
Mezzo secolo di Controrivoluzione: "Cosa abbiamo ottenuto e cosa dobbiamo ancora fare"
Pubblichiamo, in una nostra traduzione, il discorso tenuto il 29 ottobre dal Principe Bertrand di Orleans-Braganza alla Conferenza Nazionale 2023 della TFP statunitense in occasione dei suoi cinquanta anni di attività. Il Principe Bertrand è l’attuale capo della Casa Imperiale del Brasile ed è discendente diretto del Re San Luigi IX di Francia.
Principe Bertrand di Orleans-Braganza
Reverendi padri, direttori e membri della TFP, amici e sostenitori della TFP, signore e signori: Quest'anno si celebra il 50° anniversario della fondazione della Società Americana per la difesa della Tradizione, della Famiglia e della Proprietà.
Molto è cambiato negli ultimi cinquant'anni. Il processo rivoluzionario, che il professor Plinio Corrêa de Oliveira ha descritto e denunciato nel suo libro Rivoluzione e Contro-Rivoluzione, ha fatto enormi progressi.
Abbiamo assistito al decadimento della morale, che ha raggiunto livelli che molti di noi non avrebbero mai pensato di vedere. Basti un esempio: avete assistito alla morte di oltre 63 milioni di bambini non nati in America attraverso l'aborto; avete assistito alla legalizzazione a livello nazionale del falso “matrimonio omosessuale”.
L'odierna cultura del peccato prende di mira l'innocenza dei bambini più piccoli attraverso l'ideologia di genere a scuola, la diffusione nelle biblioteche scolastiche di libri orribili e le ore di storia impartite ai piccoli dalle Drag Queen. Inoltre, mode perverse, discorsi e costumi sbagliati, stanno trascinando la società verso il basso, come previsto dalla Madonna a Fatima.
Questa spinta verso il male sta raggiungendo le sue manifestazioni più estreme. Si assiste quindi a un allarmante aumento del satanismo e dell'occultismo. Questo si riscontra nei club di Satana, nelle convention sataniche annuali e nelle invocazioni demoniache alle riunioni del governo locale.
Tuttavia, il problema di gran lunga più grande è la crisi all'interno della Santa Madre Chiesa, sia qui in America che nel mondo.
Una reazione contro tutte le problematiche appena menzionate sarebbe molto più facile se la situazione all'interno della Chiesa fosse in ordine. Invece, quello che vediamo sono errori dottrinali, confusione, scandali e quello che Paolo VI chiamava "un processo di autodemolizione" all'interno della Chiesa.
Questa tragica situazione rende la nostra lotta molto più complicata, poiché proprio coloro che dovrebbero risolvere i dubbi dei fedeli stanno seminando la confusione.
In soli cinquant'anni, le cose sono passate dall'impensabile alla normalità.
Eppure, tutte queste cose, persino la rivoluzione satanista, furono previste dal Prof. Plinio Correa de Oliveira in Rivoluzione e Controrivoluzione decenni fa.
Attraverso la sua analisi della storia, comprendiamo i processi rivoluzionari che sono all'opera nella società. Possiamo anche applicare le tattiche controrivoluzionarie per combattere per la civiltà cristiana nei nostri giorni
Per questo motivo, i processi del male non sono le uniche cose che sono cambiate dal 1973 (ndr: anno in cui fu pubblicata la terza parte di Rivoluzione e Controrivoluzione). Dobbiamo anche registrare le reazioni positive dei controrivoluzionari a queste minacce. Negli Stati Uniti c'è una forte reazione contro la Rivoluzione che funge da modello per il mondo.
I rivoluzionari non si aspettavano, ad esempio, il rovesciamento della Roe v. Wade dopo cinquant'anni. Non pensavano che ci sarebbero state le guerre culturali (ndr, cultural wars) che dagli anni Sessanta hanno continuano con grande intensità fino ai nostri giorni.
I rivoluzionari non hanno nemmeno previsto la resistenza dei fedeli ai cambiamenti progressisti introdotti nella Chiesa. Questa resistenza ha raggiunto un punto tale che la maggior parte dei progressisti e persino Papa Francesco riconoscono che questa reazione proviene principalmente dagli Stati Uniti.
Nessuna di queste reazioni doveva accadere nei piani della Rivoluzione. Ma, con grande sgomento loro, è successo. In questo anniversario, dobbiamo guardare anche a questo aspetto della lotta. Dobbiamo ricordare le vittorie che abbiamo ottenuto e le battaglie che abbiamo combattuto.
Nel corso di questa Conferenza Nazionale, i relatori sono intervenuti su questi temi. Avete visto come il lavoro della TFP americana nel corso degli anni abbia svolto un ruolo fondamentale in questa reazione.
Vorrei sottolineare alcuni esempi dell'efficacia dell'azione della TFP americana, che ci daranno il coraggio di affrontare il futuro.
Ad esempio, la TFP americana è sempre stata in prima linea nella lotta contro l'aborto. Attraverso annunci sui giornali, campagne pubbliche di piazza, articoli e conferenze, la TFP ha contribuito a spostare il dibattito da una questione puramente "sanitaria" a una questione morale.
La TFP ha collaborato anche con il movimento pro-vita per aiutare a inquadrare il dibattito, affrontando le radici del problema che si trovano nella rivoluzione sessuale.
La TFP americana ha combattuto pure contro l'avanzamento dell'agenda rivoluzionaria sessuale portata avanti dai movimenti omosessuali, transgender e altri, ovunque essi appaiano. Grazie a questi sforzi, in America si assiste a una controffensiva contro l'agenda LGBT, soprattutto nelle scuole.
In campo economico, la TFP americana è stata particolarmente attiva nella lotta contro il comunismo e il socialismo. Vorrei ricordare in particolare il messaggio delle TFP contro il socialismo autogestionario francese nel 1981.
Lo faccio perché il dottor Plinio Correa de Oliveira affidò la gestione di questa massiccia campagna alla TFP americana. Questo messaggio di sei pagine fu pubblicato su quarantacinque giornali in diciannove Paesi, contribuendo a sconfiggere la nuova manovra rivoluzionaria, che aveva tutto il potenziale per diffondersi in tutto il mondo.
Ricordiamo anche la campagna per la libertà della Lituania dalla Russia sovietica nel 1990. Ancora una volta, lo faccio perché anche la TFP americana svolse un ruolo unico. La TFP americana raccolse da sola più di ottocentomila degli oltre 5,2 milioni di firme che chiedevano l'indipendenza della Lituania. Questa raccolta di petizioni ebbe un ruolo fondamentale nel mantenere la Lituania libera e nello smascherare le false promesse della Russia di Gorbaciov.
Anche la pubblicazione del libro Ritorno all'ordine è una pietra miliare che non possiamo ignorare. Questo bestseller ha avuto un impatto profondo nel dibattito sul futuro dell'America. Non solo denuncia i problemi della nostra società decadente, ma propone come soluzione una società cristiana organica.
Infine, vorrei riconoscere il lavoro vitale della TFP americana in difesa della Chiesa Santa, Romana, Cattolica e Apostolica negli ultimi cinquant'anni.
La TFP ha promosso la preghiera pubblica e la devozione mariana, come dimostra la Crociata del Rosario di ottobre. Questo sforzo ha portato a oltre 300.000 raduni pubblici di rosari di piazza dall'inizio del 2007. La campagna America Needs Fatima promuove la devozione a Fatima attraverso visite, pubblicazioni e libri.
Tuttavia, la TFP americana ha dovuto affrontare anche la crisi interna alla Chiesa, denunciando la teologia della liberazione e gli errori del progressismo. Prendiamo atto in particolare del libro recentemente pubblicato sul Sinodo sulla sinodalità. La TFP americana ha inviato il libro a tutti i vescovi, sacerdoti e diaconi del Paese e ha contribuito a inviarlo a tutti i vescovi del mondo.
Come avete visto qui, questa campagna ha dato il tono al dibattito su questo tema, al punto che molti scrittori cattolici progressisti hanno denunciato con ostilità il libro e la TFP americana. Questo è solo un esempio dell'effetto che la TFP americana sta avendo sull'opinione pubblica. Potremmo citare molto altro, ma il tempo non ce lo permette.
Voglio quindi congratularmi con i membri e i sostenitori americani della TFP per aver combattuto per cinquant'anni la buona battaglia. Non vi siete mai arresi e avete continuato ad attaccare. Ciò che avete realizzato negli Stati Uniti è davvero straordinario. La vostra azione riecheggia in tutto il mondo.
Posso dire con certezza che il professor Plinio Correa de Oliveira sarebbe soddisfatto del vostro lavoro. Ma posso anche dire che non vorrebbe che vi fermaste qui. Vi incoraggerebbe a continuare a lottare per gli ideali della tradizione, famiglia e proprietà in ogni campo e in ogni occasione.
Abbiamo guadagnato molto terreno. Ma viviamo ancora in un mondo dominato dalla Rivoluzione. Abbiamo ottenuto molto, ma c'è ancora molto da fare. Dobbiamo continuare a combattere la Rivoluzione e farlo con forza. Non possiamo trascurare questo dovere, nemmeno fino all'ultimo respiro.
Solo con questo tipo di dedizione potremo porre fine al regno di Satana sulla terra, e allora vedremo il Regno di Maria previsto a Fatima.
Concludo con una citazione di Nostra Signora del Buon Successo di Quito, che ha un rapporto molto speciale con la TFP americana. Nel 2000, alcuni membri della TFP consacrarono la TFP americana a Nostra Signora del Buon Successo davanti alla sua statua miracolosa in Ecuador.
È opportuno ricordare qui le parole che la Madonna del Buon Successo rivolse alla veggente del XVI secolo Madre Mariana de Jesus Torres, afflitta dai molti mali del suo tempo: "Io, in modo meraviglioso, detronizzerò il fiero e maledetto Satana, calpestandolo sotto il mio calcagno e incatenandolo nell'abisso infernale, liberando finalmente la Chiesa dalla sua crudele tirannia".
Invito la TFP americana a tenere sempre presente questa promessa di Colei che è la vostra patrona. Per quanto a volte possa sembrare impossibile, la nostra vittoria contro la Rivoluzione è certa! Dovete confidare nella Madonna, che ha vegliato su di voi in questi cinquant'anni.
Grazie al suo aiuto, avete già compiuto grandi imprese. E posso assicurarvi che, se continuerete a lottare per la civiltà cristiana, ne realizzerete di sempre più grandi ed eroiche!
Fonte: Tfp.org, 2 Novembre 2022. Traduzione a cura di Tradizione Famiglia Proprietà – Italia.
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Riforma del conclave: a renderla credibile è il dogma sinodale
di Luisella Scrosati
Riforma del conclave: si o no? Da quando, sabato 4 novembre, Diane Montagna ha lanciato sul quindicinale statunitense The Remnant la notizia che il Papa, in stretto contatto con il cardinale gesuita Gianfranco Ghirlanda, starebbe concretamente pensando ad una rivoluzionaria riforma del conclave, è tutto un correre di smentite e contro-smentite.
Nello stesso giorno, anche The Pillar riferiva la stessa cosa. Ma già domenica 5 novembre arrivava la smentita della Sala Stampa vaticana, ed il giorno successivo era il turno del cardinale Ghirlanda in persona, il quale, raggiunto via email da LifeSiteNews, replicava: «prima della sua email, non avevo alcuna notizia sulla riforma del Conclave che lei menziona». E definiva «assolutamente falsa» la notizia che girava in rete. Stessi toni con l’emittente americana EWTN (vedi qui): «Non ne so nulla e qualsiasi mia implicazione a riguardo è pura bugia».
Ma nella giornata di ieri è stato il blog Messainlatino ad incalzare: «Le nostre fonti non concordano con Ghirlanda, il quale dovrebbe essere più prudente a rilasciare frettolose affermazioni onde evitare il rischio di essere smentito nell’eventualità qualcuno abbia copia dei documenti allo studio...». Ed anche Marco Tosatti ha ricevuto conferma da un suo “alto” contatto: «La notizia di una iniziativa da parte di Jorge Mario Bergoglio in quella direzione è vera. Anche se probabilmente adesso la fuga di notizie ne ha reso più difficile il cammino futuro».
Ma quali sarebbero i punti critici di questa riforma? Anzitutto le Congregazioni generali, dalle quali verrebbero esclusi i cardinali over 80. È chiaro che queste congregazioni sono particolarmente importanti, perché già in esse si iniziano ad identificare eventuali candidati, se ne discutono qualità e difetti, se ne valuta l’opportunità in un dato momento storico. Il n. 7 della Costituzione Apostolica Universi Dominici Gregis che regola la modalità di elezione del Papa, prevede infatti che «alle Congregazioni generali devono partecipare tutti i cardinali non legittimamente impediti, non appena sono informati della vacanza della Sede Apostolica»; mentre invece i cardinali che hanno già compiuto l’80° anno di età nel momento in cui la Sede apostolica resta vacante, a norma del n. 33, non possono partecipare alle votazioni per il nuovo Papa. È altresì previsto che questi cardinali possano, se lo ritengono opportuno, anche astenersi dal partecipare alle Congregazioni generali.
Vi sarebbe poi un’ulteriore modifica in stile sinodale: in sostanza, la sessione plenaria delle Congregazioni generali verrebbe sostituita da gruppi più piccoli, guidati da un moderatore, sulla falsa riga appunto del recente Sinodo. In sostanza, il corpo cardinalizio verrebbe smembrato e si renderebbe così difficoltoso un confronto franco, che coinvolga tutti i cardinali, finendo per rivestire di un singolare potere i moderatori dei singoli gruppi.
Infine, la rivoluzione più stravagante riguarderebbe gli aventi diritto al voto. L’indiscrezione appare qui particolarmente precisa: il 75% dei votanti rimarrebbe appannaggio dei cardinali elettori, mentre il restante 25% sarebbe formato da laici e religiosi, uomini e donne, scelti dal Papa uscente, prima della vacanza della Sede.
La notizia, ad avviso di chi scrive, appare assai probabile. Anzitutto, perché non è propriamente un fulmine a ciel sereno. Nel libro-intervista El pastor: Desafíos, razones y reflexiones de Francisco sobre su pontificado, uscito nel marzo di quest’anno e pubblicato in traduzione italiana il 24 ottobre scorso, con il titolo Non sei solo. Sfide, risposte, speranze, il Papa già aveva parlato della modifica dell’elezione del suo successore: «Di fatto, potrei emettere un decreto che modifica i requisiti per entrare nel conclave e permettere di partecipare a un vescovo che non è cardinale. Dal punto di vista dogmatico non ci sarebbero problemi». Il Papa dunque ci ha già pensato, limitandosi all’ammissione di vescovi non cardinali. Ma, secondo la fonte di Diane Montagna, sarebbe proprio Ghirlanda ad insistere per allargare ulteriormente il diritto di voto anche a non vescovi.
Da notare quel «potrei». Data la delicatezza della questione, ci si sarebbe aspettata una modalità espressiva che lasciasse intendere che una decisione sul tema dovrebbe coinvolgere tutti i cardinali, essere ponderata in modo oculato, chiamando in causa storici, canonisti e teologi. Invece il Papa ha tagliato corto con un «potrei emettere un decreto»: il Papa sono io e decido io.
Da questa concezione assolutistica del potere papale segue la seconda caratteristica che rende credibile la notizia tanto discussa: Francesco prende decisioni importanti solo con i suoi fedelissimi, debitamente selezionati. La fedeltà di Ghirlanda al capo è stata messa alla prova a lungo, con una serie sconfinata di gestione di commissariamenti ordinati dall’alto. La sua nomina a cardinale è stata al contempo il merito della sua fedeltà, ma anche l’investitura per una nuova e più importante missione. Un po’ come per Tucho Fernández. Da notare inoltre la tempistica perfetta: il quadriennale cammino sinodale della Chiesa è il paravento ideale dietro il quale si nasconde una modalità di esercizio del potere che sinodale non è. E non lo è mai stato.
Se si considerano solo i motu proprio (esclusi dunque i decreti) dei suoi, fino ad ora, dieci anni di pontificato, Francesco ne ha emessi ben 51. Una enormità, se si pensa che nei ventisette anni di pontificato di Giovanni Paolo II se contano solo 29, e negli otto anni di Benedetto XVI, 13. Francesco ama governare un po’ come l’ex presidente del Consiglio Giuseppe Conte, a suon di DL e DPCM. E lo fa sempre nello stesso modo: consultando e promuovendo i suoi personali “esperti”, senza rivolgersi a quelle istituzioni che nella Chiesa esistono proprio per consigliare il Pontefice e supportarlo nella sua opera, senza creare strappi e contraddizioni. Dunque, anche sotto questo punto di vista, la notizia appare come assai credibile.
Terza e ultima “prova di credibilità”: Francesco ha già mostrato di non avere troppi scrupoli nel rovesciare le carte in tavola. La sua recente repentina decisione di far votare dei non vescovi in un Sinodo di vescovi, ne è la prova. Una decisione a gara iniziata, che ha modificato quanto egli stesso aveva stabilito nella Costituzione Apostolica Episcopalis Communio (2018). Il tutto pretendendo che si affermasse la forzatura logica per cui una tale assemblea di vescovi e non vescovi debba continuare a chiamarsi Sinodo dei vescovi. Siamo perfettamente nella linea di quel “io posso” di cui sopra.
Conferme di fonti anonime, tre indizi credibili, nessuna prova. Staremo a vedere.
Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 8 Novembre 2023.

Voci di riforma del Conclave: verso la dittatura del partito unico?
La Cappella Sistina. Di Antoine Taveneaux - Opera propria, CC BY-SA 3.0, Wikimedia
di Enrico Roccagiachini
Dalla serata di sabato scorso si rincorrono voci abbastanza circostanziate circa una possibile riforma delle regole del Conclave, la cui promulgazione, immaginiamo mediante un ennesimo Motu proprio, sarebbe addirittura imminente. Dobbiamo a Diane Montagna su Remnant, ripresa qui da MiL, le interessantissime anticipazioni, che ci permettono sin d’ora – sotto condizione di conferma delle indiscrezioni – di considerare di che cosa si tratterebbe: soppressione delle Congregazioni generali pre-conclave, sostituite da piccoli gruppi di lavoro guidati da un “facilitatore”, sul modello praticato al recente Sinodo sulla sinodalità (di questa novità, in effetti, si vocifera già da alcuni mesi); esclusione da tali sedute preparatorie dei Cardinali ultraottantenni, non elettori; accesso dei laici e dei religiosi al procedimento elettivo. Questi laici e religiosi verrebbero designati dal Pontefice regnante in vista del conclave per la sua successione; secondo taluni (ved. qui) sarebbero ammessi solo alle riunioni preparatorie, per altri, fra cui Diane Montagna, diverrebbero elettori a tutti gli effetti, e costituirebbero il 25% del corpo elettorale.
È ben chiaro che siffatte innovazioni delle regole elettorali (sia di quelle che riguardano la preparazione delle votazioni vere e proprie, sia di quelle che disciplinano tali votazioni), tutt’altro che secondarie o meramente procedurali, cambierebbero significativamente la natura del conclave, e indurrebbero immediatamente un effetto diretto e particolare sull’elezione del prossimo Pontefice: tanto che sembrano specificamente pensate e volute proprio a tale scopo. Pur augurando lunga vita al Papa, non possiamo nasconderci che il suo pontificato è ormai entrato nella fase conclusiva, sicché è fisiologico che nella Chiesa si inizi con sempre maggior concretezza a pensare al dopo. Ci pensa, ovviamente, anche chi detiene il potere, in vista della sopravvivenza della propria linea di pensiero e di azione. Ebbene: quando chi prepara la successione lo fa con una sostanziosa riforma elettorale, è perché teme che, con le regole in vigore, le future elezioni non vadano secondo i suoi piani. Si tratta, dunque, di un chiaro tentativo di non perderle, nella convinzione che ciò è quanto probabilmente accadrà, se esse si terranno secondo le regole consuete.
In effetti, vi sono innumerevoli segnali per concludere che la corrente che oggi detiene il potere nella Chiesa sia decisamente minoritaria: sia nel senso che rappresenta una quota insufficiente della classe dirigente ecclesiastica, sia nel senso che non è adeguatamente espressiva del reale orientamento del Popolo di Dio, cioè del clero e, soprattutto, dei fedeli cattolici. Dunque non ha la certezza di “vincere” la successione (ne ha scritto recentemente, in termini molto netti, Campari & deMaistre: «l’idea di cambiare le regole dunque potrebbe nascere dalla consapevolezza di essere ormai soli, aggrappati alla figura di un pontefice che fa ancora da ombrello protettivo alla loro arroganza, ma non più energico come 10 anni fa, ampiamente screditato nell’episcopato e politicizzato»).
Tra i molteplici indizi di ciò, si può proprio sottolineare il progressivo tentativo di “aggiustare il tiro” sul piano delle procedure e dei metodi di azione, cui questa classe dirigente è stata via via costretta per perseguire il successo dei propri programmi, a fronte dei progressivi smacchi subiti in proposito. L’andamento dei vari Sinodi del corrente pontificato, a partire da quello sulla famiglia, per finire, in modo eclatante, con l’ultimo, dimostra che le regole delle discussioni e delle deliberazioni, e prima ancora quelle di selezione dei partecipanti, sono state di volta in volta modificate per silenziare l’evidente rifiuto, da parte della maggioranza ecclesiale, del pensiero unico che le si vorrebbe imporre, e per impedire che, in sede sinodale, emergesse una linea non coincidente con quella predeterminata a priori dai vertici. E tuttavia, tali tentativi si sono rivelati finora insufficienti, tanto che una delle più attente letture dell’esito del Sinodo 2023 (ved. qui) si basa appunto sul presupposto che, al momento della conclusione, qualcosa sia andato storto, tanto da indurre gli organizzatori a formare e pubblicare un documento finale di sintesi, originariamente non previsto, che consentisse di tenere aperti i giochi fino alla prossima sessione: padre James Martin lo ha dichiarato esplicitamente (ved. qui).
E tutto ciò nonostante fosse stato adottato il modello organizzativo tipo torneo di burraco, con i circoli minores riuniti attorno a tanti tavoli isolati e non comunicanti, allo scopo - si pensa - di omologare la discussione a un esito già stabilito a priori. Si tratta di una tecnica nota, di cui ha parlato in termini convincenti La bussola (ved. qui), con la quale, disperdendo i potenziali oppositori nei gruppi ridotti, si cerca di neutralizzare l’omogeneità della loro linea di pensiero e di azione, frammentandola in un pulviscolo di tante opinioni personali atomizzate e singolarmente insignificanti. Mentre l’opportunità di rendersi catalizzatori di un pensiero operativo e di opinioni condivise viene riconosciuto e permesso esclusivamente ai “facilitatori”, portatori dell’unico pensiero che deve diventare dominante: il pensiero unico sinodale, i cui esponenti sono i soli cui viene concessa la libertà di sollecitare e organizzare il consenso.
In base alle indiscrezioni di cui stiamo parlando, è a questo modello che ci si ispira anche per controllare il corpo elettorale che dovrà scegliere il prossimo Papa. È opinione diffusa che anche a tal proposito si siano già concretizzati chiari tentativi di predeterminare l’esito del conclave, anch’essi, però, non sufficientemente tranquillizzanti per la minoranza al potere, così da indurla a questa nuova, importante azione.
È probabile, infatti, che la composizione eterogenea e frammentatissima, sotto tutti i profili, del collegio cardinalizio, e il sistematico impedimento frapposto alla sua facoltà di riunirsi, affinché i componenti fatichino a conoscersi e confrontarsi, e finiscano per costituire una palude facilmente controllabile, non abbia prodotto le certezze attese (si veda qui quanto ne ha scritto The Wanderer, ripreso da Duc in Altum). Ciò che si è constatato - almeno questo è quanto mi è parso di cogliere parlandone con alcuni interlocutori romani - è che questa frammentazione non ha premiato gli esponenti del regime, ma ha finito per consolidare l’autorevolezza dei porporati più anziani, che possono vantare un maggior seguito anche tra i fedeli. Questi porporati, talora (non sempre) ultraottantenni, ma spesso divenuti progressivamente estranei, o addirittura ostili, rispetto al nuovo corso, si sarebbero rivelati un punto di riferimento per i loro colleghi provenienti dalle periferie del mondo, la cui principale caratteristica sembra essere il disorientamento e la necessità di essere in qualche modo indirizzati nell’esercizio delle loro inattese funzioni. Da qui la necessità di escludere quanto possibile i primi dalle congregazioni generali, e di sopprimere le stesse congregazioni, perché si sa che in quella sede c’è la concreta e probabile possibilità che attorno a questi cardinali autorevoli, ancorché non elettori, si coagulino gruppi di voti omogenei, in grado di impedire l’elezione di un Pontefice fotocopia del Regnante.
Se poi si considera che il novero dei Cardinali autorevoli “estranei al regime” si è progressivamente arricchito di quanti, inizialmente allineati, sono però poi caduti in disgrazia, e dunque non è più strettamente coincidente con la schiera dei cardinali conservatori o tradizionalisti, la manovra appare ancora più spiegabile. Ecco alcuni nomi – non tutti – dei potenziali esclusi, ascrivibili a diversi orientamenti e correnti, alcuni sicuramente a suo tempo appartenenti al nucleo forte degli elettori di Papa Francesco: Versaldi, Sepe, Calcagno, Bagnasco, Bassetti, Scola, Stella, Napier, Vallini, Dziwisz, Amato, Romeo, Antonelli, Rouco Varela, Lajolo, Rodè, Cordes, Re, Farina, Martino, Arinze, Zen, Ruini...
In questo quadro, l’eventuale accesso di partecipanti laici, quand’anche limitato alla fase preparatoria (ma se fossero addirittura un quarto degli elettori, potrebbero facilmente rivelarsi determinanti...), avrebbe la chiara funzione di spostare ulteriormente gli equilibri in favore del progressismo spinto che ha ormai preso il sopravvento ai vertici della Chiesa. Abbiamo potuto constatare in occasione dell’ultimo sinodo quali siano i criteri con cui vengono designati questi (pretesi) esponenti dell’intero laicato cattolico: credo che ci sia ben poco da aggiungere. È ovvio che una rappresentazione falsata della sensibilità e degli orientamenti dei fedeli avrebbe un impatto fortemente decettivo specie sui cardinali meno esperti e più influenzabili.
Insomma, ciò che sembra profilarsi all’orizzonte – ma mi auguro davvero, e con tutto il cuore, di sbagliarmi alla grande – è il tentativo di dare agibilità in conclave solo e soltanto ad un ben individuato gruppo di potere ideologicamente caratterizzato, che non ammette alternative e che esclude programmaticamente l’altro da sé dall’orizzonte ecclesiale, attribuendo un nuovo, preoccupante significato al tradizionale extra omnes. Un gruppo totalmente autoreferenziale, che si crede investito della missione di rifondare radicalmente la Chiesa secondo la sua visione, e che per questo scopo pare seriamente intenzionato a instaurarvi ad ogni costo la dittatura del partito unico: cioè - come forse avrebbe detto il Card. Daneels, al cui lascito questa corrente certamente non si sente estranea - della propria ristretta mafia.
Fonte: Messa in latino, 8 Novembre 2023.

Scienza, sofferenza e santificazione
di John Horvat
Tutti conoscono le persone affette da Disturbo Post Traumatico da Stress (PTSD). Questa condizione si sviluppa quando una persona assiste o vive un evento scioccante, terrificante o pericoloso. L'esperienza traumatica scatena disturbi nervosi che spesso richiedono un trattamento prolungato.
Dal punto di vista cristiano, questo disturbo è una delle grandi croci della vita che le persone devono portare con rassegnazione e pazienza. La nozione di croce aiuta anche lo sviluppo dell'anima e aumenta la dipendenza e l'amore per Dio.
Il mondo moderno odia questo concetto di Croce perché rovina la falsa narrazione di una vita senza sofferenza. L'uomo moderno non sopporta i traumi perché disturbano il benessere della persona. La Croce deve essere evitata a tutti i costi e i piaceri devono essere perseguiti. La Croce è un flagello che impedisce alle persone di essere felici.
Ma una visione così superficiale della Croce è falsa. Le esperienze drammatiche e dolorose non sono sempre negative. Non sempre mettono a repentaglio la salute e la felicità degli individui. Gli scienziati che studiano più da vicino gli effetti dei grandi traumi scoprono che le croci pesanti possono anche trasformare gli individui e migliorare la loro vita. È giunto il momento di dare un secondo sguardo sulla realtà della Croce di ognuno.
Crescita post-trauma
La nuova ricerca chiama questo effetto PTG, che sta per Post Traumatic Growth (crescita post-traumatica). Gli psicologi Richard Tedeschi e Lawrence Calhoun hanno studiato questo fenomeno a metà degli anni Novanta e gli hanno dato quel nome. A differenza di altri studiosi, loro hanno esaminato gli effetti a lungo termine della sofferenza traumatica e hanno ottenuto risultati sorprendenti, scoprendo che alcune persone traggono immensi vantaggi dal sopportare bene un trauma.
I due scienziati hanno identificato cinque modi in cui la sofferenza traumatica apporta benefici a coloro che l'hanno accolta, verificando che questi pazienti hanno sperimentato:
- Una fonte di energia e di forza personale,
- la capacità di entrare in relazioni più profonde,
- la volontà di esplorare nuove possibilità,
- un maggiore apprezzamento della vita e
- una crescita spirituale o esistenziale.
Cambiamenti duraturi basati sulla realtà
Questi cambiamenti di comportamento non sono stati fugaci o soggetti a svanire. Questa crescita ha portato a un cambiamento della visione del mondo e a trasformazioni durature che hanno sorpreso gli stessi pazienti.
Un'altra caratteristica della PTG è che non nega la realtà della sofferenza. Infatti, alcune persone che vivono con il disturbo post-traumatico (PTSD) alla fine sperimentano la crescista post-traumatica (PTG). Coloro che beneficiano della PTG non saranno necessariamente liberi dalla sofferenza, ma si sentiranno più appagati dalla loro capacità di affrontare le croci che si trovano davanti.
Chi studia la PTG è attento a sottolineare che chi ne soffre può non essere felice nel senso di un ottimismo spensierato. Possono ancora soffrire molto, ma la loro vita diventa più significativa e focalizzata.
Il dottor Tedeschi ritiene inoltre che le unità collettive e le nazioni possano trarre vantaggio dalla sofferenza e sperimentare una crescita post-traumatica come gruppo. La Greatest Generation*, ad esempio, è nata dal doppio trauma della Depressione e della Guerra Mondiale.
Un tipo di persona speciale
La crescita post-traumatica non si verifica in qualsiasi persona. In generale, alcune persone hanno maggiori probabilità di sperimentare la PTG rispetto ad altre. Sebbene le cifre siano controverse, alcuni sostengono che il settanta per cento delle persone che hanno subito un trauma sperimentano un certo grado di PTG.
Arielle Schwartz, psicologa clinica e autrice della Guida alla crescita post-traumatica, afferma che una componente importante della guarigione da un trauma è "rimanere socialmente impegnati" con i membri della famiglia e gli amici compassionevoli. Il dottor Tedeschi aggiunge alla famiglia e agli amici il clero e il personale sanitario, poiché a volte è necessario un aiuto professionale per stimolare la persona a crescere.
La croce è più facile da sopportare quando il dolore è condiviso con altri. Il trauma, inoltre, costringe la mente a riflettere profondamente, poiché sconvolge le convinzioni fondamentali di una persona. Le persone imparano lezioni che possono portare a una trasformazione duratura. Durante i periodi di prova, le persone iniziano a pensare alle grandi domande esistenziali sul significato e sullo scopo, che spesso possono condurre a Dio.
La PTG può anche cambiare l'attenzione di una persona da sé agli altri. Spesso nasce il desiderio di servire e alleviare le sofferenze degli altri.
Rafforzare l'insegnamento della Chiesa
Gli studi sulla PTG sono importanti perché confutano il mito moderno secondo cui ogni sofferenza è dannosa. Purtroppo, la maggior parte degli studi non va oltre il fenomeno naturale della PTG. Tuttavia, se una crescita stimolata dalla sofferenza può avvenire in modo naturale, questo non fa che evidenziare quanto più possa essere di aiuto il ministero soprannaturale della Chiesa.
La Chiesa insegna che unire le proprie sofferenze a quelle di Cristo può avere un valore incalcolabile per la conversione e la guarigione spirituale di una persona. Chi soffre può sperimentare una gioia divina, poiché la sofferenza diventa un'occasione per avvicinarsi al Redentore crocifisso e glorificato.
In questa “valle di lacrime”, tutte le persone alla fine subiscono traumi, morti di persone care, guerre, disastri naturali o disgrazie. Così, la scienza rafforza l'insegnamento della Chiesa secondo cui abbracciare la croce può portare a una crescita spirituale e personale.
I più preparati ad affrontare i traumi
Infatti, coloro che praticano la fede sono meglio equipaggiati per affrontare i traumi poiché trovano uno scopo nella Croce di Cristo. La Chiesa forma una società visibile con legami sociali che sostengono le persone nei momenti di prova. La Chiesa fornisce anche i sacramenti e altri mezzi di grazia che fortificano l'anima nelle vicissitudini difficili. Soprattutto, i sofferenti possono vedere Nostro Signore Gesù Cristo sulla Croce e la Sua Madre Addolorata come esempi e modelli supremi da cui trarre forza e coraggio.
La famiglia cattolica è l'ambiente ideale per fornire una rete di sicurezza e uno spazio per la crescita post-trauma (PTG). Una società cristiana sostiene ulteriormente gli individui venendo in loro aiuto. Al contrario, l'attuale cultura narcisista e individualista è la meno attrezzata per affrontare gli inevitabili traumi della vita, poiché vede tutte le croci con risentimento e rivolta.
Così, la Croce diventa uno strumento di santificazione e trasformazione. A suo modo, anche la scienza sostiene questa conclusione. Il mondo che rifiuta la Croce aggiunge solo più sofferenza su di sé, poiché rifiuta di accettare la realtà e condanna le persone all'inferno delle fantasie assurde.
*The Greatest Generation è un termine coniato dal giornalista Tom Brokaw per riferirsi a quella generazione che crebbe negli Stati Uniti durante il disastro della Grande Depressione e che andò a combattere nella Seconda guerra mondiale e a quelli che, con la loro produttività all'interno della guerra nel fronte interno, diedero un contributo decisivo alla produzione di armi. Per questo tale fascia della popolazione è anche definita "G.I. Generation". Ne fanno parte gli individui nati tra il 1901 e il 1927. La Greatest Generation è preceduta dalla Generazione perduta ed è seguita dalla Generazione silenziosa.
Fonte: The Imaginative Conservative, 10 Ottobre 2023. Traduzione a cura di Tradizione Famiglia Proprietà – Italia.
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Un supremo sforzo “In Signo Crucis”
di Julio Loredo
Habent sua fata libelli. I libri hanno una loro storia. Mentre alcuni cadono subito nell’oblio, altri invece, lanciati da martellanti campagne pubblicitarie, s’impongono come best seller… salvo poi essere dimenticati non appena un nuovo best seller appare come d’incanto. Pochi sono quelli destinati a esercitare un’influenza profonda e durevole sugli avvenimenti.
A quest’ultima categoria appartiene, senza dubbio, il noto saggio «Rivoluzione e Contro-Rivoluzione», magistrale sintesi del pensiero di Plinio Corrêa de Oliveira, giustamente qualificato da un importante quotidiano italiano “uno dei principali maître à penser della destra”.
Possiamo annoverare in questa categoria anche l’ultima opera del noto pensatore e uomo d’azione brasiliano «Nobiltà ed élites tradizionali analoghe nelle allocuzioni di Pio XII al Patriziato ed alla Nobiltà romana». Su di essa scrisse il celebre canonista P. Anastasio Gutiérrez, uno dei più grandi professori degli atenei romani: “Da questo lavoro traspare una maturità e un equilibrio difficilmente raggiungibili da tanti altri libri, magari ottimi, ma privi di ciò che possiamo denominare carisma della scienza e dell’esperienza di un grande pensatore”.
Roma, Milano, Napoli
Il libro fu lanciato originalmente a Milano, il 15 ottobre 1993, nel corso del Convegno Internazionale della Nobiltà Europea, in un’affollatissima conferenza tenutasi nella Sala delle Colonne di Palazzo Serbelloni. I relatori, presentati dal conte Carlo Emanuele Manfredi, passarono in rivista le principali tesi del libro, insistendo sul fatto che un aspetto centrale della crisi odierna è proprio la latitanza delle vere élites, per forza sostituite con quelle false.
Qualche giorno dopo, il 30 ottobre, nella Sala del Baldacchino di Palazzo Pallavicini, di fronte al Quirinale a Roma, si tenne il Convegno Internazionale “Nobiltà ed élites tradizionali analoghe”. Tra gli ospiti d’onore il cardinale Alfons Maria Stickler, l’arciduca Martino d’Austria e il Principe Carlo di Borbone delle Due Sicilie.
“Gli Stati generali dell’aristocrazia romana al completo”, titolava Il Tempo nel dare la notizia del lancio nella Città Eterna del libro di Plinio Corrêa de Oliveira. “In nome del Papa Re. Dai salotti la marcia sul Campidoglio”, titolava invece Repubblica. “Dobbiamo comprendere la portata dell’appello che sale dalla gente – disse nella sua relazione il principe Sforza Ruspoli – il popolo vuole vedere incarnati i valori della preghiera, dell’azione, del sacrificio, che i nostri antenati santi, condottieri ed eroi testimoniarono a prezzo della vita”.
I media romani e nazionali mostrarono un interesse senza precedenti. Il TG1 mandò in onda un ampio servizio con un’articolata intervista al principe Ruspoli, mentre sullo sfondo campeggiava lo stendardo vermiglio della TFP. Repubblica dedicò al convegno ben tre articoli, di cui uno a tutta pagina con richiamo in prima.
“Ascesa e declino dell’aristocrazia. Professore brasiliano teorizza la controrivoluzione”, titolava invece il Giornale di Napoli, nel dare la notizia del lancio del libro nel capoluogo campano. Il convegno, tenutosi all’Hotel Excelsior e presieduto dal marchese Luigi Coda Nunziante, richiamò il fior fiore dell’aristocrazia partenopea. In prima fila, il principe Carlo di Borbone delle Due Sicilie. Non poteva mancare il commento di Repubblica: “Napoli non ha mai perduto certi umori monarchici”…
A questi seguirono altri convegni a Palermo, Tolentino, Padova, Vicenza, Torino, Forlì, Firenze, Genova e altre città italiane.
1943-1993-2023
Lo scorso giugno abbiamo commemorato l’ottantesimo anniversario del primo libro di Plinio Corrêa de Oliveira «In difesa dell’Azione Cattolica» (1943), un accorato grido in difesa di Santa Romana Chiesa contro le allora incipienti infiltrazioni neo-moderniste e socialiste. Un amorevole appello in favore della costituzione gerarchica del Corpo Mistico di Cristo, minacciata dalle correnti immanentistiche e ugualitarie che serpeggiano al suo interno. Un fervido proclama di fedeltà al Magistero perenne di Roma, in contrasto con le correnti eretiche che iniziavano ad alzare la testa.
Se c’è un tratto che definisce il leader brasiliano, è proprio la sua fede cattolica: “Se volete conoscermi, se volete seguirmi, cercate di capire come lo spirito della Chiesa vive nella mia anima. Di voi io solo chiedo una cosa: cercate di vedere in me ciò che ho di cattolico, ciò che esiste della Santa Chiesa in me. Cercate di capire come questo Battesimo, che ho ricevuto tanti decenni fa, ha lasciato in me un segno, si è sviluppato lungo la mia vita. Cercate di capire come io appartengo alla Chiesa, come la mia anima riflette la Santa Chiesa Cattolica Apostolica Romana. Cercate di capire come io amo questa Chiesa”.
Adesso, a ottobre, commemoriamo il trentesimo anniversario dell’ultimo libro di Plinio Corrêa de Oliveira «Nobiltà ed élites tradizionali analoghe», un supremo sforzo intrapreso “in signo Crucis” in vista della salvezza della civiltà cristiana. Ricordando un aspetto spesso trascurato del Magistero della Chiesa, l’opera intendeva proclamare la legittimità, anzi la fondamentale sacralità di una società gerarchicamente costituita, riscoprendo il ruolo delle élites, infondendo in esse il coraggio di riaffermare il loro tradizionale ruolo d’influenza, tanto più necessario in un mondo come quello odierno in preda ad un caos sempre maggiore.
Questa sorta di arcobaleno, dal primo all’ultimo libro, racchiude i due amori di Plinio Corrêa de Oliveira: la Santa Chiesa Cattolica e la Civiltà cristiana, due realtà distinte ma unite da vincoli profondissimi che sono quasi il verso e il riverso della stessa medaglia.
Plinio Corrêa de Oliveira si definiva “cattolico perché monarchico, monarchico perché cattolico”. Il leit motiv della sua vita intellettuale e apostolica fu di studiare, elaborare, sviluppare ed esplicitare i lineamenti di una Civiltà cristiana ministra della Chiesa: “La società temporale, voluta da Dio, ordinata da Lui, realizzando in sé stessa un’opera di santificazione, è una società santa, che ha una funzione sacra. Società completamente naturale come la famiglia, ma come essa lavorata in profondità dalla vita soprannaturale che germoglia nei suoi membri. Società santa e sacra come la famiglia cristiana, alla quale conviene così bene l’indicazione di santa che perfino il suo vincolo costitutivo è un Sacramento istituito dallo stesso Gesù Cristo. (…) Arriviamo così alla nozione della società temporale ministra della Chiesa, che apre ampie prospettive per la nozione della società simultaneamente temporale e sacrale”.
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