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Una contro-rivoluzione estetica

 

Essenzialmente tradizionalista, il prof. Plinio Correa de Oliveira sapeva essere innovativo, e perfino molto innovativo, quando serviva.

Trovando chiuse le porte dei grandi mezzi di comunicazione, e quindi impossibilitato di portare il suo messaggio a un pubblico più vasto, nel 1961 egli escogitò un tipo di campagna pubblica nella quale volontari della TFP brasiliana andavano direttamente sulle piazze per vendere il libro Riforma agraria questione di coscienza. Dieci edizioni con un totale di 41.000 copie vendute, in un Paese dove un best seller appena ne superava le cinquemila, attestano l’impressionante successo di questo metodo.

Le campagne erano altresì agevolate dai mezzi propagandistici solitamente utilizzati in circostanze simili: striscioni, megafoni, declamazione ritmata di slogan e via dicendo.

MilanL’aspetto più interessante, però, era il contatto col pubblico. Oltrepassando tutte le mediazioni propagandistiche, che spesso e volentieri deformano la realtà, queste campagne permettevano di cogliere direttamente il vero stato dell’opinione pubblica, di prendere cioè il polso al “paese reale”. D’altronde, il vedere tanti giovani disposti a proclamare sulle piazze il loro ideale, produceva nelle genti un effetto forse più profondo e duraturo della semplice lettura di un libro.

Plinio Corrêa de Oliveira non si fermò lì. Avvertendo nelle nuove generazioni un’apertura sempre più accentuata all’appello simbolico della bellezza, egli cominciò a creare una serie di simboli per vivacizzare ancor di più le campagne pubbliche, rendendole più attraenti. Questi simboli servivano, inoltre, a identificare in modo inequivocabile i membri della TFP, definendo ciò che nel gergo del marketing potremmo chiamare il “marchio”.  

Prima si trattò d’una semplice insegna in seta rossa con, al centro, il leone dorato rampante, simbolo della TFP, portata sul risvolto sinistro della giacca.

Poi, nel 1965, la grande novità: gli stendardi vermigli col leone rampante e la scritta “Tradizione Famiglia Proprietà” in caratteri d’oro, portati dai volontari su aste alte 6 metri. L’impatto psicologico fu enorme. Il giorno dopo, mani anonime distribuirono per le vie del centro un pamphlet che interpretava l’impressione dominante:

“San Paolo fu presa d’assalto da una schiera di angeli medievali. Usciti dalle brume della mitologia, hanno invaso le strade, hanno dominato le piazze, si sono impadroniti della città. (...) Non possiamo negare che c’era una certa bellezza immemoriale in quegli stendardi rossi con leoni d’oro al centro”.

Nel 1969, un’altra novità: le cappe rosse che facevano risaltare la figura dei partecipanti. All’epoca, un noto giornalista, oppositore della TFP, scrisse sul quotidiano DuomoTribuna da Imprensa:

“La TFP era in sessione di gala. Confesso che, da lontano, sono rimasto gradevolmente colpito. C’è indubbiamente buon gusto nella scelta dei colori sfoggiati, sia nelle divise che negli stendardi. C’è un senso di teatro totale nelle loro evoluzioni. Mentre un ragazzo scandisce slogan con un megafono, un altro, in modo perfettamente araldico, gira lievemente lo stendardo. Altri corrono, in perfetta armonia coreografica, per avvicinare i pedoni offrendo loro un giornale. Da lontano, la TFP impressiona per la sua dimensione estetica, per il gioco dei colori, per la presenza invisibile di un ‘metteur-en-scène’.

“Se ogni tradizione, ogni famiglia e ogni proprietà avesse un terzo dell’armoniosa presentazione di questo gruppo, perfino io, uomo della sinistra, sarei tentato di prendere in mano uno stendardo e andare per le vie della città in difesa di queste istituzioni. (...) Tutti vogliono conoscere il nome del ‘regista’ del gruppo, nonché dello stilista che ha creato questi costumi”.

Le espressioni “teatro totale” e “dimensione estetica” vanno sottolineate. L’egemonia culturale della sinistra deve Campanhamolto al fatto che ha saputo unire all’utile della persuasione ideologica il dilettevole della sua presentazione estetica, cosa quasi assolutamente assente in ambienti di destra. La parola convince, l’esempio trascina. I simboli hanno un linguaggio diretto che, parlando ai sensi oltre che al cervello, esercitano un’azione ideologica profondissima, anche se non sempre esplicita.

Questo tipo di azione estetica -- o “tendenziale” per utilizzare un termine caro al prof. Plinio Correa de Oliveira -- è diventata sempre più determinante man mano che si è venuta affermando quella “generazione dell’immagine” descritta da Paolo VI. Al punto che oggi, in non pochi casi, l’aspetto dottrinale della propaganda è passato al secondo piano, superato e non di rado soppiantato da quello simbolico.

Per concludere, ecco un’interessante analisi, dal punto di vista estetico, delle campagne pubbliche della TFP, fatta dall’artista comunista tedesco-americana Judith Malina, direttrice del Living Theater di San Paolo:

“Vorrei, senza sarcasmo, esaminare il portamento scenico dei miei maggiori oppositori, il gruppo estremista (sic) cattolico TFP. Una mattina, molto presto, sono stata svegliata da urla provenienti dalla strada. Guardando dalla finestra ho visto uno stuolo di militanti della TFP che scandivano il loro motto ‘Tradizione Famiglia Proprietà!’. Erano vestiti con giacca e cravatta, faccia pulita, con eleganti cappe rosse di effetto teatrale sulle spalle. Facevano teatro di strada. Portavano uno stendardo rosso molto grande con sopra scritto, in caratteri gotici, ‘Tradizione Famiglia Proprietà’. Lo agitavano come fanno le scuole di samba, ma con la dignità d’una processione della Chiesa. L’inventore di questi pezzi possiede un ottimo senso del teatro di strada. Usando forme assai rigide, egli tuttavia esplora pienamente tutte le possibilità: suoni, colori, costumi, coreografia, bandiere” (O Estado de Sao Paulo, 12-07-08, Caderno 2, pg. D3).