Ambientalismo

  • “Fit For 55”. L’ultima sciocchezza ambientalista 

     

     

    di Julio Loredo

    Agli inizi di novembre, l’attenzione del mondo si è concentrata sulla riunione di capi di Stato e di personaggi rilevanti a Glasgow, Scozia, nota come COP26. Lasciamo stare la tremenda ipocrisia di questi boss che, a pretesto di discutere sul clima planetario, utilizzano una flotta di più di 400 jet privati, che hanno generato oltre 15.000 tonnellate di emissioni di CO2, l’equivalente della quantità prodotta da più di 1.600 passeggeri inglesi in un anno. Andiamo invece al nocciolo della questione: di cosa stanno discutendo?

    Per affrontare il fenomeno del “riscaldamento globale”, cioè il graduale aumento delle temperature del pianeta in questi ultimi anni, e ritenendo che i principali colpevoli siano i cosiddetti “gas serra”, a cominciare dalla CO2, i leader propongono di attuare una serie di misure che favoriscano la transizione a una economia “green”, abbassando notevolmente le emissioni di questi gas. Si vuole fissare un tetto al riscaldamento globale: non più di +1,5°C fino al 2050.

    Parlando di casa nostra, le istituzioni europee (Parlamento, Commissione, Consiglio) hanno già messo mano all’opera, sfornando una lunga serie di misure all’interno di un European Climate Action che intende rendere il continente climaticamente “neutro” entro il 2050.

    Fit for 55: una “Rivoluzione francese”

    Il 14 luglio 2021, la Commissione Europea ha emesso una serie di nuove proposte ambientaliste note come “Fit for 55” o “Green Package”. La data non è casuale: il 14 luglio è l’inizio della Rivoluzione francese. In effetti, i promotori chiamano questa nuova agenda la “Rivoluzione francese dell’ambientalismo”. Il regolamento intende accelerare l’attuazione del cosiddetto Green Deal, approvato nel dicembre 2019. In particolare, intende ridurre del 55% (ecco il perché del nome) le emissioni dei cosiddetti gas serra, al fine di realizzare una situazione di “climate neutrality” entro il 2050. “Climate neutrality” è un neologismo coniato per descrivere una situazione in cui l’Europa, e poi il mondo, avrebbero un impatto zero sull’ambiente e sul clima. In altre parole, zero inquinamento.

    Gli esperti rimarcano che una riduzione del 55% dei gas serra entro il 2030 è un obiettivo molto ambizioso che richiederà misure ambientaliste molto stringenti che peseranno ancor di più sulla già sovraccaricata economia europea. Per dare un’idea: dal 1990 al 2020 le emissioni sono state ridotte solo del 20%. Il salto a una riduzione del 55% richiederà interventi massicci. Non c’è da stupirsi che la Commissione si riferisca a “Fit for 55” come a un “programma colossale”.

    “Con il programma Fit for 55, la politica climatica dell’UE peserà direttamente su tutti i cittadini europei, condizionando la loro vita in modo significativo. Questa politica di cambiamento climatico sarà molto costosa”, afferma un documento pubblicato dal Centre for European Policy Studies (CEPS) di Bruxelles. Continua: “I contribuenti dell’UE dovranno finanziare con le proprie tasche l’acciaio ‘verde’, il cemento ‘verde’, gli appalti pubblici ‘verdi’, le infrastrutture ‘verdi’ e le misure di compensazione per l’industria. I contribuenti europei pagheranno addirittura i costi extra delle importazioni, a causa del meccanismo di adeguamento dei dazi” (1).

    Nonostante la promessa della Commissione Europea “di non lasciare indietro nessuno”, la nuova agenda verde interesserà soprattutto i cittadini sotto la soglia di povertà. “Le leggi proposte potrebbero rendere più povere le persone a basso reddito, al di là delle difficoltà finanziarie dovute alla pandemia. Molte vite umane sono in gioco”, scrive Martha Myers, coordinatrice della Right to Energy Coalition (2). Si stima che, entro il 2026, la famiglia media europea dovrà pagare 429 euro all’anno per finanziare questa follia ambientalista, un fardello troppo grande per molte famiglie.

    Fit for 55” penalizzerà l’economia europea. Nel corso degli anni la nostra economia ha perso competitività nei confronti degli Stati Uniti e, in particolare, della Cina comunista (che non applica quasi nessuna normativa ambientale). Con tutti questi vincoli ambientali sta diventando sempre più difficile fare affari nell’UE. “Fit for 55” peggiora solo le cose. “L’attuazione delle misure Fit for 55 potrebbe aumentare in modo significativo il costo di produzione per le aziende europee, in particolare per le industrie ad alta intensità energetica. Questo, a sua volta, potrebbe mettere le aziende europee in una posizione di svantaggio quando competono con omologhi di paesi non UE”, afferma EUWID, organo dell’industria europea della cellulosa e della carta (3).

    Gli analisti rilevano anche che “Fit for 55” è un’intrusione inutile, poiché l’Unione Europea era già sulla buona strada, avendo raggiunto nel 2020 gli obiettivi previsti nel 2008, e avendo già approvato nel 2019 il piano decennale noto come Green Deal. Sembra, però, che i talebani ambientalisti vogliano correre. Così hanno imposto un cambio di ritmo, senza consultare ulteriormente gli Stati membri. Infatti, “Fit for 55” è stato votato in modo del tutto casuale nel corso di una “riunione informale” dei ministri dell’UE. Ora, però, la Commissione Europea pretende che tutti gli Stati membri lo rispettino.

    Verso un’economia “green”

    Quali sono i punti principali proposti dall’agenda “Fit for 55”?

    Un primo punto riguarda l’efficienza energetica. Il progetto prevede un miglioramento dell’efficienza del 39% rispetto al 1990. Ciò richiederà non solo lo sviluppo di nuove tecnologie, ma un radicale rinnovamento delle strutture esistenti. I vecchi impianti dovranno essere completamente ristrutturati. Parte del denaro per questa rimodulazione verrà dal Recovery Fund votato per aiutare le economie europee nell’era post-COVID. Invece di aiutare le industrie in difficoltà e i cittadini in difficoltà, la Commissione Europea sta usando i soldi del COVID per imporre ulteriormente l’agenda verde... Va ricordato che il Recovery Fund è un mero prestito, che i Paesi membri dovranno prima o poi ripagare.

    Un secondo punto riguarda le energie rinnovabili. L’obiettivo originale del 32% è stato portato al 40% entro il 2030. Ciò significa più energia solare ed eolica e meno carbono, petrolio ed energia nucleare. Per raggiungere l’obiettivo “Fit for 55” entro il 2030, il 65% dell’elettricità dovrà provenire da fonti rinnovabili, richiedendo l’installazione di oltre 500 GW di capacità rinnovabile in tutta l’UE, circa il doppio dell’attuale capacità installata.

    Un terzo elemento riguarda il cosiddetto “Emission Trading System”, cioè la quantità di emissioni prodotte dalle strutture realizzate dall’uomo. Il progetto fissa un tetto alle emissioni complessive e chiede che siano abbassate di una certa percentuale ogni anno, secondo un sistema di quote. Se una struttura non raggiunge gli obiettivi per un certo periodo, dovrà essere rottamata. Nel frattempo, deve pagare tasse extra. È la cosiddetta mentalità “chi inquina paga”. Ciò crea un onere economico eccessivo per le imprese vulnerabili.

    Nel campo dei trasporti tutto ciò comporterebbe quella che gli esperti chiamano una “rivoluzione fordiana”. L’intero sistema di trasporto pubblico e privato dovrebbe essere rivisto per raggiungere l’obiettivo di zero emissioni delle auto entro il 2035. Questa Rivoluzione si basa sulla sostituzione dei veicoli a diesel e a benzina con quelli elettrici. Ciò solleva molteplici questioni.

    Innanzitutto, la Cina controlla il 51% del totale globale del litio chimico, il 62% del cobalto chimico e il 100% della grafite sferica, i principali componenti delle batterie agli ioni di litio. Un eventuale passaggio massiccio alle auto elettriche consegnerebbe de facto l’economia mondiale nelle mani della Cina comunista. In secondo luogo, dobbiamo ancora produrre in qualche modo l’elettricità per alimentare questi veicoli. E questo può venire solo da centrali nucleari o a carbone, poiché le energie solare ed eolica non sono ancora in grado di coprire la domanda. In terzo luogo, le batterie sono una delle cose più inquinanti sulla terra, una volta scartate. A differenza delle auto normali, le auto elettriche non possono essere riciclate. Devono essere smaltite in “cimiteri” altamente inquinanti. In quarto luogo, un aspetto non secondario è il prezzo. I veicoli elettrici sono molto più costosi e molto meno efficienti. Non c’è da stupirsi che l’industria automobilistica europea abbia dato una risposta piuttosto fredda a questa proposta. Naturalmente, i burocrati di Bruxelles ne sanno più dei costruttori di automobili…

    Un cambio di mentalità

    Ci sono, però, questioni più profonde che lasciano presagire prospettive ancora più preoccupanti.

    Il Green Deal proposto dalla Commissione Europea, e rafforzato dall’agenda Fit for 55, non riguarda solo il clima e l’economia. Per raggiungere la “neutralità climatica” entro il 2050, la Commissione è determinata a cambiare la società europea, modificando la stessa mentalità dei cittadini. Leggiamo nel sito del Consiglio Europeo: “L’UE si è impegnata a raggiungere la neutralità climatica entro il 2050. Raggiungere questo obiettivo richiederà una trasformazione della società oltre che dell’economia europea, che dovrà essere giusta e socialmente equilibrata”. Allo stesso modo si legge nella «Nuova agenda strategica» approvata dalla Commissione nel 2019: “L’UE può e deve aprire la strada, impegnandosi in una profonda trasformazione della propria economia e della società per raggiungere la neutralità climatica”.

    Cos’è questa “profonda trasformazione” della società europea?

    L’attuazione dell’agenda verde non è realizzabile senza profondi cambiamenti nella nostra mentalità, nelle nostre abitudini di consumo, nel nostro stile di vita, in una parola nella nostra civiltà. Alla base di “Fit for 55” c’è l’idea che abbiamo raggiunto l’attuale livello di sviluppo abusando o utilizzando in modo errato le risorse della Terra. Dobbiamo cambiare drasticamente.

    “L’Europa lancia la Rivoluzione Verde!”, si legge nella Newsletter for the European Union, “L’obiettivo è trasformare il volto del Vecchio Continente. (…) Ciò avrà dei costi enormi, sia per i bilanci pubblici che per i cittadini. Ma è un percorso senza alternative” (4).

    “Rivoluzione” sembra essere la parola chiave. “Le proposte di Fit for 55 sono niente più e niente meno che una rivoluzione”, scrive il quotidiano tedesco Volksstimme, “Le proposte della Commissione Europea per raggiungere gli obiettivi climatici sono un enorme programma di ristrutturazione non solo dell’economia europea, ma di quasi tutti ambiti della vita” (5).

    Questa Rivoluzione Verde è stata attentamente pianificata dalle fazioni più radicali dell’Internazionale Socialista sin dagli anni ‘60, come un naturale sviluppo del socialismo marxista. E ora stanno per metterla in pratica. E per questo si avvalgono, a Glasgow, di 400 jet privati altamente inquinanti. Certo, il Green Deal è solo per il volgo...

     

    Note

    1. Fit for 55 – is the European Green Deal really leaving no-one behind?, CEPS, 12 July 2021.

    2. Fit for 55 will penalise poor Europeans, Euroactiv, 19 July 2021.

    3. Paper associations criticise European Commission’s Fit for 55 package, EUWID, 18 August 2021.

    4. Fit for 55: it’s time for a European Green revolution, Newsletter for the European Union, Editorial, 26 July 2021

    5. Fit for 55 package “nothing less than a revolution;” “saturated with scepticism towards market-based approaches” – media reactions, Clean Energy Wire, 15 July 2021.

    © La riproduzione è autorizzata a condizione che venga citata la fonte.

  • “Fit For 55”. L’ultima sciocchezza ambientalista 

     

     

     

    di Julio Loredo

    Agli inizi di novembre, l’attenzione del mondo si è concentrata sulla riunione di capi di Stato e di personaggi rilevanti a Glasgow, Scozia, nota come COP26. Lasciamo stare la tremenda ipocrisia di questi boss che, a pretesto di discutere sul clima planetario, utilizzano una flotta di più di 400 jet privati, che hanno generato oltre 15.000 tonnellate di emissioni di CO2, l’equivalente della quantità prodotta da più di 1.600 passeggeri inglesi in un anno. Andiamo invece al nocciolo della questione: di cosa stanno discutendo?

    Per affrontare il fenomeno del “riscaldamento globale”, cioè il graduale aumento delle temperature del pianeta in questi ultimi anni, e ritenendo che i principali colpevoli siano i cosiddetti “gas serra”, a cominciare dalla CO2, i leader propongono di attuare una serie di misure che favoriscano la transizione a una economia “green”, abbassando notevolmente le emissioni di questi gas. Si vuole fissare un tetto al riscaldamento globale: non più di +1,5°C fino al 2050.

    Parlando di casa nostra, le istituzioni europee (Parlamento, Commissione, Consiglio) hanno già messo mano all’opera, sfornando una lunga serie di misure all’interno di un European Climate Action che intende rendere il continente climaticamente “neutro” entro il 2050.

     

    Fit for 55: una “Rivoluzione francese”

    Il 14 luglio 2021, la Commissione Europea ha emesso una serie di nuove proposte ambientaliste note come “Fit for 55” o “Green Package”. La data non è casuale: il 14 luglio è l’inizio della Rivoluzione francese. In effetti, i promotori chiamano questa nuova agenda la “Rivoluzione francese dell’ambientalismo”. Il regolamento intende accelerare l’attuazione del cosiddetto Green Deal, approvato nel dicembre 2019. In particolare, intende ridurre del 55% (ecco il perché del nome) le emissioni dei cosiddetti gas serra, al fine di realizzare una situazione di “climate neutrality” entro il 2050. “Climate neutrality” è un neologismo coniato per descrivere una situazione in cui l’Europa, e poi il mondo, avrebbero un impatto zero sull’ambiente e sul clima. In altre parole, zero inquinamento.

    Gli esperti rimarcano che una riduzione del 55% dei gas serra entro il 2030 è un obiettivo molto ambizioso che richiederà misure ambientaliste molto stringenti che peseranno ancor di più sulla già sovraccaricata economia europea. Per dare un’idea: dal 1990 al 2020 le emissioni sono state ridotte solo del 20%. Il salto a una riduzione del 55% richiederà interventi massicci. Non c’è da stupirsi che la Commissione si riferisca a “Fit for 55” come a un “programma colossale”.

    “Con il programma Fit for 55, la politica climatica dell’UE peserà direttamente su tutti i cittadini europei, condizionando la loro vita in modo significativo. Questa politica di cambiamento climatico sarà molto costosa”, afferma un documento pubblicato dal Centre for European Policy Studies (CEPS) di Bruxelles. Continua: “I contribuenti dell’UE dovranno finanziare con le proprie tasche l’acciaio ‘verde’, il cemento ‘verde’, gli appalti pubblici ‘verdi’, le infrastrutture ‘verdi’ e le misure di compensazione per l’industria. I contribuenti europei pagheranno addirittura i costi extra delle importazioni, a causa del meccanismo di adeguamento dei dazi” (1).

    Nonostante la promessa della Commissione Europea “di non lasciare indietro nessuno”, la nuova agenda verde interesserà soprattutto i cittadini sotto la soglia di povertà. “Le leggi proposte potrebbero rendere più povere le persone a basso reddito, al di là delle difficoltà finanziarie dovute alla pandemia. Molte vite umane sono in gioco”, scrive Martha Myers, coordinatrice della Right to Energy Coalition (2). Si stima che, entro il 2026, la famiglia media europea dovrà pagare 429 euro all’anno per finanziare questa follia ambientalista, un fardello troppo grande per molte famiglie.

    Fit for 55” penalizzerà l’economia europea. Nel corso degli anni la nostra economia ha perso competitività nei confronti degli Stati Uniti e, in particolare, della Cina comunista (che non applica quasi nessuna normativa ambientale). Con tutti questi vincoli ambientali sta diventando sempre più difficile fare affari nell’UE. “Fit for 55” peggiora solo le cose. “L’attuazione delle misure Fit for 55 potrebbe aumentare in modo significativo il costo di produzione per le aziende europee, in particolare per le industrie ad alta intensità energetica. Questo, a sua volta, potrebbe mettere le aziende europee in una posizione di svantaggio quando competono con omologhi di paesi non UE”, afferma EUWID, organo dell’industria europea della cellulosa e della carta (3).

    Gli analisti rilevano anche che “Fit for 55” è un’intrusione inutile, poiché l’Unione Europea era già sulla buona strada, avendo raggiunto nel 2020 gli obiettivi previsti nel 2008, e avendo già approvato nel 2019 il piano decennale noto come Green Deal. Sembra, però, che i talebani ambientalisti vogliano correre. Così hanno imposto un cambio di ritmo, senza consultare ulteriormente gli Stati membri. Infatti, “Fit for 55” è stato votato in modo del tutto casuale nel corso di una “riunione informale” dei ministri dell’UE. Ora, però, la Commissione Europea pretende che tutti gli Stati membri lo rispettino.

     

    Verso un’economia “green”

    Quali sono i punti principali proposti dall’agenda “Fit for 55”?

    Un primo punto riguarda l’efficienza energetica. Il progetto prevede un miglioramento dell’efficienza del 39% rispetto al 1990. Ciò richiederà non solo lo sviluppo di nuove tecnologie, ma un radicale rinnovamento delle strutture esistenti. I vecchi impianti dovranno essere completamente ristrutturati. Parte del denaro per questa rimodulazione verrà dal Recovery Fund votato per aiutare le economie europee nell’era post-COVID. Invece di aiutare le industrie in difficoltà e i cittadini in difficoltà, la Commissione Europea sta usando i soldi del COVID per imporre ulteriormente l’agenda verde... Va ricordato che il Recovery Fund è un mero prestito, che i Paesi membri dovranno prima o poi ripagare.

    Un secondo punto riguarda le energie rinnovabili. L’obiettivo originale del 32% è stato portato al 40% entro il 2030. Ciò significa più energia solare ed eolica e meno carbono, petrolio ed energia nucleare. Per raggiungere l’obiettivo “Fit for 55” entro il 2030, il 65% dell’elettricità dovrà provenire da fonti rinnovabili, richiedendo l’installazione di oltre 500 GW di capacità rinnovabile in tutta l’UE, circa il doppio dell’attuale capacità installata.

    Un terzo elemento riguarda il cosiddetto “Emission Trading System”, cioè la quantità di emissioni prodotte dalle strutture realizzate dall’uomo. Il progetto fissa un tetto alle emissioni complessive e chiede che siano abbassate di una certa percentuale ogni anno, secondo un sistema di quote. Se una struttura non raggiunge gli obiettivi per un certo periodo, dovrà essere rottamata. Nel frattempo, deve pagare tasse extra. È la cosiddetta mentalità “chi inquina paga”. Ciò crea un onere economico eccessivo per le imprese vulnerabili.

    Nel campo dei trasporti tutto ciò comporterebbe quella che gli esperti chiamano una “rivoluzione fordiana”. L’intero sistema di trasporto pubblico e privato dovrebbe essere rivisto per raggiungere l’obiettivo di zero emissioni delle auto entro il 2035. Questa Rivoluzione si basa sulla sostituzione dei veicoli a diesel e a benzina con quelli elettrici. Ciò solleva molteplici questioni.

    Innanzitutto, la Cina controlla il 51% del totale globale del litio chimico, il 62% del cobalto chimico e il 100% della grafite sferica, i principali componenti delle batterie agli ioni di litio. Un eventuale passaggio massiccio alle auto elettriche consegnerebbe de facto l’economia mondiale nelle mani della Cina comunista. In secondo luogo, dobbiamo ancora produrre in qualche modo l’elettricità per alimentare questi veicoli. E questo può venire solo da centrali nucleari o a carbone, poiché le energie solare ed eolica non sono ancora in grado di coprire la domanda. In terzo luogo, le batterie sono una delle cose più inquinanti sulla terra, una volta scartate. A differenza delle auto normali, le auto elettriche non possono essere riciclate. Devono essere smaltite in “cimiteri” altamente inquinanti. In quarto luogo, un aspetto non secondario è il prezzo. I veicoli elettrici sono molto più costosi e molto meno efficienti. Non c’è da stupirsi che l’industria automobilistica europea abbia dato una risposta piuttosto fredda a questa proposta. Naturalmente, i burocrati di Bruxelles ne sanno più dei costruttori di automobili…

     

    Un cambio di mentalità

    Ci sono, però, questioni più profonde che lasciano presagire prospettive ancora più preoccupanti.

    Il Green Deal proposto dalla Commissione Europea, e rafforzato dall’agenda Fit for 55, non riguarda solo il clima e l’economia. Per raggiungere la “neutralità climatica” entro il 2050, la Commissione è determinata a cambiare la società europea, modificando la stessa mentalità dei cittadini. Leggiamo nel sito del Consiglio Europeo: “L’UE si è impegnata a raggiungere la neutralità climatica entro il 2050. Raggiungere questo obiettivo richiederà una trasformazione della società oltre che dell’economia europea, che dovrà essere giusta e socialmente equilibrata”. Allo stesso modo si legge nella «Nuova agenda strategica» approvata dalla Commissione nel 2019: “L’UE può e deve aprire la strada, impegnandosi in una profonda trasformazione della propria economia e della società per raggiungere la neutralità climatica”.

     

    Cos’è questa “profonda trasformazione” della società europea?

    L’attuazione dell’agenda verde non è realizzabile senza profondi cambiamenti nella nostra mentalità, nelle nostre abitudini di consumo, nel nostro stile di vita, in una parola nella nostra civiltà. Alla base di “Fit for 55” c’è l’idea che abbiamo raggiunto l’attuale livello di sviluppo abusando o utilizzando in modo errato le risorse della Terra. Dobbiamo cambiare drasticamente.

    “L’Europa lancia la Rivoluzione Verde!”, si legge nella Newsletter for the European Union, “L’obiettivo è trasformare il volto del Vecchio Continente. (…) Ciò avrà dei costi enormi, sia per i bilanci pubblici che per i cittadini. Ma è un percorso senza alternative” (4).

    “Rivoluzione” sembra essere la parola chiave. “Le proposte di Fit for 55 sono niente più e niente meno che una rivoluzione”, scrive il quotidiano tedesco Volksstimme, “Le proposte della Commissione Europea per raggiungere gli obiettivi climatici sono un enorme programma di ristrutturazione non solo dell’economia europea, ma di quasi tutti ambiti della vita” (5).

    Questa Rivoluzione Verde è stata attentamente pianificata dalle fazioni più radicali dell’Internazionale Socialista sin dagli anni ‘60, come un naturale sviluppo del socialismo marxista. E ora stanno per metterla in pratica. E per questo si avvalgono, a Glasgow, di 400 jet privati altamente inquinanti. Certo, il Green Deal è solo per il volgo...

     

    Note

    1. Fit for 55 – is the European Green Deal really leaving no-one behind?, CEPS, 12 July 2021.

    2. Fit for 55 will penalise poor Europeans, Euroactiv, 19 July 2021.

    3. Paper associations criticise European Commission’s Fit for 55 package, EUWID, 18 August 2021.

    4. Fit for 55: it’s time for a European Green revolution, Newsletter for the European Union, Editorial, 26 July 2021

    5. Fit for 55 package “nothing less than a revolution;” “saturated with scepticism towards market-based approaches” – media reactions, Clean Energy Wire, 15 July 2021.

     

    © La riproduzione è autorizzata a condizione che venga citata la fonte.

  • Greta Thunberg diventa di sinistra... e rossa

     

     

    di John Horvat

    Quando l'attivista del clima Greta Thunberg apparve sulla scena qualche anno fa, i media la celebrarono come un'eroina bambina intenzionata a salvare l'ambiente. Rimproverò le élite mondiali per averla privata della sua infanzia, un atto che l'ha rese subito famosa. Time Magazine l'ha scelse come “personalità dell'anno”. Ora, mentre la diciannovenne attivista svedese matura ed entra nell'età adulta, sta mostrando il suo vero colore. Che è il rosso anziché il verde.

    In occasione della recente presentazione di un suo libro a Londra, Greta ha scioccato alcuni osservatori prendendo di mira il sistema capitalistico "oppressivo" dell'Occidente come causa di tutti i mali climatici. La mossa è sorprendente, poiché l'autrice ha sempre fatto un uso generoso di questo sistema “oppressivo” per diffondere il suo messaggio allarmistico. In effetti, Greta non ha problemi a usare il sistema di marketing capitalista come piattaforma per promuovere il suo nuovo libro. Inoltre, non vede alcun male nel sacrificare molti alberi di cui l'industria editoriale ha bisogno per stampare libri destinati a un pubblico di massa

    Tuttavia, ciò che ora sorprende molti è che questa strana beniamina dei verdi si sia allineata così chiaramente alle idee marxiste. In buona parte, la sua efficacia risiedeva nella capacità di mostrare un atteggiamento ingenuo e infantile che disarmava psicologicamente chi la ascoltava. Sembrava immune alla propaganda di sinistra e incapace di avere un'agenda nascosta.

    Il coming out rosso

    Mentre cresce nella sua amarezza, la bambina-manifesto del movimento ecologista esce fuori dall'armadio rosso. Il suo abbraccio alla sinistra dimostra che l'attivismo per il clima, portato alle sue ultime conseguenze, porterà sempre all'ideologia comunista antioccidentale. Le varie dottrine della sinistra alla fine si fondono tutte in una sola. Il pensatore e uomo d'azione cattolico, prof. Plinio Corrêa de Oliveira, paragona il fenomeno a mille singoli incendi che si uniscono per formare l'unità di un unico incendio boschivo.

    Così anche la causa ecologica si fonde con quella marxista.

    In questa maniera lo "sfruttamento" della terra diventa un tutt’uno con l’oppressione economica. Greta chiede ora una "trasformazione del sistema" e inveisce contro "chi ha il potere", che identifica come i responsabili del collasso climatico. Tutte queste cose fanno parte dello "sfruttamento delle persone e del pianeta". Immagina che il sistema abbia "radici nell'estrattivismo (sic!) razzista e oppressivo" che desidera solo "massimizzare i profitti a breve termine per pochi".

    Greta non risparmia parole, invocando il rovesciamento dell'intero sistema capitalista che è "un sistema definito dal colonialismo, dall'imperialismo, dall'oppressione e dal genocidio da parte del cosiddetto Nord globale per accumulare ricchezza, che ancora modella il nostro attuale ordine mondiale".

    Nessun attacco marxista è completo senza una filippica contro l'opposizione, che lei etichetta immediatamente come "movimenti fascisti che offrono soluzioni facili e false e capri espiatori a problemi complessi". Tutti attacchi tratti direttamente dal copione marxista.

    Un libro che Greta non ha scritto

    Le bordate contro il capitalismo non hanno ostacolato l’affare della vendita del suo libro. L'attivista della decrescita si è presentata alla fine di ottobre alla prestigiosa Royal Festival Hall di Londra per lanciare il suo manifesto di 464 pagine, The Climate Book: The Facts and Solutions (n. Il Libro sul Clima, fatti e soluzioni). L'establishment liberal ha dato il benvenuto a questo libro che auspica la distruzione dell'Occidente. Gli algoritmi di Amazon sono già al lavoro per trasformare questo tomo con foto a colori in un bestseller. La Penguin Press sta facendo pubblicità mentre lo pubblica nel Regno Unito e in tutto il mondo. Gli americani dovranno attendere l'uscita ufficiale negli Stati Uniti il 14 febbraio 2023.

    La grancassa è tutta per un'opera che Greta non ha scritto interamente. Seguendo una solida pratica di marketing, il suo nome è prestato solo parzialmente all'opera. Greta si limita a mettere insieme una raccolta di saggi di cento "esperti" di sinistra, che costituiscono la maggior parte del contenuto del titolo.

    All'interno delle sue pagine sono presenti noti esponenti della sinistra come la scrittrice Naomi Klein, il capo dell'Organizzazione Mondiale della SanitàTedros Adhanom Ghebreyesus, l'ecologista Bill McKibben e l'economista francese Thomas Piketty. Tuttavia, per la maggior parte, l'eterogenea raccolta è un “who is not who” di oscuri scienziati, romanzieri, leader indigeni e altri "esperti" che compongono il chiuso mondo ecologico di attivisti che vendono la loro stanca narrativa catastrofista. La maggior parte dei lettori non riconoscerà gli "esperti" e non seguirà la loro pseudo-scienza.

    Trovare i meriti

    Il libro ha alcuni meriti. Dimostra che, sebbene gli esperti di sinistra si manifestino in modo diverso, tutti si uniscono quando si tratta di promuovere un'unica causa. Serve anche per documentare la trasformazione di Greta da attivista per il cambiamento climatico a militante della sinistra anticapitalista e anti-tutto. Caso fosse necessario, il lancio del libro chiarisce una volta per tutte che Greta è una creatura dei media, sostenuta dall'establishment liberale che odia. La produzione dell'opera, realizzata con l'impiego abbondante di carbonio, mostra come gli attivisti infrangano le loro stesse regole quando si tratta di portare avanti la loro rivoluzione.

    Il peccato, però, è che si tratta di uno spreco di bei alberi...

    Attribuzione immagine: By Anders Hellberg - Own work, CC BY-SA 4.0, Wikimedia.

     

    FonteThe Immaginative Conservative, 14 Novembre 2022. Traduzione a cura di Tradizione Famiglia Proprietà – Italia.

    © La riproduzione è autorizzata a condizione che venga citata la fonte.

  • La rivolta contro l'umanità descrive un futuro senza Dio

     

    di John Horvat

    Il libro, The Revolt Against Humanity: Imagining a Future Without Us(ndt. “La rivolta contro l’umanità: immaginando un futuro senza di noi”), a primo colpo non fa una buona impressione. Uno dei motivi è che quest'opera del 2023 è un libro incredibilmente piccolo per affrontare un argomento così monumentale come l'estinzione umana. L'eliminazione dell'umanità dovrebbe meritare qualcosa di più di un centinaio di pagine. La prima reazione che suscita è quella di trascurarlo come un opuscolo, un pamphlet, poco più di un volantino.

    Tuttavia, in questo caso, le apparenze ingannano. L'autore, Adam Kirsch, è critico d'arte e editore per la sezione Weekend Review del Wall Street Journale si prende totalmente sul serio il compito di raccontare la storia del movimento per l'estinzione umana. L'editore Columbia Global Reports è una editrice della Columbia University, il che rappresenta un'approvazione ufficiale dell'istituzione. Il contenuto stesso è ben progettato e di alta qualità. Ha lo scopo di impressionare e persino di intimidire.

    Pertanto, dovremmo prenderne atto e stare attenti. Da una prospettiva cattolica, si tratta di un piano che sfida direttamente il Creatore. Raramente tali piani vengono rivelati con tanta chiarezza.

    Un nuovo tipo di ecologia

    Le persone dell'estinzione umana non sono ambientalisti del tipo descritti nel libro di Rachel Carlson, Silent Spring1.

    La vecchia scuola di ecologisti vuole impedire all'umanità di rovinare la terra. Sostiene il riciclaggio, i crediti di carbonio e i programmi Green New Deal per rendere il pianeta un posto più pulito in cui vivere. Questa vecchia forma di eco-pensiero è diventata la rivoluzione di ieri ed è respinta perché non abbastanza radicale. Il movimento dell'estinzione umana vuole rimuovere l'umanità dall'universo.

    "Anche i pensatori più radicali del ventesimo secolo si fermano davanti alle prospettive dell'effettiva estinzione della nostra specie", osserva Kirsch. Per dissipare qualsiasi idea che il movimento sia insignificante, egli osserva che se ne discute nelle sale riunioni della Silicon Valley, nel mondo accademico e in altri luoghi di influenza. Sta diventando mainstream. Scrive: "Si è già diffuso oltre le frontiere del mondo intellettuale e nei prossimi anni e decenni ha il potenziale per trasformare la politica e la società in modi profondi".

    Due gruppi per eliminare l'umanità

    Il movimento per l'estinzione umana è diviso in due gruppi che differiscono nel modo in cui vogliono eliminare l'umanità. La prima è la fazione antiumanista che crede che l'autodistruzione dell'umanità sia inevitabile e che tutti dovrebbero accogliere l'annientamento come una giusta condanna per aver distrutto la terra.

    Il secondo gruppo è costituito dai transumanisti. Questi credono che attraverso il progresso tecnologico e scientifico, l'umanità dovrebbe avanzare verso una forma cibernetica migliorata e immortale che trascenderà l'Homo sapiens.

    Entrambe le visioni rifiutano la visione cattolica della creazione, dell'umanità, del peccato originale e della redenzione.

    La tesi dominante del primo gruppo, gli estinzionisti antiumanisti, è una negazione del ruolo centrale dell'umanità nella Creazione. In effetti, il signor Kirsch critica la Genesi, dove Dio dice agli esseri umani “«dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e su ogni essere vivente, che striscia sulla terra» (Gn 1,28).

    Gli antiumanisti vogliono abolire questo dominio, che ritengono odioso. Affermano che gli esseri umani non fanno più parte della natura ma lavorano come una forza antinaturale per distruggere la terra. Anche le popolazioni indigene sono citate come sfruttatori della terra con la caccia e la raccolta, con l'accensione del fuoco e l'allevamento. Gli esseri umani devono andarsene. Tutti. Basta.

    Gli antiumanisti credono anche in un egualitarismo radicale in cui tutta la materia, organica o non organica, è uguale. Sotto sotto, la materia non umana è ritenuta superiore all'umanità poiché non distrugge gli altri dominandoli. Pertanto, gli antiumanisti promuovono una "solidarietà con una popolazione non umana che riconosce i diritti di "animali, piante, pietre e cascate [che] abitano il mondo a modo loro e che sono esseri validi quanto i nostri".

    Liberarsi dell'umanità

    Tuttavia, l'unica vera soluzione per la terra è l'eventuale eliminazione dell'umanità. Gli antiumanisti rimarranno in giro solo il tempo necessario per garantire che il loro progetto sia portato a termine. Un'importante autrice antiumanistica è Patricia MacCormack, che in The Ahuman Manifesto chiede che "la fine dell'umano avvenga sia a livello concettuale che nella realtà come specie". E aggiunge: "La morte della specie umana è l'evento più affermativamente favorevole alla vita che ci sia, giacché potrebbe liberare il mondo naturale dall'oppressione".

    Un altro autore, David Benatar, ha scritto un libro intitolato Better Never to Have Been: The Harm of Coming into Existence (ndr. Meglio non essere mai stato: il danno di venire all'esistenza). Dunque, egli afferma che il parto è moralmente sbagliato e quindi chiede l'aborto, il suicidio e l'eutanasia.

    La Visione Transumanista

    In contrasto con i dogmi morbosi degli antiumanisti, c'è l'allegro ottimismo dei transumanisti. Credono che l'Homo sapiens debba trasformarsi in specie sempre nuove nel corso di "trilioni di anni".

    I benefici di questa trasformazione comprendono una completa liberazione dalla condanna di Adamo e della sua discendenza della "sofferenza involontaria". L'invecchiamento sarà rallentato o abolito e l'immortalità raggiunta. L'umanità avrà accesso a nuovi colori, suoni e sentimenti ora impossibili da descrivere. I cervelli umani saranno sovralimentati e i corpi riprogettati.

    Così, i transumanisti cercano di eliminare la sofferenza e la mortalità ma il vero obiettivo del loro odio è l'idea di una natura umana fissa. Credono che le menti e i corpi "dovrebbero essere infinitamente plastici, in grado di assumere qualsiasi forma e godere di qualunque esperienza la nostra ingegnosità possa inventare". Per tanto, vogliono cambiare la natura umana e quindi il disegno di Dio per l'umanità.

    Molti transumanisti sostengono che l'umanità e l'universo possono essere ridotti a una cosa: dati. Le persone non sono altro che dati organizzati e la vita è l'interazione degli algoritmi. Il flusso di dati governa l'universo e quindi facilita una natura in continua evoluzione. La spinta a interconnettere tutto renderà vivo l'universo con modelli di dati e lo trasformerà in una mente gigante.

    La scarnificazione dell'umanità

    All'interno di un mondo così fluido, l'umano affronta la limitazione di un corpo organico che esiste nel tempo, nello spazio e nella causalità. Pertanto, i transumanisti favoriscono una sorta di “scarnificazione” dell'umanità. Se una persona è solo una raccolta di informazioni, non importa dove risiedono quelle informazioni: un corpo di carne e ossa, un chip di computer o un metaverso.

    La filosofia che sta alla base del transumanesimo è espressa molto bene dal sig. Kirsch quando dichiara: “In primo luogo, sappiamo che la mente umana ha una base completamente materiale. Non c'è anima o spirito intangibile che occupi i nostri corpi; l'esperienza di essere un 'io' è prodotta da processi chimico-elettrici nel cervello. Questo materialismo totale è ancora contrastato dalla maggior parte dei credenti religiosi, ma la scienza lo sa da molto tempo. Non c'è abisso metafisico tra uomo e animale, o tra materia animata e inanimata; l'unica differenza ha a che fare con il modo in cui la materia è organizzata”.

    Una volta “scarnificate”, le persone così organizzate possono vivere in mondi immaginari con mezzi illimitati per realizzare il "sogno della completa auto padronanza", perseguito a lungo dall'inizio della specie.

    Perché la cosa importa

    Sebbene antiumanisti e transumanisti differiscano nei loro approcci, condividono un odio metafisico per la Creazione e il Creatore. Entrambi confidano in un egualitarismo radicale che esclude ogni dominio come si trova nell'ordine cattolico.

    Qualcuno potrebbe chiedersi perché come cattolici dovremmo preoccuparci di tali idee che sembrano ormai rimosse dalla vita quotidiana. Tuttavia, i temi di entrambe le scuole si ritrovano in tutta la cultura postmoderna. Le idee transumaniste permeano i film di Hollywood e plasmano le menti delle figure tipo Elon Musk. La propaganda antiumanista domina l'odierna cultura della morte e dei modelli anti-sviluppo rispettosi dell'ambiente. Nessuno sfugge alla influenza di queste idee.

    Il signor Kirsch afferma che questa rivoluzione ha il potenziale per "caricare al massimo il fulcro della lotta ideologica in America e in Europa" con "conseguenze imprevedibili per la politica, l'economia, la tecnologia e la cultura".

    Gli ostacoli a questa agenda

    Tuttavia, il motivo principale per cui i cattolici devono opporsi a questa minaccia è sorprendente. L'autore dedica il suo ultimo capitolo all'elenco dei gravi ostacoli incontrati dal movimento di estinzione umana e dice qualcosa del tutto inaspettata. Per lui, gli ostacoli a questo programma sono i principi religiosi, specialmente quelli professati dalla Chiesa Cattolica. Le posizioni cattoliche impediscono a questo programma di realizzarsi.

    Egli afferma che l'umanità religiosa resiste "con una forza che sembra crescere nel tempo, piuttosto che indebolirsi, come una volta avevano previsto gli scienziati sociali".

    La Chiesa ha le risposte

    Infatti, solo la Chiesa ha risposte rassicuranti alle domande fondamentali sul senso e lo scopo della vita proponendo un progetto divinamente ordinato. L'autore lamenta che la risposta nichilista della postmodernità riempia l'umanità solo di "orrore esistenziale".

    Due nozioni che la dottrina cattolica propone sono tra i tanti ostacoli religiosi che trovano queste ideologie. Queste nozioni sono profondamente radicate nella natura umana e stanno godendo di una rinascita tra i pensatori cattolici.

    La prima è "l'idea cattolica della legge naturale", che postula che gli individui dovrebbero agire secondo la natura umana fissa. L'autore qualifica il diritto naturale come un abbraccio al concetto del limite "direttamente opposto agli ideali dell'umanesimo illuminato, da Pico della Mirandola ai transumanisti, che garantisce la nostra capacità di abolire i confini e sfidare l'autorità".

    Un secondo ostacolo lo costituisce la nozione cattolica di sacrificio, per cui un credente concede una parte della sua libertà. Questo atto diviene “una espressione concreta della convinzione che ha il credente di servire qualcosa di più importante di sé stesso”.

    In effetti, l'atto centrale del culto cattolico è il Santo Sacrificio della Messa. Il pensiero illuminato non può offrire nulla per sostituire ciò che la natura umana brama, giacché non presenta nessun motivo di sacrificio, nessuna ricompensa assoluta o nessuna autorità superiore.

    Una rivolta contro Dio

    Pertanto, le due parti sono impegnate in una guerra culturale mentre l'ordine liberale svanisce. Il signor Kirsch inquadra il dibattito con la narrazione familiare di una battaglia tra liberali "scientifici" illuminati e fanatici religiosi non istruiti.

    La nonchalance con cui il movimento per l'estinzione umana tratta la morte di miliardi non parla di luce bensì di tenebra. Tuttavia, il fatto che la Chiesa rappresenti l'ostacolo maggiore a questo piano diabolico dovrebbe incoraggiare tutti i cattolici a combattere la buona battaglia.

    Tuttavia, questa battaglia esistenziale va inquadrata meglio. Il movimento per l'estinzione umana è in ultima analisi una rivolta contro Dio, non contro l'umanità. Si spera che i suoi illuminati partigiani capiscano che sono dalla parte sbagliata della storia, perché Dio vince sempre.

     

    Note

    1. Celebre opera che tratta del futuro della vita sul pianeta, vecchio già di qualche decennio. Il libro aveva colpito fortemente persino il presidente americano John Kennedy.

     

    Fonte: Tfp.org, 17 Febbraio 2023. Traduzione a cura di Tradizione Famiglia Proprietà – Italia.

    © La riproduzione è autorizzata a condizione che venga citata la fonte.

  • Sei caratteristiche della gestione ambientale in una società organica

     

     

    di James Bascom

    La Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici tenutasi a Parigi nel dicembre 2015 è stato il più pubblicizzato evento internazionale sull'ambiente dai tempi del Summit sulla Terra del 1992 a Rio. Il suo obiettivo era quello di raggiungere niente meno che un trattato giuridicamente vincolante e un quadro internazionale - sotto l'egida delle Nazioni Unite – per costringere le nazioni del mondo a ridurre drasticamente le emissioni di anidride carbonica, evitando così una presunta catastrofe da riscaldamento globale antropico.

    Non si è badato a spese per promuovere questa conferenza. Governi, chiese, università, grandi aziende e soprattutto i media (per non parlare delle stesse Nazioni Unite) hanno speso un'enorme quantità di tempo, denaro e capitale politico per suscitare il sostegno dell’opinione pubblica. Persio un "Vertice Verde" in Vaticano di Papa Francesco il 28 aprile 2015 con il Segretario generale dell'ONU Ban Ki Moon e l’enciclica "verde" Laudato Si'. Il Presidente Obama lo disse chiaramente in una dichiarazione di giugno: "Mentre ci prepariamo ai negoziati globali sul clima che si terranno a Parigi a dicembre, spero che tutti i leader mondiali - e tutti i figli di Dio - riflettano sull'invito di Papa Francesco a riunirsi per prendersi cura della nostra casa comune".

    Il movimento ambientalista aveva bisogno di tutto l'aiuto possibile. Dopo oltre vent'anni di vertici con scarsi risultati, gli organizzatori del summit erano alla disperata ricerca di un accordo dirompente. Fatih Birol, direttore dell'Agenzia internazionale dell'energia, ha definito Parigi 2015 "la nostra ultima speranza". Il Presidente francese François Hollande ha affermato che "abbiamo il dovere di riuscire" ad approvare un accordo significativo1.

    La maggior parte di questo fallimento può essere attribuita a un'opinione pubblica sempre più scettica sia nei confronti del riscaldamento globale di origine antropica che nei confronti dell'affermazione che il governo potrebbe o dovrebbe fare qualcosa al riguardo. Uno studio di Yale ha rilevato che mentre il 63% degli americani crede che il riscaldamento globale sia in atto, meno della metà crede che sia causato principalmente dall’uomo2 e solo il 36% crede che il riscaldamento globale rappresenterà una seria minaccia per il loro stile di vita durante la loro vita3. Quando si chiede di classificare l'importanza del riscaldamento globale rispetto ad altre minacce come l'ISIS, l'Iran o la Russia, gli americani lo collocano in fondo alla lista4.

    Gli americani sono giustamente scettici nei confronti del movimento ambientalista globale che mostra sovente molte caratteristiche non già di un serio movimento scientifico, ma di un'ideologia politica o addirittura di una setta quasi religiosa. La stragrande maggioranza dei suoi leader e dei suoi seguaci sposa una ideologia neppure molto nascosta di stampo socialista che mira a smantellare l’attuale sistema economico. I meteorologi non riescono a prevedere con precisione il tempo con due settimane di anticipo, eppure, in qualche modo, ci viene chiesto di sacrificare il nostro intero stile di vita grazie alle previsioni di un tenue modello informatico sul clima con previsioni da qui a due decenni.

    Ci viene detto che si tratta di scienza "assodata". Dobbiamo accettare il riscaldamento globale di origine antropico come un articolo di fede. Il dibattito non è solo sbagliato, ma è anche pericoloso. Gli oppositori del movimento, a prescindere dal rigore scientifico delle loro argomentazioni, vengono etichettati come "negazionisti" (per ricordare l’espressione "negazionista dell'Olocausto"). Il New York Times ha pubblicato una vignetta che raffigura l'accoltellamento degli scettici del riscaldamento globale5; Robert Kennedy Jr. ha dichiarato che gli scettici dovrebbero essere processati presso la Corte Penale Internazionale dell’Aia6 e Sheldon Whitehouse, senatore democratico del Rhode Island, ha sostenuto l'uso delle leggi RICO contro il crimine organizzato per perseguire gli scettici7. Migliaia di scienziati hanno subito persecuzioni, la perdita di finanziamenti o addirittura la perdita del posto di lavoro per aver osato esporre le falle nella teoria del riscaldamento globale causato dall'uomo.

    Molti cristiani che aborriscono il movimento ambientalista hanno anche una sincera preoccupazione per l'adempimento dell'obbligo dell'uomo, datogli da Dio nel Libro della Genesi, di essere corretti amministratori della Terra. È possibile allora prendersi cura del pianeta Terra senza essere contaminati dai principi socialisti del movimento ambientalista? Che aspetto potrebbe avere una tale gestione della Terra in una società cristiana organica?

    1. Dichiarare Dio, non la Terra, come l'Essere Supremo

    La maggior parte dei membri del movimento ambientalista abbraccia esplicitamente o implicitamente una visione del mondo panteistica. Per loro la Terra e tutti gli esseri viventi contengono una "scintilla" della divinità e quindi non hanno uno scopo finale al di fuori di loro stessi. Ciò porta naturalmente a un radicale egualitarismo tra uomo, animali, piante e materia inanimata. Se tutte le cose sono ugualmente divine, nessun essere ha maggiore dignità, importanza o diritti di un altro. Nel suo libro del 1992 Earth in the Balance, l’ex vicepresidente americano Al Gore elogia queste concezioni panteistiche precristiane della Terra8. Si consideri poi questa affermazione di Mikhail Gorbaciov, fondatore della Green Cross International:

    "Credo nel cosmo. Tutti noi siamo legati al cosmo. Guardate il sole. Se non c'è il sole, non possiamo esistere. Quindi la natura è il mio dio. Per me la natura è sacra. Gli alberi sono i miei templi e le foreste sono le mie cattedrali"9.

    Una vera gestione cristiana della Terra deve riconoscere Dio, distinto dalla sua creazione, come l'Essere Supremo. Egli regna sovrano sull'universo e le sue creature raggiungono il loro fine ultimo in Lui, non in loro stesse. Ogni animale, pianta, minerale ed essere umano solo riflette una qualità unica e bella di un Dio infinito. Ed è attraverso questa bellezza e questo ordine che l'umanità può meglio conoscere, amare e servire Dio.

    2. Riconoscere l'uomo come re, e non come predatore, della creazione

    La naturale conseguenza di questa visione panteistica e neopagana del mondo è un forte disprezzo per il genere umano. Gli ambientalisti radicali vedono l'uomo come un predatore suicida della Terra, un essere la cui civiltà e tecnologia non fa altro che danneggiare sé stesso, la Terra e tutte le creature che in essa vivono. Questa visione è ben espressa dal Club di Roma, un think tank europeo pro-ambientalista:

    "Nel cercare un nemico comune contro cui unirci, ci è venuta l'idea che l'inquinamento, la minaccia del riscaldamento globale, la scarsità d'acqua, la carestia e simili, facessero al caso nostro. Nella loro totalità e nelle loro interazioni, questi fenomeni costituiscono effettivamente una minaccia comune che deve essere affrontata da tutti insieme. Ma nel designare questi pericoli come nemici, cadiamo nella trappola, da cui abbiamo già messo in guardia i lettori, di scambiare i sintomi per le cause. Tutti questi pericoli sono causati dall'intervento umano nei processi naturali e possono essere superati solo cambiando atteggiamento e comportamento. Il vero nemico è quindi l'umanità stessa10 [grassetti nostri].

    Una gestione cristiana della Terra dovrebbe riconoscere che Dio ha creato l'universo fisico in modo gerarchico. Dio ha dato all'uomo l'ordine di "«essere fecondi e moltiplicarsi, di riempire la terra; di soggiogarla e dominare
    sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e su ogni essere vivente,
    che striscia sulla terra» (Gen 1:28). L'uomo non è uguale agli animali e alle piante. Al contrario, ha uno status davvero privilegiato nella creazione fisica. Gli animali e le piante servono ai bisogni dell’uomo e non il contrario.

    3. Riconoscere l'uomo come partner di Dio nella costruzione della civiltà cristiana

    Il movimento ambientalista fa del suo meglio per inibire l'uso delle risorse naturali da parte dell'uomo, sia che si tratti di opporsi alla costruzione di una diga in California, che di chiudere una miniera di carbone in West Virginia, o di combattere lo sviluppo agricolo in Brasile oppure di protestare contro la morte del leone Cecil. La gestione organica e cristiana della Terra riconosce invece che le risorse sono state messe da Dio ad uso dell'uomo. Egli ha tutto il diritto di usarle per le sue necessità.

    In una società cristiana organica, le risorse della Terra non si limitano a soddisfare i bisogni corporei dei singoli uomini. Sono piuttosto materie prime che l'uomo, se corrisponde alla grazia di Dio, può e deve utilizzare per costruire una formidabile civiltà cristiana. Le grandi opere prodotte dall'Europa cristiana nel Medioevo - le imponenti cattedrali gotiche, i possenti castelli, le vetrate e le sculture, solo per citarne alcune - sono state costruite utilizzando le risorse della Terra per dare gloria a Dio in ogni cosa.

    Dante Alighieri chiamava le opere dell'uomo "quasi nipoti” di Dio. Quando l'uomo utilizza la pietra grezza, la sabbia, il legno e il metallo della Terra per costruire queste opere, esse danno a Dio una gloria molto più grande rispetto al rimanere inutilizzate per motivi di "sostenibilità" ambientale. Chi potrebbe sostenere che sarebbe stato meglio lasciare nel terreno la sabbia, la pietra e il metallo utilizzati per realizzare le vetrate mozzafiato della Sainte-Chapelle di Parigi, o piuttosto lasciare intatti a morire e marcire nella foresta gli alberi abbattuti per costruire la flotta di Cristoforo Colombo?

    Una grande differenza tra la nostra società industrializzata e una società cristiana organica è l'assenza di ciò che John Horvat, nel suo libro Return to Order, chiama di "sublime". Egli definisce sublimi "quelle cose che sono di tale eccellenza da provocare una grande emozione, facendo sì che gli uomini siano sopraffatti dalla loro magnificenza o grandezza. Il sublime può trovarsi in panorami straordinari, opere d'arte, idee, atti virtuosi o imprese eroiche di grandi uomini". Quando gli uomini cooperano con la grazia di Dio e utilizzano le risorse della Terra per produrre opere sublimi, non solo danno gloria a Dio, ma danno anche un significato maggiore alla loro vita e soddisfano alcuni dei desideri più profondi dell'anima.

    4. Considerare una umanità intelligente come la chiave, e non l'ostacolo, per la gestione dell'ambiente.

    Gli ambientalisti vedono generalmente le risorse come finite, la scarsità di risorse come un problema insormontabile e l'inquinamento come una conseguenza inevitabile dello sviluppo. L'unico modo per sfuggire a questi problemi sarebbe, per loro, quello di non risolverli, di evitarli, limitando lo sviluppo, riducendo la popolazione umana e i consumi individuali.

    Così facendo, dimostrano di ignorare il ruolo dell'intelligenza dell'uomo nella soluzione di questi problemi ambientali. Thomas Malthus, il padre fondatore del controllo della popolazione, scrisse nella sua opera del 1798 An Essay on the Principle of Population (Saggio sul principio della popolazione) che la popolazione doveva essere tenuta sotto controllo, poiché la sua crescita avrebbe inevitabilmente superato la produzione di cibo. Paul Ehrlich, nel suo libro del 1968 The Population Bomb, aveva previsto che l'esplosione demografica avrebbe portato alla fame di massa entro il 1980. Entrambi questi pensatori sono stati smentiti in modo spettacolare dal massiccio aumento della produzione agricola reso possibile dall'ingegno umano.

    Molti non sanno che l'aria, i fiumi e il suolo americani sono i più puliti da oltre cento anni a questa parte e che lo diventano ogni anno di più. Questo è stato in gran parte il risultato di soluzioni ingegneristiche che hanno sostituito i processi industriali sporchi con quelli puliti e di normative governative che, fino a poco tempo fa, rispettavano la crescita economica e al contempo la pulizia dell'ambiente.

    5. Rispettare i diritti di proprietà privata

    La gestione cristiana deve rispettare la Legge Naturale, la legge che Dio ha scritto nel cuore di tutti gli uomini. La prima di queste leggi, almeno per quanto riguarda l'uso del territorio e l'ambiente, è il diritto di proprietà privata.

    Il movimento ambientalista, che affonda le sue radici ideologiche nel socialismo, in genere lavora per indebolire o distruggere il diritto degli individui a possedere una proprietà privata o a disporne come meglio credono. Lo dimostrano le norme draconiane sui diritti degli animali che impediscono agli agricoltori californiani di coltivare le loro proprietà dopo verifica dell’esistenza di qualche semi-sparuto topo di campagna, o le norme sull'acqua che impediscono agli allevatori del Colorado di far pascolare il bestiame vicino ai fiumi dei loro ranch, o ancora il ritardo o la cancellazione di progetti infrastrutturali come l'oleodotto Keystone XL. I proprietari di fabbriche devono spendere grandi somme di denaro per soddisfare le normative ambientali e ai proprietari di case in molte aree è vietato abbattere alberi, costruire strutture o modificare in modo sostanziale il proprio terreno in nome della "protezione ambientale".

    Solo in una società che protegge i diritti di proprietà l'ambiente è veramente protetto. I Paesi con regimi socialisti o comunisti in cui la proprietà privata era vietata o fortemente limitata, come l'ex Unione Sovietica, la Cina e Cuba, sono modelli di degrado ambientale. È semplice buon senso che, se l'uomo non ha un interesse in una proprietà attraverso il possesso personale, questa verrà bistrattata e trascurata. In una società cristiana organica, lo Stato lavorerebbe in tandem con i proprietari terrieri per risolvere i problemi ambientali senza intralciare i diritti di proprietà.

    6. Rifuggire dalle "soluzioni" socialiste, sovranazionali, pianificate centralmente e globali.

    I problemi dell'inquinamento dell'aria e dell'acqua, dell'uso del suolo e della scarsità di risorse sono quasi sempre problemi regionali o locali che possono essere affrontati adeguatamente solo dai governi locali e dai cittadini. Il tentativo di imporre "soluzioni" uniche per intere nazioni, per non parlare del mondo intero, non è in grado di affrontare ogni singolo problema locale e ogni singola esigenza. Le "soluzioni" nazionali o internazionali tendono a trasferire il controllo delle risorse dalla popolazione locale a burocrati senza volto in una capitale lontana, che probabilmente non hanno mai messo piede sul terreno che vogliono regolamentare.

    Inoltre, la presunta crisi che questi accordi internazionali dovrebbero risolvere, cioè, il cambiamento climatico causato dall'uomo, è di per sé una teoria scientifica dubbia. E dietro la cortina verde si intravede un'ideologia politica non tanto nascosta. La scrittrice e attivista ambientale canadese Naomi Klein spiega nel suo libro del 2014 This Changes Everything: Capitalism vs. the Climate:

    "Mentre rifacciamo le nostre economie per rimanere all'interno del nostro budget globale di emissioni di carbonio, dovremo considerare meno consumi... meno commercio... e meno investimenti privati....Tutto questo comporta implicitamente una maggiore ridistribuzione, in modo che più persone possano vivere comodamente all'interno della capacità del pianeta... Ed è proprio per questo che, quando i negazionisti del cambiamento climatico sostengono che il riscaldamento globale è un complotto per ridistribuire la ricchezza, non lo dicono (solo) perché sono paranoici. È anche perché stanno prestando attenzione"11.

    I cattolici coscienziosi devono fare di tutto per opporsi alle false soluzioni degli Accordi di Parigi sul clima. Inoltre, la falsa dicotomia implicita nel grande dibattito ambientale - socialismo verde contro indifferenza ambientale - deve essere respinta. Solo in una società cristiana veramente organica, come quella descritta in Return to Order, la creazione materiale viene protetta, utilizzata e indirizzata verso il suo giusto fine.

     

    Note

    [1] http://www.nytimes.com/2015/11/29/opinion/sunday/what-the-paris-climate-meeting-must-do.html

    [2] https://environment.yale.edu/poe/v2014/

    [3] http://www.gallup.com/poll/167879/not-global-warming-serious-threat.aspx?g_source=CATEGORY_CLIMATE_CHANGE&g_medium=topic&g_campaign=tiles

    [4] http://www.pewresearch.org/fact-tank/2014/09/23/most-americans-believe-in-climate-change-but-give-it-low-priority/

    [5] http://wattsupwiththat.com/2014/02/23/nyt-suggests-deniers-should-be-stabbed-through-the-heart-like-vampires/

    [6] http://www.climatedepot.com/2014/09/21/robert-f-kennedy-jr-wants-to-jail-his-political-opponents-accuses-koch-brothers-of-treason-they-ought-to-be-serving-time-for-it/

    [7] http://www.weeklystandard.com/article/sen-whitehouse-d-ri-suggests-using-rico-laws-global-warming-skeptics/963007

    [8] Henry James, The Ambassadors (Rockville: Serenity, 2009), 34-40.

    [9] “Nature Is My God” – interview with Fred Matser in Resurgence No. 184 (September-October 1997)

    [10] Alexander King & Bertrand Schneider, The First Global Revolution: A Report by the Council of the Club of Rome (Hyderabad, India: Orient Longman, 1993), p. 115.

    [11] Naomi Klein, This Changes Everything: Capitalism vs. The Climate (New York: Simon & Schuster, 2014), p. 92-93.

     

    Fonte: Return to Order, Dicembre 2015. Traduzione a cura di Tradizione Famiglia Proprietà – Italia.

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