Condividi questo articolo

Submit to FacebookSubmit to Google PlusSubmit to Twitter

Sintesi introduttiva al XIV Rapporto di Dottrina Sociale dell Chiesa nel Mondo, Osservatorio Internazionale Vard. Van Thuàn

Controllo sociale e trasformazione postmoderna della proprietà

 

 

di Riccardo Cascioli e Stefano Fontana*

Questo nostro XIV Rapporto andrebbe letto in continuità con il precedente1. Esponendo le caratteristiche del “modello cinese”, che era appunto il tema del 13mo Rapporto, e soprattutto evidenziando come esso venga importato in Occidente, avevamo segnalato l’avanzata di un nuovo sistema di controllo sociale, che possiamo definire “consensuale”, nel senso che è nella sostanza una forma di dittatura ma non necessariamente e sempre imposta con la forza, bensì secondo modalità più sofisticate, tecnologiche, insinuantisi nei meccanismi psicologici2. In altre parole, i cittadini sono indotti a chiedere essi stessi un controllo sociale molto stretto da parte del potere politico. Una sorveglianza liberamente voluta, una dittatura non imposta. Ora, il Rapporto di quest’anno si propone di considerare le sorti della proprietà privata in questo nuovo contesto tipico del “modello cinese” e delle sue varianti di importazione nell’Occidente liberale. Si potrà così constatare che l’odio ideologico verso questo principio di diritto naturale non ha perso né di intensità né di efficacia rispetto al passato, ha piuttosto cambiato forma di espressione.

Durante la cosiddetta pandemia da Covid-19 del biennio scorso, erano gli stessi cittadini a sollecitare la verifica del green-pass per l’accesso ai diversi ambiti ove questo era richiesto, contenti di subire un sopruso. Certamente ci sono state anche numerose rimostranze e contestazioni, ma in generale una evidente imposizione priva di veri fondamenti, che si reggeva su una narrazione3 parziale e distorta imposta dal potere, e che contraddiceva a fondo l’esaltazione della libertà nelle democrazie occidentali, fu non solo accettata come doverosa protezione da parte delle autorità politiche, ma addirittura richiesta e auspicata. La ragazza cinese che accetta contenta la scansione del proprio volto davanti ad un totem di distribuzione automatica di bevande per poter usufruire del servizio, non si sente vittima di un sopruso o di una imposizione finalizzata al controllo dei comportamenti sociali dei cittadini4. Volontariamente e di buon grado le persone si denudano in internet senza nessuna pressione esteriore per farlo, pur sapendo che la loro identità viene così messa a disposizione di nuovi centri di potere globale che alla fine stanziano in grande prevalenza in un solo Paese, gli Stati Uniti. Ogni angolo di strada, ogni accesso a negozi e servizi è monitorato da telecamere in un sistema di controllo capillare, e la massa accetta di buon grado di essere controllata in ragione di un supposto interesse pubblico. L’aspetto sociologicamente interessante di queste nuove forme di controllo “alla cinese” impiegate ormai dappertutto, è la loro leggerezza, in evidente contrasto con la durezza delle imposizioni dittatoriali della modernità. Il controllo e la dittatura si fanno “sostenibili”, interne più che esterne, psicologiche più che fisiche, indirette più che dirette. Il fenomeno desta grande interesse perché sembra in grado di combinare comunismo e liberalismo e permette un liberal-socialismo o un social-capitalismo.

Non si tratta di novità assolute e improvvise. Tanti autori avevano anticipato questi esiti. A titolo di esempio possiamo rileggere questo passaggio da un famoso testo di Augusto Del Noce: «Non bisogna associare, come consuetamente si fa, il totalitarismo all’idea di campi di sterminio ecc..., anche se a questa associazione si è portati facilmente dal ricordo di Hitler e di Stalin, esso può realizzarsi mantenendo formalmente gli istituti democratici e il vero punto su cui non può essere intransigente è l’etica. Il che comporta: a) l’impedimento all’individuo della libertà di dissentire, impedimento che evidentemente può essere ottenuto anche in forma non esplicitamente violenta; b) la persecuzione, che può benissimo essere incruenta»5. In tempi più recenti, anche Charles Taylor ha parlato del “dispotismo morbido”: «Non sarà una tirannia del terrore e dell’oppressione, come nel tempo andato. Il governo sarà mite e paternalistico. Potrà persino conservare le forme democratiche, con elezioni periodiche. Ma di fatto ogni cosa sarà governata da un potere immenso e tutelare»6. La letteratura non è stata da meno nell’anticipare questi esiti paternalisticamente dittatoriali, basti ricordare che di tale carattere era il potere mondiale conseguito da Giuliano Felsenburgh, il protagonista negativo de II padrone del mondo di Robert Hugh Benson.

Questo mix impalpabile e sincretista di controllo sociale e politico da un lato e adesione libera e convinta dei cittadini al sistema di dominio dall’altro riguarda anche la proprietà privata ed è espressione della fase postmoderna che stiamo vivendo. La post-modernità non va vista come un superamento della modernità, ma come la sua realizzazione7. Le minacce alla proprietà proprie della modernità avevano un carattere “forte”. Esse nascevano da narrazioni, come il comunismo e l’anarchismo, che la condannavano in assoluto e assegnavano alla sua abolizione una funzione palingenetica, collegata alla trasformazione radicale della società, ad un cambiamento/ miglioramento di vita decisivo e salvifico. Questi aspetti messianici erano propri della fase dell’ateismo sostitutivo della modernità, quando a Dio le ideologie intendevano sostituire nuovi assoluti storici e mondani. Ciò avveniva mediante la secolarizzazione del cristianesimo, al peccato si dava un significato politico, superabile quindi dalla prassi politica e dalla rivoluzione che sostituivano la Grazia divina. Allo stato attuale, forme di opposizione forte ce ne sono ancora. Questo Rapporto espone la situazione in Perù, in Cile e in Sud Africa, dove sono al potere sistemi anche molto accentuati di comunismo e di socialismo, con le conseguenti prassi di restrizione o abolizione della proprietà privata. Mentre si preparava la redazione di questo Rapporto, il comunismo tornava al potere anche in Bolivia e il Nicaragua intensificava la repressione. Si deve dire, quindi, che la negazione forte, propria di una religione secolare, della proprietà privata non si è estinta.

Nel frattempo, però, ne sono nate altre apparentemente più moderate, come quelle conseguenti all’ideologia che possiamo chiamare, in senso generale, socialdemocratica. Tassazioni molto alte, imposte patrimoniali, espansione dei sistemi di welfare statali, aumento di burocrazie costose, deresponsabilizzazione dei cittadini nella gestione della proprietà, sussidi statali disincentivanti come le varie forme di “reddito di cittadinanza” o reddito universale, oppure incentivanti comportamenti innaturali, la limitazione e il controllo dell’uso del contante motivato dalla improbabile necessità di lottare contro l’evasione fiscale... tutto questo, se non costituisce l’abolizione formale della proprietà privata, certamente segna un suo indebolimento significativo. Un aspetto di questo sistema noto (e inviso) a tutti perché da tutti direttamente sperimentato è la iper-tassazione dell’abitazione privata. Tra le due forme di attacco alla proprietà privata, quella forte della modernità ideologica, e quella più debole della modernità post-ideologica, il cui obiettivo, secondo John Horvat, «non è di sopprimere la proprietà, ma di privarla della sua ragion d’essere»8, c’è una relazione molto stretta, sicché è possibile che dalla debole si ritorni alla forte, in caso di situazioni emergenziali. Può essere spiegato in questo modo il cosiddetto “ritorno del comunismo” in occidente di cui parlavamo sopra.

Si arriva così alla odierna terza fase dell’attacco alla proprietà privata. Essa avviene nelle società ormai pienamente entrate nella postmodernità e si attua anche nella forma della “società palliativa”9. Se la socialdemocrazia assegnava allo Stato il compito di pensare a tutti i bisogni dei cittadini “dalla culla alla bara”, la nuova società palliativa estende questo ruolo fino ad assegnare al potere politico il compito di programmare una società in cui il cittadino non provi più il dolore, il pericolo, il fallimento, la delusione, l’angoscia. La società palliativa considera a priori tutti i cittadini come malati o comunque vulnerabili, e cessa di intervenire ex post rispetto ai ‘‘dolori’’” come faceva lo Stato assistenziale, per intervenire ex ante, inducendo comportamenti e programmando la soddisfazione di bisogni prima che questi nascano. Davanti ad una epidemia non è sufficiente operare con la vaccinazione di massa imposta dal governo sanitario - forma ancora tipica dell’intervento forte - ma con la persuasione psicologica che vaccinarsi è un atto di amore e di sensibilità sociale, fino ad arrivare, in un secondo momento, ad impiantare un chip elettronico sottocutaneo per controllare per motivi sanitari i movimenti, finendo per riprogrammare il DNA dei nuovi nati in modo che non abbiano nemmeno più il bisogno del vaccino.

Come si vede, la “proprietà” del nostro corpo e la nostra stessa identità sono messe in discussione, da parte della società palliativa, paternalista e umanitaria.

La corrosione del diritto alla proprietà privata si collega così con la necessità di intervenire davanti a emergenze, che devono essere rese permanenti, o meglio a prevenirle facendo leva sulla paura10. È questa la nuova manipolazione delle masse11. La paura viene resa costante, perché le emergenze sono rese permanenti, sicché si tratta di una paura “trascendentale” nel senso moderno del termine, non motivata da questo o quello, ma presupposta dal potere, il quale poi crea questa o quella motivazione specifica. L’emergenza sanitaria e l’emergenza ambientale motivano interventi di manipolazione del diritto alla proprietà privata, come mostrano in questo Rapporto Riccardo Cascioli e Luca Volonté. L’emergenza ambientale richiede un Great Reset dei consumi di energia? Allora il potere impone comportamenti di risparmio energetico sugli immobili di proprietà o sulle auto che non possono essere venduti o comperati se non sono tarati secondo certi standard. La “transizione ecologica”, con i suoi ingenti costi, produrrà certamente povertà e ingiustizie sociali e minaccerà la proprietà privata tramite l’aumento dell’indigenza, la concentrazione economica in poche mani, le nuove forme di socialismo di Stato.

Non vanno dimenticate le motivazioni economiche del nuovo odio alla proprietà privata su cui nel Rapporto si diffonde con grande precisione documentaria e profondità di analisi il prof. Gianfranco Battisti. Ridisegnare l’economia mondiale ha senz’altro forti impatti nei confronti della proprietà, soprattutto della piccola proprietà in tutte le sue forme. Esiste un progetto, di cui le attività del World Economie Forum di Davos sono un tassello importante anche se non principale, di ripianificazione delle zone di influenza economiche, di tentativi di superamento delle crisi sistemiche determinate dalla tendenza a produrre profitti per via finanziaria piuttosto che tramite l’economia reale, di imposizione culturale di un nuovo globalismo dalle drammatiche conseguenze antropologiche e religiose. Le emergenze prodotte ad arte sono indirizzate a far accettare tale nuovo globalismo, ad imporlo come necessario ed utile dagli stessi cittadini. Anche le guerre, che fossero necessarie per realizzare il Reset, vengono propagandate come giuste e da sostenere da parte di tutti, anche con forti limitazioni alla proprietà privata.

Si diceva sopra che la post-modernità, anziché attaccare direttamente la proprietà privata come avveniva nella modernità, cerca di privarla della sua ragione d’essere. E qual è questa sua ragion d’essere? La proprietà privata, come scrive il cardinale Muller in questo Rapporto, recinge il nostro spazio vitale, traccia attorno a noi e alla nostra famiglia un confine che ci radica in un contesto che possiamo dire “nostro”. La proprietà privata permette i legami di senso, conserva le nostre radici, ci chiama al suo uso responsabile e nella attività della sua gestione ci collega agli altri, anche nella forma della carità. L’uomo privato della proprietà è sradicato e diventa l’uomo-massa. Il World Economie Forum di Davos propone per il 2030 l’obiettivo di passare tutti dalla proprietà al leasing, dall’avere al noleggiare, dal possedere all’accedere, dall’avere qualcosa di proprio al condividere qualcosa che, comunque, in mano di qualcuno deve rimanere. Indipendentemente dalla fattibilità di questo progetto - come osserva Stefano Magni in questo Rapporto - la proposta acquista un valore simbolico della meta verso cui ci vorrebbero guidare gli apprendisti stregoni del nuovo globalismo massonico.

È bene non separare o contrapporre tra loro la versione forte di attacco alla proprietà propria dei vari Proudhon, quella più debole dello Stato assistenziale nella formula delle socialdemocrazie e quello odierno e postmoderno, fondato sulla necessità delle emergenze per far accettare in modo convinto e senza oppressione comportamenti lesivi della proprietà. Il processo è unico, con fasi di ritorno man mano che la iper-modernizzazione incontra le proprie difficoltà. Il fenomeno, di portata globale, è molto interessante (e per lo stesso motivo inquietante) dato che dimostra la convergenza - oltre ogni immaginazione - di liberalismo e comunismo. Una convergenza che si nota oggi, ma che era presente anche alle origini, nonostante tutto e sebbene allo stato embrionale.

Il liberalismo è il progetto di riplasmare l’esistente in base da una auto-determinazione individuale, il marxismo è il progetto di farlo mediante una autodeterminazione collettiva12. Se si dovesse stabilire quale dei due venga prima, storicamente e teoreticamente, bisognerebbe rispondere che il liberalismo è l’inizio e il comunismo è la fine. Storicamente questo fa anche capire, però, che ci può essere alternanza tra i due in una specie di andirivieni nella storia, e soprattutto, che i due possono anche saldarsi in una stretta collaborazione e fondersi. Ambedue questi fenomeni stanno avvenendo nel nostro tempo e quello della proprietà privata è il terreno del loro esercizio.

 

*Riccardo Cascioli è direttore de «La Nuova Bussola Quotidiana» [www. lanuovabq.it], Monza (Italia).

Stefano Fontana è direttore dell’Osservatorio Cardinale van Thuàn sulla Dottrina sociale della Chiesa, Trieste (Italia).

Sottoscrivono la Sintesi introduttiva: Fernando Fuentes Alcantara, direttore della Fundación Pablo VI, Madrid; Alfredo Mantovano, vicepresidente del Centro Studi Rosario Livatino, Roma; Daniel Passaniti, direttore esecutivo CIES-Fundación Aletheia, Buenos Aires; Grzegorz Sokolowski, presidente della Fondazione Osservatorio Sociale (Fundacja Obserwatorium Spoleczne), Wroclaw (Polonia); Manuel Ugarte Comejo, direttore del Centro de Pensamiento Social Católico della Universidad San Pablo di Arequipa, Perù.

 

Note

1.OSSERVATORIO INTERNAZIONALE CARD. VAN THUÀN, Il modello cinese: capital-socialismo del controllo sociale, 13 Rapporto sulla Dottrina sociale della Chiesa nel mondo, Cantagalli, Siena 2021.

2. Cfr. BYUNG-CHUL HAN, Psicopolitica, Nottetempo, Milano 2016; M. DESMET, Psicologia del totalitarismo, La Linea, Bologna 2022.

3. Cfr. «Bollettino di Dottrina sociale della Chiesa», XVII (2021), 1: Covid-19: la Chiesa nella tempesta perfetta.

4. Riprendiamo questo esempio da: O. DE CACQUERAY, Quelques application du contrôle social, in «L’homme nouveau», n. 1761, 4 giugno 2022, pp. 20-21.

5. A. DEL NOCE, Il problema dell’ateismo, Il Mulino, Bologna 1964, p. 163.

6. Cfr. CH. TAYLOR, Il disagio della modernità, Laterza, Roma-Bari 1994, p. 15.

7. Cfr. B. DUNONT, La postmodemité politique et son dépassement, Bref état del la question, in «Catholica», n. 155, été 2022, pp. 4-17.

8. Si veda il saggio di John Horvat in questo Rapporto.

9. Cfr. BYUNG-CHUL HAN, La società senza dolore. Perché abbiamo bandito la sofferenza dalle nostre vite, Einaudi, Torino 2021.

10. Cfr. B. DUMONT, Le temp de la peur, in «Catholica», n. 151, printemps 2021, pp. 4-11.

11. Cfr. ID., Sur la manipolation des masses, in «Catholica», n. 147, printemps 2020, pp. 4-17.

12. Sul rapporto tra pensiero liberale e comunismo è utile la lettura di D. CASTELLANO, Introduzione alla filosofia della politica. Breve manuale, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli 2020, specialmente le pp. 133-156 e 181-192.

 

Fonte: OSSERVATORIO INTERNAZIONALE CARD. VAN THUÀN, Proprietà privata e libertà: contro lo sharing globalista, 14° Rapporto sulla Dottrina sociale della Chiesa nel mondo, Cantagalli, Siena 2022.