tfp it newlogo

Colpo di Stato in Brasile?

 

di Julio Loredo

 

            Nel totale silenzio dei media italiani, in Brasile è in corso un colpo di Stato.

            In un’operazione coordinata dalla capitale federale, Brasilia, poco prima dell’alba dello scorso 27 maggio, squadre della Polizia Militare armate con mitragliatrici hanno fatto irruzione nelle abitazioni di decine di giornalisti, pubblicisti, attivisti e politici in diverse città. Esibendo mandati di cattura palesemente irregolari, giacché non indicavano la motivazione dell’intervento, i soldati hanno sequestrato computer, telefonini, camere fotografiche, archivi digitali e cartacei. I perquisiti sono stati prelevati con la forza e portati in carceri militari per essere interrogati.

            No, caro lettore, non si tratta di una stangata del presidente Jair Bolsonaro per zittire l’opposizione. Anzi! Se così fosse, sono sicuro che i media nostrani avrebbero sbattuto la notizia in prima pagina, gridando al golpe, con tanto di foto immeritevole dell’odiato mandatario. È l’esatto opposto: a finire in carcere sono stati cittadini di orientamento conservatore e anticomunista, perlopiù sostenitori del presidente Bolsonaro. Così, in un solo colpo, buona parte della struttura massmediatica e politica conservatrice in Brasile è stata spazzata via.

            Bisogna tener in mente che Bolsonaro è appena la punta dell’iceberg di un vasto fenomeno di opinione pubblica che si estende per tutto il territorio brasiliano e in ogni ambiente sociale. Questo fenomeno è visibile a occhio nudo. Si moltiplicano i blogger e gli youtuber di centro-destra, per lo più giovanissimi, alcuni con milioni di follower. Sorgono nuovi gruppi politici e culturali di orientamento conservatore. Guadagnano notorietà le conferenze online di orientamento tradizionalista. Dopo decenni di virtuale monopolio culturale della sinistra, si pubblicano sempre più libri e si realizzano sempre più convegni di area centro-destra. Gli analisti parlano di un’“ondata conservatrice”.

            Tale situazione è intollerabile per la sinistra, e in concreto per il Partito dei Lavoratori (PT), di orientamento marxista, rimosso dal potere nelle ultime elezioni dopo ben tredici anni di dominio incontrastato. Esso ha quindi deciso di contrattaccare usando il Potere giudiziario, largamente controllato dagli stessi petisti.

            Dopo un primo momento di sconcerto per la massiccia dimostrazione di forza militare del 27 maggio – che a più di uno ha ricordato il golpe militare del 1964 – si è saputo che l’ordine era partito dal giudice Alexandre de Moraes, del Supremo Tribunal Federal (STF, cioè la Corte di Cassazione), nell’ambito dell’indagine sulle cosiddette fake news.

            L’indagine era partita nell’aprile del 2019, quando la rivista Crusoé e il sito O Antagonista avevano pubblicato documenti collegando il politico petista José Antonio Dias Toffoli allo scandalo Odebrecht. Incapace di rispondere sul merito, Toffoli si era rivolto ai suoi compagni magistrati. Dietro una sua precisa richiesta, il giudice Alexandre de Moraes aveva ordinato alle due testate di ritirare la notizia, infliggendogli pure una multa di centomila reais (sedicimila euro) al giorno nel caso in cui non lo avessero fatto.

            Tale atto di censura alla libertà di stampa ha suscitato la reazione sdegnata di tutti gli organi di categoria, dall’Associação Nacional de Jornais, all’Associação Nacional de Editores de Revistas, all’Associação Brasileira de Imprensa. Perfino l’Associação dos Juízes Federais do Brasil  ha ripudiato la decisione del collega de Moraes, qualificandola di “inammissibile”. Era chiaramente una mossa antidemocratica. De Moraes è stato costretto a ritirare l’ingiunzione.

            La sinistra incassò il colpo ma non si arrese. Col voto dell’opposizione, nel settembre 2019 è stata creata la Commissione parlamentare mista sulle fake news, incaricata di “indagare sulla diffusione di notizie false e la disinformazione, e sull’incitazione a pratiche criminose nelle campagne politiche”. In fondo, qualsiasi notizia sfavorevole alla sinistra è passibile di essere qualificata come fake news. Qualsiasi appello a rigettare l’ideologia marxista è suscettibile di essere definito un incitamento a pratiche criminose. Qualsiasi critica di area conservatrice alla sinistra può essere ritenuta un atto di “odio”. È stata coniata addirittura l’espressione “Gabinetto dell’odio” per indicare una fantomatica centrale, finanziata da chissà chi, incaricata di diffondere notizie e opinioni contrarie alla sinistra. Venne coniata anche l’espressione “milizie digitali” per designare i blogger di centro-destra, quasi fossero dei paramilitari. La Commissione parlamentare mista (Senato e Camera) è guidata dal senatore Ângelo Coronel e dalla deputata Lídice de Mata, entrambi del Partito socialista.

            La Commissione si è concentrata soprattutto sull’uso di internet, rilevando come le nuove tecnologie permettano di bypassare i mezzi di comunicazione tradizionali. Oggi, chiunque può diventare un opinionista influente. Gli basta un buon cervello, un computer e capacità comunicative. Questo sviluppo ha favorito i conservatori, che così riescono a far arrivare le loro idee a milioni di brasiliani. Ci sono blogger e youtuber di area conservatrice e anti-comunista con due e perfino tre milioni di follower. La sinistra che, seguendo i consigli di Gramsci, aveva fatto del controllo della stampa un punto centrale della sua strategia, si è trovata spiazzata.

            Nell’aprile 2020, il mandato della Commissione è stato prorogato per altri sei mesi.

            I lavori della Commissione parlamentare sono serviti da pretesto e da veicolo per una fortissima campagna propagandistica contro il centro-destra, e concretamente contro il presidente Bolsonaro. La presidente del Partito dei Lavoratori, Gleisi Hoffmann, lo ha ammesso senza veli: “Le prove raccolte dal Supremo Tribunale Federale servono di base per le azioni mosse dal PT contro il presidente Bolsonaro. Il Brasile ha bisogno di nuove elezioni politiche”.

            Il binomio Commissione Parlamentare Mista—Supremo Tribunale Federale si è dimostrato vincente. Man mano, i lavori della Commissione, assecondati dal giudice de Moraes, si sono trasformati in una “caccia ai fascisti”, intendendo con questo termine chiunque non professi l’ideologia socialista. “Il Potere Giudiziario non può restare indifferente di fronte alle innumerevoli e gravissime offese – afferma de Moraes – È importante identificare chi organizza, chi dialoga con questi criminali. Il Brasile non è fascista”.

            Più recentemente, la Commissione ha cominciato a puntare i suoi cannoni anche contro le associazioni prolife e anti LGBT. A metà maggio, per esempio, sempre per ordine del giudice de Moraes, è stata incarcerata la nota attivista anti-femminista Sara Winter, tuttora ai domiciliari e con obbligo di braccialetto elettronico.

            E arriviamo così alla grande dimostrazione di forza dello scorso 27 maggio, quando squadre della Polizia Militare hanno fatto irruzione nelle abitazioni di decine di giornalisti, opinionisti e politici conservatori. Perfino il deputato Luiz Philippe d’Orléans e Braganza, membro della Famiglia Imperiale, è stato perquisito. Secondo la deputata Lídice de Mata: “L’operazione odierna, condotta dalla Polizia Militare in conformità a ordini di ricerche e sequestri partite dal STF, prosegue e dimostra la linea d’indagine della Commissione”. Il 16 giugno la scena si è ripetuta con altrettante perquisizioni, sempre all’alba e con grande spiegamento di forza militare. L’intenzione, nemmeno velata, è di terrorizzare i conservatori.

            Tutto ciò configura una situazione di gravissimo pericolo per la libertà di opinione e di stampa in Brasile, in fondo un gravissimo pericolo per la democrazia: appunto un colpo di Stato, nemmeno tanto “bianco”. È per tutti chiaro che la sinistra, perdente sul campo elettorale e in crescente difficoltà di fronte a un’opinione pubblica sempre più conservatrice, ha deciso di usare il suo “arsenale atomico”: il potere giudiziario, appoggiato dalla Polizia Militare, costretta a eseguire i suoi ordini.

            Questa deriva totalitaria della sinistra brasiliana è molto preoccupante, anche perché coincide con simili sviluppi in altri Paesi. Per parlare della nostra Italia, ecco il Ddl Zan-Scalfarotto “di contrasto all’omofobia e alla transfobia”, recentemente presentato a Montecitorio. Si tratta di un decreto totalitario e liberticida, degno della più cupa dittatura. Se fosse approvato, un sacerdote che legga dal pulpito il Catechismo della Chiesa Cattolica in tema di sesto comandamento (n° 2331ss) rischierebbe sei anni di galera, più la sospensione della carta d’identità, della patente guida e del passaporto, per non parlare del coprifuoco e della perdita dei diritti politici per tre anni.

            Sembra che, di fronte all’ondata conservatrice – visibile in Europa come in Brasile –, la sinistra stia abbandonando il discorso liberale, dialogante e permissivo e stia, invece, mostrando la sua faccia totalitaria e tirannica, d’altronde sempre presente dietro la maschera sorridente.

            Se da una parte ciò è molto preoccupante, dall’altra parte credo che sia anche molto rincuorante. Nessuno usa la forza bruta come primo argomento. È molto meglio vincere convincendo le persone. Paradossalmente, l’uso della forza è un segno di debolezza. Vuol dire che il discorso della sinistra dà segni di esaurimento. Esso non convince l’opinione pubblica come una volta. Sempre più persone stanno scendendo dal treno della Rivoluzione. Alcune stanno addirittura cominciando a camminare in senso contrario.

            L’egemonia della Rivoluzione si è spezzata. E questo è un fatto che deve darci molto animo. Spetta a noi saper intercettare le reazioni e indirizzarle sulla via di quella grande conversione spirituale auspicata dalla Madonna a Fatima, che dovrà portare al trionfo del suo Cuore Immacolato.