Missione a Londra. A proposito di un libro, riflessioni sul mistero inglese
di Julio Loredo
Nella storia moderna, l’Inghilterra protestante non ha fatto bella figura. Anzi. Dalle sanguinarie persecuzioni contro i cattolici all’epoca di Elisabetta I e di Oliver Cromwell fino alla guerra globale – misto di imprese militari e di pirateria – mossa contro l’impero spagnolo. Dalle vessazioni nei confronti dei clan cattolici delle Highlands, fino alla Glorious Revolution del 1688, che escluse i cattolici dal Trono, l’Inghilterra protestante si è comportata come un vero flagello. Non dimentichiamo che fino al 1829 i cattolici erano esclusi dalle cariche pubbliche. E che l’Irlanda dovette aspettare fino al 1921 per riacquistare l’indipendenza e, quindi, la libertà religiosa. La pagella della “perfida Albione” è pesantissima, come lo sono i suoi conti al cospetto di Dio.
Ciò porta talune persone a esprimere nei confronti della Gran Bretagna un giudizio ostile, assoluto e inappellabile. Giustificato per tanti versi, questo giudizio tuttavia non prende in considerazione ciò che uno scrittore una volta chiamò “the mystery of England”: l’evidente predilezione della Divina Provvidenza per questo popolo al quale, come a un figliolo prodigo e traviato ma pur sempre amato, ha più volte promesso la conversione secundum magnam misericordiam tuam. E qui entriamo in una logica superiore, appunto quella provvidenziale, che non sempre combacia con quella mondana.
L’Inghilterra è stata solennemente consacrata alla Madonna dal re Riccardo II nel 1381, ed è tradizionalmente chiamata “Our Lady’s Dowry” (Dote della Madonna). Fino alla pseudo-Riforma, i sovrani inglesi facevano un pellegrinaggio al Santuario nazionale di Walsingham – la “Nazareth britannica” – per rinnovare la consacrazione. Nonostante le vicissitudini storiche, sembra che la Madre di Dio non ha voluto rompere questo legame.
L’albero inglese tornerà alle sue radici cattoliche
“L’estrema corruzione e la malvagità della nazione inglese hanno provocato la giusta collera di Dio. Quando la malvagità sarà arrivata all’apice, Dio nella sua ira manderà al popolo inglese degli spiriti maligni che lo puniranno e lo affliggeranno con grande severità, separando l’albero verde dalla sua radice per la lunghezza di tre furlong. Alla fine, però, lo stesso albero, per la compassione e la misericordia di Dio, e senza alcun aiuto da parte delle autorità inglesi, ritornerà alle sue radici, rifiorirà e porterà abbondante frutto”.
Ecco quanto veniva misticamente rivelato al re Sant’Edoardo il Confessore nel gennaio 1066, secondo quanto racconta Sant’Ælred, vescovo di Rievaulx, nello Yorkshire. È la prima di molte profezie sulla conversione dell’Inghilterra.
Più noto è il sogno di san Domenico Savio nell’Oratorio di Valdocco nel 1850, raccontato dallo stesso Don Bosco, nel quale egli vide un Pontefice con una torcia sfolgorante che rischiarava le pianure dell’Inghilterra, fino a quel punto coperte dalle tenebre: “Man mano che [il Papa] avanzava, le tenebre a poco a poco sparivano e il popolo era inondato da tanta luce che sembrava fosse mezzogiorno”. Possiamo anche menzionare la profezia del Santo Curato d’Ars che, nel 1854, dichiarò dopo un’estasi: “Sono sicuro che la Chiesa d’Inghilterra recupererà il suo antico splendore”.
Durante l’apparizione di La Salette, la Madonna predisse: “Una grande nazione del Nord dell’Europa, oggi protestante, si convertirà e, a sua volta, porterà alla conversione di altre nazioni del mondo”. È stato sempre inteso che la Madre di Dio si riferisse proprio all’Inghilterra.
San Paolo della Croce fu chiamato dalla Provvidenza a trascorrere i suoi ultimi anni in preghiera e penitenza per la conversione dell’Inghilterra. Un frutto della sua dedizione fu la fondazione della Society for the Conversion of England, ad opera del sacerdote Passionista Ignatius Spencer.
Nella sua celebre opera Interpretatio Apocalypsis, il venerabile Bartolomeo Holzhauser scrisse: “Dopo che la desolazione avrà raggiunto il suo apice in Inghilterra, la pace sarà ristabilita e l’Inghilterra ritornerà alla fede cattolica con maggiore fervore che mai”.
Perciò la Chiesa, pur ribadendo la ferma condanna alle dottrine protestanti e alle persecuzioni contro i cattolici da esse ispirate, ha sempre mostrato una paternale sollecitudine nei confronti del popolo inglese. “Vogliamo che l’illustre nazione Inglese riceva da Noi una testimonianza della Nostra affettuosissima sollecitudine”. Con queste parole Leone XIII apriva la sua Lettera Apostolica Amantissimae Voluntatis, indirizzata “agli Inglesi che cercano il regno di Cristo nell’unità della Fede”. Questo, secondo il Papa, è stato l’atteggiamento costante della Chiesa: “Il Nostro amore e la Nostra sollecitudine verso di voi hanno illustri precedenti nelle azioni dei Pontefici Nostri antecessori”. Il Pontefice chiude la sua Lettera con una preghiera per la conversione dell’Inghilterra.
Un malessere mai sopito
Senza entrare in un’analisi che eccederebbe di molto il presente articolo, per chi studia le cose d’oltre Manica con una certa profondità, è chiaro che, nell’intimo dell’anima inglese, crepita un malessere mai sopito, una sorta di profonda nostalgia della Casa paterna acuita da un celato rimorso. In diverse occasioni nella storia recente, questo sentimento è affiorato e, illuminato dalla grazia divina, ha suscitato ondate di conversioni verso la Chiesa cattolica che, man mano, si sono trasformate in valanghe.
La prima ondata fu quella del cosiddetto Movimento di Oxford, iniziato negli anni Trenta del XIX secolo. Cercando la coerenza nella Fede, un gruppo di docenti legati alla famosa università cominciò a studiare la Patristica e la storia dei Concili, giungendo quindi alla conclusione che l’unica vera Chiesa è quella Cattolica Romana. Iniziarono così le conversioni, che portarono nel seno della Chiesa figure del calibro dei cardinali John Henry Newman e Henry Edward Manning, e alla formazione di quella corrente filo-cattolica nella Chiesa d’Inghilterra nota come Anglo-Catholic.
Fu un periodo di grande fermento religioso. Nel 1829 il Catholic Emancipation Act riammise i cattolici alle cariche pubbliche. Nel 1851, con la nomina del cardinale Nicholas Wiseman come arcivescovo di Westminster, il beato Pio IX ricostituì la gerarchia cattolica in Inghilterra. Nel 1871 l’Universities Test Act riammise i cattolici nelle università.
Negli anni Venti, in seguito alla richiesta di molti vescovi anglicani, si avviarono le Conversazioni di Malines, note in ambito inglese come Anglican-Roman Catholic Dialogue, per cercare un’intesa. Da parte britannica partecipò Lord Halifax. Da qui nacque, nel 1967, l’Anglican-Roman Catholic International Commission.
Il sentimento filo-cattolico era allora così forte che, nel 1971, una Lettera aperta sottoscritta da cinquantasette figure eminenti della vita culturale inglese chiedeva al Papa di permettere la Messa in rito romano antico, rigettando quindi il Novus Ordo. Paolo VI accolse la richiesta. Era il cosiddetto “Indulto di Agatha Christie”, dal nome della famosa scrittrice, che firmò la petizione
Più recentemente, la profonda crisi in cui versa la Chiesa d’Inghilterra, dopo l’accettazione degli omosessuali e la nomina di donne alle cariche ecclesiastiche, sta spingendo verso la conversione un crescente numero di anglicani, compresi numerosi vescovi e vicari. Perfino l’arcivescovo di Londra e il confessore della Regina Elisabetta si sono convertiti. Per accoglierli, nel 2009 Benedetto XVI scrisse l’Anglicanorum Coetibus, “circa l’istituzione di ordinariati personali per anglicani che entrano nella piena comunione con la chiesa cattolica”.
È risaputo che ci sono migliaia di anglicani pronti a dare il passo, ma sono dissuasi dal caos regnante nella stessa Chiesa cattolica. Temono di saltare dalla padella alla brace. Gli analisti sono d’accordo sul fatto che, se la situazione nella Chiesa fosse normale, la valanga delle conversioni sarebbe inarrestabile.
Missione a Londra
Su questo sfondo assumono il loro pieno significato diversi passaggi di un libro pubblicato lo scorso anno dalla D’Ettoris Editori: «Missione a Londra. Diario di un Cameriere segreto del Papa, Stanislao Medolago Albani», a cura di Luisa Maddalena Medolago Albani, pronipote di Stanislao. L’opera raccoglie la fitta corrispondenza del Conte Medolago Albani durante una missione diplomatica a Londra.
Nel 1911, per la prima volta dalla Riforma protestante, la Santa Sede (san Pio X) inviò a Londra una Missione Pontificia per partecipare alla incoronazione del Re Giorgio V. La Missione era composta da mons. Gennaro Granito di Belmonte, mons. Eugenio Pacelli, il conte Stanislao Medolago Albani e il conte Francesco Bezzi. “Dopo quasi quattro secoli, siamo di fronte a un fatto di portata storica”, commenta la curatrice.
Papa S. Pio X voleva in ogni forma assecondare il clima filo-cattolico che si era andato creando in Gran Bretagna, e incitava i cattolici in questo senso. La Missione, scriveva nel 1911 don Emanuele Riva al conte Medolago, “dimostra ancora quale sia la strada che il S. Padre vuole che si batta dai cattolici”.
Tale atteggiamento conciliatorio da parte del Vaticano, frutto di trattative diplomatiche portate avanti dal Segretario di Stato cardinale Rafael Merry del Val (rampollo di famiglie spagnole e inglesi), fu a sua volta accolto con segni di squisita cortesia da parte della Corte di Saint James, a testimoniare il grande interesse della Corona britannica nel mantenere buoni rapporti con la Chiesa cattolica. Un interesse sicuramente dettato da calcoli politici, d’altronde legittimi, ma anche per presentarsi sotto una luce favorevole di fronte al crescente movimento filo-cattolico nel Regno Unito. La Corte moltiplicò i gesti di benevolenza nei confronti degli inviati di san Pio X.
Passo a narrare alcuni passaggi.
Arrivo alla Stazione Victoria. A ricevere la Missione Pontificia alla Stazione Victoria c’era nientemeno che S.A.R. il Duca di Connaught, fratello del Re. La Missione fu portata in carrozze di Corte fino al palazzo del Duca di Norfolk, il principale aristocratico di fede cattolica. Sarà sempre il Duca di Connaught ad accompagnare la Missione Pontificia alla stazione per il viaggio di rientro.
Udienza con i sovrani e cambio nel giuramento. Il giorno dopo, la Missione fu portata in carrozza al palazzo di Buckingham per l’udienza reale. Dettaglio importante: la Missione Pontificia fu la prima a essere presentata ai Sovrani. Scrive Stanislao: “Monsignor di Belmonte pronuncia un breve discorso di circostanza, accennando alla soddisfazione provata dal Santo Padre per la modificazione portata al giuramento”. Si riferiva al giuramento dell’incoronazione, dal quale, per soddisfare il Vaticano, era stata cancellata la parte in cui il Sovrano si impegnava a osteggiare il dogma cattolico.
Rottura di protocollo. Quella sera, al banchetto reale, i Sovrani fanno uno strappo al protocollo per venire incontro a mons. di Belmonte, con cui intrattengono una lunga conversazione: “La Regina stessa è venuta a cercare Monsignor di Belmonte, raggiunta tosto dal Re. La coppia reale si intrattenne un pezzetto col delegato del Papa, ed il Re espresse il pensiero che era suo vivo desiderio che fossero contenti i molti milioni di cattolici suoi sudditi”.
Alla destra del Principe. Il giorno dopo, alla cena offerta dal Duca di Connaught alle principali delegazioni, mons. di Belmonte è seduto alla destra di Sua Altezza Reale, passando avanti anche ai Principi reali. Commenta Stanislao: “Qui si vede una speciale considerazione per l’inviato della S. Sede”.
L’incoronazione. La Missione Pontificia non poteva assistere alla cerimonia dell’incoronazione, trattandosi di un rito protestante svolto all’interno dell’Abbazia di Westminster. Viene quindi allestita una tribuna speciale di fronte all’abbazia, in primo posto. Passando in carrozza, il Re fa un accenno amichevole a mons. di Belmonte. Due giorni dopo, in un contatto privato, lo stesso Giorgio V ribadì che egli aveva voluto distinguere il legato pontificio, quasi a compensarlo per la mancata partecipazione alla cerimonia stessa.
Garden Party. Non poteva mancare il Garden Party nel palazzo di Buckingham, al quale parteciparono i Sovrani e 85 membri di famiglie reali. E anche qui, il Re distinse la Missione Pontificia: “Appena [i Sovrani] videro Monsignor di Belmonte, gli si fecero incontro e rimasero a discorrere alcun tempo con lui, cosa che non fecero, a quanto mi fu riferito, con nessun altro”.
Solenne Pontificale. Prima di partire, mons. di Belmonte celebrò un solenne Pontificale, seguito da un Te Deum. Numerosi gli aristocratici presenti, e non solo cattolici. C’era perfino qualche membro del Governo in divisa.
Torniamo ai giorni nostri. È risaputo che gli inglesi sono molto attaccati alle tradizioni e alle cerimonie. Ciò avviene anche in campo liturgico. La liturgia anglicana, per quanto priva di carattere sacramentale, tende a essere molto bella e solenne. Ecco perché gli anglo-cattolici si sentono attratti verso Roma più grazie al Vetus Ordo e alle antiche maniere ecclesiastiche, che non a quelle moderne sorte dopo il Concilio Vaticano II. Un apostolato all’insegna della Tradizione porterebbe molti frutti. Perché ci si ostina, oggi, a prendere invece la strada inversa?
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Leone PP. XIII
Preghiera alla Santissima Vergine per i fratelli inglesi
O beata Vergine Maria,
Madre di Dio,
nostra Regina e Madre dolcissima,
rivolgi benigna i tuoi occhi all’Inghilterra,
che viene chiamata “Dote” tua,
e rivolgili a noi,
che riponiamo in te tutta la nostra fiducia.
Attraverso di te ci è stato donato Cristo Salvatore del mondo,
perché in lui stesse salda la nostra speranza;
e da lui tu ci sei stata donata,
perché attraverso te la nostra speranza fosse accresciuta.
Orsù dunque, prega per noi,
o Madre dolorosa che ci accogliesti
come figli presso la Croce del Signore;
intercedi per i fratelli dissidenti,
perché con noi siano uniti, nell’unico vero Ovile,
al sommo Pastore, Vicario in terra del tuo Figlio.
Prega per noi tutti, o Madre piissima,
perché attraverso la fede, feconda di buone opere,
noi possiamo meritare tutti di contemplare,
assieme a te, Dio nella patria celeste e di lodarlo nei secoli.
Amen.
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