los Angeles. Incoraggiata dal successo, negli anni successivi la sinistra lanciò diversi progetti di Riforma agraria in California, ispirati ai modelli socialisti latinoamericani. Grazie alla pronta reazione di molte realtà cattoliche, tra cui la TFP Americana che fece all’epoca una grande campagna in merito, questi progetti non approdarono a nessun risultato.

Nel 1966, Political affairs, organo intellettuale del Partito Comunista americano, salutò lo sciopero di Delano e il suo leader César Chávez come un passo verso la rivoluzione socialista negli Stati Uniti: “Profondi cambiamenti si stanno svolgendo all’interno della Chiesa. (…) Nel nostro Paese la grande ascesa delle lotte democratiche negli ultimi anni ha portato nella prima linea di battaglia rappresentanti della Chiesa cattolica. (…) Nella sfera delle lotte economiche, possiamo segnalare come esempio emblematico il sostegno militante dato dai preti cattolici allo sciopero dell’uva a Delano, in California”. [6]

Molto si può scrivere ancora su César Chávez e, in generale, sul cattocomunismo in versione americana. Bastino queste poche righe per mostrare il tipo di militanza sinistrorsa della quale si proclama erede e continuatore Joseph Biden. Credo che non sia esagerato affermare che, con lui, la Teologia della liberazione si è insediata alla Casa Bianca.

Se a ciò aggiungiamo che, a fianco quella di César Chávez, Biden ha messo anche una foto di Papa Francesco, possiamo immaginare la rivoluzione che dovremo affrontare nei prossimi quattro anni.

 

[1] In realtà c’era già stato il Civil Rights Movement negli anni Cinquanta. Ma, nonostante la vistosa partecipazione di cattolici, questo fu piuttosto portato avanti dalla sinistra protestante.

[2] Virgilio Elizondo, “Mestizaje as a Locus of Theological Reflection.” In Marc Ellis and Otto Maduro, a cura di, The Future of Liberation Theology. Essays in Honor of Gustavo Gutiérrez, Orbis Books, New York, 1989, p. 359.

[3] Stan Steiner, La Raza. The Mexican Americans (New York: Harper & Row, 1970), p. 313.

[4] “Saul Alinky. The Guiding Spirit Behind Delano,” California Farmer, March 19, 1966.

[5] Cfr. Mark Day, Forty Acres. Cesar Chavez and the Farm Workers (New York: Praeger Publishers, 1971), in particolare il capitolo “The Churches and the Struggle,” pp. 53-60. Si veda anche Frank Bergon and Murray Norris, Delano, Another Crisis for the Catholic Church (Fresno, CA: Rudell Publishing Company, 1968); Cletus Healey, S.J., Battle for the Vineyards (New York: Twin Circle, 1969), in particolare il capitolo “Involvement of the Catholic Church,” pp. 41-46; “The Clergy and the Grapes,” News & Views, Vol. 32, No. 5, May 1969.

[6] Editorial Comment, “Communism and the Church,” Political Affairs, July 1966.