Papa Francesco

  • A proposito di «Fidem servare»: qualche (preoccupata) osservazione a prima lettura

     

     

    di Enrico Roccagiachini

    Come preannunciato ieri da MiL, che sin dal 15 dicembre scorso aveva anche anticipato il contenuto della riforma, con il Motu Proprio «Fidem servare», pubblicato oggi (ved. qui qui), il Sommo Pontefice ha modificato la struttura interna della Congregazione per la Dottrina della Fede (CDF).

    Se consideriamo l’importanza della materia, la Lettera Apostolica pare un testo piuttosto smilzo, che potrebbe quasi passare inosservato, o ritenersi una mera anticipazione dell’attesa e mai realizzata riforma complessiva della Curia romana. 

    Tuttavia, ad una prima e veloce lettura almeno un passaggio può attirare la nostra attenzione. Si tratta di questo (è il punto 2. del Motu Proprio): «La Sezione Dottrinale, attraverso l’Ufficio dottrinale, si occupa delle materie che hanno attinenza con la promozione e la tutela della dottrina della fede e della morale. Essa, inoltre, favorisce gli studi volti a far crescere l’intelligenza e la trasmissione della fede al servizio dell’evangelizzazione, perché la sua luce sia criterio per comprendere il significato dell’esistenza, soprattutto di fronte alle domande poste dal progresso delle scienze e dallo sviluppo della società».

    Alla "nuova" CDF, dunque, compete un'attività in qualche modo promozionale (“favorire gli studi”), in particolare nel senso precisato dal Motu Proprio: la Lettera Apostolica sembra indicare ai teologi lungo quali linee orientare la riflessione scientifica, segnalando altresì quali siano le questioni che si ritengono meritevoli di particolare approfondimento, a servizio dell'evangelizzazione. A tal proposito, colpisce, in particolare, la volontà di far crescere l’intelligenza e la trasmissione della fede per comprendere il significato dell’esistenza (sic) soprattutto (si badi: soprattutto) di fronte alle domande poste dal progresso delle scienze e dallo sviluppo della società. 

    A fronte di tutto ciò, pur senza trascurare il taglio inopinatamente esistenzialistico dell’assunto, quasi che la miglior intelligenza della fede serva più che altro per sentirsi a proprio agio nella condizione esistenziale in cui ci si trova, piuttosto che a conseguire la salvezza acquistataci dal Signore col sacrificio redentivo della Croce, non ho potuto non pensare a quanto leggevo lo scorso 10 febbraio sul blog di Sandro Magisterche menzionava la seguente dichiarazione del Card. Jean-Claude Hollerich, arcivescovo di Lussemburgo (con sottolineature mie): «Le posizioni della Chiesa sulle relazioni omosessuali come peccaminose sono sbagliate. Credo che la fondazione sociologica e scientifica di questa dottrina non sia più corretta. È tempo per una fondamentale revisione dell’insegnamento della Chiesa e il modo con cui papa Francesco ha parlato dell’omosessualità può condurre a un cambiamento nella dottrina».

    È esagerato il timore che il richiamo “alle domande poste dal progresso delle scienze e dallo sviluppo della società”, inserito proprio nell’atto riformativo della Congregazione per la Dottrina della Fede, possa preludere ad un allineamento alle pretese teorie scientifiche circa la normalità dell’orientamento omosessuale, e, così, alla tanto attesa disapplicazione, in nome di una rinnovata dottrina science-friendly, degli scomodissimi insegnamenti paolini sulla sodomia? 

    È sempre Magister a ricordare che in una recente conferenza stampa, il vescovo di Limburgo e presidente della conferenza episcopale tedesca, mons. Georg Bätzing, ha riferito che «dopo un incontro avvenuto in Lussemburgo tra lui, Hollerich e il cardinale maltese Mario Grech, segretario generale del sinodo dei vescovi, è stato ricevuto in udienza da papa Francesco, che avrebbe incoraggiato la creazione di un gruppo di lavoro su come conciliare il sinodo tedesco con quello della Chiesa universale».

    Sto formulando un giudizio temerario, se ipotizzo che la riforma della Congregazione della Dottrina della Fede sia stata pensata per arrotondare gli spigoli dottrinali che rendono difficile la fase attuale del pontificato, e consentire un qualche assorbimento del sinodo tedesco, anche a costo di adattare la dottrina agli aneliti fieramente eterodossi dell’episcopato teutonico? Ed è plausibile domandarsi quali ulteriori magnifiche sorti e progressive potranno essere aperte alla miglior comprensione della fede in base allo sviluppo scientifico e sociale, oggi particolarmente sensibili all'ambientalismo più radicale? Non è forse questo ciò che auspica da sempre il modernismo: la permanente riformulazione della dottrina al seguito dell’inarrestabile mutare delle teorie scientifiche e sociologiche?

    Si tratta di preoccupazioni destinate ad acuirsi, se mai risultassero confermate le indiscrezioni che circolano circa i nominandi nuovi Prefetto della Congregazione e Segretario della Sezione Dottrinale (ved. qui). Da parte mia, sarei davvero felice se le mie considerazioni potessero rivelarsi sbagliate; in ogni caso, mi permetto di suggerire di aggrapparci al Rosario. Il Motu Proprio reca la data dell’11 febbraio, festa della Madonna di Lourdes: possiamo essere certi che la Madre della Chiesa non permetterà che vada a buon fine nessun tentativo di associarLa a qualsivoglia attentato all’integrità della dottrina.

     

    Fonte: Messa in Latino, 14 Febbraio 2022.

  • Atto di consacrazione al Cuore Immacolato di Maria

     

     

    O Maria, Madre di Dio e Madre nostra, noi, in quest’ora di tribolazione,ricorriamo a te. Tu sei Madre, ci ami e ci conosci: niente ti è nascosto di quanto abbiamo a cuore. Madre di misericordia, tante volte abbiamo sperimentato la tua provvidente tenerezza, la tua presenza che riporta la pace, perché tu sempre ci guidi a Gesù, Principe della pace.

    Ma noi abbiamo smarrito la via della pace. Abbiamo dimenticato la lezione delle tragedie del secolo scorso, il sacrificio di milioni di caduti nelle guerre mondiali. Abbiamo disatteso gli impegni presi come Comunità delle Nazioni e stiamo tradendo i sogni di pace dei popoli e le speranze dei giovani. Ci siamo ammalati di avidità, ci siamo rinchiusi in interessi nazionalisti, ci siamo lasciati inaridire dall’indifferenza e paralizzare dall’egoismo. Abbiamo preferito ignorare Dio, convivere con le nostre falsità, alimentare l’aggressività, sopprimere vite e accumulare armi, dimenticandoci che siamo custodi del nostro prossimo e della stessa casa comune. Abbiamo dilaniato con la guerra il giardino della Terra, abbiamo ferito con il peccato il cuore del Padre nostro, che ci vuole fratelli e sorelle. Siamo diventati indifferenti a tutti e a tutto, fuorché a noi stessi. E con vergogna diciamo: perdonaci, Signore!

    Nella miseria del peccato, nelle nostre fatiche e fragilità, nel mistero d’iniquità del male e della guerra, tu, Madre santa, ci ricordi che Dio non ci abbandona, ma continua a guardarci con amore, desideroso di perdonarci e rialzarci. È Lui che ci ha donato te e ha posto nel tuo Cuore immacolato un rifugio per la Chiesa e per l’umanità. Per bontà divina sei con noi e anche nei tornanti più angusti della storia ci conduci con tenerezza.

    Ricorriamo dunque a te, bussiamo alla porta del tuo Cuore noi, i tuoi cari figli che in ogni tempo non ti stanchi di visitare e invitare alla conversione. In quest’ora buia vieni a soccorrerci e consolarci. Ripeti a ciascuno di noi: “Non sono forse qui io, che sono tua Madre?” Tu sai come sciogliere i grovigli del nostro cuore e i nodi del nostro tempo. Riponiamo la nostra fiducia in te. Siamo certi che tu, specialmente nel momento della prova, non disprezzi le nostre suppliche e vieni in nostro aiuto.

    Così hai fatto a Cana di Galilea, quando hai affrettato l’ora dell’intervento di Gesù e hai introdotto il suo primo segno nel mondo. Quando la festa si era tramutata in tristezza gli hai detto: «Non hanno vino» (Gv 2,3). Ripetilo ancora a Dio, o Madre, perché oggi abbiamo esaurito il vino della speranza, si è dileguata la gioia, si è annacquata la fraternità. Abbiamo smarrito l’umanità, abbiamo sciupato la pace. Siamo diventati capaci di ogni violenza e distruzione. Abbiamo urgente bisogno del tuo intervento materno.

    Accogli dunque, o Madre, questa nostra supplica.
    Tu, stella del mare, non lasciarci naufragare nella tempesta della guerra.
    Tu, arca della nuova alleanza, ispira progetti e vie di riconciliazione.
    Tu, “terra del Cielo”, riporta la concordia di Dio nel mondo.
    Estingui l’odio, placa la vendetta, insegnaci il perdono.
    Liberaci dalla guerra, preserva il mondo dalla minaccia nucleare.
    Regina del Rosario, ridesta in noi il bisogno di pregare e di amare.
    Regina della famiglia umana, mostra ai popoli la via della fraternità.
    Regina della pace, ottieni al mondo la pace.

    Il tuo pianto, o Madre, smuova i nostri cuori induriti. Le lacrime che per noi hai versato facciano rifiorire questa valle che il nostro odio ha prosciugato. E mentre il rumore delle armi non tace, la tua preghiera ci disponga alla pace. Le tue mani materne accarezzino quanti soffrono e fuggono sotto il peso delle bombe. Il tuo abbraccio materno consoli quanti sono costretti a lasciare le loro case e il loro Paese. Il tuo Cuore addolorato ci muova a compassione e ci sospinga ad aprire le porte e a prenderci cura dell’umanità ferita e scartata.

    Santa Madre di Dio, mentre stavi sotto la croce, Gesù, vedendo il discepolo accanto a te, ti ha detto: «Ecco tuo figlio» (Gv 19,26): così ti ha affidato ciascuno di noi. Poi al discepolo, a ognuno di noi, ha detto: «Ecco tua madre» (v. 27). Madre, desideriamo adesso accoglierti nella nostra vita e nella nostra storia. In quest’ora l’umanità, sfinita e stravolta, sta sotto la croce con te. E ha bisogno di affidarsi a te, di consacrarsi a Cristo attraverso di te. Il popolo ucraino e il popolo russo, che ti venerano con amore, ricorrono a te, mentre il tuo Cuore palpita per loro e per tutti i popoli falcidiati dalla guerra, dalla fame, dall’ingiustizia e dalla miseria.

    Noi, dunque, Madre di Dio e nostra, solennemente affidiamo e consacriamo al tuo Cuore immacolato noi stessi, la Chiesa e l’umanità intera, in modo speciale la Russia e l’Ucraina. Accogli questo nostro atto che compiamo con fiducia e amore, fa’ che cessi la guerra, provvedi al mondo la pace. Il sì scaturito dal tuo Cuore aprì le porte della storia al Principe della pace; confidiamo che ancora, per mezzo del tuo Cuore, la pace verrà. A te dunque consacriamo l’avvenire dell’intera famiglia umana, le necessità e le attese dei popoli, le angosce e le speranze del mondo.

    Attraverso di te si riversi sulla Terra la divina Misericordia e il dolce battito della pace torni a scandire le nostre giornate. Donna del sì, su cui è disceso lo Spirito Santo, riporta tra noi l’armonia di Dio. Disseta l’aridità del nostro cuore, tu che “sei di speranza fontana vivace”. Hai tessuto l’umanità a Gesù, fa’ di noi degli artigiani di comunione. Hai camminato sulle nostre strade, guidaci sui sentieri della pace. Amen.

     

    Fonte: Santa Sede, 23 Marzo 2022.

  • Marko Rupnik, il nuovo scandalo che sta investendo la Chiesa e Papa Francesco

     

     

    di Jean-Marie Guénois

    INDAGINE - Il grande mosaicista sloveno, sacerdote gesuita che ha restaurato molte chiese, è accusato di molteplici abusi sessuali su suore.

    Con nuovi ornamenti, la chiesa prometteva di essere bellissima. Il grande mosaicista sloveno Marko Rupnik, gesuita di alto livello, avrebbe ricoperto con la sua arte liturgica con mille scintillii l'interno e l'esterno dell'edificio. Proprio come aveva fatto per ringiovanire la Basilica di Nostra Signora del Rosario a Lourdes e tante altre chiese in tutto il mondo, compreso il Vaticano. Ma, per uno scherzo del destino, non entrerà nella chiesa di Saint-Joseph-le-Bienveillant, situata a Montigny-Voisins, nella diocesi di Versailles.

    Il suo contratto è stato brutalmente rotto, l'8 dicembre, dal vescovo, mons. Luc Crépy, e da padre Pierre-Hervé Grosjean, il parroco responsabile del progetto. «È stato subito evidente e unanimemente condiviso dalle équipe parrocchiali e diocesane coinvolte nel progetto, commenta ques'ultimo. Ma stiamo mantenendo lo slancio per offrire una chiesa parrocchiale con 800 posti a questo nuovo quartiere di 32.000 abitanti. Stiamo per lanciare un nuovo appello agli artisti per decorare la nostra chiesa. Sta già iniziando a emergere dal terreno. Dovrebbe essere inaugurata il prossimo inverno».

    Gli artisti non mancano, ma Rupnik aveva una reputazione internazionale. Era richiesto in tutto il mondo. Nel 1996, Giovanni Paolo II gli affidò i mosaici della Cappella Redemptoris Mater nei palazzi vaticani. Perché è stato così disonorato? A 68 anni, questo prete artista, amico di Papa Francesco, è appena caduto molto in basso: è accusato di molteplici abusi sessuali su suore di un ordine da lui fondato in Slovenia, la comunità di Loyola. Due casi sono stati deferiti dal sistema giudiziario della Chiesa e altri sette potrebbero seguire. Una delle sue accusatrici parla addirittura di «una ventina di vittime» religiose.

    1,7 milioni di euro per la decorazione di una cappella a Roma

    La vicenda è esplosa nei primi giorni di dicembre a Roma. La fama del mosaicista era così immensa da essere un fulmine a ciel sereno. Lo scandalo è poi rientrato perché il 7 dicembre il preposito generale dei Gesuiti, padre Arturo Sosa, ha mentito pubblicamente sul caso. Lo ha dimostrato lui stesso il 14 dicembre contraddicendosi, dimostrando di aver intenzionalmente nascosto la verità per coprire la gravità dei fatti.

    L'indignazione è cresciuta ancora di più perché padre Rupnik ha beneficiato dell'impunità: nel marzo 2020 ha predicato il ritiro quaresimale in Vaticano, davanti al Papa, mentre nel gennaio 2020 il processo canonico contro di lui, all'interno della Congregazione per la Dottrina della Fede, competente in materia, aveva votato «all'unanimità"» e concluso per la sua colpevolezza.

    L'esasperazione è culminata nella rivelazione che la stessa Congregazione per la Dottrina della Fede, guidata da un altro gesuita, il cardinale Ladaria Ferrer, aveva emesso una scomunica contro padre Rupnik nel maggio 2020, per poi essere curiosamente revocata nello stesso mese. Esprimendo pubblicamente quello che tutti a Roma pensano, Il Sismografo, sito di riferimento sul Vaticano, ha affermato il 23 dicembre che il religioso era stato protetto in alto: «È stato Papa Francesco a togliere la sanzione contro di lui. Il Papa, che è l'unica autorità legittima a decidere in questo campo». Questo sito rivela anche che «Rupnik è a capo di un impero economico», perché è stato pagato, nella Chiesa, alle tariffe degli artisti internazionali. È stato pagato 1,7 milioni di euro per la decorazione di una cappella a Roma.

    Il Vaticano imbarazzato come non mai

    Un caso che apre pubblicamente un nuovo capitolo di scandali sessuali per la Chiesa cattolica. Questa volta si tratta di suore maggiorenni che sono state aggredite da sacerdoti. Finora questo tipo di casi è emerso in modo isolato. Nei prossimi anni potrebbero diffondersi maggiormente, soprattutto in Africa.

    Il Vaticano è imbarazzato come non mai. Non ha detto una parola su Rupnik dopo i primi articoli pubblicati tra il 1° e il 4 dicembre da tre siti web italiani. Uno, un sito di informazione generale, è politicamente orientato a sinistra, Left. Altri due, chiaramente conservatori, si concentrano sull'informazione religiosa: Silere non possum e Messa in Latino, le cui informazioni su questo tema non sono mai state smentite.

    La vicenda Rupnik ha avuto una svolta decisiva domenica 18 dicembre, quando il serissimo giornale di sinistra Domani ha pubblicato un'intervista a una delle prime suore vittime di padre Rupnik. Ha descritto in dettaglio la «strategia» di un manipolatore che mira a sottomettere per ottenere ciò che vuole. Il nome, Anna, è fittizio, ma la testimonianza è corrosiva. Con le consuete precauzioni su una storia anonima, bisogna ammettere che la sua precisione è schiacciante. Anna, oggi 58enne, non è stata smentita, né il giornale si è preoccupato.

    Una testimonianza sotto forma di incubo

    Nel 1985 era studentessa di medicina a Roma. Racconta come la sua passione per l'arte e i primi colloqui con l'allora sconosciuto sacerdote, che lavorava da solo in uno studio in Piazza del Gesù, accanto alla chiesa madre dei Gesuiti, si siano trasformati in un incubo. Con «profonda depressione» e tentato suicidio.

    Dai «baci» o «abbracci» dopo la confessione, con il pretesto della «unione» mistica, seguono atti sessuali che il sacerdote assolve con un'altra confessione, con il pretesto di un «dono speciale del Signore», solo per «loro due». Il sacerdote ha riconosciuto questi fatti. Fu questa «assoluzione del complice», secondo le parole del diritto canonico, che portò alla scomunica di Rupnik - automatica in questo caso - ma che fu revocata quasi subito.

    In ogni fase della resistenza della giovane donna, c'era un'altra forma di comportamento, questa sì odiosa, secondo lei: minacce «aggressive», ricatti per abbandonarla. Infine, c'era la deviazione dell'«accompagnamento spirituale» del gesuita, che imponeva la totale remissione della volontà della donna per «obbedienza» al religioso. La «disponibilità e (l') obbedienza assoluta» la obbligavano talvolta a «guardare film pornografici» e ad avere rapporti sessuali con «un'altra religiosa», in sua presenza, con il pretesto di un'unione «trinitaria».

    «Nessuno ti crederà, ti farò sembrare pazza».

    La donna, che ha poi conseguito un dottorato in filosofia, riassume così la vicenda: «È stato veramente e propriamente un abuso di coscienza. La sua ossessione sessuale non era casuale, ma profondamente legata alla sua concezione dell'arte e alla sua concezione teologica. Padre Marko si è infiltrato lentamente e delicatamente nel mio mondo psicologico e spirituale, facendo leva sulle mie incertezze e fragilità, e allo stesso tempo utilizzando il mio rapporto con Dio per spingermi a fare esperimenti sessuali con lui».

    Il braccio rotto di un'altra suora di cui lui abusava - che avrebbe lottato per fuggire - è stato un fattore scatenante per Anna. Si è opposta a queste pratiche e le è stato detto: «Nessuno ti crederà, ti farò sembrare pazza». E così è successo. Fuggì dalla comunità religiosa e denunciò il sacerdote alla madre superiora e al vescovo. C'era un muro di «silenzio». Si rivolge ai gesuiti, l'ordine religioso di padre Rupnik, che però «si rifiutano di ascoltarla», anche «in confessione», dice. Oggi denuncia: «Era protetto da tutti». È stato unendo le forze con un'altra suora maltrattata che è riuscita a strappare la camicia di forza ecclesiastica. Apprese di essere stata dichiarata, urbi et orbi, «schizofrenica» dalla sua congregazione religiosa... fondata da Rupnik.

    Da allora, Anna è stata ascoltata dal dicastero per la Dottrina della fede (il 10 dicembre 2021). Ma «non ha mai ricevuto risposta» a una lettera che riassumeva questa situazione infernale, inviata nel giugno 2022 al preposito generale dei Gesuiti e a diversi alti funzionari dell'ordine. Uno di loro era padre Hans Zollner, noto per le sue responsabilità a livello mondiale nella lotta contro gli abusi sessuali e per le numerose lezioni che ha impartito ai vescovi in questo campo. Interrogato dalla stampa sul caso, il gesuita tedesco ha mantenuto una sorprendente freddezza e distanza, pur ammettendo: «Posso capire la sofferenza delle vittime». Tuttavia, i gesuiti hanno lanciato un appello per trovare testimoni.

    I gesuiti colpiti

    Al di là dello scandalo della vita di questo gesuita, è emerso che il primo comunicato della Compagnia di Gesù, il 2 dicembre, non faceva alcun riferimento alla scomunica che aveva colpito padre Rupnik nel maggio 2020, prima di essere revocata molto rapidamente. Ha specificato che i fatti non riguardavano «minori». Erano «prescritti» e che erano state prese «misure precauzionali».

    Il 7 dicembre, durante una visita in Portogallo, il preposito dei Gesuiti, padre Arturo Sosa, in un'intervista alla stampa locale, ha persino dettagliato questi elementi, affermando: «Non abbiamo nascosto niente!» Solo sotto la pressione delle domande dell'Associated Press, il 14 dicembre a Roma, padre Sosa ha riconosciuto che c'era stata una sanzione di scomunica. Ma che era legata a «un'altra» vittima di padre Rupnik e che il provvedimento era stato immediatamente revocato perché questo sacerdote aveva «riconosciuto il fatto» - aver confessato la suora di cui aveva appena abusato sessualmente - e che si era «formalmente pentito», due condizioni per la revoca della scomunica...

    Questo discorso dei gesuiti, freddo, giuridico, calcolato e soprattutto privo di compassione, riguarda l'intera Compagnia di Gesù e il Papa stesso, anche se Marko Rupnik è solo un gesuita tra 14.439. Massimo Faggioli, noto storico della Chiesa che insegna negli Stati Uniti, ha commentato il 21 dicembre sul settimanale cattolico progressista americano NCR: «Questo caso libererà i Gesuiti dall'illusione di essere magicamente esenti dalla crisi degli abusi sessuali». Marco Marzano, autore di La Caste des chastes (Philippe Rey Éditeur), scrive lo stesso giorno sulla rivista di studi italiani Micromega: «I vescovi e i dirigenti gesuiti sapevano tutto dei vizi di Rupnik fin dagli anni '90: non hanno fatto nulla».

    Attribuzione immagine: By Centroaletti - Own work, CC BY-SA 4.0, Wikimedia.

     

    Fonte: Le Figaro, 25/12/2022. Aggiornato ieri 26/12/2022 alle 21:22. Traduzione all’italiano a cura di Messa in Latinoil 27 Dicembre 2022.

  • Chiesa cattolica verso le donne prete?

     

     

    di Federico Catani

    «I vescovi francesi sono pronti a un big bang della Chiesa». Questo il titolo dell’articolo pubblicato lo scorso 15 giugno su Le Figaro dal vaticanista Jean-Marie Guénois. L’episcopato francese ha trasmesso al Vaticano il documento di sintesi delle proposte raccolte dai fedeli (sono state consultate circa 150mila persone) in vista del Sinodo sulla sinodalità che si terrà a Roma a ottobre 2023. Le richieste che vengono dalla Francia si collocano sulla stessa lunghezza d’onda di quelle del Cammino sinodale tedesco e sono effettivamente esplosive. Il documento infatti propone di consentire alle donne di predicare durante la Messa, di essere ordinate diaconesse e di poter accedere al sacerdozio; di rendere opzionale il celibato sacerdotale; di incrementare le “celebrazioni della Parola”, permettendo così una «più ampia accoglienza a tutte le persone, indipendentemente dall’accesso al sacramento eucaristico» e offrendo «la possibilità ai laici – uomini e donne – di poter commentare la Scrittura». Come si può osservare, qualora venissero accettati, tali suggerimenti di fatto avvicinerebbero sempre più la Chiesa cattolica al variegato mondo protestante. Guénois è tornato sul tema anche il 17 giugno, specificando che non tutti i vescovi francesi concordano con le proposte del documento. Per questo motivo, la Conferenza episcopale è ricorsa ad un’escamotage: ha approvato all’unanimità non il contenuto del testo, bensì la decisione di inviarlo a Roma così com’è, senza alcun commento. Ad ogni modo, il contributo sinodale della Francia – afferma il vaticanista del Figaro – «sarà senza dubbio, con quello della Germania, uno dei più rivoluzionari» prima del Sinodo mondiale del 2023.

    Al di là dei Pirenei si suona grosso modo la stessa musica. L’11 giugno anche i vescovi spagnoli hanno reso nota la sintesi dei lavori sinodali. La consultazione ha riguardato circa 215mila persone e i temi su cui si chiede di discutere spaziano sempre dal ruolo della donna nella Chiesa, all’approfondimento della questione relativa al celibato dei preti; dalla valorizzazione dei ministeri laicali al ripensamento dei linguaggi, dei riti e dell’omelia, sino all’attenzione ai divorziati risposati e alle persone con diverso orientamento sessuale. Forti critiche ha ricevuto il clericalismo e si è auspicato il superamento della visione di una Chiesa immobile ed autoritaria, favorendo piuttosto il passaggio ad una “Chiesa in uscita”.

    Pure l’Irlanda si accoda. Il 17 giugno l’Irish Timesha rilevato che il 96% dei cattolici irlandesi consultati per il Sinodo è favorevole all’ordinazione diaconale e sacerdotale delle donne; l’85% esprime preoccupazione per l’esclusione delle persone della comunità Lgbt; quasi il 70% auspica un maggior coinvolgimento dei laici nelle decisioni della Chiesa.

    Leggendo questa sorta di cahiers de doléances, vien da pensare ad una stessa regia. Le richieste di riforma radicale della Chiesa provengono da poche persone, principalmente – lo hanno ammesso i vescovi francesi – dalle generazioni più anziane, e rischiano di essere fatte passare per il comune sentire di tutti i cattolici, che quindi andrebbero esauditi. Non è un’idea temeraria. Lo stesso è avvenuto con l’approvazione, nel luglio 2021, del motu propro Traditionis custodes, con cui papa Francesco ha posto pesanti limiti alla celebrazione della cosiddetta messa tridentina. Per giustificare il drastico provvedimento, il Papa ha scritto di essersi basato sui suggerimenti dell’episcopato mondiale previamente consultato. Tuttavia, è ormai risaputo dagli addetti ai lavori che i giudizi negativi sulla “messa in latino” sono stati di gran lunga inferiori a quelli neutri o positivi. Una procedura similare è stata seguita nei due Sinodi sulla famiglia, tra il 2014 e il 2015: sin dall’inizio ne era stato deciso l’esito, ovvero aprire alla comunione per i divorziati risposati. Non è quindi fantascientifico immaginare che lo stesso possa avvenire con il Sinodo.

    L’impressione è che, ormai al tramonto del suo pontificato, con i lavori sinodali Francesco voglia in qualche modo “blindare” il suo successore. E se a volte tende a frenare alcune derive, come nel caso del Sinodo in Germania, sembra lo faccia più che altro per evitare di correre troppo e male. L’importante, secondo papa Bergoglio, è avviare ed aprire processi. Lo ha sempre detto e lo ha ricordato anche nella lettera inviata ai cattolici tedeschi nel 2019: occorre «generare e mettere in atto processi che ci costruiscano come popolo di Dio, più che la ricerca di risultati immediati che generino conseguenze rapide e mediatiche, ma effimere per mancanza di maturazione». Insomma, la battaglia si gioca sul lungo periodo. Prima occorre preparare il terreno, rendendolo adatto al cambiamento. È il primato della prassi.

    Nella conferenza stampa di chiusura dell’Assemblea generale dei vescovi italiani tenutasi a fine maggio a Roma, il cardinale Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e nuovo presidente della Conferenza episcopale italiana, ha dichiarato che il cammino sinodale «sarà una sorta di grandi “Stati generali” della Chiesa». L’intenzione è forse riprodurre nel Cattolicesimo quanto avvenuto in Francia a partire dal 1789?

    Fonte: L’Identità,29 giugno 2022.

  • Col sostegno papale, continua l’attivismo LGBT di padre James Martin negli ambienti cattolici

     

     

    di Michael Haynes

    L'influenza dell’importante gesuita pro-LGBT, padre James Martin, continua a farsi sentire negli ambienti cattolici, nonostante la promozione che egli fa di insegnamenti contrari alla dottrina cattolica e alla sua trafila di bestemmie contro Nostro Signore, la Madonna e il Rosario. Un esempio è la sua rubrica regolare su Give Us This Day (ndt,“Dacci oggi”) di cui è anche consulente editoriale.

    Lanciata nel 2011 dalla Liturgical Press, Give Us This Day è una pubblicazione mensile che contiene preghiere e riflessioni quotidiane su "persone sante", non necessariamente canonizzate, una decisione specificamente enunciata dall'editore in quanto più attraente per i lettori modernisti.

    La pubblicazione contiene commenti settimanali sulle Scritture e articoli religiosi mensili e descrive sé stessa nei seguenti termini: "traendo ispirazione da una moltitudine di voci, essa fornisce una comprensione pertinente e affidabile delle Scritture". Tuttavia, pur affermando di essere fedele alla dottrina cattolica e alle Scritture, da sempre Give Us This Dayè molto esplicita riguardo al suo sostegno al dissidente padre James Martin, il quale non solo funge da consulente editoriale, ma tiene anche una rubrica mensile intitolata "Insegnaci a pregare". Nel 2017 ha anche raccolto gli scritti della rivista nel "In tutte le stagioni, per tutte le ragioni" (In All Season, for All Reasons).

    Il sostegno pubblico di Give Us This Day all'attivismo LGBT di p. Martin

    Poiché p. Martin è controverso, Give Us This Day prende le sue difese indirizzando i lettori online a un saggio scritto nel 2017. In esso si descrive il gesuita come "un sacerdote in regola" e sottolinea come lo staff di Give Us This Day abbia avuto "il privilegio di condividere l'impegno incrollabile di p. Martin nel proclamare la Buona Novella di Gesù Cristo". 

    Il saggio si vanta di allineare la pubblicazione alle tesi del religioso, parlando di come i lettori siano pieni di "dolore e tristezza" per il contraccolpo subito a causa di quei fedeli cattolici che protestano contro la sua opera pro-LGBT, Building a Bridge: How the Catholic Church and the LGBT Community Can Enter into a Relationship of Respect, Compassion, and Sensitivity (ndt,edito in italiano da Marcianum Press sotto il titolo Un Ponte da Costruire – Chiesa e Persone LGBTUna relazione nuova).

    "C'è un'ulteriore peccaminosa ironia nel fatto che gli attacchi non sono fondati sui fatti", si legge nel saggio. “In Un ponte da costruire e in tutto il suo lavoro, padre Martin poggia sul solido terreno delle Scritture, dell'insegnamento sociale cattolico e del Catechismo della Chiesa cattolica. Senza dubbio, il cuore di padre Martin è radicato e fondato nell'amore e nella misericordia di Cristo".

    Give Us This Day sembra quindi aver scelto di difendere Un Ponte da Costruire come segno pubblico di sostegno a p. Martin, mettendo così però in dubbio la sua qualifica di pubblicazione cattolica. Infatti, Il libro in questione è inficiato da numerose affermazioni che non solo contraddicono gli insegnamenti della fede cattolica, ma direttamente bestemmiano Nostro Signore e la Madonna.

    L'amore di p. Martin per l'ideologia LGBT e la sua avversione alla dottrina cattolica

    Il suo attivismo pro-LGBT è ben documentato: il gesuita, che scrive per America Magazine, sostiene il "transgenderismo" per i bambini, chiede che gli omosessuali si bacino al momento del segno della pace durante la Messa, invita i cattolici a "riverire" le unioni omosessuali e mina l'insegnamento della Chiesa sulla questione dell'ideologia LGBT.

    Padre Martin non si accontenta appena di promuovere l'ideologia LGBT, ma pretende di stravolgere l'insegnamento e l'immaginario cattolico per raggiungere questo obiettivo. Nel 2018 ha invitato le persone a pregare il "Rosario dei dolori moderni", dedicato, tra le altre intenzioni, alle "vittime del razzismo, alle persone LGBT". L'intenzione per il quinto mistero del "rosario" era "l'accoglienza delle persone LGBTQ da parte di tutte le chiese, i templi, le moschee e le sinagoghe... Preghiamo perché possano essere sostenute e amate, pienamente accettate come persone veramente create a immagine di Dio, una creazione vista come ‘buona’ da Dio, che meritano di vivere in pienezza ogni aspetto della vita".

    Un anno prima, p. Martin aveva twittato una immagine blasfema della Madonna accompagnata da due foto che rappresentavano "bellissime immagini della Madonna di Guadalupe, reimmaginate come due donne contemporanee" [sic].  Nel 2019, p. Martin offese Nostro Signore condividendo un'immagine tratta da una serie di opere omoerotiche che rappresenta la vita di Gesù come un omosessuale. L'immagine era tratta da una collezione di opere d'arte intitolata "The Passion of Christ: A Gay Vision" (ndt, “La Passione di Cristo, una visione gay”), opera descritta da Amazon come segue:

    In nuove immagini stupefacenti, la moderna figura di Cristo viene derisa dai fondamentalisti, torturata da sosia dei marines e risorge per godere di momenti omoerotici con Dio. I suoi amici, sorprendentemente diversi, si uniscono a lui in un viaggio dalla sofferenza alla libertà. I lettori la definiscono "accessibile ma profonda".

    Nella primavera del 2021, p. Martin ha continuato la sua campagna blasfema riferendosi a Dio col pronome "lei" e sostenendo che le rappresentazioni femminili di Dio "non sono contrarie alla nostra fede". Ha sostenuto che è "altrettanto teologicamente corretto usare immagini femminili di Dio piuttosto che usare quelle maschili" e che questo "non è contrario alla nostra fede, poiché fa parte della Scrittura, sebbene sia una parte trascurata e persino ignorata".

    Condannato da prelati ma sostenuto dal Papa

    Tenendo conto di queste azioni, prelati fedeli all’ortodossia hanno condannato p. Martin. Il cardinale Raymond Burke giudica l'insegnamento del sacerdote "non coerente con l'insegnamento della Chiesa sull'omosessualità". L'arcivescovo Charles Chaput si è unito alla schiera di prelati che si oppongono al gesuita, affermando che sulle questioni LGBT p. Martin "non parla con autorità a nome della Chiesa".

    L'attacco aperto di p. Martin alla dottrina cattolica non sorprende visto che gode del sostegno di Papa Francesco, che lo ha incontrato privatamente nel 2019, in quello che è stato il loro terzo incontro ma il primo di lunga durata.

    L'evento fu descritto dal prete dissidente e dalla rivista gesuita America Magazine come una "dichiarazione pubblica altamente significativa di sostegno e incoraggiamento" per il suo lavoro. L'anno scorso il Papa ha persino espresso pubblicamente il suo sostegno a p. Martin, con una nota scritta a mano (ndt, e ancora qualche giorno fa Papa Francesco ha inviato un’altra nota manoscritta di sostegno al confratello americano).

    Dato il suo lavoro pubblico e di lunga data per distorcere l'insegnamento della Chiesa, utilizzando a questo scopo opere e commenti blasfemi, qualsiasi pubblicazione o evento di stampo cattolico dovrebbe evitare di associarsi a lui. Nel Vangelo, Cristo avverte del grande danno rappresentato dallo scandalizzare i fedeli: "Chi invece scandalizza anche uno solo di questi piccoli che credono in me, sarebbe meglio per lui che gli fosse appesa al collo una macina girata da asino, e fosse gettato negli abissi del mare" (Mt 18, 6).

     

    Fonte: Tfp.org, 18 marzo 2022. Traduzione a cura di Tradizione Famiglia Proprietà – Italia.

    © La riproduzione è autorizzata a condizione che venga citata la fonte.

  • Dopo “Traditionis custodes” / Cardinale Burke: “Inconcepibile ritenere la Santa Messa Usus Antiquior una fonte di divisione”

    Il cardinale Raymond Leo Burke ha diffuso una dichiarazione sul motu proprio Traditionis custodes e sulla situazione createsi nella Chiesa in seguito alla sua promulgazione.

  • I 9 comandamenti del Papa “per un'economia giusta" dimenticano il primo

     

     

    di John Horvat

    I "movimenti popolari" sono l'avanguardia dei guerriglieri cattolici della giustizia socialecostituita da un vasto caravanserraglio di attivisti di sinistra e organizzatori di comunità che si ritrovano in gruppi di azione politica come le Comunità cristiane di Base, le organizzazioni dei lavoratori e le lobby dei popoli indigeni. Essi esistono in tutto il mondo, specialmente nelle nazioni meno sviluppate, e mettono in pratica i principi della Teologia della liberazione.

    Papa Francesco si è appena rivolto a questi movimenti in un discorso programmatico che delinea le sue proposte per una “economia giusta”. L'energica presentazione video di 38 minuti è stata presentata alQuarto Incontro Mondiale dei Movimenti Popolari a metà ottobre. Il papa argentino ha chiesto cambiamenti economici radicali all'interno di una cornice di lotta di classe.

    Gerard O'Connell, il corrispondente vaticano per America Magazine, la pubblicazione dei gesuiti decisamente di sinistra, ha notato che il pontefice ha fatto nove proposte "in nome di Dio" e le ha subito soprannominate "i 9 comandamenti per un'economia giusta".

    Come la maggior parte dei commenti economici di Papa Francesco, questi nove comandamenti sono assai problematici. Assomigliano molto di più alle tavole di una legge del Green New Deal che alle tavole di pietra di una legge morale.

    Questi nove comandamenti dell'Ennealogo di Papa Francesco (nove, ennea + logos, non dieci, deca + logos) riguardano diversi settori dell'economia e della cultura di massa. Come era prevedibile, essi riflettono i punti caldi di discussione che dominano ovunque le agende della sinistra.  

    L'Ennealogo richiede “a nome di Dio” che

    1. I grandi laboratori liberalizzino i brevetti dei vaccini COVID-19;

    2. la grande finanza condoni i debiti dei paesi poveri;

    3. le "grandi compagnie estrattive" (minerarie) smettano di distruggere l'ambiente e "d’intossicare i popoli e gli alimenti”;

    4. le grandi compagnie alimentari smettano d’imporre strutture monopolistiche di produzione e distribuzione che gonfiano i prezzi e finiscono col tenersi il pane dell’affamato;

    5. i trafficanti di armi cessino totalmente la loro attività;

    6. i giganti della tecnologia (Big Tech) censurino tutti i discorsi d'odio, le fake newse le teorie della cospirazione;

    7. i giganti delle telecomunicazioni facilitino l'accesso a internet per aiutare l'educazione dei bambini poveri;

    8. i mezzi di comunicazione censurino tutta la disinformazione, la diffamazione, la calunnia e lo scandalo;

    9. i Paesi potenti interrompano i loro blocchi e sanzioni contro altri paesi.

    Altre proposte all'interno dell'Ennealogo includono un reddito di base universale, orari di lavoro più brevi, temi di new deal verde e distribuzione della ricchezza attraverso la tassazione.

    L'Ennealogo di Papa Francesco se la prende con strutture gigantesche, assegnando loro automaticamente ruoli negativi. Sono bersagli facili, abbastanza specifici da adattarsi alle narrazioni della sinistra, sufficientemente vaghi per richiedere un'azione drammatica e urgente. Papa Francesco ha peggiorato ancora le cose menzionando la morte di George Floyd. Per lui, le rivolte estive dell'anno scorso (spesso violente e distruttive) hanno costituito un gesto da "buon samaritano" da parte dei manifestanti. Ecco la sua dichiarazione:

    Sapete che cosa mi viene in mente adesso, insieme ai movimenti popolari, quando penso al Buon Samaritano? Sapete che cosa mi viene in mente? Le proteste per la morte di George Floyd. È chiaro che questo tipo di reazione contro l’ingiustizia sociale, razziale o maschilista può essere manipolato o strumentalizzato da macchinazioni politiche o cose del genere; ma l’essenziale è che lì, in quella manifestazione contro quella morte, c’era il “samaritano collettivo” (che non era per niente scemo!). Quel movimento non è passato oltre, quando ha visto la dignità umana ferita da un simile abuso di potere. I movimenti popolari sono, oltre che poeti sociali, “samaritani collettivi.

    Non è il caso di denunciare qui ognuno di questi comandamenti, poiché sono richieste e recriminazioni continue della sinistra contro il capitalismo e l'economia di libero mercato. Sembra più importante confutare gli errori più profondi dell'Ennealogo.

    Così, tre grandi problemi caratterizzano l'Ennealogo di Papa Francesco.

    Il primo è un approccio ormai sistemico ai problemi.L'Ennealogo di Papa Francesco mette tutto dentro una cornice di strutture immense che poi dipinge come la causa di tutti i problemi sociali.

    Secondo una tale prospettiva, sono le strutture che determinano il comportamento della persona nella società. L'individuo non può fare nulla per evitare questa influenza e quindi non ha nessuna colpa personale per azioni o reazioni. A causa di questo, i promotori della Teoria Critica della Razza (Critical Race Theory), per esempio, sostengono che per quanto santi possano essere, i bianchi non possono fare a meno di essere razzisti. Sarebbero ancora razzisti perché il colore della loro pelle (una struttura) determina i loro atteggiamenti.

    Questa riduzione di tutto alle radici sistemiche favorisce la dialettica della lotta di classe che spinge una classe contro un'altra; un gruppo identitario contro un altro; piccole "vittime" contro grandi "oppressori". Nella narrativa marxista, i problemi "sistemici" non possono essere risolti cambiando i cuori e mediante la conversione, ma solo distruggendo i sistemi e le strutture "oppressive", perché non sono riformabili.

    Tale falsa lettura della storia contraddice l'insegnamento della Chiesa sul libero arbitrio e la responsabilità personale per le azioni buone o cattive e insinua una negazione della natura decaduta, dell'azione della Grazia e del potere rigenerativo della Redenzione.

    Questa visione presuppone una concezione immacolata delle masse le quali non possono sbagliare e manifesta un desiderio di farla finita con tutti i ricchi, perché non possono fare del bene. Tuttavia, la Chiesa ha sempre riconosciuto la necessità di disuguaglianze giuste e armoniche nella società. Queste disuguaglianze sono necessarie affinché tutti possano svilupparsi secondo le loro capacità e la Grazia di Dio. La narrazione di sinistra si contrappone all'appello della Chiesa per una interazione armonica di tutte le classi della società e alla pratica della carità da parte di tutti.

    Il secondo problema con l'Ennealogo di Papa Francesco è una mancanza di comprensione della natura dell'economia. La sfortunata etichettatura delle proposte di sinistra del pontefice come "9 comandamenti per un'economia giusta" insinua che cambiare le strutture economiche secondo linee marxiste, ecologiche e pacifiste possa creare giustizia.

    Non è così però. Il focus dell'economia si limita a un processo di creazione di ricchezza, acquisizione, produzione e consumo. L'oggetto dell'economia è la giustizia commutativa, per cui prezzi giusti ed equi per beni o servizi informano le azioni di tutte le parti coinvolte: produttori, commercianti, lavoratori e consumatori. Contrariamente a questo, l'Ennealogo di Papa Francesco vorebbe che le aziende lavorassero per la loro autodistruzione.

    Inoltre, alcuni comandamenti richiedono che le aziende siano caritatevoli. La carità ha un'influenza moderatrice sull'economia. Tuttavia, la carità non può essere imposta come la giustizia. Infatti, la virtù della giustizia governa le transazioni economiche, poiché ogni parte deve ricevere rigorosamente ciò che le spetta affinché l'economia funzioni in modo giusto. Insistere che la carità entri a far parte della teoria economica sarebbe un'ingiustizia per i caritatevoli, perché li metterebbe in svantaggio e consegnerebbe il mercato e la società a uomini pigri e disonesti. La carità forzata diviene un furto mascherato.

    Infine, l'elaborazione di nove comandamenti lascia ampio spazio per un altro. Il comandamento mancante è il Primo Comandamento, il più importante. Ad ogni uomo è comandato di amare Dio sopra ogni cosa con tutto il suo cuore e le sue forze.

    Il Primo Comandamento della Legge di Dio non è di natura economica, ma tocca direttamente l'Autore della legge suprema da cui derivano tutte le altre leggi. Se ci deve essere un'economia veramente giusta, essa può avvenire solo in una società dove l'adorazione e l'amore di Dio regnino in modo supremo. Ci deve essere l'osservanza della legge di Dio, la pratica della virtù e la soppressione del vizio. Le strutture sociali che Dio ci ha dato, come la famiglia, la comunità e la fede cattolica istituzionalizzata, devono prosperare se l'economia vuole prosperare. I Sette Sacramenti devono aprire le fonti della Grazia per trasformare le anime e tutta la società.

    Tutti questi potenti mezzi che si possono trovare in una prospettiva Dio-centrica mancano tristemente all'Ennealogo di Papa Francesco. Questa visione soprannaturale è soffocata da esauriti modelli marxisti della sinistra cattolica, modelli di stampo naturalistico, lontani da Dio e rivolti alla lotta di classe.

    L'obbedienza amorevole al primo Comandamento è l'unica via d'uscita dal caos e dalla distruzione dei tempi attuali. Come richiesto dalla Madonna a Fatima, il mondo deve tornare a Dio e alla Sua Santa Madre. Quando essi regnano come Re e Regina, non solo un'economia sana e giusta è possibile, ma diventa inevitabile.

    Fonte: Crisis Magazine, 4 Novembre 2021. Traduzione a cura di Tradizione Famiglia Proprietà – Italia

    © La riproduzione è autorizzata a condizione che venga citata la fonte.

  • I cattolici liberalhanno perso la guerra culturale ma non vogliono ammetterlo

     

     

    di José Antonio Ureta

    Al Prof. Massimo Faggioli va riconosciuto almeno un merito: quello di mostrare una candida franchezza dicendo ciò che i suoi compagni cattolici liberal o progressisti si rifiutano di ammettere, nascondendo la testa sotto la sabbia.

    Lo studioso della Villanova University ha scritto due articoli su La Croix International poco dopo la pubblicazione di Querida Amazonia (2020), l'esortazione post-sinodale in cui Papa Francesco ha disatteso il suggerimento del Sinodo panamazzonico di conferire il sacerdozio ai capi delle comunità sposate. Insomma, secondo il prof. Faggioli, lo slancio riformatore del pontificato di Francesco si è esaurito. D'ora in poi assisteremo al suo declino. "Si ha l'impressione che negli ultimi mesi il dinamismo del suo pontificato abbia cominciato a raggiungere il suo limite", ha affermato.

    La diagnosi di Faggioli ha scatenato una crisi nelle file cattoliche progressiste. Sei mesi dopo, p. Antonio Spadaro, stretto collaboratore di Papa Francesco, ha deciso di pubblicare un lungo articolo su Civiltà Cattolica, di cui è direttore, per spiegare quale è “la spinta propulsiva” del suo pontificato.  

    In un apparente riferimento agli articoli sopra citati, padre Spadaro riconosce nel primo paragrafo che "alcuni commentatori e analisti si sono chiesti se questa spinta sussista ancora”. Spiega poi a lungo come il Papa segua la spiritualità ignaziana, che richiede una conversione interiore prima di riformare le strutture. Così, "il Papa non ha idee preconfezionate da applicare al reale, ma avanza sulla base di un’esperienza”. Egli “crea le condizioni strutturali di un dialogo reale e aperto”, poiché “la realtà è sempre superiore all’idea”.

    Padre Spadaro cerca di spiegare ai suoi amici cattolici liberal che il Papa non può avanzare ulteriormente senza discernere se la grande maggioranza dei fedeli è pronta ad accettare cambiamenti radicali come l'abolizione del celibato sacerdotale o l'introduzione del diaconato femminile. Francesco stesso ha affermato questa strategia in una nota personale condivisa con la Civiltà Cattolica e citata per la prima volta in un articolo sul Sinodo panamazzonico: “C’è stata una discussione… una discussione ricca… una discussione ben fondata, ma nessun discernimento, che è qualcosa di diverso dall’arrivare a un buono e giustificato consenso o a maggioranze relative”.

    Secondo padre Spadaro, il risultato di questo discernimento della realtà è che "Se non ci sono le condizioni, il Papa semplicemente non procede, senza però negare la validità delle proposte. Chiede invece di proseguire nel discernimento e lascia aperta la discussione”. In altre parole, il lavoro preparatorio per trasbordare ideologicamente l'ovile sulla sua posizione deve continuare prima che la rivoluzione desiderata possa procedere senza suscitare troppe resistenze.

    Massimo Faggioli è tornato recentemente alla sua franchezza con un nuovo articolo su La Croix International che senza dubbio farà scalpore nelle file cattoliche progressiste. Scettico sulla possibilità che Papa Francesco imponga una rivoluzione ecclesiologica dall'alto, ha intitolato il suo articolo: "La malsana ossessione per il Papato e il futuro del cattolicesimo". L'articolo afferma che molti "cattolici del Vaticano II" sono vittime di una "auto-illusione" e sono "bloccati su una strategia romana con poche speranze di ‘successo’ a breve termine".

    Con grande lucidità, lo studioso afferma che "il cattolicesimo del Vaticano II si è spesso autocompiaciuto e si è visto come il futuro inevitabile". Così, non ha visto "la necessità di investire risorse nelle giovani generazioni del clero e di coloro che lavorano per la Chiesa istituzionale". Nel frattempo, dall'altra parte dello spettro, "i neo-conservatori (prima) e i neo-tradizionalisti (poi)" si sono impegnati profondamente in uno sforzo catechistico e apologetico adattato a un "pubblico popolare".

    Tracciando un eloquente parallelo con la politica americana, il teologo e storico italiano con sede negli Stati Uniti sostiene che i cattolici liberali si comportano come i membri del Partito Democratico che cercano solo la presidenza e puntano al lungo termine. Allo stesso tempo, i cattolici tradizionali, come i repubblicani, si impegnano nel lavoro locale e puntano a progressi graduali e a breve termine. "Sono soprattutto le esperienze ecclesiali locali a determinare le dinamiche del cattolicesimo", riconosce, mostrando una lucidità assente in molti dei suoi compagni di viaggio. Questi ultimi non riescono a riconoscere la vitalità delle parrocchie e delle comunità conservatrici dove si celebra la Messa tradizionale.

    Di fronte a questa realtà, Faggioli lancia un allarme per svegliare i cattolici liberalcompiacenti e illusi: "Se pensate che il cattolicesimo neotradizionalista e anti-Vaticano II sia solo una malattia effimera e stagionale, vi sbagliate, soprattutto in alcuni Paesi. Basta guardare la tendenza ideologica della maggioranza dei vescovi statunitensi e del clero giovane".

    Mostrando disprezzo e scarsa conoscenza della realtà del cattolicesimo tradizionale, esprime amaramente la perplessità dei progressisti più lucidi: "Come hanno fatto i cattolici di destra, i convertiti arrabbiati, i barthiani cattolici, i burke-isti, gli odiatori di Francesco e così via - una minoranza di voci - a gridare più forte e a esercitare una tale influenza sui cattolici comuni e sui loro figli?".

    La sua risposta è naturalistica e superficiale: "È la formazione apologetica semplicistica e oggettiva che i cattolici di destra hanno ricevuto prima di scoprire i social media". Questa spiegazione sembra ispirata ai Quaderni del Carcere di Antonio Gramsci (1947), in cui l'intellettuale comunista italiano cercava di spiegare ai suoi confratelli atei che l'"egemonia culturale" della Chiesa cattolica deriva dalla costante ripetizione delle verità di fede e del catechismo per i bambini.

    Faggioli afferma questa "interpretazione dal basso verso l'alto come la formula affinchè il potere ottenga risultati". Spiega perché il cattolicesimo tradizionale "può succhiare tutta l'aria dalla stanza ed essere 'accolto' come 'ortodosso', mentre Papa Francesco può essere condannato come satanista ed eretico".

    Per contrastare la crescente egemonia dei conservatori, Faggioli afferma che i cattolici liberal dovrebbero emularli "lavorando dal basso verso l'alto piuttosto che lamentarsi di ciò che fanno o non fanno ai vertici... Il parallelo con le commissioni elettorali e gli impiegati comunali - l'azione a basso livello - è quindi veramente la pastorale di base: omelie, catechesi, apologetica".

    Altrettanto espressivo è il monito di Faggioli sui contenuti della nuova politica pastorale liberal che, secondo lui, dovrebbe privilegiare - mirabile dictum - l'insegnamento religioso in quanto tale: “Un'attenzione esclusiva al lavoro sul campo per le questioni di giustizia sociale e al pensiero sociale cattolico, senza una preoccupazione per la formazione teologica "canonica" (Bibbia, liturgia, sacramenti, storia della tradizione) dei membri più giovani della Chiesa, è una strategia perdente", insiste l'accademico della Villanova University.

    Alla concezione gramsciana che ha Massimo Faggioli delle dinamiche interne alla Chiesa sfugge il ruolo svolto dal sensus fidei nella resistenza del gregge alle novità incompatibili con l'insegnamento tradizionale. Questo ruolo è stato assunto nel IV secolo quando, nelle parole del cardinale Newman, "la Tradizione divina affidata alla Chiesa infallibile era molto più proclamata e conservata dai fedeli che dall'episcopato". In un congresso tenutosi a Roma nell'aprile 2018 dal titolo "Chiesa cattolica, dove vai?", il cardinale Walter Brandmüller, uno dei quattro firmatari del dubia sul capitolo 8 dell'Amoris Laetitia, ha fornito una spiegazione scientifica di questo fatto.

    Essendo in stato di grazia e praticando quindi le tre virtù teologali della Fede, della Speranza e della Carità, spiega l'ex presidente del Pontificio Comitato di Scienze Storiche, i fedeli laici possono acquisire "una comprensione sempre più profonda della verità rivelata", che funziona come una "sorta di sistema immunitario spirituale che induce il fedele a riconoscere e rifiutare istintivamente ogni errore". Secondo il cardinale, la Correzione filiale firmata da più di 200 studiosi e l'Appello filiale a Papa Francesco, promosso da una coalizione coordinata da Tradizione, Famiglia, Proprietà (TFP) e firmato da quasi un milione di cattolici in tutto il mondo, sono stati esempi di spicco di come ha funzionato questo sistema immunitario spirituale riguardo ad Amoris Laetitia.

    Quattro anni dopo, le sue parole mantengono tutta la loro attualità. Immunizzati dalla fede, i cattolici fedeli all'insegnamento tradizionale della Chiesa si impegnano nelle parrocchie e nei movimenti per resistere agli sforzi dei seguaci liberal di Faggioli. L'intuizione pessimistica del teologo della Villanova University si avvererà: "Senza un recupero del carisma cattolico a livello locale - scuole e università comprese - questo pontificato ispirato al Vaticano II sarà sprecato, soprattutto per Chiese come quella degli Stati Uniti”.

    Così, è inevitabile il fallimento dell'attuale pontificato nel tentativo di rivoluzionare in modo permanente la Chiesa. Lo Spirito Santo dona dall'alto il carisma cattolico per preservare l'integrità del Deposito della Fede e spiegarlo adeguatamente alle nuove generazioni di cattolici, affinché non seguano quello che i tedeschi chiamano Zeitgeist, lo spirito malvagio dei tempi. Come ha detto Nostro Signore, l'albero cattivo produce frutti cattivi: "un albero cattivo non può produrre frutti buoni” (Mt 7,18).

     

    Attribuzione immagine: © Mazur/catholicnews.org.uk, CC BY-NC-ND 2.0.

    © La riproduzione è autorizzata a condizione che venga citata la fonte.

  • I fedeli hanno pieno diritto di difendersi da un’aggressione liturgica – anche quando viene dal Papa

     

     

    di José Antonio Ureta

     

    Con un tratto di penna, Papa Francesco ha compiuto passi concreti per abolire nella pratica il rito latino della Santa Messa, sostanzialmente in vigore da San Damaso sin dalla fine del IV secolo (con aggiunte di San Gregorio Magno Grande alla fine del VI secolo), fino al messale del 1962 promulgato da Papa Giovanni XXIII. L'intenzione di limitare gradualmente – fino alla sua estinzione – l'uso di questo rito immemorabile è evidente nella lettera che accompagna il Motu Proprio Traditionis Custodes, in cui il pontefice regnante esorta i vescovi di tutto il mondo a “operare perché si torni a una forma celebrativa unitaria” con i messali dei papi Paolo VI e Giovanni Paolo II che diventano così “l'unica espressione della lex orandi del Rito Romano”. La conseguenza pratica è che i sacerdoti di rito latino non hanno più il diritto di celebrare la messa tradizionale, ma possono farlo solo con il permesso del vescovo (e della Santa Sede, per coloro che fossero ordinati d'ora in poi!).

  • I movimenti popolari e l’ambigua teologia del popolo

     

     

    di Stefano Fontana

    La questione dei “movimenti popolari” è un aspetto confuso, pericolante e pericoloso della Chiesa di oggi. Francesco si è messo da tempo su questa strada. Il 16 ottobre scorso ha inviato un lungo videomessaggio ai partecipanti al IV Incontro mondiale dei movimenti popolari. Il 12 aprile 2020, domenica di Pasqua, aveva inviato loro una lettera. In precedenza aveva incontrato i movimenti popolari il 9 luglio 2015 a Santa Cruz de la Sierra, in Bolivia, durante un suo viaggio apostolico, e anche in quella occasione aveva tenuto un lungo discorso, Altri due incontri erano stati tenuti in Vaticano.

    A seguito di questa impostazione pastorale, in America Latina nascono Scuole di formazione per leader cattolici di movimenti popolari. La Academia de Líderes Católicos - Latinoamérica ha le sue sedi in Cile, Messico, Uruguay, Cosa Rica, Colombia, Brasile e Spagna. La sua attività formativa on-line si estende anche a Venezuela, Perù, Argentina, Panama, Guatemala ed Europa centrale. I programmi di queste scuole prevedono anche una qualche lezione sulla Dottrina sociale della Chiesa, ma collocata in un nuovo contesto complessivo e, quindi, reinterpretata e, a mio modo di vedere, deformata.

    La nuova impostazione pastorale dei movimenti popolari presuppone alcune nuove convinzioni dottrinali che non lasciano tranquilli. Una prima osservazione da farsi riguarda l’estrema varietà dei movimenti popolari stessi che possono comprendere movimenti dei popoli indigeni, movimenti socialisti e comunisti, movimenti rivoluzionari, movimenti ecologisti di vario orientamento, comunità cristiane di base animate dalla Teologia della liberazione, movimenti femministi, movimenti per l’uguaglianza di genere estesa agli Lgbt, movimenti per la ”cancel culture” che demoliscono le statue di Cristoforo Colombo, movimenti in stile “Black lives matter” col loro odio ideologico verso tutto quanto è “bianco”. L’espressione “movimenti popolari” comprende quindi una galassia eterogenea che, se in qualche punto persegue scopi accettabili, in altri – o meglio in molti altri – si propone dei fini che contraddicono le esigenze della Dottrina sociale della Chiesa. Inoltre non va dimenticato che molti di questi movimenti popolari non sono per nulla popolari, ma sono finanziati e mossi da potenti soggetti politici nazionali o transnazionali.

    La nuova impostazione di Francesco e dell’Accademia di liderespopulares vuole che il cattolico partecipi ai movimenti popolari in quanto popolari, quindi a “qualunque” movimento popolare. Si tratta allora di una partecipazione “qualunquista”, ossia non motivata da un punto di vista pienamente conforme alla Dottrina sociale della Chiesa. Non è quest’ultima a motivare od orientare la presenza nel movimento, ma sarà la presenza nel movimento a rileggere la Dottrina sociale. Basta che il movimento sia popolare perché nasca l’impegno del cattolico di parteciparvi. Il fatto di essere popolare, però, non elimina dal movimento l’inaccettabilità morale, politica e religiosa di taluni suoi scopi, sicché il cattolico finisce per dare il proprio apporto ad esiti sbagliati. Ammesso anche che su qualche punto specifico questi esiti possano essere accettabili, il contesto generale perseguito dal movimento popolare specifico ne annulla la positività strumentalizzandola per obiettivi sbagliati.

    In questo modo il cattolico che vi partecipa sbaglia su due fronti: collabora col male e rinuncia ad imprimere al movimento la propria visione cattolica. Per questo l’espressione líderes católicos applicata ai movimenti popolari è contraddittoria: se il movimento è buono in quanto popolare, i cattolici non dovranno diventarne leader per guidarlo cattolicamente ma solo per sviluppare la sua “popolarità”.

    L’ambiguità di questa operazione pastorale sta tutta nella cosiddetta “teologia del popolo” che vi fa da fondamento, una bomba destinata a scoppiare con parecchi danni. Il popolo inteso in senso sociologico, storico e culturale non è una categoria fondante, ma una categoria fondata. Il suo valore dipende dalla misura in cui incarna, declinandoli secondo una cultura e una storia sedimentate, gli autentici valori naturali e religiosi. Non ogni tradizione è valida, non tutte le culture sono vere, non ogni popolo è autentico. Anche i popoli hanno bisogno di una salvezza che non possono darsi da sé. La retta ragione e la vera religione sono indispensabili per purificare i popoli. Invece la “teologia del popolo” ritiene che il popolo sia luogo di sapienza umana e cristiana in quanto popolo. E ciò varrebbe per ogni popolo. Ma questo non è vero.

     

    Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 23 Novembre 2021

  • Il caloroso saluto di papa Francesco a Nancy Pelosi: un (non così) sottile messaggio di sostegno agli abortisti

     

     

    di Luiz Sérgio Solimeo

    Papa Francesco era rimasto in silenzio - dando l'impressione di essere almeno a disagio, se non addirittura dispiaciuto - mentre i cattolici (e i non cattolici) anti-abortisti di tutto il mondo festeggiavano con gioia la storica decisione della Corte Suprema che ribaltava la sentenza Roe versus Wade.

     

    Il caloroso benvenuto di Papa Francesco a Nancy Pelosi . . .

    Poi, il 29 giugno, solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, egli ha rotto il suo silenzio non con le parole ma con un gesto simbolico: ha salutato e benedetto la presidente pro-aborto della Camera dei Deputati Nancy Pelosi nella Basilica di San Pietro. Dopo quel breve incontro, la leader ha assistito alla Messa e ha ricevuto la Comunione1.

    Sebbene il Papa non le abbia dato la Santa Comunione (per motivi di salute non ha celebrato la Messa, ma ha assistito accanto all'altare), deve aver saputo che la signora Pelosi avrebbe ricevuto la Santa Comunione, come fa normalmente.

    E l'ufficio cerimoniale del Vaticano le ha riservato un posto d'onore. In effetti, Nicole Winfield, scrivendo per l'Associated Press, ha riferito che durante la Messa "era seduta in una sezione diplomatica VIP della basilica e ha ricevuto la comunione insieme al resto dei fedeli, secondo due persone che hanno assistito al momento"2.

     

    . . . invia un messaggio di sostegno agli abortisti

    Papa Francesco non ha mostrato alcun particolare segno di soddisfazione per la grande vittoria del movimento pro-life con la sentenza Dobbs della Corte Suprema, che limita drasticamente il crimine (e il peccato) dell'aborto. Al contrario, ha dato il benvenuto a un esponente politico che ha pubblicamente criticato quella sentenza e che è un esplicito sostenitore dell'aborto.

    Come non interpretare il suo atteggiamento come un sostegno ai cattolici abortisti?

     

    "La dignità di ricevere la Santa Comunione"

    Va ricordato che, dopo numerosi avvertimenti privati, l'arcivescovo di San Francisco, Mons. Salvatore Cordileone, ha pubblicato un avviso che proibisce alla leader abortista Nancy Pelosi di ricevere la Santa Comunione nella sua arcidiocesi "fino a quando non ripudierà pubblicamente il suo sostegno alla legittimità dell'aborto e non si confesserà e non riceverà l'assoluzione per questo grave peccato nel sacramento della Penitenza"3.

    Nancy Pelosi, che insiste nel definirsi cattolica, ha ignorato il grave monito del suo pastore, fondato sulla dottrina della Chiesa, sul diritto canonico e sul Memorandum circa la dignità di ricevere la Santa Comunione (2004) del cardinale Joseph Ratzinger. In esso, l'allora Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede riaffermava il principio di rifiutare la Comunione ai politici cattolici favorevoli all'aborto4.

    La signora Pelosi non ha "ripudiato pubblicamente" il suo attivismo abortista. Al contrario, il giorno stesso della sentenza della Corte Suprema, la Presidente della Camera ha tenuto un appassionato discorso, dicendo, tra l'altro:

    "Oggi, la Corte Suprema controllata dai repubblicani ha raggiunto l’oscuro ed estremo obiettivo del GOP (ndr. Partito Repubblicano) di strappare alle donne il diritto di prendere le proprie decisioni sulla salute riproduttiva. . . . Le decisioni fondamentali per la salute di una donna devono essere prese da lei stessa, in consultazione con il suo medico e i suoi cari - non devono essere dettate da politici di estrema destra. Mentre i repubblicani cercano di punire e controllare le donne, i democratici continueranno a lottare ferocemente per sancire tramite una legge la sentenza Roe v. Wade"5.

     

    Aborto e omosessualità vanno di pari passo

    La Pelosi non solo ha espresso il suo disprezzo per l'insegnamento della Chiesa sull'aborto, ma ha anche assunto una posizione scandalosa sul peccato dell'omosessualità.

    Il giorno successivo, 25 giugno, è intervenuta al Pride Brunch 2022 di San Francisco, dove ha nuovamente attaccato la sentenza contro l'aborto e ha sostenuto il "matrimonio" tra persone dello stesso sesso6.  E domenica 26 ha partecipato alla Parata dell'Orgoglio LGBT di San Francisco7. Non era la prima volta che sosteneva il movimento omosessuale, a favore del quale vota sempre in Parlamento8. Alcuni giorni prima, il 10 giugno, aveva partecipato a uno spettacolo di "Drag Queen" durante il quale aveva dichiarato: "La vostra libertà di espressione, di voi stessi in versione drag, è ciò che rappresenta l'America. Lo dico sempre ai miei amici travestiti da drag"9.

    Nonostante ciò, Papa Francesco ha salutato sorridente - come mostra una foto diffusa dal Vaticano - la Presidente della Camera. La quale ha poi detto di aver ricevuta una benedizione prima di partecipare alla Messa a San Pietro e ricevere la Comunione10.

     

    Una dichiarazione innocua

    La dichiarazione vaticana sull’abrogazione della sentenza abortista Roe v. Wade è arrivata da un noto liberal vicino al movimento radicale, l'arcivescovo Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la Vita.

    Il comunicato della Pontificia Accademia afferma, tra l'altro, che “è importante riaprire un dibattito non ideologico” sulla protezione della vita "senza cadere in posizioni aprioristicamente ideologiche". Raccomanda poi "un'adeguata educazione sessuale", la garanzia di "un'assistenza sanitaria accessibile a tutti e predisporre misure legislative a tutela della famiglia e della maternità, superando le disparità esistenti”11.

    Cosa intende la Pontificia Accademia con l’evitare “posizioni aprioristicamente ideologiche" nella lotta contro l'aborto? Non è chiaro. Sarà forse abbandonare la morale cattolica e i principi della legge naturale, che a priori vietano di sterminare gli innocenti nel grembo della madre?

    Il minimo che si possa dire è che questa innocua dichiarazione non mostra la minima gioia né gratitudine a Dio per aver permesso questa sentenza, tesa a impedire numerosi peccati che trasgrediscono sia la legge divina che quella naturale.

     

    Il Papa dovrebbe mostrare gratitudine

    Per questa grande vittoria, Papa Francesco avrebbe dovuto esprimere gioia e ringraziare il movimento pro-vita americano che ha mantenuto viva la fiamma della morale e della legge naturale per molti decenni. Anno dopo anno, la Marcia per la Vita riunisce folle enormi nel pieno dell’inverno, mentre i pro-life impegnati pregano davanti alle cliniche abortiste e convincono le povere madri disorientate a non sacrificare i loro figli. Quanti sono stati arrestati in questa battaglia eroica, ma non si sono mai scoraggiati e non si sono mai ritirati dalla lotta!

    Inoltre, il pontefice dovrebbe ringraziare anche i giudici della Corte Suprema che, di fronte alle furibonde minacce degli abortisti, hanno deciso secondo la legge e la giustizia, compiendo il loro dovere verso il Paese.

    La lotta contro l'aborto non si è conclusa con la decisione della Corte Suprema. La lotta per la moralità, il senso del bene e del male e la legge naturale continua con la grazia di Dio e la protezione della Virgo Potens.

    La TFP ha partecipato a tutte le Marce per la Vita di Washington e a molte altre in tutto il Paese con i suoi stendardi e le cappe rosse ondeggianti al vento. Al suono della loro banda musicale, i membri della TFP americana hanno distribuito materiale informativo sulle ragioni per combattere l'aborto. La TFP Student Action è stata instancabile nelle sue campagne contro l'aborto nelle università, affrontando l’ira woke e femminista, ma ricevendo pure il sostegno di studenti di entrambi i sessi. Sostenuta da ferventi cattolici in tutto il Paese, la TFP americana e la sua campagna America Needs Fatima hanno promosso migliaia di rosari pubblici chiedendo di porre fine all'aborto.

    Post scriptum

    Questo articolo era già stato scritto quando è venuta alla luce l'intervista del pontefice argentino al giornalista Philip Pullella di Reuters. In essa, Papa Francesco ha ribadito la sua condanna dell'aborto. Tuttavia, alla domanda sulla decisione della Corte Suprema di rovesciare la Roe v. Wade, "Francesco ha detto di rispettare la decisione ma di non avere abbastanza informazioni per poterne parlare da un punto di vista giuridico"12.

    A proposito del solerte arcivescovo di San Francisco, che ha vietato a Nancy Pelosi di ricevere la comunione in arcidiocesi fino a quando non cambierà la sua posizione a favore dell'aborto, Papa Francesco ha rivolto una forte critica ma nessun rimprovero all'ostinata presidente della Camera, dicendo:

    "Quando la Chiesa perde la sua natura pastorale, quando un vescovo perde la sua natura pastorale, questo causa un problema politico", ha detto il Papa. "È tutto quello che posso dire"13.

    Nonostante le sue critiche all'aborto, l'intervista rafforza l'impressione che egli sia almeno a disagio, se non addirittura scontento, della sentenza della Corte Suprema. E la sua critica per la proibizione alla Nancy Pelosi di ricevere la comunione costituisce un ulteriore messaggio di sostegno al movimento abortista.

    San Paolo avverte: “Perciò chiunque in modo indegno mangia il pane o beve il calice del Signore, sarà reo del corpo e del sangue del Signore. Ciascuno, pertanto, esamini se stesso e poi mangi di questo pane e beva di questo calice; perché chi mangia e beve senza riconoscere il corpo del Signore, mangia e beve la propria condanna”14.

    Note

    1.   Nicole Winfield, “Pelosi receives Communion in Vatican amid abortion debate”, AP News, 29 giugno 2022, consultato il 30 giugno, 2022; John L. Allen, Jr.,Communion for Pelosi at the Vatican no surprise, but possibly a harbinger”, Crux, 30 giugno 2022, consultato il 1 luglio 2022.

    2.   Nicole Winfield, “Pelosi,” Ibid.

    3.   Mons. Salvatore Cordileone, “Full Text: Archbishop Cordileone’s Letter to Nancy Pelosi Banning Her From Holy Communion”, National Catholic Register, 20 maggio 2022, consultato il 30 giugno 2022.

    4.   Joseph Cardinal Ratzinger, Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, Worthiness to Receive Holy Communion: General Principles”, 1 luglio 2004, consultato il 1 luglio, 2022.

    5.   Nancy Pelosi, Speaker della Camera dei Deputati, “Pelosi Statement on Supreme Court Overturning Roe v. Wade”, Comunicato stampa del 24 giugno 2022, consultato il 30 giugno, 2022.

    6.   “Speaker Nancy Pelosi at Pride Brunch 2022”, San Francisco Bay Times, consultato il 29 giungo 2022.

    7.   Douglas Zimmerman, “Speaker of the House Nancy Pelosi on her parade float at San Francisco Pride on June 26, 2022” SFGATE, consultato il 30 giugno 2022.

    8.   Chris Johnson e Joey DiGuglielmo, “12 times Nancy Pelosi was there for LGBT community”, Washington Blade, 10 gennaio 2019, consultato il 30 giugno 2022.

    9.   Ryan Foley, “Nancy Pelosi claims drag queens are ‘what America is all about’ on RuPaul’s ‘Drag Race’”, The Christian Post, 14 giugno 2022, consultato il 1 luglio 2022.

    10.               Nicole Winfield, “Pelosi,” supra.

    11.               Dichiarazione della Pontificia Accademia per la Vita, 24 giugno 2022.

    12.               Philip Pullella, “Pope Francis denies he is planning to resign soon”, Reuters, 4 luglio 2022, consultato il 4 luglio 2022.

    13.               Ibid.

    14.              1 Cor. 11, 27-29, Bibbia Cei.

     

    Attribuzione immagine: Screenshot tratto dal video Pope Francis meets with Nancy Pelosi at the Vatican pubblicato sul canale youtube di Rome Reports in lingua inglese. 

     

    Fonte:Tfp.org,  6 luglio 2022. Traduzione a cura di Tradizione Famiglia Proprietà – Italia.

    © La riproduzione è autorizzata a condizione che venga citata la fonte.

  • Il modernismo, non l'ultramontanismo, è la "sintesi di tutte le eresie"

    Il seguente articolo è stato presentato a Rorate Caeli da José Antonio Ureta, co-fondatore della Fundación Roma(Cile) e consulente del progetto pro-vita e pro-famiglia Acción Familia. Studioso presso la Société Française pour la Défense de la Tradition, Famille et Propriété (Parigi), è autore di “Il cambio di Paradigma di Papa Francesco: continuità o rottura nella missione della Chiesa?” (Spring Grove, PA, 2018). Lo pubblichiamo nell'interesse di una discussione aperta su temi di grave importanza nella Chiesa.

     

     Apertura sessione Concilio Vaticano I, Incisione del 1870, BNE, La Ilustración Española y Americana (Manuel M. V.CC BY 2.0)

     

    di José A. Ureta

    Nei circoli tradizionalisti americani sta diventando di moda incolpare l'"ultramontanismo" per i mali che colpiscono il cattolicesimo oggi. Si suppone che Papa Francesco sia in grado di imporre un'agenda rivoluzionaria alla Chiesa a causa delle azioni degli ultramontani durante il Concilio Vaticano I. I detrattori di quest’ultimi ammettono che questi hanno trasformato in dogma l'insegnamento tradizionale della Chiesa sull'infallibilità papale e la giurisdizione universale, ma continuano a sostenere, in modo sbagliato, che gli ultramontani hanno corrotto l'obbedienza dei fedeli al papa in ossequio, avendo avvolto la sua persona in un'aura di esagerata venerabilità. Questo sviluppo avrebbe portato ad una centralizzazione e conseguente abuso di potere nella Chiesa. Per evitare la "papolatria" alimentata dagli ultramontani, alcuni autori suggeriscono di ripensare il papato nei termini del primo millennio, prima di San Gregorio VII, per quanto riguarda la nomina dei vescovi e l'esercizio del potere magisteriale del papa.[1]

    Questa accusa è apparsa recentemente in un articolo di Stuart Chessman intitolato "Ultramontanismo: la sua vita e la sua morte". Secondo l'autore, un certo "spirito del Vaticano I" ha portato le persone a interpretare le definizioni dogmatiche di quel Concilio ben oltre i limiti imposti dal testo. Ciò avrebbe inaugurato un "regime ultramontano" in cui "tutta l'autorità in materia di fede, organizzazione e liturgia venne centralizzata in Vaticano" e "l'obbedienza all'autorità ecclesiastica fu elevata ad una posizione centrale nella fede cattolica" con una corrispondente diminuzione dell'autorità episcopale. Un vescovo della corrente minoritaria anti-infallibilista commentò ironicamente: "Sono entrato (al Vaticano I) come vescovo e sono uscito come sacrestano".

    Il Trattato del Laterano e la creazione dello Stato del Vaticano, così come le nuove tecnologie di comunicazione, avrebbero aumentato l'importanza di questo elemento "ultramontano" nella vita della Chiesa. Tutto ciò ha avuto alcuni vantaggi - "si raggiunse una grande uniformità di credo e di pratica" - ma anche gravi inconvenienti, in primo luogo la burocratizzazione della Chiesa e la sua inevitabile conseguenza: mediocri vescovi manager che hanno smesso di essere "guide spirituali" capaci di convertire il mondo. Questa "strategia difensiva", "finalizzata all'unità a blocchi, al controllo centralizzato e alla subordinazione assoluta ai superiori", ebbe come risultato "un revival del cattolicesimo progressista". Quest'ultimo sarebbe nato "come [un sentimento di] frustrazione per la timida natura 'borghese' della testimonianza cattolica ultramontana e l'eccessiva conformità della Chiesa a questo mondo", e come reazione alle "restrizioni al discorso cattolico".

    Secondo la narrazione del signor Chessman, l'"ultramontanismo" si alleò in seguito a "forze progressiste interne" che si materializzarono al Concilio Vaticano II. Egli arriva ad affermare che: "La gestione del Concilio e la sua successiva attuazione furono veramente il più grande trionfo dell'ultramontanismo". I cambiamenti rivoluzionari imposti da Paolo VI incontrarono poca resistenza perché "i costumi e le tradizioni della Chiesa avevano probabilmente perso la loro presa su gran parte del mondo cattolico attraverso la comprensione ultramontana dell'obbedienza all'autorità e dell'aderenza alle regole legali come fonte della loro legittimità."

    A causa della crescita della corrente progressista – continua la narrazione - gli ultramontani non riuscirono a consolidare l'autorità del Romano Pontefice all'indomani del Vaticano II e in particolare dopo il rifiuto dell'enciclica Humanae Vitae. Tuttavia, Giovanni Paolo II intraprese un "revival neo-ultramontano" che enfatizzava l'infallibilità papale e trasformava il papa in una "specie di avvocato spirituale del mondo". A livello interno, tuttavia, e in particolare sotto Benedetto XVI, "il Vaticano funzionava sempre più come un mero centro amministrativo", portando la burocratizzazione della Chiesa ancora più in là e trasformandola in una "cloaca di carrierismo, incompetenza e corruzione finanziaria".

    L'elezione di Papa Francesco avrebbe comportato "un ritorno all'agenda progressista degli anni '60 insieme a un radicale revival dell'autoritarismo ultramontano". Usando "il linguaggio e le tecniche dell'ultramontanismo", il papa argentino "pone l'unità della Chiesa e l'inviolabilità del Concilio come valori assoluti" per ridurre al silenzio e opprimere i tradizionalisti. Quindi, "veramente il regime di Francesco può essere chiamato ultramontanismo totalitario!".

    In breve, per tali critici tradizionalisti, tutti i mali di cui soffre ora la Chiesa derivano dagli ultramontani, il cui grande errore fu quello di aver cercato "di raggiungere obiettivi spirituali attraverso l'applicazione di tecniche organizzative". Paradossalmente, l'ultramontanismo alla fine avrebbe raggiunto l'opposto di quanto si era proposto: "Un insieme di politiche che avrebbero dovuto assicurare la dottrina della Chiesa dai nemici interni e preservare la sua indipendenza dal controllo secolare ha invece facilitato la più grande crisi di fede nella storia della Chiesa insieme alla sua più abietta sottomissione al "potere temporale" - non quello dei monarchi come in passato, ma dei media, delle banche, delle ONG, delle università e, sempre più, dei governi "democratici" (inclusa la Cina!)".

    Da quanto riportato sopra, si potrebbe quasi dire che il "misterioso processo di autodemolizione" della Chiesa dovuto all'infiltrazione del "fumo di Satana", di cui parlava Paolo VI, nacque, si sviluppò e raggiunse il suo apice grazie all'ultramontanismo, la nuova sintesi di tutti i mali! Quale potrebbe essere la via d'uscita da questa crisi? L'autore dice che "l'uscita dal vicolo cieco ultramontano/progressista" richiede un tradizionalismo anti-ultramontano perché non si regge "sull'autorità del clero" ma "sull'impegno individuale dei laici" alla "pienezza della tradizione cattolica", nel rispetto della "libertà di coscienza del singolo credente".

    La costruzione intellettuale del signor Chessman soffre di due difetti. In primo luogo, egli attribuisce l'origine dell'attuale crisi della Fede a fattori puramente naturali - il modo in cui il potere papale è strutturato ed esercitato. La verità è che essa deriva da una crisi morale e religiosa che si è aggravata in tutto l'Occidente a partire dal Rinascimento e dal Protestantesimo, come il Prof. Plinio Corrêa de Oliveira ha acutamente analizzato in Rivoluzione e Controrivoluzione.[2]. Secondo, la teoria del sig. Chessman è antistorica.

    In articoli recenti, ho trattato brevemente l'errore che esiste nell'attribuire alla corrente ultramontana e a un cosiddetto "spirito del Vaticano I" l'espansione dell'autorità magisteriale e disciplinare del papa oltre i limiti stabiliti dalla costituzione dogmatica Pastor Aeternus.

    Nel primo articolo[3] ho mostrato come il massimo rappresentante dell'ultramontanismo, il cardinale Louis-Edouard Pie, avesse un concetto perfettamente equilibrato e non assolutista della monarchia papale e fosse un grande sostenitore dei concili provinciali e plenari. Nel secondo articolo [4] ho mostrato che Papa Leone XIII - ortodosso in dottrina ma liberale in politica - fu colui che iniziò ad esigere che i laici cattolici aderissero incondizionatamente al suo "Ralliement", sostenendo il regime repubblicano e massonico della Francia. Quelli che applaudivano all'imposizione dell'obbedienza incondizionata in materia politica erano i rappresentanti della corrente liberale che si era opposta alle definizioni dogmatiche del Vaticano I. Uno di questi prelati liberali, il cardinale Lavigerie, arrivò ad affermare: "L'unica regola di salvezza e di vita nella Chiesa è stare con il papa, con il papa vivente. Chiunque egli sia". Ho inoltre dimostrato che i rappresentanti dell'Ultramontanismo erano quelli che resistevano a quell'estensione abusiva dell'autorità e dell'obbedienza papale oltre i limiti definiti. Erano talmente consapevoli di questi limiti che, ancora nel XIX secolo, uno di loro sollevò la questione della possibilità teologica di un papa eretico.

    San Pio X fu un papa ultramontano e un grande ammiratore del cardinale Pie. Gli scritti del prelato francese lo ispirarono a scegliere "instaurare omnia in Christo" come motto del suo pontificato. Certo, Pio X esigeva piena obbedienza in materia di Fede e fu fermo nel denunciare e reprimere l'eresia. Scomunicò i leader modernisti e impose il giuramento antimodernista. Tuttavia, non abusò dell'autorità papale né cercò di imporre un pensiero uniforme in questioni in cui i cattolici hanno il diritto di formarsi un'opinione personale. Persino scusò i fratelli Scotton, proprietari di un giornale antimodernista, per il loro zelo nell'opporsi al cardinale Ferrari, arcivescovo di Milano, affermando che avevano usato un linguaggio eccessivo perché "per difendersi, stanno usando le stesse armi con cui sono stati colpiti."[5]

    Con il plauso della corrente liberale, i papi non ultramontani richiesero successivamente ai fedeli di obbedire alla loro agenda di stretta pacificazione con i poteri politici rivoluzionari. Questo iniziò con Benedetto XV. Nella sua prima enciclica (Ad Beatissimi Apostolorum), mise a tacere coloro che difendevano l'adesione senza riserve agli insegnamenti della Chiesa e la loro applicazione nella società, etichettandoli come "integralisti". Lo fece "per sedare i dissensi e le lotte di qualsiasi tipo tra i cattolici e impedire che ne sorgano di nuovi, affinché tutti siano uniti nel pensiero e nell'azione".

    A tale fine, tutti dovevano allinearsi alla Santa Sede:

    “Ogni volta che la legittima autorità ha dato un chiaro comando, nessuno trasgredisca quel comando, perché non gli capita di commuoversi; ma ciascuno sottoponga la propria opinione all'autorità di colui che è il suo superiore, e gli obbedisca come una questione di coscienza. Ancora, nessun individuo privato, sia nei libri che nella stampa o nei discorsi pubblici, prenda su di sé la posizione di un autorevole maestro nella Chiesa. Tutti sanno a chi è stata data da Dio l'autorità di insegnamento della Chiesa: egli, quindi, possiede un perfetto diritto di parlare come vuole e quando lo ritiene opportuno. Il dovere degli altri è di ascoltarlo con riverenza quando parla e di eseguire ciò che dice” [6].

    Erano ammesse opinioni divergenti in materie diverse dalla fede e dalla morale, come l'azione politica laica cattolica o l'approccio giornalistico da adottare nei confronti del modernismo, purché il papa non avesse dato la propria linea: “Riguardo poi a quelle cose delle quali — non avendo la Sede Apostolica pronunziato il proprio giudizio — si possa, salva la fede e la disciplina, discutere pro e contro, è certamente lecito ad ognuno di dire la propria opinione e di sostenerla.”[7] Un'applicazione pratica di questa restrizione al dibattito fu sottomettere il giornale di proprietà dei fratelli Scotton allo stretto controllo del vescovo di Vicenza, invertendo la loro libertà di opinione che San Pio X aveva garantito [8].

    Il successore di Benedetto XV, Pio XI - che apparteneva alla stessa corrente non-ultramontana - arrivò a scomunicare gli abbonati del giornale monarchico Action Française a causa delle opinioni agnostiche del suo direttore Charles Maurras [9]. (Sarebbe come se Papa Francesco scomunicasse i lettori di Breitbart o Fox News per aver sostenuto le politiche anti-immigrazione). Tolse persino il cappello cardinalizio al gesuita Louis Billot, uno dei più grandi teologi del ventesimo secolo, per aver espresso opposizione a quel provvedimento [10].

    […]

    Colui che mise in guardia sul pericolo di una "strumentalizzazione" del Magistero non fu un liberale anti-ultramontano ma una figura di spicco della Scuola Romana (la roccaforte di ciò che restava dell'ultramontanismo nel mondo accademico). In un articolo pubblicato su L'Osservatore Romano il 10 febbraio 1942, mons. Pietro Parente denunciava "la strana identificazione della Tradizione (fonte della Rivelazione) con il Magistero vivente della Chiesa (custode e interprete della Parola divina)" [11]. Se Tradizione e Magistero sono la stessa cosa, allora la Tradizione cessa di essere il deposito immutabile della Fede e varia secondo l'insegnamento del papa regnante.

    Tutto ciò dimostra che incolpare l'ultramontanismo dell’errore d’identificare la Tradizione con il Magistero vivente e di voler imporre un pensiero uniforme in questioni non dogmatiche è storicamente fuori luogo. È stata la corrente liberal-progressista a farlo. Coloro che sostenevano di essere gli eredi dell'ultramontanismo resistettero a lungo in questo periodo ai tentativi di costringerli ad accettare la politica liberale del papa di mano tesa al mondo.

    Il centralismo e l'autoritarismo ora imputati all'ultramontanismo non erano un frutto del Vaticano I o del suo cosiddetto "spirito", bensì il frutto del liberalismo infiltrato nella Chiesa. Come spiega Plinio Corrêa de Oliveira: "Il liberalismo non è interessato alla libertà per il bene. È interessato solo alla libertà per il male. Quando è al potere, limita facilmente e il più possibile, persino con gioia, la libertà per il bene. Ma in molti modi, protegge, favorisce e promuove la libertà per il male"[12]. Proprio come i liberali denunciarono "la Bastiglia" prima della Rivoluzione francese, ma imposero il Terrore una volta al potere, i liberali cattolici e i modernisti denunciarono il presunto autoritarismo del Beato Pio IX e di San Pio X. Tuttavia, non appena essi presero le più alte posizioni nella Chiesa, imposero una rigida obbedienza al loro programma di abbracciare il mondo anche in questioni strettamente politiche che non riguardavano materia di Fede e Morale.

    Un'altra inesattezza storica del signor Chessman è la presunta alleanza tra ultramontanismo e progressismo al Concilio Vaticano II. Giuseppe Angelo Roncalli non era un ultramontano ma, in gioventù, un simpatizzante del modernismo. Aprendo l'assemblea conciliare, Giovanni XXIII scorticò i "profeti di sventura", riferendosi proprio agli ultramontani. Tutti gli storici di quel Concilio ritengono che ci fu uno scontro tra la minoranza progressista e quella conservatrice, con la prima che riuscì gradualmente a tirare dalla sua parte la vasta maggioranza moderata. La manciata di prelati dallo spirito ultramontano, riuniti nel Coetus Internationalis Patrum, furono quelli che più lavorarono per includere nei testi conciliari le verità tradizionali opposte alle novità moderniste. Il beato Pio IX deve essersi rivoltato nella tomba mentre il Vaticano II approvava l'introduzione di una "doppia" autorità suprema nella Chiesa, implicita nella teoria della collegialità. Come si può pretendere che "la gestione del Concilio e la sua successiva attuazione siano state veramente il più grande trionfo dell'ultramontanismo"?

    Non c'è dubbio che il pontificato di Giovanni Paolo II fu un primo tentativo di dare alle novità del Concilio un'interpretazione moderata sulla falsariga di quella che fu poi definita "ermeneutica della continuità". I suoi sostenitori hanno difeso questa posizione moderata appellandosi principalmente all'immagine mediatica di celebrità del pontefice romano (P. Chad Ripperger lo ha chiamato "magisterialismo" [13]). Tuttavia, non ha senso caratterizzare questa offensiva moderata come un "revival ultramontano". Giovanni Paolo II è l'autore di Ut Unum Sint. Questa enciclica intendeva "trovare una forma di esercizio del primato che, pur non rinunciando in nessun modo all'essenziale della sua missione, si apra ad una situazione nuova” cercando di esaudire “l'aspirazione ecumenica della maggior parte delle Comunità cristiane” [14]. Questa aspirazione era esattamente l’opposto di quanto avevano ottenuto gli ultramontani nel Concilio Vaticano I: il dogma del primato di giurisdizione del papa - che le comunità cristiane eretiche e scismatiche rifiutano.

    Come prima accennato, uno degli errori dell'articolo del signor Chessman è quello di attribuire l'origine dell'attuale crisi della Fede ad un fattore puramente naturale: l'esercizio burocratico e centralizzato dell'autorità papale. La crescente centralizzazione del potere papale nelle mani di papi non-ultramontani e persino anti-ultramontani (Leone XIII, Benedetto XV, Pio XI, e dei papi conciliari) non è la ragione per cui la crisi della Fede si è aggravata alla fine del XIX secolo e per tutto il XX secolo. La crisi è derivata ed è stata aggravata dalla penetrazione dei putrefatti miasmi liberali del mondo nella Chiesa cattolica. La mentalità della modernità è nata dalla rivoluzione anticristiana e ha iniziato a dominare la vita culturale, intellettuale e politica dell'Occidente dal Rinascimento in poi. La Chiesa fu spinta ad adattarsi al nuovo mondo emergente, soprattutto a partire dal XIX secolo. "Non si tratta di scegliere tra i principi del 1789 e i dogmi della religione cattolica", esclamò il duca Albert de Broglie, uno dei leader del blocco cattolico liberale, "ma di purificare i principi con i dogmi e far camminare entrambi fianco a fianco. Non si tratta di confrontarsi in un duello, ma di fare la pace."[15].

    Tale infiltrazione di errori rivoluzionari nella Chiesa raggiunse il suo culmine con il modernismo, il quale professa che i dogmi della Fede devono adattarsi all'esperienza religiosa in evoluzione dell'umanità e che il culto debba evolversi secondo gli usi e i costumi di ogni epoca. Pio IX e Pio X emisero condanne esplicite contro ogni tentativo di conciliare la Chiesa con gli errori moderni. Esortarono i cattolici ad affrontare coraggiosamente quella che San Pio X chiamò "la sintesi di tutte le eresie". Questa opposizione li rese modelli di un papato ultramontano. Tuttavia, i loro successori furono meno energici e persino concilianti. Con Giovanni XXIII e l'apertura del Concilio Vaticano II, la posizione ultramontana e antiliberale di lotta contro la modernità e i suoi errori fu ufficialmente abbandonata e sostituita da un atteggiamento di benevolo dialogo e sottomissione al mondo moderno.

    Come i modernisti del ventesimo secolo, Papa Francesco cerca apertamente di adattare la Chiesa ai "cambiamenti antropologici e culturali". Secondo lui, l'impulso divino presente nel progresso dell'umanità giustifica i cambiamenti di oggi. Egli attribuisce questi impulsi e le nuove dinamiche dell'azione umana all'azione divina: "Dio si manifesta nella rivelazione storica, nella storia.... Dio è nella storia, neiprocessi"[16], afferma. Aveva ragione Eugenio Scalfari, l'agnostico fondatore de La Repubblica, quando titolava il suo articolo sulla Laudato Si': “Francesco Papa Profeta che incontra la Modernità[17]". Gli applausi dei leader moderni per le dichiarazioni e le iniziative dell'attuale papa confermano questa valutazione.

    Il papa attuale e alcuni predecessori hanno abusato dell'autorità papale per portare avanti l'agenda modernista di riconciliare la Chiesa con il mondo rivoluzionario. Questo non li rende papi ultramontani. I prelati carrieristi che hanno gestito le loro diocesi come mediocri funzionari pubblici ignorando l'infiltrazione di errori modernisti tra i fedeli - errori con i quali simpatizzano - non sono stati neppure loro ultramontani. I chierici e i fedeli che hanno sposato gli errori modernisti non l’hanno fatto per un falso concetto di obbedienza, bensì perché impregnati dello spirito liberale e rivoluzionario del mondo.

    […]

    Incolpare l'ultramontanismo per l'attuale crisi della Chiesa e ignorare il ruolo fondamentale del modernismo nella sua gestazione e nel suo cammino verso il parossismo è come incolpare una diga di essere incapace di resistere a un'inondazione, mentre si discolpano le acque spumeggianti e furiose che la stanno stravolgendo.

    […]

    Paradossalmente, un articolo di denuncia del "totalitarismo ultramontano" è apparso per la prima volta sul blog di una società creata per onorare Sant'Ugo di Cluny. Egli fu il grande consigliere dei papi San Leone IX, Nicola II e soprattutto del grande San Gregorio VII. Quest'ultimo, suo confratello cluniacense, elevò l'autorità papale al suo apice. Egli ristabilì la disciplina interna della Chiesa con la riforma gregoriana. Per quanto riguarda l'investitura dei vescovi e degli abati, affermò vittoriosamente la supremazia papale sull'autorità civile. Sant'Ugo era con san Gregorio VII al famoso episodio di Canossa, che gli storici rivoluzionari considerano il punto di partenza dell'ultramontanismo.

    Gli atteggiamenti poco diplomatici del legato di San Leone IX fecero infuriare i greci e favorirono lo scisma d'Oriente. Gli scandalosi stili di vita dei papi rinascimentali fecero infuriare i tedeschi e favorirono l'eresia di Lutero. Oggi, gli insegnamenti palesemente erronei e le azioni a-pastorali di Papa Francesco non devono suscitare una rabbia emotiva nelle sue vittime. Mentre i cattolici possono legittimamente nutrire riserve dottrinali e resistere a un occupante imprevedibile del trono di Pietro, essi non devono mai soccombere alla tentazione di avere riserve sul papato stesso. Queste sono sempre illegittime. Imitiamo i monarchici francesi durante la Restaurazione, che, nonostante la politica liberale di Luigi XVIII - che favoriva bonapartisti e repubblicani e perseguitava i difensori del trono - gridavano: "Vive le roi, quand même!" in altre parole, "Nonostante tutto, lunga vita al re!"

    L'attuale eclissi del papato è probabilmente la più drammatica nella storia bimillenaria della Chiesa. La crisi ci impone di aumentare il nostro amore per questa istituzione terrena, la più santa di tutte. Gesù Cristo l'ha stabilita come chiave di volta della Sua Chiesa e l'ha dotata del potere delle chiavi, il più tremendo e sacro potere che lega il cielo e la terra.

     

    NOTE 

    [1] Eric Sammons,Rethinking the Papacy, Crisis Magazine, 28 settembre 2021.

    [2] Plinio Corrêa de Oliveira, Revolution and Counter-Revolution, terza edizione. (Spring Grove, Penn.: The American Society for the Defense of Tradition, Family, and Property, 1993).

    [3] José Antonio Ureta,Understanding True UltramontanismOnePeterFive, 12 ottobre 2021.

    [4] José Antonio Ureta,Leo XIII: The First Liberal Pope Who Went Beyond His AuthorityOnePeterFive, 19 ottobe 2021.

    [5] Romana beatificationis et canonizationis servi Dei Papae Pii X disquisitio circa quasdam obiectiones modum agendi servi Dei respicientes in modernismi debellationem, Typis poliglottis Vaticanis 1950 (redatta dal cardinale Ferdinando Antonelli), 178, in Roberto de Mattei, “Modernismo e antimodernismo nell’epoca di Pio X”, in Don Orione negli anni del modernismo, 60. 

    [6] Benedetto XV, enciclica Ad Beatissimi Apostolorum, 1 novembre 1914, n°22. 

    [7] Ibid., n° 23.

    [8] Giovanni Vian,Il modernismo durante il pontificato di Benedetto XV, tra riabilitaziioni e condanne.

    [9] Taming the Action—II The DecreeRorate Caeli, 21 gennaio 2012.

    [10] Vedi Peter J. Bernardi, S.J.,Louis Cardinal Billot, S.J. (1846–1931): Thomist, Anti-Modernist, IntegralistJournal of Jesuit Studies, 8, 4 (2021): 585-616.

    [11] Pietro Parente, Supr. S. Congr. S. Officii Decretum 4 febr. 1942 —Annotationes, Periodica de Re Morali, Canonica, Liturgica 31 (Febbraio 1942): 187 [l’originale fu pubblicato come “Nuove tendenze teologiche”, L’Osservatore Romano, 9-10 febbraio 1942].

    [12] Corrêa de Oliveira, Revolution and Counter-Revolution, 52.

    [13] Chad Ripperger,Operative Points of ViewChristian Order (Marzo 2001).

    [14] Giovanni Paolo II, enciclica Ut Unum Sint (25 maggio 1995), n° 95.

    [15] Albert de BroglieQuestions de religion et d’histoire, (Paris: Michel Lévy Frères, 1860), 2:199.

    [16] Antonio Spadaro, S.J.,A Big Heart Open to God: An Interview With Pope FrancisAmerica, 30 settembre 2013.

    [17] Eugenio Scalfari,Francesco, papa profeta che incontra la modernitàLa Repubblica, 1 luglio 2015.

     

    Fonte: Rorate Caeli, 20 Gennaio 2022. Traduzione a cura di Tradizione Famiglia Proprietà – Italia

    © La riproduzione è autorizzata a condizione che venga citata la fonte.

  • Il Papa e la Cina: un grave errore di prospettiva

     

     

    di Stefano Fontana

    Continua la pubblicazione “a pezzi” della intervista che papa Francesco ha rilasciato alla Reuters, rispondendo alle domande del corrispondente Philiph Pullella. La “puntata” del 5 luglio riguardava la Cina. Francesco si è augurato che l’accordo segreto tra il Vaticano e il governo comunista cinese, firmato nel 2018 e in scadenza nel prossimo ottobre, venga rinnovato, dato che finora, secondo lui, è andato bene (valutazione analoga ha espresso il portavoce del ministero degli Esteri, Zhao Lijian).

    Francesco si è quindi abbandonato ad una valutazione storica sulla politica diplomatica di apertura verso i governi comunisti che la Santa Sede ha portato avanti dagli anni Sessanta del secolo scorso in poi, la cosiddetta Ostpolitik, lodandola e apprezzandone i risultati. Queste le sue parole di compiacimento: “In tanti hanno detto tante cose contro Giovanni XXIII, contro Paolo VI, contro Casaroli… ma la diplomazia è così. Di fronte ad una situazione chiusa bisogna cercare il possibile, non l’ideale, la diplomazia è l’arte del possibile e di rendere reale il possibile. La Santa Sede ha sempre avuto questi grandi uomini. Ma questo con la Cina lo fa Parolin”.

    Queste affermazioni cozzano ampiamente sia contro le notizie che arrivano dalla Cina, sia contro la valutazione degli esiti della Ostpolitik. A proposito del primo ambito possiamo fare un esempio recentissimo. Come riportato nei giorni scorsi dall’agenzia AsiaNews, il 29 giugno scorso, è stato celebrato nella cattedrale di Leshan (nello Sichuan) l’anniversario della fondazione del Partito Comunista Cinese. Ha partecipato alla celebrazione il vescovo Lei Shiyin, il quale nella sua omelia ha invitato i fedeli ad “ascoltare la parola del Partito, sentire la grazia del Partito e seguire il Partito".
    L’agenzia informa che Monsignor Lei, dopo essere stato ordinato sacerdote senza mandato pontificio nel 2011, è stato accusato di avere un’amante e figli ed è stato scomunicato; nel 2018 papa Francesco ha revocato la scomunica. La Bussola ha più volte informato sulle grandi difficoltà dei cattolici cinesi davanti al progetto tendente a rendere le religioni organi di Stato (vedi qui). Non si riesce a comprendere in cosa possa consistere il successo della Ostpolitik del cardinale Parolin in Cina.

    Ancora meno si riesce a capire in cosa sia consistito il successo della Ospolitik firmata Casaroli. Nel 1974, Casaroli, ministro degli esteri vaticano dal 1967, si era recato in visita a Cuba. In quella occasione aveva rilasciato le seguenti dichiarazioni:  “I cattolici che vivono a Cuba sono felici sotto il regime socialista": "i cattolici e, in generale, il popolo cubano, non hanno la sia pur minima difficoltà con il governo socialista"; "i cattolici dell’isola sono rispettati nelle loro credenze come tutti gli altri cittadini""la Chiesa cattolica cubana e la sua guida spirituale cercano sempre di non creare problemi di nessun tipo al regime socialista che governa l’isola".

    A ben vedere, anche l’attuale linguaggio del Vaticano nei confronti del regime comunista cinese è dello stesso tenore. Non si sa se, nell’accordo segreto, una clausola imponga al Vaticano di non criticare Pechino – la cosa è altamente probabile – si sa però con certezza che il Vaticano non lo fa. Da quando è in vigore l’accordo segreto non si sono sentite parole di condanna o almeno di critica verso le politiche lesive dei diritti umani in Cina, quei diritti umani davanti ai quali Giovanni Paolo II aveva solennemente dichiarato: “Ci alzeremo in piedi!”.
    Non solo però il Vaticano si astiene dalle critiche, si effonde anche in lodi, proprio come Casaroli a Cuba. Tutti ricordiamo che l’arcivescovo Sánchez Sorondo, dal Vaticano, proprio nel 2018, anno dell’accordo segreto, affermava che “quelli che realizzano meglio la dottrina sociale della Chiesa sono i cinesi".

    Quando Casaroli pronunciava quelle falsità diplomatiche sulla situazione dei cattolici a Cuba, si poteva pensare che il comunismo cubano fosse compatibile con la religione cattolica. Lo stesso si può pensare oggi del comunismo cinese. La Ostpolitik di ieri e di oggi promuove il comunismo, presentandolo senza macchia.

    Quando nel 1971 il cardinale Willebrands andò in Ucraina, allora Unione Sovietica, per incontrare il Primate ortodosso Pimen, dovette accettare la sua dichiarazione di nullità dell’atto con cui, nel 1595, gli ucraini erano ritornati dallo scisma alla Chiesa cattolica. Ne valeva la pena? Ed è valsa la pena non ascoltare i motivi di dissenso del cardinale Slipyj al sinodo dei vescovi del 1971? O destituire nel 1974 il cardinale Mindszenty dall’arcidiocesi di Esztergom, per facilitare l’avvicinamento al governo comunista ungherese? É valsa la pena accettare di non dire una parola sul comunismo durante il Concilio senza però poter nemmeno evitare che i servizi segreti sovietici facessero base stabile a Roma, influenzassero perfino le discussioni dei Padri e architettassero la campagna denigratoria verso il cardinale Wyszynski (come ricorda George Weigel nelle sue biografie su Giovanni Paolo II)?

    Giovanni Paolo II mantenne Casaroli agli esteri fino al 1990, ma portò avanti una propria Ostpolitik, molto diversa. Per il secondo il sistema sovietico sarebbe durato sempre e bisognava conviverci. Per il primo era l’incarnazione del male e bisognava contrastarlo. Il crollo del 1989 e del 1991 ha dato ragione al papa polacco. Anche del regime comunista cinese non bisogna pensare che durerà sempre, come sembra prevedere la nuova Ostpolitik vaticana.

     

    Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 7 luglio 2022.

    • Il primato dell’Adorazione (1/5)

       

       

      di José Antonio Ureta

      La necessità di un esame accurato

      Negli ambienti tradizionalisti, i commenti all'Esortazione apostolica Desiderio Desideravi si sono finora limitati a deplorare la reiterazione della tesi che la Messa di Paolo VI sia l'unica forma del rito romano e a negare che il nuovo Ordinario della Messa sia una traduzione fedele dei desideri di riforma espressi dai Padri conciliari nella Costituzione Sacrosantum Concilium.

      Nessuna critica teologica ai principi sviluppati da Papa Francesco nella sua meditazione sulla liturgia è giunta tra le mie mani (o, piuttosto, nello schermo del mio computer). Noto anche con preoccupazione che alcuni articoli, pur condannando i due difetti di Desiderio Desideravi sopra citati, lasciano intendere che se i suoi principi e alcuni commenti del Papa fossero messi in pratica nelle parrocchie, il risultato sarebbe positivo. «In effetti, gran parte delle raccomandazioni liturgiche di Papa Francesco potrebbero essere lette come una bandiera di battaglia per il tradizionalismo liturgico», scrive un importante leader tradizionalista, che aggiunge, dopo aver citato alcune parti dell'esortazione sulla ricchezza del linguaggio simbolico: «Se i responsabili liturgici diocesani prendessero sul serio queste affermazioni, assisteremmo a una trasformazione universale della liturgia cattolica in senso tradizionale» [1]. I sacerdoti della diocesi di Versailles che celebrano nelle due forme del rito romano e che animano il Fatherblog hanno affermato, da parte loro, che «molti elementi della lettera hanno in comune elementi che non sono specifici del messale del 1962 o del messale del 1970», per concludere che «il meglio del messale di San Pio V troverà naturalmente il suo posto nell'approfondimento liturgico richiesto dal Santo Padre» [2]. Il cappellano della Messa tradizionale che frequento regolarmente (appartenente a una comunità Ecclesia Dei) sembra essere dello stesso parere, poiché alla fine di una recente predica ha suggerito di trascurare l'avversione per il paragrafo 31 di Desiderio Desideravi e di approfittare delle vacanze estive europee per nutrirsi spiritualmente leggendo il documento papale.

      Temendo che questo atteggiamento benevolo si diffonda negli ambienti tradizionalisti, intendo mostrare nei paragrafi seguenti le deviazioni dottrinali che, a mio modesto parere, irrorano le meditazioni di Papa Francesco sulla liturgia, deviazioni che derivano dal nuovo orientamento teologico assunto nella costituzione Sacrosantum Concilium del Concilio Vaticano II. Lo farò confrontando la visione della liturgia insegnata nell'ultimo documento preconciliare sull'argomento, cioè l'enciclica Mediator Dei di Pio XII, con quella che emerge da Desiderio Desideravi. La conclusione sarà che quest'ultimo merita almeno la critica che il cardinale Giovanni Colombo fece alla Gaudium et Spes, e cioè che «questo testo ha tutte le parole giuste; sono gli accenti che sono fuori posto» [3]. Purtroppo, ciò che i lettori traggono dal recente testo del papa sono più gli accenti sbagliati che le parole giuste....

      Il confronto tra la visione di Pio XII e quella di Francesco si concentrerà su quattro punti specifici: la finalità del culto liturgico, il mistero pasquale come centro della celebrazione, il carattere memoriale della Santa Messa e, infine, la presidenza dell'assemblea liturgica.

      La finalità del culto liturgico

      Mediator Dei [4] stabilisce con solare chiarezza che il culto cattolico ha due scopi principali che si intrecciano e si sostengono a vicenda: la gloria di Dio e la santificazione delle anime. Ma, evidentemente, il primato spetta all'omaggio reso al Creatore.

      Dopo aver spiegato che «Il dovere fondamentale dell'uomo è certamente quello di orientare verso Dio sé stesso e la propria vita» (n°. 18), riconoscendoGli la suprema maestà e rendendoGli «mediante le virtù della religione, il debito culto» (n. 19), Pio XII ricorda che la Chiesa fa questo continuando la funzione sacerdotale di Gesù Cristo (n. 5) e conclude con la seguente definizione: «La sacra Liturgia è pertanto il culto pubblico che il nostro Redentore rende al Padre, come Capo della Chiesa, ed è il culto che la società dei fedeli rende al suo Capo e, per mezzo di Lui, all'Eterno Padre: è, per dirla in breve, il culto integrale del Corpo mistico di Gesù Cristo, cioè del Capo e delle sue membra».

      Anche il fine secondario (e anzi primario da un altro punto di vista) della santificazione delle anime ha come fine ultimo la gloria di Dio: «Tale è l'essenza e la ragione d'essere della sacra Liturgia: essa riguarda il Sacrificio, i Sacramenti e la lode di Dio; l'unione delle nostre anime con Cristo e la loro santificazione per mezzo del Divin Redentore, perché sia onorato Cristo, e per Lui ed in Lui la Santissima Trinità: Gloria al Padre, al Figliolo e allo Spirito Santo» (n. 215).

      Sotto l'influenza dei teologi del cosiddetto "movimento liturgico", le cui idee furono raccolte nella Sacrosantum Concilio, questo rapporto tra la glorificazione di Dio e la santificazione delle anime nella liturgia fu invertito. Lo spiega in modo molto pedagogico il teologo gesuita P. Juan Manuel Martín-Moreno nei suoi Apuntes de Liturgia [5] per il corso che tenne alla Pontificia Università di Comillas (della Compagnia di Gesù) negli anni 2003-2004:

      «All'atto liturgico è sempre stata riconosciuta una duplice dimensione. Da un lato ha come obiettivo la glorificazione di Dio (dimensione ascensionale o anabatica) e dall'altro la salvezza e la santificazione degli uomini (dimensione discensionale o catabatica) (...).

      «La teologia liturgica prima del Vaticano II si basava sul concetto di culto concepito in modo anabatico. La liturgia era innanzitutto la glorificazione di Dio, l'adempimento dell'obbligo della Chiesa, in quanto società perfetta, di adorare Dio in pubblico e quindi di attirare le benedizioni di Dio.

      «Per il Vaticano II, invece, la dimensione discendente ha la precedenza. La Trinità divina si manifesta nell'Incarnazione e nella Pasqua di Cristo. Il Padre, donando nell'Incarnazione il suo Figlio al mondo e il suo Spirito nella pienezza della Pasqua, ci comunica la sua comunione trinitaria come un dono. Questo doppio dono della Parola e dello Spirito ci viene dato nel servizio liturgico per la nostra liberazione e santificazione (...).

      «La concezione anabatica della liturgia era incentrata sul servizio dell'uomo a Dio, mentre la concezione catabatica si concentra sul servizio offerto da Dio all'uomo. La critica al culto, inteso come servizio dell'uomo a Dio, si basa sul fatto che Dio non ha realmente bisogno di tali servizi da parte dell'uomo (...).

      «Se la liturgia fosse fondamentalmente culto, sarebbe superflua. Ma se la liturgia è il modo in cui l'uomo può entrare in possesso della salvezza di Dio, il modo in cui l'azione salvifica diventa realmente presente qui e ora per l'uomo, è chiaro che l'uomo ha ancora bisogno della liturgia» [6].

      Infatti, la dimensione catabatica ha anche lo scopo anabatico di condurre le persone a Dio e di farle glorificare. Ma nella Desiderio desideravi [7], Papa Francesco sottolinea quasi esclusivamente questa concezione primariamente catabatica della liturgia e lascia in ombra la glorificazione di Dio, che per Pio XII è il suo elemento primario.

      La sua meditazione inizia con le parole iniziali del racconto dell'Ultima Cena - «Ho tanto desiderato mangiare questa Pasqua con voi(Lc 22,15)» - sottolineando che esse ci danno «la sorprendente possibilità di intuire la profondità dell’amore delle Persone della Santissima Trinità verso di noi» (n° 2). «Il mondo ancora non lo sa, ma tutti sono invitati al banchetto di nozze dell’Agnello (Ap 19,9) (n. 5)», aggiunge il pontefice. Tuttavia, «Prima della nostra risposta al suo invito – molto prima – c’è il suo desiderio di noi: possiamo anche non esserne consapevoli, ma ogni volta che andiamo a Messa la ragione prima è perché siamo attratti dal suo desiderio di noi». (n° 6). La liturgia, dunque, è innanzitutto il luogo dell'incontro con Cristo, perché «La Liturgia ci garantisce la possibilità di tale incontro» (n. 11).

      Il senso catabatico e discendente della liturgia - entrare in possesso della salvezza - è molto ben sottolineato. Ma il fatto, messo in rilievo da Pio XII nel testo già citato, che la prima funzione sacerdotale di Cristo è quella di adorare il Padre Eterno in unione con il suo Corpo Mistico, è stato completamente omesso.

      Questa unilateralità è rafforzata in un altro paragrafo che tratta specificamente l'aspetto anabatico ascendente, cioè la glorificazione della divinità da parte dei fedeli riuniti. Questo testo insinua che la gloria di Dio è secondaria, in quanto non aggiunge nulla a ciò che già possiede in cielo, mentre ciò che è veramente importante è la sua presenza sulla terra e la trasformazione spirituale che essa produce: «La liturgia dà gloria a Dio non perché noi possiamo aggiungere qualcosa alla bellezza della luce inaccessibile nella quale Egli abita (cfr. 1Tm 6,16) o alla perfezione del canto angelico che risuona eternamente nelle sedi celesti. La Liturgia dà gloria a Dio perché ci permette, qui, sulla terra, di vedere Dio nella celebrazione dei misteri e, nel vederlo, prendere vita dalla sua Pasqua: noi, che da morti che eravamo per le colpe, per grazia, siamo stati fatti rivivere con Cristo (cfr. Ef 2,5), siamo la gloria di Dio» (n. 43).

      Le parole sono giuste, perché è vero che l'uomo aggiunge a Dio una gloria che è solo "accidentale", ma è stato Dio stesso a volerla ricevere da lui quando lo ha creato. Ma gli accenti, con la loro unilateralità, inducono i fedeli in una posizione sbagliata, che facilmente degenera nel culto del vitello d'oro, cioè «in una festa che la comunità offre a sé stessa, e nella quale si conferma», atteggiamento denunciato a suo tempo dall'allora cardinale Joseph Ratzinger [8].

       

      Note

      [1] https://onepeterfive.com/pope-francis-liturgical-longing/

      [2] https://www.la-croix.com/Debats/Au-dela-querelles-liturgiques-pape-nous-fait-contempler-souffle-doit-habiter-toute-liturgie-2022-07-06-1201223716

      [3] http://chiesa.espresso.repubblica.it/articolo/1347506.html

      [4] Le citazioni dell'enciclica e la loro numerazione corrispondono alla versione pubblicata sul sito web della Santa Sede: https://www.vatican.va/content/pius-xii/es/encyclicals/documents/hf_p-xii_enc_20111947_mediator-dei.html

      [5] https://www.academia.edu/34752512/Apuntes_de_Liturgia.doc

      [6] Op. cit., p. 47-48.

      [7] Le citazioni dell'esortazione apostolica e la numerazione corrispondono alla versione pubblicata sul sito web della Santa Sede: https://www.vatican.va/content/francesco/es/apost_letters/documents/20220629-lettera-ap-desiderio-desideravi.html

      [8] Joseph Ratzinger, El Espíritu de la liturgia – Una introducción, Eds. Cristiandad, Madrid, 2001, p. 43.

      Attribuzione immagine: By Fczarnowski - Own work, CC BY-SA 3.0, Wikimedia

       

      Fonte: Onepeterfive, 8 agosto 2022. Traduzione a cura di Tradizione Famiglia Proprietà – Italia.

      © La riproduzione è autorizzata a condizione che venga citata la fonte.

    • Il significato e le conseguenze della Consacrazione del 25 marzo

       

       

      di Roberto de Mattei

      Qual è il significato e quali saranno le conseguenze della consacrazione della Russia e dell’Ucraina al Cuore Immacolato di Maria fatta da papa Francesco in San Pietro il 25 marzo 2022?

      Nell’apparizione del 13 luglio 1917 a Fatima la Madonna aveva annunciato ai tre pastorelli: «Verrò a chiedere la consacrazione della Russia al mio Cuore Immacolato e la comunione riparatrice nei primi sabati». In una successiva rivelazione privata a suor Lucia, avvenuta il 13 giugno 1929 nel monastero di Tuy, la Madonna aveva detto che «è giunto il momento in cui Dio chiede al Santo Padre che faccia, in unione con tutti i vescovi del mondo, la consacrazione della Russia al mio Cuore Immacolato, promettendo in questo modo di salvarla». 

      Né Pio XI, né i suoi successori, accolsero questa richiesta, se non parzialmente. Pio XII consacrò nel 1952 la Russia al Cuore Immacolato di Maria, ma senza unire al suo atto i vescovi del mondo. Giovanni Paolo II nel 1984 usò il neologismo “affidamento” invece del termine consacrazione e non menzionò specificamente la Russia. Le modalità richieste dalla Madonna sono invece tutte presenti nell’atto di papa Francesco, che ha pronunciato le seguenti parole: «Noi, dunque, Madre di Dio e nostra, solennemente affidiamo e consacriamo al tuo Cuore immacolato noi stessi, la Chiesa e l’umanità intera, in modo speciale la Russia e l’Ucraina. Accogli questo nostro atto che compiamo con fiducia e amore, fa’ che cessi la guerra, provvedi al mondo la pace. Il sì scaturito dal tuo Cuore aprì le porte della storia al Principe della pace; confidiamo che ancora, per mezzo del tuo Cuore, la pace verrà. A te dunque consacriamo l’avvenire dell’intera famiglia umana, le necessità e le attese dei popoli, le angosce e le speranze del mondo». 

      L’aggiunta dell’Ucraina alla Russia è perfettamente legittima, anche perché Kiev è la culla della civiltà russa e l’Ucraina nel 1917 faceva parte della Russia. L’uso del termine “solennemente” conferisce poi particolare importanza all’atto del Santo Padre, che è stato compiuto in San Pietro, all’interno di una austera cerimonia penitenziale. Al centro della basilica non era il Papa, ma la statua della Madonna di Fatima, con la corona sul capo e un rosario tra le mani, davanti all’altare della Confessione illuminato a giorno. Chi temeva momenti di dissacrazione o di allontanamento dagli usi e dalle tradizioni della Chiesa ha dovuto ricredersi. Papa Francesco ha compiuto questo atto circondato da cardinali, vescovi, rappresentanti del mondo diplomatico, sacerdoti, religiosi, religiose e semplici fedeli: una porzione qualificata, quasi un microcosmo del mondo cattolico. In quello stesso momento, in tutto il mondo, migliaia di vescovi e di sacerdoti si sono uniti alle parole della consacrazione. Le guardie svizzere immobili attorno al tronetto pontificio sembravano raccogliere l’eco di una memoria lontana, ma mai cancellata dalla storia. 

      Sul fatto che la consacrazione abbia corrisposto alle richieste fatte dalla Madonna ai tre pastorelli di Fatima, c’è un quasi unanime consenso. Le poche espressioni di dissenso di qualche tradizionalista non riguardano l’atto in sé, ma la persona di Francesco, ritenuto personalmente inadeguato per compiere un gesto di questa importanza soprannaturale. Bisogna dire però che per alcuni di questi tradizionalisti papa Francesco ha perso il pontificato. Se Francesco non è il legittimo Papa, è ovvio che il suo atto sia illegittimo e invalido. Se, al contrario, malgrado tutte le riserve che si possano avere nei suoi riguardi, egli occupa legittimamente la Cattedra di Pietro, il suo atto non può che essere valido, indipendentemente da ciò che ha fatto in passato e dalle sue intenzioni, che solo Dio conosce.

      Può apparire paradossale che un Papa così aperto alla secolarizzazione come Francesco, sia l’autore di un gesto che è in sé stesso la negazione del principio secolarista. La secolarizzazione è infatti un processo di progressiva esclusione di Dio dalla sfera pubblica. La consacrazione riafferma invece il dominio di Dio sulle nazioni e sulla società intera. È questa la ragione per cui i teologi progressisti e i mariologi “minimalisti” si sono sempre opposti all’uso del termine “consacrazione”, sul piano pubblico e su quello individuale. Durante il Concilio Vaticano II, il padre Yves Congar (1904-1995) annotava nel suo Diario: «Faccio il massimo della campagna possibile contro una consacrazione del mondo al Cuore Immacolato di Maria, perché vedo il pericolo che si formi un movimento in questo senso» (Diario del Concilio: 1969-1966, Edizioni San Paolo, 2005, vol. II, p. 120). Su questa linea, il padre monfortano Stefano De Fiores (1933-2012), nel suo saggio postumo Consacrazione o affidamento, scriveva che «è difficile comprendere come alcuni autori propongano un ritorno alla “consacrazione a Maria o al cuore immacolato di Maria”, perché a Fatima la Madonna ha usato tale linguaggio». Infatti, «nel 1917 era più che normale parlare così come ha fatto la Madonna. Non ci permettiamo nessuna critica al linguaggio adoperato da lei in quel preciso momento storico. Solo che oggi la Chiesa ha percorso un itinerario biblico-teologico che esige un uso più rigoroso del linguaggio quando si parla di Cristo o di Maria» (“Vita Pastorale”, n. 5, maggio 2012, p. 30). 

      Dieci anni dopo la morte di padre De Fiores, la Madonna sembra essersi presa una rivincita sulla sua pretesa di darle lezioni di teologia e per farlo ha scelto proprio il Papa che sembrava meno adeguato a compiere un “ritorno alla consacrazione a Maria”. Papa Francesco non ha fatto la consacrazione al Cuore Immacolato quando si è recato a Fatima il 12-13 maggio 2017, e il 12 dicembre, 2019 nel corso di una Messa dedicata alla Vergine di Guadalupe, ha perfino negato alla Madonna il titolo di «corredentrice», ma il 25 marzo ha inaspettatamente esaudito la richiesta del messaggio di Fatima.

      È consapevole papa Francesco della portata storica del suo atto? Durante la cerimonia, e nei giorni successivi, è apparso in cattiva salute e quasi schiacciato dagli eventi. Il fatto che la consacrazione abbia corrisposto alle modalità volute dalla Madonna non significa che il castigo che incombe sull’umanità sarà evitato. Perché ciò accada, la consacrazione dovrebbe essere accompagnata dalla pratica riparatrice dei primi sabati del mese e soprattutto da un profondo spirito di penitenza. Queste condizioni mancano e il mondo continua a correre verso l’abisso, ma la consacrazione del 25 marzo ci annuncia che l’ora del compimento della profezia di Fatima si avvicina e ciò significa non solo un grande castigo, ma soprattutto il trionfo finale del Cuore Immacolato di Maria. 

      In una lettera a padre Gonçalves del 18 maggio 1936, suor Lucia riferì un colloquio avvenuto poco prima con il Signore sul tema della consacrazione della Russia: «Intimamente ho parlato al Signore sull’argomento; e poco fa Gli domandavo perché non convertiva la Russia senza che Sua Santità ne facesse la consacrazione. “Perché voglio che tutta la mia Chiesa riconosca questa consacrazione come un trionfo del Cuore Immacolato di Maria e così estendere il Suo culto e porre a fianco della devozione al Mio Cuore Divino, la devozione di quel Cuore Immacolato”. Ma, o mio Dio, il Santo Padre non mi crederà se Voi stesso non lo muoverete con una ispirazione speciale. Il Santo Padre! Prega molto per il Santo Padre. Lui la farà, ma sarà tardi! Tuttavia il Cuore Immacolato di Maria salverà la Russia. Gli è affidata».

      Fatima non annuncia la fine del mondo o l’avvento dell’anticristo, ma il trionfo del Cuore Immacolato di Maria, che è la Civiltà cristiana, sacrale perché ordinata a Dio, e pacifica, perché sottomessa al Figlio eterno di Dio fatto Uomo il cui nome è “Princeps pacis”, come ricordava Pio XII nel suo Radio Messaggio del 24 dicembre 1951 e come lo ha definito papa Francesco il 25 marzo. La consacrazione della Russia affretterà l’ora del trionfo del Cuore Immacolato, portando nuove grazie di conversione al mondo. Ciò basta per riempire di gioia i cuori dei devoti di Fatima in quest’ora buia della nostra storia.

      Fonte: Corrispondenza Romana, 30 Marzo 2022. 

    • Il sinodo tedesco contagia l’intera Chiesa, senza che il papa lo freni

       

       

      Nel recente colloquio con i direttori delle riviste europee della Compagnia di Gesù, trascritto e pubblicato da “La Civiltà Cattolica”, papa Francesco ha detto la sua anche sul “cammino sinodale” in corso in Germania. A suo giudizio “il problema sorge quando la via sinodale nasce dalle élite intellettuali, teologiche, e viene molto influenzata dalle pressioni esterne”, quando invece andrebbe fatta “con i fedeli, con il popolo”.

      Il guaio è che quando ciò accade, quando cioè si raccolgono le domande della base o si sonda l’opinione dei fedeli, i risultati sono praticamente gli stessi di quelli dettati dalle élite dominanti o dalle pressioni esterne, con l’immancabile litania di richieste che vanno dai preti sposati alle donne prete, dalla nuova morale sessuale ed omosessuale alla democratizzazione del governo della Chiesa.

      I suoi timori sul sinodo di Germania Francesco li ha espressi in una lettera del giugno 2019 da lui “tutta scritta da solo, in spagnolo”. Poi però l’ha lasciato andare avanti senza più opporgli alcun freno e senza dar segno d’ascoltare neppure le crescenti grida d’allarme del cardinale Walter Kasper, che all’inizio del pontificato è stato il suo teologo riformatore di riferimento, ma che del sinodo tedesco – un “tentativo di colpo di stato”, l’ha definito – dubita persino che sia “davvero cattolico”.

      Non solo. È sempre più palpabile il rischio che l’agenda del “cammino sinodale” di Germania finisca dentro quell’altro sinodo della Chiesa universale che il papa ha convocato nel 2021 facendolo partire, appunto, dalle periferie e dalla base, e che avrà la sua sessione culminante a Roma nell’ottobre del 2023.

      Inizialmente, la convocazione di questo sinodo generale nemmeno fece notizia. Il tema che Francesco gli aveva assegnato, la “sinodalità”, appariva talmente astratto e noioso da scoraggiare qualsiasi interesse dei media.

      Poi però, appena le diocesi cominciarono a saggiare gli umori di preti e fedeli, si vide subito di che pasta era fatta la litania delle richieste. Col risultato che ora le conferenze episcopali, nel tirare le somme della prima fase decentrata del sinodo, si ritrovano tra le mani un duplicato del “cammino sinodale” di Germania, invocato anche dai loro fedeli.

      Il caso della Francia è esemplare. A metà giugno la conferenza episcopale francese si è riunita in sessione speciale proprio per mettere a punto una “Collecte des synthèses sinodales” prodotte nelle varie diocesi, e trasmetterla a Roma. Nel votare il documento la conferenza episcopale non ne ha approvati i contenuti, si è limitata a riscontrarne l’aderenza alle richieste delle migliaia di preti e fedeli interpellati. Ma le richieste inviate a Roma comprendono, appunto, il superamento del celibato del clero, l’ordinazione delle donne al diaconato e al presbiterato o almeno, “come primo passo”, l’affidamento a loro delle omelie delle messe, una radicale riforma della liturgia e dei suoi linguaggi “ormai irricevibili”, l’ammissione generalizzata ai sacramenti dei divorziati risposati e delle coppie omosessuali.

      In Irlanda è lo stesso. Oltre ai resoconti delle consultazioni in ciascuna diocesi, i vescovi si sono avvalsi anche di un grande sondaggio demoscopico tra i fedeli. E ne è risultato che la quasi totalità dei cattolici irlandesi vuole i preti sposati e le donne prete, l’85 per cento vuole il superamento di qualsiasi condanna degli atti omosessuali, il 70 per cento vuole che anche i laici abbiano potere decisionale nella Chiesa, e altri ancora vogliono che siano espulse dalla messa le letture dell’Antico Testamento “che grondano sangue”.

      Alla conferenza episcopale d’Irlanda riunita a metà giugno era presente anche suor Nathalie Becquart, sottosegretaria a Roma del sinodo sulla sinodalità, la quale ha detto che in duemila anni di storia questa è la prima volta che la Chiesa dà vita a una consultazione così universale, che Francesco ha voluto far partire dalla base. Nessuno sa dove andrà a finire questo sinodo, ha concluso, ma proprio per questo bisogna essere aperti alle “sorprese dello Spirito Santo”.

      Suor Becquart, che in sinodo avrà diritto di voto al pari dei vescovi, fa parte del terzetto marcatamente progressista che Francesco ha messo alla testa del sinodo sulla sinodalità, assieme al segretario generale, il cardinale maltese Mario Grech, e al relatore generale, il cardinale lussemburghese e gesuita Jean-Claude Hollerich.

      E come non bastasse, con entrambi questi cardinali Francesco ha costituito un gruppo di lavoro su come conciliare il sinodo tedesco con quello della Chiesa universale. Ne ha dato notizia lo scorso 3 febbraio il presidente della conferenza episcopale di Germania, il vescovo di Limburgo Georg Bätzing, le cui voglie rivoluzionarie sono ancora più spinte di quelle già spericolate dello stesso Hollerich, al punto da dirsi ultimamente “deluso” dal passo troppo lento del papa.

      Inutilmente non pochi vescovi e cardinali hanno bussato al dicastero per la dottrina della fede, chiedendo che siano sconfessate le tesi più ardite del cardinale Hollerich, specie quelle che rovesciano la dottrina sulla sessualità e l’omosessualità. Il dicastero tace ed è convinzione di tutti che sia il papa a imporre il bavaglio.

      Tra i nuovi cardinali annunciati da Francesco nella domenica dell’Ascensione ve ne sono almeno un paio che di questa rivoluzione dottrinale sono paladini: il vescovo di San Diego Robert McElroy e l’arcivescovo di Manaus Leonardo Ulrich Steiner.

      L’effetto del pratico lasciapassare accordato dal papa al “cammino sinodale” tedesco è che sono sempre di più nella Chiesa coloro che si sentono autorizzati a comportarsi di conseguenza.

      In Germania hanno fatto colpo i trecento frati francescani che a metà giugno hanno eletto come loro superiore provinciale Markus Fuhrmann, entrato nelle cronache poche settimane prima per aver dichiarato pubblicamente d’essere omosessuale, oltre che acceso sostenitore delle novità più ardite in cantiere nel “cammino sinodale” tedesco.

      E pochi giorni dopo, sempre in Germania, è tornato per l’ennesima volta a reclamare le stesse novità – compresa la benedizione in chiesa delle unioni omosessuali, vietata solo a parole dal Vaticano – il numero uno della gerarchia tedesca, il cardinale Reinhard Marx, arcivescovo di Monaco e membro di peso del ristretto consiglio cardinalizio creato dal papa  per assisterlo nel governo della Chiesa universale.

      In Svizzera, nella diocesi di Coira, il vescovo Joseph Maria Bonnemain ha obbligato i preti e i dipendenti diocesani a firmare un codice arcobaleno che tra l’altro li impegna a “rinunciare a valutazioni globalmente negative su pretesi comportamenti non biblici in materia di orientamento sessuale”.

      In Italia, nell’arcidiocesi di Bologna, l’11 giugno una coppia di maschi si è unita civilmente in municipio e subito dopo ha celebrato in chiesa la propria unione, in una messa officiata dal responsabile della pastorale familiare dell’arcidiocesi, don Gabriele Davalli. Un successivo, contorto comunicato dell’arcidiocesi ha tentato di giustificare l’accaduto, sostenendo che si era trattato semplicemente – contro l’evidenza dei fatti – di una messa di ringraziamento per il gruppo cattolico LGBT “In cammino”, al quale i due appartengono. Ma a nessuno è sfuggito che l’arcivescovo di Bologna è il cardinale Matteo Zuppi, che da un mese è il presidente, di nomina pontificia, della conferenza episcopale italiana ed è anche il primo in classifica dei papabili di un futuro conclave. È prevedibile che questo episodio danneggi la sua corsa alla successione di Francesco, facendogli perdere quei pochi voti che potrebbe raccogliere anche tra i cardinali d’orientamento conservatore.

      Insomma, il contagio del “cammino sinodale” di Germania, non arginato dal papa, ha ormai valicato le frontiere e minaccia di condizionare lo stesso sinodo generale sulla sinodalità. Non ha avuto alcun effetto neppure l’accorata lettera aperta inviata ai vescovi tedeschi l’11 aprile dai cardinali Francis Arinze, Raymond Burke, Wilfried Napier, George Pell, Camillo Ruini, Joseph Zen e da un centinaio di arcivescovi e vescovi di tutto il mondo.

      Che la Chiesa cattolica si trasformi in una sorta di sinodo permanente, con le domande della base, cioè della cultura dominante, a farla da padrona, è un altro dei pericoli denunciati dal cardinale Kasper.

      In ogni caso, a giudizio di un altro cardinale, l’italiano Camillo Ruini, una parte consistente della Chiesa ha già valicato i confini della dottrina cattolica almeno su un punto: l’approvazione degli atti omosessuali. “Non nego che un rischio di scisma ci sia”, ha detto in un’intervista a “Il Foglio” del 4 maggio. “Ma confido che, con l’aiuto di Dio, lo si possa superare”.

      FonteL'Espresso - Sandro Magister, 28 giugno 2022.

    • Il viaggio di papa Francesco in Canada mina la concezione missionaria tradizionale della Chiesa

      I missionari cattolici miravano alla salvezza delle anime, affinché potessero ricevere la felicità del cielo e dare così gloria a Dio per l'eternità.

       

       

      diJohn Horvat

      (LifeSiteNews) - Per decenni i cattolici progressisti hanno cercato di modificare il concetto di ‘missione cattolica’, soprattutto tra i popoli più primitivi. Il viaggio di Papa Francesco in Canada evidenzia il dominio di questa corrente che inquadra il lavoro missionario verso gli indiani d'America come uno strumento di oppressione europea e di soppressione delle culture tribali.

      Forte della nozione del "buon selvaggio" di Rousseau e degli errori della teologia della liberazione, l’ala progressista della Chiesa sostiene persino che i popoli tribali non abbiano bisogno di evangelizzazione e che possano insegnare all'Occidente a vivere in armonia con la natura.

      Questa rilettura della storia distorce il concetto cattolico tradizionale di missione e denigra l'opera eroica di santi e missionari che sopportarono grandi difficoltà nella loro sete di salvezza delle anime. Parallelamente, ignora molti costumi, condizioni e superstizioni atroci che hanno paralizzato le culture pagane e causato sofferenze indicibili a questi popoli.

      Il prof. Plinio Corrêa de Oliveira denunciò questa manovra per distruggere il concetto di missione in un suo libro profetico, Tribalismo indigeno: Ideale Comunista-Missionario per il Brasile del XXI secolo. Oggi i partigiani di questa teoria tribalista eterodossa si trovano tra i partigiani della "spiritualità" amazzonica che venerano la Pachamama e tutti gli adoratori della Madre Terra (alias Gaia) che si trovano tra gli indiani di tutte le Americhe.

      Il concetto tradizionale di missione

      L'obbligo di evangelizzare deriva dal grande mandato dato da Cristo, quando disse: "Andate, dunque, ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato” (Mt 28, 19-20).

      Cristo non ha ordinato agli Apostoli di imporre ai popoli la loro cultura ebraica. Piuttosto, ha chiesto agli Apostoli di insegnare le verità universali del Vangelo, affinché coloro che ascoltano la "Buona Novella" e credono possano avere accesso alla vita eterna.

      A causa del peccato originale, l'umanità decaduta può sprofondare nella peggiore depravazione. Coloro che hanno evangelizzato il mondo l’hanno trovato sprofondato nel peccato, nel vizio e nelle superstizioni. Non c'era popolo sulla terra che non soffrisse di pratiche barbariche, guerre continue, carestie, stregonerie, schiavitù e impurità.

      Missione deriva dalla parola latina "missio", da "mitto", cioè "io ti invio". Così, il missionario è "inviato" da Cristo, attraverso la Chiesa, per liberare queste povere anime dalla schiavitù del diavolo. Non è stato un progetto ebraico, o romano, o successivamente europeo a trasformare il paesaggio pagano. I barbari primitivi che occupavano l'Europa nell'antichità erano crudeli e selvaggi come le tribù che si sono poi scoperte nelle Americhe. Entrambi avevano bisogno di essere evangelizzate.

      Pertanto, l'attività missionaria fu spesso dirompente, come dimostrano i primi santi cristiani che rovesciarono gli idoli, abbatterono i boschi di querce sacre o proibirono i sacrifici umani, l'infanticidio o il cannibalismo. Tuttavia, Dio benedisse questi sforzi e molti popoli, riconoscendo la miseria della loro situazione, abbandonarono i loro modi erronei e pregarono i missionari di illuminarli. Interi popoli si convertirono così alla fede. Ovunque la Chiesa andasse, conservava ciò che di buono c'era nella cultura e rimuoveva quanto vi era di malvagio, costruendo sempre un'autentica cultura cristiana.

      Scopo della missione cattolica

      Il modello di missione cattolica, sviluppato nel corso di venti secoli, è sempre stato molto definito. I missionari miravano alla salvezza delle anime, affinché potessero ricevere la felicità del cielo e dare così gloria a Dio per tutta l'eternità.

      Il prof. Corrêa de Oliveira afferma nel suo saggio che: "La Chiesa insegna che il modo normale per un uomo di essere salvato consiste nell'essere battezzato, nel credere e professare la dottrina e la legge di Gesù Cristo". Consiste anche nell'osservare la legge di Dio.

      Questa verità è familiare a tutti coloro che hanno letto le vite dei santi e dei missionari e sanno come essi hanno sofferto le difficoltà e il martirio per portare le anime alla fede.

      Gli effetti temporali della missione

      Se l'obiettivo finale dell'opera missionaria è la salvezza eterna delle anime immerse nelle tenebre del peccato, le missioni avevano anche l'ulteriore vantaggio di migliorare la vita terrena dei nuovi cristiani che imparavano ad amare Dio e il prossimo.

      Il prof. Corrêa de Oliveira osa affermare la posizione tradizionale della Chiesa, secondo cui "cristianizzare e civilizzare sono termini correlati. È impossibile cristianizzare seriamente senza civilizzare. Allo stesso modo e reciprocamente, è impossibile scristianizzare senza disordinare, brutalizzare e costringere a un ritorno alla barbarie".

      Con il Vangelo e la pratica dei Dieci Comandamenti, regna l'ordine cristiano e la società progredisce materialmente, intellettualmente e culturalmente. In questo modo, le superstizioni e le usanze barbariche che rendono schiavi i popoli pagani non li tormentano più, né li lasciano in un'infelice stagnazione.

      L'evangelizzazione degli indigeni

      L'evangelizzazione degli aborigeni americani si differenzia dalle conversioni dei barbari dopo la caduta dell’Impero Romano. Questi ultimi si convertirono alla fede e formarono nazioni cattoliche dove la Chiesa poteva influenzare l'intera cultura senza elementi corrosivi esterni.

      Le successive evangelizzazioni indiane, invece, furono ostacolate dal contatto con esploratori decadenti e moderni neopagani che esercitarono un'influenza corrosiva sulle popolazioni convertite. Le potenze protestanti e/o dei cattivi cattolici spesso distrussero l'opera benefica delle missioni cattoliche. Le idee illuministe oscurarono ulteriormente le menti per la Verità. Queste influenze resero gli indiani soggetti a molte ingiustizie che devono essere denunciate. Il lavoro dei missionari era più arduo dovendo combattere parallelamente questi elementi occidentali corrotti, oltre alle superstizioni delle religioni pagane.

      Ciononostante, l'influenza della Chiesa beneficiò gli indigeni aprendo loro i mezzi della salvezza eterna. Intere tribù furono convertite e battezzate. Questi popoli spesso progredivano materialmente e godevano dei benefici del progresso. Ovunque la Chiesa andasse, alleviava le sofferenze, istruiva i giovani e preservava le lingue native. Oggi la Chiesa invoca con gioia i nomi di santi nativi americani provenienti da queste popolazioni, come Santa Kateri Tekakwitha, San Juan Diego o San Martino di Porres. La Madonna di Guadalupe è apparsa in Messico e ha portato alla conversione milioni di persone.

      Il missionario moderno post-comunista rifiuta l'evangelizzazione

      Il libro del prof. Corrêa de Oliveira descrive nel suo libro come i missionari "aggiornati" abbiano rifiutato la tradizione missionaria e capovolto la narrazione fino a vedere i popoli indigeni come "i veri evangelizzatori del mondo", rifiutando così il mandato di Cristo di andare a insegnare a tutte le nazioni e di fornire loro il battesimo come mezzo di salvezza. Infatti, padre Corrado Dalmolego, un sacerdote italiano missionario della Consolata che dirige la missione di Catrimani in Brasile, si vanta del fatto che la sua missione non abbia battezzato nessuno in oltre cinquantatré anni!

      Alcuni partigiani di questa nuova "Chiesa dal volto amazzonico" cercano di ripristinare le pratiche di idolatria (Pachamama), di nudità e d’immoralità che resero schiavi i loro antenati. Spesso si pretende che gli indios adottino stili di vita comunitari senza proprietà privata, il che li incatena ad un'estrema povertà.

      La narrazione neo-missionaria si sposa bene con le idee della teologia della liberazione che trasforma tutto in un quadro di lotta di classe tra oppressori e oppressi, idolatrando un ideale primitivo, marxista e utopico che non è mai esistito nella cultura indigena, ma che viene presentato come modello utopico per l'Occidente.

      Il viaggio di Papa Francesco in Canada è stato un'occasione per promuovere questa narrazione sovversiva, più con le immagini che con le parole. Questo non significa che delle ingiustizie non siano avvenute. Tuttavia, il fulcro della critica è formulato in termini che favoriscono la rivoluzione e il risentimento. Il concetto tradizionale del ruolo salvifico della missione è stato abbandonato a favore di una prospettiva sociologica e di sinistra che danneggia fortemente sia i nativi americani sia i nordamericani di tutte le etnie.

      Il prof. Plinio Corrêa de Oliveira sostiene che il punto centrale deve essere "il potere e la carità del Salvatore", Nostro Signore Gesù Cristo, e non l'anticristo rappresentato dal moderno mondo tribale neopagano. "Nostro Signore Gesù Cristo è infinitamente più potente dell'anticristo". Possano tutte le nazioni credere in Lui ed essere battezzate, così che la Sua preghiera nel Padre Nostro si realizzi: "Venga il Tuo regno, sia fatta la Tua volontà, come in cielo così in terra".

      John Horvat II è uno studioso, ricercatore, educatore, oratore internazionale e autore del libro Return to Order, oltre che di centinaia di articoli pubblicati. Vive a Spring Grove, in Pennsylvania, dove è vicepresidente della Società americana per la difesa della Tradizione, Famiglia e Proprietà (TFP).

       

      Attribuzione immagine: Anne Vilela, CC BY-NC-ND 3.0

       

      Fonte: LifeSiteNews, 28 luglio 2022. Traduzione a cura di Tradizione Famiglia Proprietà – Italia.

      © La riproduzione è autorizzata a condizione che venga citata la fonte.

    • La beatificazione del Male?

       

       

      di Julio Loredo

      La notizia è rimbalzata in tutto il mondo e commentata per lo più sotto una luce positiva: mons. Helder Câmara, l’Arcivescovo rosso, l’araldo delle dittature comuniste, il promotore della rivoluzione in Brasile per imporre una dittatura popolare, il partigiano della Teologia della liberazione marxista, il sostenitore dell’aborto e del divorzio, il nemico della Humanae Vitae, corre verso l’onore degli altari, avendo il suo processo di beatificazione ormai superato la “fase romana”.

      Si tratta di una di quelle “canonizzazioni massmediatiche” purtroppo sempre più comuni nella vita della Chiesa di oggi: si tende a dare più importanza alla ditirambica propaganda fatta attorno al personaggio dai suoi fan, che non alla sua dottrina e ai fatti concreti della sua vita, spesso trascurati o deformati, quando non addirittura esclusi. È come se in un processo penale mancasse il contraddittorio, e nel dettare sentenza il Giudice si basasse più sui commenti della stampa che non sugli atti.

      Per l’italiano medio la figura di mons. Helder Pessoa Câmara (1909-1999), noto come Dom Helder[1], vescovo ausiliare di Rio de Janeiro, e poi arcivescovo metropolita di Olinda-Recife, è poco conosciuta. Le poche notizie che filtrano provengono da fucine propagandistiche tanto sbilanciate che non esito a definire ai limiti del ridicolo. Ricordo, all’epoca della sua scomparsa nell’agosto 1999, i media italiani gareggiando a chi gli conferiva il titolo più altisonante: “Profeta dei poveri”, “Santo delle favelas”, “Voce del Terzo mondo”, “Sant’Helder d’America” e chi più ne ha più ne metta[2].

       

      Militante filo-nazista

      Dom Helder Câmara iniziò la sua vita pubblica come militante nella destra filo-nazista.

      Egli fu, infatti, gerarca della Ação Integralista Brasileira (AIB), il movimento fondato da Plinio Salgado[3]. Nel 1934, l’allora padre Câmara entrò a far parte del Consiglio Supremo dell’AIB. Due anni dopo divenne segretario personale di Salgado, e quindi Segretario nazionale dell’AIB, prendendo parte da protagonista ai raduni e alle marce paramilitari che scimmiottavano quelle dei nazisti in Germania. Le sue convinzioni filo-naziste erano così profonde, che si era fatto ordinare sacerdote portando sotto la talare la divisa delle milizie integraliste, la famigerata “camicia verde”.

      Nel 1946 l’arcivescovo di Rio di Janeiro volle farlo suo vescovo ausiliare ma la Santa Sede si rifiutò a causa della sua precedente militanza integralista. La nomina arrivò solo sei anni dopo. Nel frattempo, egli aveva maturato il suo passaggio dall’integralismo filo-nazista al progressismo filo-marxista.

      Quando nel 1968 lo scrittore brasiliano Otto Engel scrisse una biografia di mons. Câmara, egli ricevette “ordini sommari” dalla Curia di Olinda-Recife che lo diffidava dal pubblicarla. L’arcivescovo non voleva farne conoscere il passato filo-nazista, in barba alla libertà di stampa e anche all’obiettività storica[4].

       

      Dalla JUC al PC. L’Azione Cattolica brasiliana

      Nel 1947 padre Câmara fu nominato Assistente generale dell’Azione Cattolica brasiliana che, sotto il suo influsso, iniziò a scivolare verso sinistra fino ad abbracciare, in alcuni casi, il marxismo-leninismo. La migrazione fu particolarmente evidente nella JUC (Juventude Universitária Católica), alla quale Câmara era particolarmente vicino. Scrive Luiz Alberto Gomes de Souza, già segretario della JUC: “L’azione dei militanti della JUC (…) sfociava in un impegno che, a poco a poco, si è rivelato socialista”[5].

      La rivoluzione comunista a Cuba (correva l’anno 1959) fu accolta dalla JUC con entusiasmo. Secondo Haroldo Lima e Aldo Arantes, dirigenti della JUC, “la recrudescenza delle lotte popolari e il trionfo della rivoluzione cubana nel 1959 aprirono la JUC all’idea di una rivoluzione brasiliana”. La deriva a sinistra fu molto agevolata dal coinvolgimento della JUC con l’UNE (União Nacional de Estudantes), vicina al Partito comunista. “Come risultato della sua militanza nel movimento studentesco, - proseguono Lima e Arantes - la JUC fu obbligata a definire un’agenda politica più ampia per i cristiani di oggi. Fu così che, nel congresso del 1960, approvò un documento (…) in cui annunciava l’adesione al socialismo democratico e all’idea di una rivoluzione brasiliana”[6].

      Durante il governo di sinistra del presidente João Goulart (1961-1964), prese forma all’interno della JUC una fazione radicale inizialmente chiamata O Grupão, il Grande Gruppo, poi trasformatasi in Ação Popular (AP) che, nel 1962, si definì socialista. Nel congresso del 1963, l’AP approvò i propri Statuti nei quali “si abbracciava il socialismo e si proponeva la socializzazione dei mezzi di produzione”. Statuti che contenevano, tra l’altro, un elogio alla rivoluzione sovietica e un riconoscimento dell’“importanza decisiva del marxismo nella teoria e nella prassi rivoluzionaria”[7].

      La deriva, tuttavia, non si fermò lì. Nel congresso nazionale del 1968 Ação Popular si proclamò marxista-leninista, cambiando il nome in Ação Popular Marxista-Leninista (APML). Visto che niente più la separava dal Partito comunista, nel 1972 decise di sciogliersi e di incorporarsi al Partido Comunista do Brasil. Attraverso questa migrazione, molti militanti dell’Azione Cattolica finirono per partecipare alla lotta armata durante gli anni di piombo brasiliani.

      Contro il parere di non pochi vescovi, mons. Helder Câmara fu uno dei più entusiasti e convinti difensori, anzi promotore, della migrazione a sinistra nell’Azione Cattolica. Anche se mostrava preferenza per i metodi non violenti, mai condannò chi prendeva le vie della guerriglia[8].

       

      Contro Paolo VI

      Nel 1968, mentre Papa Paolo VI si accingeva a pubblicare l’enciclica Humanae Vitae, mons. Helder Câmara si schierò apertamente contro il Pontefice, qualificando la sua dottrina sugli anticoncezionali “un errore destinato a torturare le spose e a turbare la pace di tanti focolari”[9].

      In una poesia che fa davvero scalpore, l’arcivescovo di Olinda-Recife ironizzava pure sulle donne “vittime” della dottrina della Chiesa, costrette, secondo lui, a generare dei “mostriciattoli”: “Figli, figli, figli! Se è il coito che vuoi, devi procreare! Anche se tuo figlio ti nasce senza viscere, le gambette a stecchino, la testona a pallone, brutto da morire!”[10].

      Mons. Helder Câmara difendeva anche il divorzio, abbracciando la posizione delle chiese ortodosse che “non precludono la possibilità di un nuovo matrimonio religioso a chi è stato abbandonato [dal coniuge]”. Interrogato se questo non avrebbe dato ragione ai laicisti, egli rispose: “Cosa importa che qualcuno canti vittoria, se ha ragione?”[11].

      L’irrequieto arcivescovo chiedeva a gran voce anche l’ordinazione sacerdotale delle donne. Rivolgendosi a un gruppo di vescovi durante il Concilio Vaticano II, domandava con insistenza: “Ditemi, per favore, se trovate che ci sia qualche argomento effettivamente decisivo che impedisca alle donne l’accesso al sacerdozio, oppure si tratta di un pregiudizio maschile?”[12].

      E poco importa se il Concilio Vaticano II ha poi precluso esplicitamente questa possibilità. Secondo Dom Helder, “dobbiamo andare oltre i testi conciliari [la cui] interpretazione compete a noi”.

      Ma i vagheggiamenti non finivano lì. In una conferenza tenuta di fronte ai Padri Conciliari nel 1965, egli affermava: “Credo che l’uomo creerà artificialmente la vita, arriverà alla risurrezione dei morti e trasformerà in realtà il vecchio sogno di [Serge] Voronoff [medico russo naturalizzato francese celebre per la sua pretesa di ottenere miracolosi risultati di ringiovanimento di pazienti maschi tramite l’innesto di ghiandole genitali di scimmia]”[13].

      Insieme al cardinale Suenens, Dom Helder fu uno dei principali coordinatori della corrente ultra progressista nel Concilio, e alfiere poi di quella “ermeneutica della discontinuità e della rottura” condannata da Papa Benedetto XVI. Egli fu, per esempio, il principale fautore del famigerato “Patto della Catacombe”, un manifesto di Padri conciliari a favore di una “Chiesa povera”, senza proprietà, senza apparato, quasi senza liturgia[14].

      D’altronde, Dom Helder ebbe anche un ruolo centrale nella nomina di vescovi progressisti in Brasile. Segretario dal 1952 al 1964 della CNBB (Conferenza nazionale dei vescovi brasiliani), insieme al Nunzio Apostolico mons. Armando Lombardi (1954-1964), egli si adoperò per mettere nei posti di comando della Chiesa in Brasile prelati schierati con la corrente che poi sfocerà nella Teologia della liberazione. Non sorprende, quindi, che quando Giovanni Paolo II condannò questa corrente nel 1984, egli si sia imbattuto nella ribellione di non pochi vescovi brasiliani, che minacciarono perfino lo scisma se avesse insistito su questa linea[15].

       

      Schierato con l’Unione Sovietica, Cina e Cuba

      Le prese di posizione concrete di Dom Helder in favore del comunismo (anche se a volte ne criticava l’ateismo) furono numerose e coerenti[16].

      È rimasto tristemente notorio il suo intervento del 27 gennaio 1969 a New York, nel corso della VI Conferenza annuale del Programma Cattolico di Cooperazione interamericana. Intervento in tal modo schierato col comunismo internazionale, che gli valse l’epiteto di “Arcivescovo rosso”, appellativo indissolubilmente poi legato al suo nome. Dopo aver duramente rimproverato gli USA per la loro politica anti-sovietica, Dom Helder propose un drastico taglio delle forze armate statunitensi, mentre invece chiedeva all’URSS di mantenere le proprie capacità belliche per poter far fronte all’“imperialismo”. Conscio delle conseguenze di tale strategia, egli si difese a priori: “Non ditemi che tale approccio metterebbe il mondo nelle mani del comunismo!”.

      Dall’attacco agli Stati Uniti, mons. Helder Câmara passò a tessere il panegirico della Cina di Mao Tse-Tung, allora in piena “rivoluzione culturale”, che provocò milioni di morti. L’Arcivescovo Rosso chiese formalmente l’ammissione della Cina comunista all’ONU, con la conseguente espulsione di Taiwan. E terminò il suo intervento con un appello in favore del dittatore cubano Fidel Castro, all’epoca impegnato a favorire sanguinose guerriglie in America Latina. Chiese anche che Cuba fosse riammessa nell’OEA (Organizzazione degli Stati Americani), dalla quale era stata espulsa nel 1962.

      Questo intervento, così sfacciatamente pro-comunista e anti-occidentale, fu denunciato dal prof. Plinio Corrêa de Oliveira nel manifesto «L’Arcivescovo rosso apre le porte dell’America e del mondo al comunismo»: “Le dichiarazioni contenute nel discorso di Dom Helder tratteggiano una politica di resa incondizionata del mondo, e specialmente dell’America Latina, al comunismo. Siamo di fronte a una realtà sconvolgente: un vescovo di Santa Romana Chiesa impegna il prestigio derivante dalla sua dignità di successore degli Apostoli per demolire i bastioni della difesa militare e strategica del mondo libero di fronte al comunismo. Il comunismo, cioè il più radicale, implacabile, crudele e insidioso nemico che mai si sia scagliato contro la Chiesa e la civiltà cristiana”[17].

       

      Un progetto di rivoluzione comunista per l’America Latina

      Ma forse l’episodio che destò più stupore fu il cosiddetto “affaire Comblin”.

      Nel giugno 1968 trapelò alla stampa brasiliana un documento-bomba preparato sotto l’egida di mons. Helder Câmara dal sacerdote belga Joseph Comblin, professore presso l’Istituto Teologico (Seminario) di Recife. Si trattava di un Rapporto destinato al Consiglio Episcopale Latinoamericano. Il documento proponeva, senza veli, un piano eversivo per smantellare lo Stato e stabilire una “dittatura popolare” di matrice comunista. Eccone alcuni punti:

      Contro la proprietà. Nel documento, il p. Comblin difende una triplice riforma – agraria, urbana e aziendale– partendo dal presupposto che la proprietà privata e, quindi, il capitale siano intrinsecamente ingiusti. Qualsiasi uso privato del capitale dovrebbe essere vietato dalla legge.

      Uguaglianza totale. L’obiettivo, afferma p. Comblin, è stabilire l’uguaglianza totale. Ogni gerarchia, sia nel campo politico-sociale sia in quello ecclesiastico, va quindi abolita.

      Rivoluzione politico-sociale. In campo politico-sociale, questa rivoluzione ugualitaria propugna la distruzione dello Stato per mano di “gruppi di pressione” radicali i quali, una volta preso il potere, dovranno stabilire una ferrea “dittatura popolare” per imbavagliare la maggioranza, ritenuta “indolente”.

      Rivoluzione nella Chiesa. Per consentire a questa minoranza radicale di governare senza intralci, il documento propone il virtuale annullamento dell’autorità dei vescovi, che sarebbero soggetti al potere di un organo composto solo da estremisti, una sorta di Politburo ecclesiastico.

      Abolizione delle Forze Armate. Le Forze Armate vanno sciolte e le loro armi distribuite al popolo.

      Censura di stampa, radio e TV. Finché il popolo non avrà raggiunto un accettabile livello di “coscienza rivoluzionaria”, la stampa, radio e TV vanno strettamente controllati. Chi non è d’accordo deve abbandonare il Paese.

      Tribunali popolari. Accusando il Potere Giudiziario di essere “corrotto dalla borghesia”, p. Comblin propone l’istituzione di “Tribunali popolari straordinari” per applicare il rito sommario contro chiunque si opponga a questo vento rivoluzionario.

      Violenza. Nel caso in cui non fosse stato possibile attuare questo piano eversivo con mezzi normali, il professore del seminario di Recife considerava legittimo il ricorso alle armi per stabilire, manu militari, il regime da lui teorizzato[18].

       

      L’appoggio di mons. Helder Câmara

      Il “Documento Comblin” ebbe in Brasile l’effetto d’una bomba atomica. In mezzo all’accesa polemica che ne seguì, padre Comblin non negò l’autenticità del documento, ma disse trattarsi “soltanto di una bozza” (sic!). Da parte sua, la Curia di Olinda-Recife ammise che esso proveniva sì dal Seminario diocesano, precisando però che “non è un documento ufficiale” (ancora sic!).

      Interpretando la legittima indignazione del popolo brasiliano, il prof. Plinio Corrêa de Oliveira scrisse allora una lettera aperta a mons. Helder Câmara, pubblicata in venticinque giornali. Leggiamo nella lettera: “Sono sicuro di interpretare il sentimento di milioni di brasiliani chiedendo a Sua Eccellenza che espella dall’Istituto Teologico di Recife e dall’Archidiocesi l’agitatore che approfitta del sacerdozio per pugnalare la Chiesa, e abusa dell’ospitalità brasiliana per predicare il comunismo, la dittatura e la violenza in Brasile”.

      Mons. Helder Câmara rispose evasivamente: “Tutti hanno il diritto di dissentire. Io semplicemente sento tutte le opinioni”. Ma, allo stesso tempo, confermò padre Comblin nella carica di professore del Seminario, spalleggiandolo con la sua autorità episcopale. Alla fine, il governo brasiliano revocò il permesso di soggiorno del prete belga, che dovette quindi lasciare il Paese.

      Mostrando lo sdegno provocato nel popolo brasiliano dal Documento Comblin, la TFP raccolse in 58 giorni 1.600.368 firme in sostegno a un “Reverente e Filiale Messaggio” a Papa Paolo VI, chiedendogli di porre freno all’infiltrazione comunista nella Chiesa in America Latina[19]. Messaggio rimasto rigorosamente senza risposta. Anzi, nel gennaio 1970 il Pontefice ricevette l’Arcivescovo Rosso in udienza privata. All’uscita, davanti ai microfoni, Dom Helder qualificò l’udienza di “molto cordiale” e “riconfortante”. Poi dichiarò: “Il Brasile dovrebbe pensare ai modelli socialisti”[20].

       

      Teologia della liberazione

      Mons. Helder Câmara è anche ricordato come uno dei paladini della cosiddetta “Teologia della liberazione”, condannata dal Vaticano nel 1984.

      Due dichiarazioni sintetizzano questa teologia. La prima, del connazionale di Dom Helder, l’allora frate francescano Leonardo Boff: “Ciò che proponiamo è marxismo, materialismo storico, nella teologia”[21]. La seconda, del sacerdote peruviano Gustavo Gutiérrez, padre fondatore della corrente: “Ciò che intendiamo qui per teologia della liberazione è il coinvolgimento nel processo politico rivoluzionario”[22]. Gutiérrez ci spiega anche il senso di tale coinvolgimento: “Solo andando oltre una società divisa in classi. (…) Solo eliminando la proprietà privata della ricchezza creata dal lavoro umano, saremo in grado di porre le basi per una società più giusta. È per questo che gli sforzi per proiettare una nuova società in America Latina si stanno orientando sempre di più verso il socialismo”[23].

       

      Amico dei poveri e della libertà?

      Ma forse la più grande frottola su mons. Helder Câmara è di presentarlo come amico dei poveri e difensore della libertà.

      Il titolo di difensore della libertà si addice molto male a uno che ha inneggiato ad alcune delle dittature più sanguinarie che hanno costellato il secolo XX, prima il nazismo, e poi il comunismo in tutte le sue varianti: sovietica, cubana, cinese…

      Soprattutto, però, il titolo di amico dei poveri non si addice proprio a uno che sosteneva regimi che hanno causato una povertà così spaventosa da essere stati qualificati dall’allora cardinale Joseph Ratzinger “vergogna del nostro tempo”[24].

      Un’analisi attenta dell’America Latina — paese per paese — mostra chiaramente che, laddove sono state applicate le politiche proposte da Dom Helder il risultato è stato un notevole aumento della povertà e del malcontento popolare. Laddove, invece, sono state applicate le politiche opposte, il risultato è stato un generale incremento del benessere popolare.

      Un esempio per tutti: la riforma agraria, della quale Dom Helder fu il principale promotore in Brasile e che, invece, si è dimostrata “il peggiore fallimento della politica pubblica nel nostro Paese”, nelle parole non sospette di Francisco Graziano Neto, presidente dell’INCRA (Instituto Nacional de Colonização e Reforma Agrária), cioè il dicastero del Governo preposto per implementare la riforma agraria[25]. Secondo il ministro Gilberto Carvalho, la maggior parte degli assentamento (le cooperative agricole create dalla riforma agraria) diventò “favela rurale”, con grandi sofferenze per i contadini[26]. Sotto questa luce, Dom Helder sarebbe non tanto il “Santo delle favelas”, quanto piuttosto il “Santo che crea favelas”.

      I teologi della liberazione non vogliono aiutare i poveri, bensì imporre il “principio di povertà”: senza proprietà e senza ricchezza non ci sarebbe nessuna gerarchia, e il mondo avrebbe quindi raggiunto l’utopia comunista. Il lettore interessato ad approfondire il tema può fare riferimento al mio libro sulla Teologia della liberazione[27].

      In conclusione. Per uno come me, che da decenni studia il movimento della Teologia della liberazione, sia nelle sue versioni marxiste originarie sia in quelle più aggiornate, e il ruolo protagonistico di mons. Helder Pessoa Câmara nel processo di demolizione della Chiesa e della società civile, riesce davvero difficile vederlo elevato agli onori degli altari. Sarebbe quasi come canonizzare il Male. Ma ormai non mi stupisco più di niente…

       

      Attribuzione immagine: By Antonisse, Marcel / Anefo - [1] Dutch National Archives, The Hague, Fotocollectie Algemeen Nederlands Persbureau (ANEFO), 1945-1989, Nummer toegang 2.24.01.05 Bestanddeelnummer 931-7341, CC BY-SA 3.0 nl, Wikimedia.

       

      Note

      [1] In Brasile per i vescovi si usa il trattamento “Dom”, anziché “Monsignore”.

      [2] Julio Loredo, L’altro volto di Dom Helder, Tradizione Famiglia Proprietà, novembre 1999, pp. 4-5.

      [3] Distanziandosi dal razzismo hitleriano, Salgado tuttavia ne abbracciava il messianismo nazionalista. Ci sono perfino indizi che egli abbia fatto da spia per il Terzo Reich (João Fábio Bertonha, Plínio Salgado — Biografia Política: 1895-1975, Universidade de São Paulo, 2019)

      [4] Margaret Williams Todaro, Pastors, Prophets and Politicians. A Study of the Brazilian Catholic Church, 1916-1945, Columbia University, 1971, p. 396. Cit. in Massimo Introvigne, Una battaglia nella notte. Plinio Corrêa de Oliveira e la crisi del secolo XX nella Chiesa, Sugarco, Milano, 2008, p. 59.

      [5] Luiz Alberto Gomes de Souza, A JUC. Os estudantes católicos e a política, Editora Vozes, Petrópolis 1984, p. 156.

      [6] Haroldo Lima e Aldo Arantes, História da Ação Popular. Da JUC ao PC do B, Editora Alfa-Omega, São Paulo 1984, pp. 27-28.

      [7] Ibid., p. 37. Si veda anche Julio Loredo, Teologia della liberazione. Un salvagente di piombo per i poveri, Cantagalli, Siena, 2014, pp. 92ss.

      [8] Si veda, per esempio, Scott Mainwarning, The Catholic Church and Politics in Brazil, 1916-1985, Stanford University Press, 1986, p. 71.

      [9] Helder Pessoa Câmara, Obras Completas, Editora Universitária, Instituto Dom Helder Câmara, Recife, 2004, p. 363. Cit. in Massimo Introvigne, Come i progressisti non vinsero al Concilio. Una recensione di Roma, due del mattino di monsignor Hélder Câmara, Cesnur (https://www.cesnur.org/2008/mi_camara.htm). Cfr. anche Massimo Introvigne, Una battaglia nella notte. Plinio Corrêa de Oliveira e la crisi del secolo XX nella Chiesa, pp. 111ss.

      [10] Helder Pessoa Câmara, Obras Completas, pp. 390-391. Cit. in Massimo Introvigne, Come i progressisti non vinsero al Concilio. Una recensione di Roma, due del mattino di monsignor Hélder Câmara.

      [11] Helder Pessoa Câmara, Obras Completas, p. 377. Cit in Ibid.

      [12] Helder Pessoa Câmara, Obras Completas, p. 397. Cit in Ibid.

      [13] Helder Pessoa Câmara, Obras Completas, pp. 397-398. Cit. in Ibid.

      [14] Cfr. Roberto de Mattei, Il Concilio Vaticano II. Una storia mai scritta, Lindau, Torino, 2010. Uno dei principali coordinatori del campo tradizionalista fu un altro brasiliano: il prof. Plinio Corrêa de Oliveira. Cfr. Benjamin A. Cowan, Moral Majorities across the Americas. Brazil, the United States and the Creation of the Religious Right,University of North Carolina Press, 2021.

      [15] Si veda, per esempio, Dez bispos criticam o silêncio imposto a Boff, “Folha de São Paulo”, 11-05-1986.

      [16] Cfr., per esempio, Adenilson Ferreira de Souza, Atividade política da Igreja Católica no Brasil: as demandas da sociedade brasileira transnacionalizadas por dom Helder Camara (1968-1978), Pontifícia Universidade Católica de Minas Gerais, 2010.

      [17] Plinio Corrêa de Oliveira, O Arcebispo vermelho abre as portas da América e do mundo para o comunismo, “Catolicismo” Nº 218, febbraio 1969.

      [18] Si veda Plinio Corrêa de Oliveira, TFP pede medidas contra padre subversivo, “Catolicismo”, Nº 211, luglio 1968 (https://www.pliniocorreadeoliveira.info/1968_211_CAT_TFP_pede_medidas.htm).

      [19] Cfr. Um homem, um ideal, uma gesta. Homenagem das TFPs a Plinio Corrêa de Oliveira, Edições Brasil de Amanhã, 1982, pp. 246ss.

      [20] Plinio Corrêa de Oliveira, D. Helder cria problema — Comunistas aplaudem, “Folha de S. Paulo”, 1 febbraio 1970.

      [21] Leonardo Boff, Marxismo na Teologia, “Jornal do Brasil”, 6 aprile 1980.

      [22] Gustavo Gutiérrez, Praxis de libertação e fé cristã, Appendice a Id., Teologia da libertação, Editora Vozes, Petrópolis 1975, p. 267.

      [23] Gustavo Gutiérrez, Liberation Praxis and Christian Faith, in Lay Ministry Handbook, Diocese of Brownsville, Texas 1984, p. 22.

      [24] Congregazione per la Dottrina della Fede, Istruzione Libertatis Nuntius, 1984, XI, 10.

      [25] Francisco Graziano Neto, Reforma Agraria de qualidade, “O Estado de S. Paulo”, 17 aprile 2012.

      [26] Fernando Odila, Política agrária federal criou ‘favelas rurais’, diz ministro, Folha de S. Paulo, 9 febbraio 2013.

      [27] Julio Loredo, Teologia della liberazione: un salvagente di piombo per i poveri, pp. 315-338.

       

      © La riproduzione è autorizzata a condizione che venga citata la fonte.

    • La nuova "giustizia" di papa Francesco e la sua "Chiesa sinodale" egualitaria

       

       

       

      di Luiz Sérgio Solimeo

      Nostro Signore comandò ai Suoi Apostoli e ai loro successori di andare in tutte le nazioni e di diffondervi la verità che Egli aveva insegnato loro (cfr. Mc 16, 15). Purtroppo, questo non è quello che vediamo accadere nei molteplici viaggi di papa Francesco. Invece di sforzarsi con zelo apostolico di attirare i pagani, gli eretici e gli scismatici che incontra all'unica vera Chiesa di Cristo - la Chiesa Cattolica - li lascia ai loro errori e superstizioni.

      Un esempio lampante di questo è quanto fatto ad Abu Dhabi il 4 febbraio 2019, quando firmò una dichiarazione in cui si afferma che Dio vuole "il pluralismo e la diversità delle religioni"1.

      Allo stesso modo, nel recente viaggio a Cipro e in Grecia (2-6 dicembre 2021), papa Francesco non ha cercato di riportare questi cosiddetti ortodossi alla vera fede. Al contrario, ha trattato i loro vescovi scismatici-eretici come fratelli nella fede. Inoltre, ha accolto la richiesta dell'arcivescovo ortodosso di Atene e ha chiesto perdono per la presunta colpa della Chiesa cattolica nella rottura ortodossa con la Santa Sede2. papa Francesco ha detto "sento il bisogno di rinnovare la richiesta di perdono a Dio e ai fratelli per gli errori commessi da tanti cattolici”3.

       

      Lo scisma orientale non ha "radici apostoliche”

      Durante il suo discorso nella "Sala del Trono" dell'Arcivescovado ortodosso di Grecia ad Atene, papa Francesco ha ripetutamente affermato che la Santa Chiesa Cattolica e le chiese ortodosse scismatiche condividono le stesse radici apostoliche: "Le radici che condividiamo". "Esse [le nostre radici comuni] sono le radici apostoliche". "Le nostre radici sono apostoliche."4.

      Ora, questo non corrisponde a verità storica. Le radici della Chiesa greco-ortodossa non sono negli Apostoli, ma in Michele Cerulario, che, nel 1054, tagliò i suoi legami di fedele obbedienza a papa Leone IX. Come potè fare questo quando Nostro Signore nominò San Pietro come capo della Sua Chiesa affidandogli il compito di confermare i suoi fratelli nella Fede (Lc 22, 32)? Questa responsabilità papale è passata a ciascuno dei successori di San Pietro.

      Era inevitabile che il fermento di rivolta che portò alla rottura dei bizantini con la legittima autorità del papa avrebbe generato nuovi scismi all'interno del più grande scisma ortodosso orientale. Infatti, oggi gli ortodossi sono frammentati in numerose chiese autocefale. I paesi del Medio Oriente, dell'Europa orientale, della Russia e di tutto il mondo, hanno ciascuno la loro chiesa ortodossa locale e nazionale i cui leader non accettano alcuna autorità superiore. Inoltre, inevitabilmente, la mancanza di unità nel governo della chiesa ha portato ad una mancanza di unità dottrinale. Ad eccezione di un minimo substrato comune, ci sono innumerevoli differenze nella dottrina e nella disciplina tra queste chiese orientali, specialmente tra la Chiesa ortodossa greca e la Chiesa ortodossa russa5.

      La differenza tra ciascuna di esse e la Chiesa Cattolica è ancora più significativa: "Negano l'infallibilità papale e l'Immacolata Concezione, litigano sul purgatorio, sulle parole dell’istituzione nella consacrazione, sulla processione dello Spirito Santo, in ogni caso travisando il dogma a cui si oppongono"6. Essi rifiutano anche il dogma sull'Assunzione della Vergine Maria, così come proclamato da papa Pio XII nel 19507.

       

      "Cosa ha fatto [l'arcivescovo Michel Aupetit]?

      Come al solito, papa Francesco ha rilasciato un'intervista durante il viaggio di ritorno. Un giornalista francese gli ha chiesto perché avesse licenziato l'arcivescovo di Parigi, Mons. Michel Aupetit, e perché così rapidamente.

      Con sorpresa di tutti, invece di rispondere, papa Francesco ha chiesto ai presenti: "Mi chiedo: cosa ha fatto Aupetit di così grave da doversi dimettere? Che cosa ha fatto? Che qualcuno mi risponda...".

      Non ha molto senso che papa Francesco faccia questa domanda ai giornalisti, perché è lui che ha accettato le dimissioni dell'arcivescovo. Pertanto, dovrebbe conoscere tutti i fatti che l’hanno portato a procedere come ha proceduto.

      Colta di sorpresa, la giornalista balbetta: "Non lo so. Non lo so".

      Il papa ha insistito: “Se non conosciamo l’accusa, non possiamo condannare. Qual’ è stata l’accusa? Chi lo sa? [nessuno risponde] È brutto!”.

      Tuttavia, se "non possiamo condannare", perché papa Francesco ha accettato le dimissioni dell'arcivescovo?

       

      I peccati della carne non sono i più gravi, ma “riempiono l’inferno di anime”

      Poi papa Francesco, contrariamente alla discrezione e alla carità, ha fornito ai giornalisti dettagli sulla vita privata dell'arcivescovo: "(…) perché è stata una mancanza di lui, una mancanza contro il sesto comandamento, ma non totale ma di piccole carezze e massaggi che lui faceva: così sta l’accusa”.

      È importante notare che l'arcivescovo nega categoricamente di aver avuto una relazione intima e sessuale8.  Senza voler commentare la presunta colpa, vale la pena notare che l'arcivescovo ha avuto una posizione molto ferma contro l'omosessualità9.

      Dopo aver reso pubblico il presunto peccato dell'arcivescovo, il papa ha aggiunto: “Questo è peccato, ma non è dei peccati più gravi, perché i peccati della carne non sono i più gravi. I peccati più gravi sono quelli che hanno più “angelicità: la superbia, l’odio… questi sono più gravi10.

      L'affermazione non è prudente, specialmente nel mondo superficiale e iper-erotizzato di oggi. Per molti, l'affermazione che i peccati contro la castità non sono i più gravi potrebbe suggerire che non sono importanti, il che può portare alcune persone ad abbassare la guardia in questa materia. Inoltre, essa va contro ciò che Sant'Alfonso Liguori, Dottore della Chiesa e Patrono dei moralisti cattolici, spiega nella sua opera per confessori, Homo Apostolicus:

      1. Il peccato contro questo precetto [il sesto comandamento] è la materia più ordinaria nelle confessioni, ed è il vizio che riempie l'inferno di anime....

      2. Prima di tutto, si deve notare che in materia di lussuria... non c'è materia leggera; così che ogni piacere carnale, quando avuto con piena consapevolezza e consenso, è un peccato mortale11.

      Certo, anche i peccati mortali hanno dei gradi, alcuni sono più gravi di altri. Tuttavia, qualsiasi peccato mortale è sufficiente a porre fine alla vita di grazia in un'anima e, se non viene perdonato prima della morte, attraverso la confessione sacramentale o un atto di perfetta contrizione, porta il peccatore all'inferno12.

       

      La Chiesa cattolica è santa, non peccatrice

      Papa Francesco ha continuato dicendo che siamo tutti peccatori. Tuttavia, non ha distinto tra peccati mortali e veniali. Avendo affermato che "Pietro, il vescovo sul quale Cristo ha fondato la Chiesa", era un peccatore, papa Francesco chiede: "Come mai la comunità di quel tempo aveva accettato un vescovo peccatore? E quello era con peccati con tanta “angelicità”, come era rinnegare Cristo, no? Ma era una Chiesa normale, era abituata a sentirsi peccatrice sempre, tutti: era una Chiesa umile”.

      Dire che la Chiesa "si è sempre sentita peccatrice" va contro ciò che preghiamo nel Credo: "Credo nella Chiesa una, santa, cattolica e apostolica" (Credo Niceno).

      Il teologo svizzero Charles Cardinal Journet spiega come la Chiesa rimane santa anche se ci sono peccatori al suo interno. Il peccatore è unito alla Chiesa solo da ciò che è santo in lui, cioè la sua fede (se non è caduto nell'eresia), il battesimo e gli altri sacramenti. Come dice san Giovanni, nella misura in cui partecipa al peccato, non appartiene alla Chiesa ma al diavolo (vedi 1 Gv 3,8)13.

       

      Un arcivescovo dimissionato "sull'altare dell'ipocrisia"

      Papa Francesco termina la sua confusa risposta con una dichiarazione difficile da capire. Dopo aver detto che ci sono stati molti pettegolezzi sull'arcivescovo Aupetit, aggiunge: "Un uomo al quale hanno tolto la fama così, pubblicamente, non può governare. E questa è un’ingiustizia. Per questo, io ho accettato le dimissioni di Aupetit non sull’altare della verità, ma sull’altare dell’ipocrisia”.

      Allora perché l'arcivescovo è stato dimissionato? Per aver peccato o per i pettegolezzi che hanno rovinato la sua reputazione? Certo, è stato ingiusto distruggere la sua reputazione pubblicamente. La questione fondamentale che l'arcivescovo e il mondo si aspettavano che papa Francesco risolvesse era: "L'arcivescovo è innocente o colpevole?". Se innocente, perché accettare le sue dimissioni, apparentemente, sotto la pressione di una cricca, a causa dei pettegolezzi che circondano la questione? Non sarebbe meglio servita la giustizia affrontando la cricca e proclamando l'innocenza dell'arcivescovo? Oppure ora due torti fanno una ragione? Perché aggiungere una seconda ingiustizia alla prima?

      L'arcivescovo non meritava - come ogni essere umano - di essere giudicato "sull'altare della verità"?

       

      Vuole la "Chiesa sinodale" di papa Francesco equiparare laici e clero?

      Durante l'intervista, papa Francesco ha affermato che la divisione tra clero e laici "è una divisione funzionale". La prima impressione che si ha leggendo questo è che egli nega la differenza fondamentale derivante dal sacramento dell'Ordine. Aggiunge: "Sì (…) questa divisione – clero e laici – è una divisione funzionale, sì, di qualifica, ma c’è una unità, un unico gregge”.

      Questa affermazione sembra riecheggiare le parole di Martin Lutero nel suo Discorso alla nobiltà cristiana della nazione tedesca riguardo alla riforma dello stato cristiano. L'eresiarca negava la differenza fondamentale tra clero e laici creata dal sacramento dell'Ordine: "È stato escogitato che il papa, i vescovi, i sacerdoti e i monaci siano chiamati l’ordine spirituale.... Questa è un'abile menzogna e un espediente ipocrita, ma che nessuno si spaventi per questo motivo: tutti i cristiani sono veramente l’ordine spirituale, e non c'è alcuna altra differenza tra loro che quella del solo ufficio14.

      A complicare la questione, papa Francesco ha aggiunto: "E la dinamica tra le differenze dentro la Chiesa è la sinodalità: cioè ascoltarsi l’uno con l’altro, e andare insieme”15.

      Intendeva forse dire che laici e clero sono effettivamente diversi ma che la sinodalità li rende uguali?

       

      Parlare con prudenza

      La missione di un papa è quella di insegnare, confermando sia il clero che i laici nella Fede. A questo scopo, prevenire i malintesi e il caos nelle anime è cruciale. Quindi, un papa deve sempre parlare con prudenza, tenendo presente il consiglio biblico: " Nella moltitudine delle parole non manca la colpa, ma chi frena le sue labbra è prudente” (Proverbi 10:19).

      Note

      1.  https://www.vatican.va/content/francesco/it/travels/2019/outside/documents/papa-francesco_20190204_documento-fratellanza-umana.html; vedere Luiz Sérgio Solimeo, “Theological and Canonical Implications of the Declaration Signed by Pope Francis in Abu Dhabi,” TFP.org, 27-2-2019.

      2. Vedere “Strong Intervention of Archbishop of Athens in Meeting with Pope Francis,” Orthodox Times, Dec. 4, 2021,https://orthodoxtimes.com/strong-intervention-of-archbishop-of-athens-in-meeting-with-pope-francis-upd-photos/

      3. “Conferenza Stampa del Santo Padre Durante il Volo di Ritorno” https://www.vatican.va/content/francesco/it/speeches/2021/december/documents/20211206-grecia-volodiritorno.html

      4. Id. Ibid.

      5. Vedi M. Jugie, s.v. “Schisme Byzantin,” in Dictionnaire de Théologie Catholique, 14–1e.:1312–468, consultato il 13 dicembre 2021,  https://archive.org/details/dictionnairedet14vacauoft/page/n667/mode/2up.

      6. Adrian Fortescue, s.v. “The Eastern Schism,” in The Catholic Encyclopedia (New York: Robert Appleton Company, 1912), consultata l’8 dicembre 2021, http://www.newadvent.org/cathen/13535a.htm

      7. Vedi Papa Pio XII, Costituzione Apostolica Munificentissimus Deus (defining the dogma of the Assumption —Nov. 1, 1950),https://www.vatican.va/content/pius-xii/it/apost_constitutions/documents/hf_p-xii_apc_19501101_munificentissimus-deus.html

      8. “Ammetto che il mio comportamento verso di lei è stato ambiguo, che ha potuto suggerire l’esistenza di rapporti intimi e sessuali fra di noi, che nego categoricamente.” “‘Comportement ambigu’ avec une femme: l’archevêque de Paris s’en remet au pape,” Liberation, Nov. 26, 2021, https://archive.wikiwix.com/cache/index2.php?url=https%3A%2F%2Fwww.liberation.fr%2Fsociete%2Freligions%2Fcomportement-ambigu-avec-une-femme-larcheveque-de-paris-a-presente-sa-demission-au-pape-20211126_WDXSOHLVNJFRNN66OOHRJI2CXI%2F# (traduzione nostra).

      9. Vedi Nicolas Scheffer, “L’archevêque de Paris Michel Aupetit: Démission d’un adversaire acharné des droits LGBTQI+,” Têtu, 3 dicembre 2021, https://tetu.com/2021/12/03/religion-eglise-pape-accepte-demission-mgr-michel-aupetit-acheveque-paris-adversaire-droits-lgbt/

      10. “Conferenza Stampa del Santo Padre durante il volo di ritorno” (Viaggio Apostolico del Santo Padre a Cipro e in Grecia), Vatican.va, 6 dicembre 2021, https://www.vatican.va/content/francesco/it/events/event.dir.html/content/vaticanevents/it/2021/12/6/atene-volodiritorno.html

      11. San Alfonso de’ Liguori, Homo Apostolicus, tr. 9, pnt. 1, n° 1–2, consultato il 13 dicembre 2021, http://www.intratext.com/IXT/LATSA0042B/_P1G.HTM (corsivi nostri).

      12. Vedi Giuseppe Graneris, s.v. “Peccato Mortale” (Mortal Sin) in Dictionary of Moral Theology, ed. Roberti-Palazzini (Westminster, Md.: The Newman Press, 1962), 1134–5, consultato il 13 dicembre 2021, https://archive.org/details/dictionaryofmora00robe/page/1134/mode/2up

      13. Charles Cardinal Journet, The Church of the Word Incarnate (London and New York, Sheed and Ward, 1955), 1: XXVII.

      14. Martin Luther, Address to the Christian Nobility of the German Nation Respecting the Reformation of the Christian Estate, in The Harvard Classics, trans. C.A. Bucheim (New York: P.F. Collier & Son Company, 1910), 36:278–9, consultato il 13 dicembre 2021, https://archive.org/details/MachiavelliMoreAndLuther/mode/2up

      15. “Conferenza Stampa del Santo Padre Durante il Volo di Ritorno” https://www.vatican.va/content/francesco/it/speeches/2021/december/documents/20211206-grecia-volodiritorno.html

       

      Fonte: Tfp.org, 21 Dicembre 2021. Traduzione a cura di Tradizione Famiglia Proprietà – Italia.

      © La riproduzione è autorizzata a condizione che venga citata la fonte.

    • Le dimissioni del cardinale Marx rafforzeranno la sua influenza al di là della Germania?

      ANALISI: se le dimissioni saranno accettate da papa Francesco, c'è ancora molto che il cardinale tedesco potrebbe fare in Vaticano e nella Chiesa universale con il potere che gli rimane

       

       

      Edward Pentin

      CITTÀ DEL VATICANO — La sorprendente lettera di dimissioni del cardinale Reinhard Marx da arcivescovo di Monaco e Frisinga, la scorsa settimana, sembrava mirata a far accelerare – prendendo in prestito le parole del World Economic Forum – un “great reset”, un grande resettamento della Chiesa tedesca per quanto riguarda la sua gestione degli abusi sessuali da parte del clero.

    • Nel pontificato di Francesco avanza l’eresia dell’omosessualità e del transgederismo dentro la Chiesa

       

       

      di Luiz Sérgio Solimeo

      A partire da questa primavera, la Villanova University, vicino a Philadelphia, ha adottato un ‘linguaggio inclusivo’ che promuove il "transgenderismo". Si definisce un'università cattolica. Fondata e gestita dall'ordine degli Agostiniani, l'attuale presidente dell’Università Villanova è padre Peter M. Donohue OSA, PhD.

      Nella sua ‘dichiarazione di scopi’ si legge: "L’Università Villanova è una comunità cattolica agostiniana di istruzione superiore, impegnata nel raggiungimento dell’eccellenza e la distinzione nella scoperta, diffusione e applicazione della conoscenza. Ispirata dalla vita e dall'insegnamento di Gesù Cristo, l'Università è fondata sulla saggezza della tradizione intellettuale cattolica e promuove una più profonda comprensione del rapporto tra fede e ragione"1.

      Lo scorso agosto l'università ha pubblicato una nuova guida intitolata ‘Gender Inclusive Practices Guide’(ndr. Guida alle pratiche inclusive gender), che recita:

      "Rendetevi consapevoli del modo in cui presentate voi stessi e vi rivolgete agli altri. Ciò comprende l'uso di un linguaggio inclusivo di genere come ‘tutti’, ‘persone’ o ‘gente’ piuttosto che un linguaggio binario di genere come ‘signore e signori’".

      Leggiamo inoltre: "Questa guida introduce la facoltà e il personale della Villanova alle migliori pratiche per essere inclusivi nei nostri spazi di lavoro, laboratori e aule, specialmente per coloro che si identificano nelle comunità transgender, non-binaria, gender non-conformisti e/o gender questionanti. Come possiamo coltivare ambienti di insegnamento e di lavoro gender-inclusivi? Come possiamo invitare alla piena partecipazione le persone di tutti i generi e rispondere agli effetti dannosi degli stereotipi di genere o dell'errata interpretazione del genere?"2.

      "Transgenderismo", un'impossibilità scientifica

      Questo cambiamento di linguaggio per incoraggiare il "transgenderismo" non solo è assurdo (soprattutto in un'università che si dichiara cattolica), ma si scontra anche con i dati scientifici.

      Infatti, la riassegnazione del sesso è un'impossibilità scientifica. Attraverso interventi chirurgici e trattamenti ormonali, si può ottenere l'aspetto del sesso opposto. Tuttavia, nonostante l'aspetto esteriore, sia gli uomini che le donne mantengono il sesso di nascita, che è determinato dai cromosomi, e non da capricci o fantasie.

      L'Istituto Nazionale di Ricerca sul Genoma Umano (National Human Research Institute) è del tutto chiaro a riguardo: "Un cromosoma sessuale è un tipo di cromosoma coinvolto nella determinazione del sesso. Gli esseri umani e la maggior parte degli altri mammiferi hanno due cromosomi sessuali, X e Y, che insieme determinano il sesso di un individuo. Le femmine hanno due cromosomi X nelle loro cellule, mentre i maschi hanno un cromosoma X e uno Y"3.

      Michelle Cretella, medico legale, presidente dell'American College of Pediatricians, spiega: "Il sesso viene determinato dal nostro DNA al momento del concepimento ed è impresso in ogni cellula del nostro corpo. La sessualità umana è binaria. O si ha un cromosoma Y e si diventa maschi, o non lo si ha e si diventa femmine. Ci sono almeno 6.500 differenze genetiche tra uomini e donne. Gli ormoni e la chirurgia non possono cambiare questo dato"4.

      Rari casi di deformazione degli organi sessuali possono essere corretti lecitamente con ormoni o interventi chirurgici. Tuttavia, si tratta di correggere un disturbo, non di cambiare il sesso di una persona.

      Una università che si vanta di essere una "comunità di istruzione superiore, impegnata nel raggiungimento dell’eccellenza e la distinzione nella scoperta, diffusione e applicazione della conoscenza " dovrebbe almeno rispettare i dati scientifici. Il suo rifiuto dell'evidenza e della scienza può essere spiegato solo con ragioni ideologiche o religiose.

      Un peccato di rivolta contro Dio

      Ogni tentativo di cambiare il proprio sesso (comunque destinato a fallire) segnala una rivolta contro Dio, che ci ha creati maschi o femmine5. Nella sua sapienza, Dio ha fatto ciò che era meglio per ogni individuo, uomo o donna, affinché Gli desse gloria in quella condizione.

      Padre Terrance Chartier, dei Frati Francescani dell'Immacolata, sottolinea la gravità morale dell'ideologia transgenderista e della sua attuazione: "Come ideologia, [il transgenderismo] contraddice la legge naturale e la rivelazione divina, quindi affermarla sarebbe peccaminoso, sarebbe in realtà un peccato contro il Primo Comandamento, quindi un peccato contro la virtù della fede, contro la verità divinamente rivelata sulla sessualità umana".

      Aggiunge che il ‘cambiamento di sesso’ è anche un peccato contro il Quinto Comandamento quando comporta mutilazioni o l'ingestione di droghe; contro l'Ottavo, poiché si mente agli altri apparendo di un sesso quando si è del sesso opposto6.

      Una università cattolica pro-omosessuale

      La posizione della Villanova University a favore dell'omosessualità era già nota ancor prima che imponesse il ‘linguaggio inclusivo’. In una sezione intitolata RISORSE LGBTQIA+, il suo sito web afferma che: "Come università cattolica, Villanova rispetta la dignità e la sacralità di ogni persona".

      Ma cosa sono questa "dignità" e questa "sacralità"?

      In questo contesto, la dichiarazione sembra riferirsi a persone che si vantano del peccato contro natura, dato che questa sezione del sito è seguita da una sottosezione dedicata a un gruppo all'interno dell'università che partecipa a sfilate dell’ ‘orgoglio’ omosessuale dove leggiamo:

      "Il V[illanova] U[niversity] Pride (ndr pride=orgoglio) è un gruppo di studenti, docenti e personale che lavora insieme per promuovere la consapevolezza e la celebrazione delle identità LGBTQIA+ nel campus"7.

      Motivazione religiosa eretica

      Nella sua Dichiarazione di Scopi, la Villanova University afferma che le sue attività sono "ispirate dalla vita e dall'insegnamento di Gesù Cristo"8.Tuttavia, promuovendo l'omosessualità, l'università predica e fa il contrario della vita e dell'insegnamento purissimi del Divino Maestro.

      Si può spiegare questa contraddizione solo se la concezione che l'università ha della "vita e dell'insegnamento di Gesù Cristo" è contraria al perenne insegnamento della Chiesa basato sulle Scritture, sulla Tradizione e sulla legge naturale. Insomma, si tratterebbe di una motivazione religiosa eretica.

      L'eresia appare chiaramente nel commento contenuto nella Dichiarazione di affermazione dei Villanoviani LGBTQ+sul sito web della Villanova University:

      “Noi, come studenti, docenti e personale della Villanova University, siamo costernati dalla recente dichiarazione del Vaticano che definisce le unioni omosessuali come un ‘peccato’... Ciò è particolarmente offensivo considerando che da tempo la Chiesa cattolica esclude le persone LGBTQ+"9.

      Da parte sua, il presidente dell'Università P. Peter M. Donohue OSA, afferma la stessa eresia in un messaggio ai membri della comunità di Villanova in cui inizia solidarizzando con gli omosessuali alle prese con una dichiarazione vaticana che presumibilmente metterebbe a rischio la loro sicurezza, dal momento che afferma che il ‘matrimonio’ tra persone dello stesso sesso è peccaminoso:

      “C'è un'altra comunità che si sente ferita e invalidata. Una recente dichiarazione del Vaticano motiva i membri della comunità LGBTQAI+ e i loro alleati a Villanova a chiedersi se sia sicuro e protetto il loro posto nel campus. Villanova afferma senza equivoci che tutte le persone sono benvenute nel nostro campus, specialmente quelle che soffrono esclusione".

      Egli afferma inoltre di credere che la comunità omosessuale abbia un valore intrinseco, negando la dottrina cattolica secondo cui l'omosessualità è peccaminosa: "Crediamo profondamente nell'umanità e nel valore intrinseco della comunità LGBTQAI+10.

      "Una preghiera per tutti i matrimoni”

      Piuttosto che considerare l'atto contro natura un peccato, questa eresia afferma che è motivo di orgoglio. La Dichiarazione di affermazione dei Villanoviani LGBTQ+ si conclude con una preghiera per tutti i ‘matrimoni’, compresi quelli adulterini e il cosiddetto ‘matrimonio omosessuale’:

      “Dio amorevole…ti ringraziamo per tutti i diversi tipi di matrimonio nel nostro mondo: giovani coppie che iniziano una vita insieme, ma anche coppie che celebrano decenni di amore, coppie risposate e coppie che si sono ritrovate più tardi nella vita, coppie i cui matrimoni sono riconosciuti dal nostro Stato e dalla nostra Chiesa e coppie dello stesso sesso a cui viene negato tale riconoscimento,ma che continuano a modellare coraggiosamente l'amore e l'impegno di fronte alla discriminazione... Ti chiediamo di riversare le Tue benedizioni su ogni matrimonio, indipendentemente dal genere o dall'orientamento sessuale"11.

      Il sostegno di Papa Francesco all'omosessualità e al transgenderismo

      Purtroppo, questa eresia è favorita da coloro che sono obbligati davanti a Dio e alla Chiesa a condannare l'errore e a respingere il peccato. In effetti, fin dall'inizio del suo pontificato, Francesco ha mostrato simpatia per l'omosessualità e il transgenderismo attraverso atti, gesti, atteggiamenti e omissioni.

      La più spettacolare di queste manifestazioni è avvenuta nel 2015, quando invitò due donne a fargli visita. Una di loro, dopo essersi sottoposta a un intervento chirurgico e aver fatto uso di ormoni, si presentò come un uomo e l'altra come una donna, presumibilmente ‘sua moglie’. Una fotografia dell'incontro in Vaticano fu pubblicata in tutto il mondo.

      Più tardi, il 2 ottobre 2016, il Papa argentino raccontò questa storia ai giornalisti sull'aereo di ritorno da Baku, in Azerbaigian, a Roma. Disse che una persona spagnola gli aveva scritto dicendo di essere una donna diventata uomo e sposata e che avrebbe voluto che lui ricevesse entrambi. Francesco si riferì in modo naturale alla donna ‘transgender’ chiamandola ‘lui’, come se fosse un uomo, e all'altra persona chiamandola ‘sua moglie’:

      “Poi (l’uomo) si è sposato. Ha cambiato la sua identità civile, si è sposato e mi ha scritto la lettera che per lui sarebbe stata una consolazione venire con la sua sposa: lui, che era lei, ma è lui. E li ho ricevuti”12.

      Eresia omosessuale e dittatura transgender

      Come il movimento omosessuale, anche il transgenderismo (una parte del movimento) cerca di costringere tutti ad accettare uno stile di vita deviato e di impedire qualsiasi critica ad esso. Ciò avviene attraverso leggi, regolamenti o pressioni sull'opinione pubblica.

      Il caso della Villanova University mostra come questa dittatura avanza. Negli ambienti cattolici, questa dittatura sarebbe irrealizzabile senza il sostegno di Francesco al movimento. Ora si impone usando motivazioni religiose. La storia ha dimostrato che la motivazione religiosa è una forza estremamente potente, anche quando è eretica.

      Tuttavia, questa terribile crisi che si sta diffondendo nella società e, soprattutto, nella Chiesa non deve scoraggiarci. Confidando nella Vergine Immacolata, continuiamo a combattere questa dittatura con ogni mezzo pacifico e legale per smascherare l'errore e il male che cerca di imporre.

      La Chiesa ha superato altre tempeste.

       

      Note

      1. Mission Statement Villanova University.
      2. Gender Inclusive Practices Guide.
      3. National Human Genome Research Institute, “Sex Chromosome” updated: 12 Settembre 2022.
      4. Michelle Cretella, “I’m a Pediatrician. Here’s What I Did When a Little Boy Patient Said He Was a Girl”, Intellectual Takeout, 11 Dicembre 2017.
      5. “(Dio) maschio e femmina li creò” Gn 5, 2.
      6. Transgenderism is a sin against at least four of the Ten Commandments: Franciscan Priest.
      7. LGBTQIA+RESOURCES.
      8. Mission Statement.
      9. Statement Affirming LGBTQ+ Villanovans LGBTQIA+ RESOURCES.
      10. An Antiracist Campus Community: A Message from Peter M. Donohue, OSA, Ph.D., 19 Marzo 2021.
      11. Statement Affirming LGBTQ+ Villanovans cit.
      12. Full text: Pope Francis’ in-flight press conference from AzerbaijanPope Francis calls woman with sex-change operation a ‘man’ and calls partners ‘married’.

       

      Attribuzione immagine: © Mazur/catholicnews.org.uk, CC BY-NC-ND 2.0

       

      Fonte: Tfp.org, 22 Settembre 2022. Traduzione a cura di Tradizione Famiglia Proprietà – Italia.

      © La riproduzione è autorizzata a condizione che venga citata la fonte.

    • Nuovi interrogativi su Papa Francesco

       

       

      di Roberto de Mattei

      Natale, si sa, è una stagione di buoni sentimenti ed è comprensibile che papa Francesco abbia scelto questo momento per entrare nelle case degli italiani, attraverso l’intervista che ha rilasciato il 18 dicembre a Canale 5 sul tema “Il Natale che vorrei”. I temi che ha toccato sono argomenti a cui ognuno è sensibile, come la guerra, la povertà, la fame, l’inverno demografico, lo sport, i bambini. Le sue osservazioni sono sembrate ispirate a un buon senso naturale, tralasciando però di toccare le questioni di fondo, in tema di fede e di morale, che pure interpellano ogni giorno la nostra vita quotidiana. Molti di questi problemi vengono affrontati in due libri, apparsi in questi giorni, che cercano di far chiarezza sul pontificato e sulla personalità di papa Francesco. Sono, va detto subito, studi rigorosi e non pamphlet. Il primo, dal titolo François, la conquête du pouvoir. Itinéraire d’un pape sous influences (Contretemps, Versailles 2022, pp. 386, 25 euro), è di Jean-Pierre Moreau, uno specialista francese della teologia della liberazione; il secondo, Super hanc petram. Il Papa e la Chiesa in un’ora drammatica della storia (Fiducia, Roma 2022, pp. 276, euro 22), si deve a padre Serafino Lanzetta, un valente teologo italiano, che esercita il suo ministero nel Regno Unito.

      Moreau va alla ricerca dei “maîtres à penser” di papa Francesco e li identifica negli artefici della “Teologia del Popolo”, un ramo della teologia latino-americana della liberazione ispirata al Patto delle Catacombe celebrato a Roma il 16 novembre 1965, quando una quarantina di vescovi, tra i quali monsignor Helder Câmara, proclamarono la necessità di tornare alla prassi del Gesù storico attraverso “una Chiesa serva e povera”. In quello stesso anno fu eletto generale della Compagnia di Gesù padre Pedro Arrupe, autore di un progetto di riforma della Chiesa che ne stravolgeva le fondamenta. Sia di mons. Câmara che di padre Arrupe è stata introdotta, sotto il pontificato di papa Francesco, la causa di beatificazione suscitando l’indignata sorpresa di conoscitori della teologia della liberazione, come Julio Loredo de Izcue, che si è giustamente chiesto se non ci troviamo di fronte a una «beatificazione del male».

      Secondo Moreau, l’arcivescovo di Buenos Aires Jorge Mario Bergoglio, divenuto nel 2013 papa Francesco, ispirandosi alla “teologia del Popolo”, si sarebbe proposto di realizzare il piano politico-religioso di Arrupe, interrotto nel 1981 dalle sue dimissioni e dal successivo commissariamento della Compagnia di Gesù da parte di Giovanni Paolo II. Ma Moreau risale ancora più indietro e rintraccia il vero mentore di Jorge Mario Begoglio nel dittatore argentino Juan Domingo Peron, che giocò un ruolo decisivo nella politica del suo paese tra il 1940 e la sua morte, nel 1975. Sotto questo aspetto papa Francesco sarebbe anzitutto un “peronista”, non un ideologo, ma un uomo d’azione pragmatico e populista, attratto dalla dimensione politica, prima che soprannaturale della fede cattolica.  

      Se l’approccio di Moreau è storico-politico, quello di padre Lanzetta è squisitamente teologico. Le parole e gli atti di papa Francesco sono esaminati nel suo libro con rigoroso spirito critico, ma anche con filiale devozione al Papato, mostrando il pericolo di far precedere la pastorale alla dottrina, l’agire all’essere, la persona del Papa all’istituzione della Chiesa. Molto penetranti sono le pagine che l’autore dedica alla nuova forma di Nominalismo, oggi diffuso, per cui le parole non corrispondono più alla realtà, ma sono usate per dire un’altra cosa rispetto al loro significato originario e autentico. Il Nominalismo è storicamente la strada maestra che porta al pragmatismo, cioè alla dissoluzione del pensiero, attraverso la dissoluzione del linguaggio. Gli stessi concetti di ortodossia ed eresia svaporano nel nominalistico primato della prassi. Sotto questo aspetto, più che la diffusione dell’eresia, il vero problema della Chiesa consiste oggi in quella che padre Lanzetta definisce efficacemente un’«apostasia liquida», che affonda le sue radici nel tentativo di separare «l’aspetto dottrinale della Rivelazione da quello pastorale, vedendo il cominciamento della predicazione non nelle verità da credere ma nel come credere, giudicandone l’opportunità e le modalità».

      La crisi religiosa è dunque profonda, ma lo stesso papa Francesco, nell’Angelus di domenica 18 dicembre, ha affermato che nelle epoche di crisi Dio apre prospettive nuove, che noi prima non immaginavamo, magari non come noi ci aspettiamo, ma come Lui sa. Chi si sarebbe atteso, ad esempio le dichiarazioni rilasciate quello stesso 18 dicembre al quotidiano spagnolo ABC ?

      Il Papa che all’epoca del Sinodo postamazzonico del 2019 aveva contrapposto la saggezza dei nativi all’arroganza dei conquistadores spagnoli, oggi dice che: «L’ermeneutica per interpretare un evento storico deve essere quella del suo tempo, non quella attuale. È ovvio che lì (in America Latina, n.d.r.)  sono state uccise delle persone, è ovvio che c’è stato uno sfruttamento, ma anche gli indiani si sono uccisi a vicenda. L’atmosfera di guerra non fu esportata dagli spagnoli. E la conquista apparteneva a tutti. Distinguo tra colonizzazione e conquista. Non mi piace dire che la Spagna ha semplicemente “conquistato”. È discutibile, quanto volete, ma ha colonizzato. Se si leggono le direttive dei re spagnoli dell’epoca su come dovevano agire i loro rappresentanti, nessun re di nessun altro Paese fece tanto. La Spagna entrò nel territorio, gli altri Paesi imperiali rimasero sulla costa. La Spagna non ha fatto pirateria. Bisogna tenerne conto. E dietro a questo c’è una mistica. La Spagna è ancora la Madrepatria, cosa che non tutti i Paesi possono dire». Ha ragione Marcello Veneziani quando dice che papa Francesco sta cambiando da qualche tempo le sue posizioni (“La Verità”, 17 dicembre 2022) o ci troviamo di fronte allo svolgimento di un programma politico ispirato a una coerente filosofia della prassi?

      Fonte: Corrispondenza Romana, 28 Dicembre 2022.

    • Papa Francesco aumenta la confusione sul peccato omosessuale

       

       

      di Luiz S. Solimeo

      Papa Francesco ha inaugurato un nuovo tipo di magistero: le interviste ai media. Nelle conversazioni rilasciate ai giornalisti affronta argomenti dottrinali complessi che richiedono precisione e chiarezza.

      "Parole talismaniche"

      I giornalisti cercano di raccogliere le sue espressioni confuse alla ricerca di frasi da trasformare in titoli per i loro organi di informazione, che poi verranno diffuse in tutto il mondo. Questi slogan potrebbero essere chiamati "parole talismaniche", nel senso spiegato dal Prof. Plinio Corrêa de Oliveira nella sua famosa opera "Trasbordo ideologico inavvertito e dialogo": "Una parola talismanica è una parola il cui significato legittimo è amichevole e, a volte, persino nobile, ma è anche una parola con una certa elasticità. Quando viene usata in modo tendenzioso, brilla di un nuovo splendore, affascinando l’ascoltatore e portandolo molto più lontano di quanto potesse immaginare”1.

      "Chi sono io per giudicare?"

      Nel 2013, il primo anno del suo pontificato, durante un'intervista con i giornalisti sull'aereo di ritorno a Roma dalla sua visita in Brasile, Papa Francesco pronunciò la famosa frase: "Chi sono io per giudicare?”2, trasformata immediatamente in un clamoroso titolo di giornale.

      Questa espressione talismanica è divenuta famosa. Caratterizza l'insegnamento del Papa sui peccati contro natura. Padre James Martin, il principale promotore del movimento omosessuale tra i gesuiti, afferma che l'espressione di Papa Francesco ha segnato "un drammatico cambiamento di tono rispetto ai papi precedenti", che di solito utilizzavano un "linguaggio condannatorio e accusatorio". "Penso che questo sia stato l'inizio dell'apertura della porta del suo pontificato alle persone LGBT"3.

      "Essere omosessuali non è un crimine"

      Quasi dieci anni dopo, l'ultima frase di Papa Francesco sull'omosessualità ha suscitato lo stesso entusiasmo nei media e nel movimento omosessuale. In una lunga intervista del 24 gennaio 2023 con Nicole Winfield dell'Associated Press, ha dichiarato che essere omosessuali non è un crimine ma un peccato. Tuttavia, gran parte dei media ha messo in evidenza solo la prima parte dell'affermazione, cioè, che l'omosessualità non è un crimine4.

      La dichiarazione viene fatta in un contesto confuso in cui l'aspetto peccaminoso dell'atto omosessuale sembra non avere una reale importanza. Guardiamo la trascrizione in spagnolo, la lingua in cui Papa Francesco ha rilasciato l'intervista. Egli afferma: "Siamo tutti figli di Dio, e Dio ci vuole così come siamo e con la forza con cui ognuno di noi lotta per la propria dignità”5.

      L'affermazione che siamo tutti figli di Dio e che, quindi, "Dio ci vuole così come siamo" è molto ambigua. Sembra insinuare che lo stato morale di una persona e lo stato gravemente peccaminoso di coloro che compiono atti omosessuali non abbiano importanza per il Creatore.

      Ora, come spiega il Catechismo del Concilio di Trento, per analogia, in quanto Creatore, Dio può essere chiamato Padre di ogni essere umano. Tuttavia, solo una persona in stato di grazia è veramente un "figlio adottivo" di Dio6.  San Giovanni è categorico: "Da questo si distinguono i figli di Dio dai figli del diavolo: chi non pratica la giustizia non è da Dio” (1Gv 3,10).

      D'altra parte, l'autentica dignità umana deriva dalla pratica della virtù, non del vizio. Il peccato, che è un'offesa a Dio, non dà nessuna dignità all'uomo.

      Poi viene l'affermazione tanto diffusa: "Essere omosessuali non è un crimine. Non è un crimine. Sì, ma è un peccato. Bene, prima di tutto distinguiamo il peccato dal crimine". E ha aggiunto: "Ma anche la mancanza di carità verso il prossimo è un peccato. Come vi comportate a questo proposito?”7.

      Sebbene Papa Francesco dica che l'omosessualità è un peccato, sembra insinuare che è un peccato come un altro, ad esempio, "la mancanza di carità verso il prossimo". Inoltre, nel chiedere "Come vi comportate a questo proposito?", implica che tutti peccano in un modo o nell'altro, quindi sarebbe sbagliato concentrarsi in modo particolare sugli atti omosessuali. Ma poiché la pratica della sodomia mina gravemente l'ordine morale, è stata inclusa tra quei "peccati che gridano vendetta al cielo". Secondo le Scritture, questi peccati sono l'omicidio volontario (Gen 4,10), la sodomia (Gen 19, 13), l'oppressione delle vedove e degli orfani (Es 22, 22 e sgg.) e la privazione del giusto salario ai lavoratori (Dt 24, 17 e sgg.; Gc 5, 4)"8.

      Poco dopo, ripete: "Essere omosessuali non è un crimine. È una condizione umana"9. Anche se questa frase non è chiara, Papa Francesco sembra dire che l'essere omosessuale fa parte della condizione umana e, pertanto, non può essere censurata penalmente o moralmente.

      La lettera a padre James Martin

      Tra i media a favore dell'omosessualità che hanno commentato l'intervista dell'AP c'è Outreach.Faith, un sito web cattolico LGBTQ fondato e diretto da padre James Martin10. Il noto gesuita non era soddisfatto dell'affermazione di Papa Francesco secondo cui l'omosessualità "non è un crimine" perché seguita dall'osservazione che è "un peccato". Si è affrettato a scrivere al Papa, chiedendo un chiarimento.

      Padre Martin ha chiesto al Papa: "Pensa che essere gay sia semplicemente un peccato?". Nella sua risposta scritta a mano, Papa Francesco cerca di giustificarsi per non essere stato chiaro e preciso: "In un'intervista televisiva, dove abbiamo parlato con un linguaggio naturale e colloquiale, è comprensibile che non ci siano definizioni così precise". Nell'affermare che l'omosessualità è un peccato, dice Papa Francesco, "mi riferivo semplicemente all'insegnamento morale cattolico, che afferma che ogni atto sessuale al di fuori del matrimonio è un peccato. Ovviamente, si devono tenere presenti le circostanze, che diminuiscono o annullano la colpa"11.

      Ciò che è intrinsecamente cattivo sarà sempre peccaminoso

      La morale cattolica tradizionale ha sempre sostenuto che un atto intrinsecamente cattivo non cessa di essere peccaminoso a causa delle circostanze. Giovanni Paolo II lo afferma nella sua enciclica Veritatis splendor: "Insegnando l'esistenza di atti intrinsecamente cattivi, la Chiesa accoglie la dottrina della Sacra Scrittura. L'apostolo Paolo afferma in modo categorico: «Non illudetevi: né immorali, né idolatri, né adulteri, né effeminati, né sodomiti, né ladri, né ubriaconi, né maldicenti, né rapaci erediteranno il Regno di Dio»” (1Cor 6, 9-10).

      Il Papa polacco prosegue: "Se gli atti sono intrinsecamente cattivi, un'intenzione buona o circostanze particolari possono attenuarne la malizia, ma non possono sopprimerla: sono atti «irrimediabilmente» cattivi, per se stessi e in se stessi non sono ordinabili a Dio e al bene della persona: «Quanto agli atti che sono per se stessi dei peccati (cum iam opera ipsa peccata sunt) — scrive sant'Agostino —, come il furto, la fornicazione, la bestemmia, o altri atti simili, chi oserebbe affermare che, compiendoli per buoni motivi (causis bonis), non sarebbero più peccati o, conclusione ancora più assurda, che sarebbero peccati giustificati?»”12.

      E la salvezza delle anime?

      Notiamo che, in questa e in altre interviste, Papa Francesco non sembra preoccuparsi dell'obiettivo proprio della Chiesa: la salvezza delle anime. Si occupa di tutto - politica, economia, ecologia - ma non menziona, quando si tratta di morale, la necessità della conversione e della pratica della virtù.

      In questa intervista, usa la parola conversione solo per riferirsi ai vescovi africani che sono favorevoli alle leggi che criminalizzano la pratica omosessuale e alla propria conversione nella lotta contro gli abusi sessuali all'interno della Chiesa. Tuttavia, non dice che le persone che compiono atti omosessuali dovrebbero convertirsi.

      Due pesi e due misure

      Nel settembre 2016, quattro cardinali, Raymond Leo Burke, Patrono del Sovrano Ordine di Malta, Walter Brandmüller, ex presidente del Pontificio Comitato di Scienze Storiche, Joachim Meisner, ex arcivescovo di Colonia, e Carlo Caffarra, ex arcivescovo di Bologna, presentarono una serie di Dubia [dubbi] a Papa Francesco su punti dottrinali trattati in modo ambiguo nell'esortazione apostolica Amoris Laetitia13. Oggi, sei anni dopo, Papa Francesco non ha ancora risposto pubblicamente a quei Dubia dei cardinali, due dei quali, Meisner e Caffarra, sono già morti.

      Tuttavia, Papa Francesco ha risposto immediatamente al dubium di p. J. Martin sul fatto che l'omosessualità sia un peccato. L'intervista all'Associated Press è stata rilasciata il 24 gennaio e p. Martin ha ricevuto la suddetta risposta scritta a mano, tanto affettuosa come confusa, alla sua domanda il 27 dello stesso mese.

      La Legge di Dio è immutabile

      L'ambiguità e la confusione dottrinale non fanno parte del magistero perenne della Chiesa. La sua guida, lo Spirito Santo, è uno "Spirito di verità" (Gv16, 13). Inoltre, come insegna il Concilio Vaticano I nel definire l'infallibilità papale, "Lo Spirito Santo infatti, non è stato promesso ai successori di Pietro per rivelare, con la sua ispirazione, una nuova dottrina, ma per custodire con scrupolo e per far conoscere con fedeltà, con la sua assistenza, la rivelazione trasmessa dagli Apostoli, cioè il deposito della fede"14.

      Nella fitta nebbia dottrinale, invochiamo Maria

      Per quanto fitte siano le nebbie con le quali la Divina Provvidenza ha misteriosamente permesso che venisse avvolta la Santa Madre Chiesa, mettendo alla prova la nostra fede in questa terribile crisi, non dimentichiamo le parole di Nostro Signore: "Io sono con voi tutti i giorni, fino alla consumazione del mondo" (Mt 28, 20).

      A Fatima, Maria Santissima ha promesso: "infine il mio Cuore Immacolato trionferà". Possa Ella concederci il coraggio e la fedeltà di attenerci al magistero perenne della Chiesa e di non lasciarci fuorviare dalle dichiarazioni confuse di Papa Francesco.

      Attribuzione immagine: © Mazur/catholicnews.org.uk, Flickr, CC BY-NC-ND 2.0.

       
      Note
      1. Plinio Corrêa de Oliveira, Unperceived Ideological Transshipment and Dialogue.
      2. Tracy Connor, “‘Who Am I to Judge?’: The Pope’s Most Powerful Phrase in 2013” NBC News, Dec. 22, 2013.
      3. How Pope Francis Is Changing the Vatican’s Tone on LGBT people” America–The Jesuit Review, consultato il 3 febbraio 2023, (4:36–38).
      4. Transcripción de la entrevista de AP con el papa Francisco” Associated Press, 25 gennaio,2023 (traduzione nostra).
      5. “Transcripción” Associated Press, 25 gennaio 2023.
      6. Vedere The Catechism of The Council of Trent (Rockford, Ill.: Tan Books and Publishers, Inc., 1982), 20–21.
      7. “Transcripción”.
      8. Dom Gregory Manise, O.S.B., s.v. “Sins That Cry to Heaven for Vengeance” in Dictionary of Moral Theology, comp. Francesco Cardinal Roberti, ed. Pietro Palazzini, trans. Henry J. Yannone (Westminster, Md.: Newman Press, 1962).
      9. “Transcripción”.
      10. D. Long-García, “‘Outreach’ Website Hopes to Inspire Online L.G.B.T. Community for Catholics” America, 2 maggio 2022.
      11. Pope Francis Clarifies Comments on Homosexuality: ‘One must consider the circumstances’” Outreach.faith, 27 gennaio 2023 (traduzione nostra).
      12. Papa Giovanni Paolo II, Veritatis splendor, n. 81 (grassetti nostri).
      13. Vedere Edward Pentin, “Full Text and Explanatory Notes of Cardinals’ Questions on ‘Amoris Laetitia’: The Full Documentation Relating to the Cardinals’ Initiative, Entitled ‘Seeking Clarity: A Plea to Untie the Knots in Amoris Laetitia’” National Catholic Register, 14 novembre 2016.
      14. Costituzione Dogmatica Pastor Aeternus, Pio IX.

       

      Fonte: Return to Order, 8 Febbraio 2023.  Traduzione a cura di Tradizione Famiglia Proprietà – Italia.

      © La riproduzione è autorizzata a condizione che venga citata la fonte.

    • Papa Francesco condannerà l'omoeresia dei vescovi belgi?

       

       

      di Luiz Sérgio Solimeo

      Il 20 settembre di quest'anno, i vescovi delle Fiandre, in Belgio, hanno approvato e pubblicato una liturgia per benedire e celebrare l'unione di coppie dello stesso sesso. Un comunicato intitolato "Le persone omosessuali sono pastoralmente vicine, per una Chiesa ospitale che non esclude nessuno"1 è stato firmato dal cardinale Josef De Kesel di Mechelen-Bruxelles, dal vescovo Johan Bonny di Anversa, dal vescovo Lodewijk Aerts di Bruges, dal vescovo Lode Van Hecke di Gand e dal vescovo Patrick Hoogmartens di Hasselt.2

      Essi fondamentano la parte dottrinale del loro documento nell'Esortazione apostolica post-sinodale Amoris laetitiae di Papa Francesco. Infatti, dicono di sentirsi "sostenuti dall'esortazione apostolica Amoris laetitia, che Papa Francesco ha scritto dopo il Sinodo dei Vescovi del 2015" e che "in Amoris laetitia,Papa Francesco afferma esplicitamente che ogni essere umano, indipendentemente dal suo orientamento sessuale,deve essere rispettato nella sua dignità e trattato con rispetto (AL 250)".

      Per questo motivo, aggiungono, "l'attenzione pastorale della comunità ecclesiale riguarda in modo speciale le persone omosessuali".

      I vescovi fiamminghi manifestano apprezzamento sia per coloro che mantengono la castità che per coloro che vivono "in coppia". Nel documento si legge: "Alcuni rimangono celibi. Meritano il nostro apprezzamento e il nostro sostegno. Altri preferiscono vivere in coppia, in un'unione duratura e fedele con un partner. Anche loro meritano il nostro apprezzamento e il nostro sostegno".

      L'espressione "vivere in coppia" ["te leven als koppel"] è normalmente usata per indicare un uomo e una donna che vivono come marito e moglie. Tuttavia, il contesto liturgico della "liturgia" che i vescovi belgi fiamminghi hanno inventato è quello di due persone dello stesso sesso che vivono "more uxorio".

      Mimando il sacramento del matrimonio

      Nonostante la sua dichiarazione introduttiva pro-forma, la liturgia stabilita dai prelati fiamminghi imita nella sua struttura e nelle sue parole la cerimonia del matrimonio sacramentale tra un uomo e una donna3.

      Secondo le "rubriche", una "coppia" dello stesso sesso (due uomini o due donne) si posiziona davanti alla comunità e invoca Dio come testimone del proprio impegno all'unità:

       

      - “Parola di apertura

      - Preghiera di apertura

      - Lettura delle Scritture

      - Impegnodelle due persone coinvolte. Insieme esprimono davanti a Dio il loro impegno reciproco”4.

       

      Segue la formula del fidanzamento:

      "Dio dell'amore e della fedeltà, oggi siamo davanti a Te circondati da familiari e amici. Ti ringraziamo per averci fatto incontrare. Vogliamo essere presenti l'uno per l'altro in tutte le circostanze della vita. Esprimiamo qui con fiducia che vogliamo lavorare giorno per giorno per la felicità dell'altro. Ti preghiamo: concedici la forza di essere fedeli l'uno all'altro e di approfondire il nostro impegno. . . ."5.

       

      Poi, la comunità invoca Dio e un sacerdote o un diacono benedice la nuova "coppia":

      "Preghiera comunitaria. La comunità prega affinché la grazia di Dio sia operativa in loro per prendersi cura gli uni degli altri e della comunità più ampia in cui vivono. Per esempio:

      "Dio e Padre, oggi raccomandiamo N. e N. con la nostra preghiera. Tu conosci i loro cuori e il cammino che faranno insieme d'ora in poi. Rendi forte e fedele il loro impegno reciproco. Fa' che l'amore che condividono li ricolmi di gioia e li renda utili alla nostra comunità. Dacci la forza di camminare con loro, insieme, sulle orme del tuo Figlio e rafforzati dal tuo Spirito"6.

      Seguono le preghiere finali e la benedizione.

      Una parodia sacrilega

      Pur avendo istituito una cerimonia simile al matrimonio, i vescovi fiamminghi aggiungono una avvertenza che suona come una beffa: "Inoltre, dovrebbe essere chiara la differenza da ciò che la Chiesa intende come matrimonio sacramentale.”7 Che differenza c'è tra il matrimonio sacramentale e un atto altamente solenne davanti a Dio, alla Chiesa e dei testimoni, per "impegnarsi l'uno con l'altro"?

      Perché allora fare una tale imitazione quando i vescovi fiamminghi sanno che questa cerimonia non è un matrimonio sacramentale? La realtà invece è che si tratta di una parodia sacrilega del sacramento del matrimonio, con la benedizione di un'unione innaturale. Pur affermando che non si tratta del sacramento del matrimonio, i vescovi, nella benedizione finale, lasciano intendere che questa unione tra due omosessuali è buona, persino santa, e meritevole della benedizione di Dio. Così non si fa altro che confermare che è un'unione scandalosa e offensiva per Dio8.

      Gli atti omosessuali sono un peccato contro il sesto comandamento. Tuttavia, sono un peccato particolarmente grave. Come dice San Tommaso d'Aquino, "se i peccati della carne sono comunemente censurati perché con essi l'uomo si abbassa ai suoi aspetti animali, molto di più si deve dire del peccato contro natura, con il quale egli si abbassa al di sotto della natura animale"9.

      Eresia omosessuale o "omoeresia"

      Di conseguenza, è un'eresia sostenere che gli atti omosessuali non sono peccaminosi e affermare con parole, azioni, gesti, atteggiamenti o omissioni che essi sono buoni e meritano di essere benedetti da Dio. Ciò si scontra con la Rivelazione delle Scritture e con l'insegnamento della Chiesa, dei suoi dottori e dei suoi santi10.

      Dato il loro profondo legame, non si può cambiare la lex agendi (che regola la morale) o la lex orandi (che regola il culto divino) senza modificare la lex credendi(che regola le credenze). Di conseguenza, chi accetta gli atti omosessuali come buoni e li esalta diventa un eretico che non può affermare di essere fedele alla verità né di adorare il Dio vivo e vero che distrusse Sodoma e Gomorra a causa di questo peccato (cfr. Gen 18-19).

      Per questo motivo, il cardinale Gerhard L. Müller ha dichiarato: "La dichiarazione dell'episcopato fiammingo e gli sforzi simili in altre parti del mondo sono una trasgressione formale della competenza rispetto alla Chiesa universale e un'opposizione eretica alla verità rivelata della benedizione specifica (bene-dizione) del Creatore sul matrimonio tra un uomo e una donna (Gen 1, 28)"11.

      Nel 2012, p. Dariusz Oko, Ph.D., professore di teologia presso la Pontificia Accademia di Teologia (Pontificia Università Giovanni Paolo II) di Cracovia, pubblicò un celebre articolo in cui coniò l'espressione "omoeresia" per designare questo errore che si stava diffondendo nella Chiesa. Scriveva padre Oko: "Non abbiamo a che fare solo con il problema di una omo-ideologia e di una omo-lobby al di fuori della Chiesa, ma anche con un problema analogo al suo interno, dove la omo-ideologia prende i connotati di un'omoeresia"12.

      Orbene, il peccato di eresia è ancora più grave del peccato innaturale della carne. San Tommaso dice che esso partecipa al più grave dei peccati, l'odio verso Dio, poiché l'eresia, il rifiuto della verità rivelata, costituisce un atto di rivolta contro Dio, per la cui autorità crediamo in ciò che Egli ha rivelato. Rifiutando la verità rivelata, l'eretico sostituisce sé stesso a Dio13.

      I vescovi belgi saranno puniti?

      Il 22 febbraio 2021, la Congregazione per la Dottrina della Fede rispondeva negativamente alla domanda se fosse possibile benedire una "coppia" omosessuale. Il dicastero spiegava che non si può invocare la benedizione di Dio su una situazione gravemente peccaminosa e il Papa approvò questa risposta14.

      Nonostante questo documento della Santa Sede, le cerimonie di benedizione di "coppie" omosessuali, come la liturgia dei vescovi fiamminghi, si stanno diffondendo e diventano frequenti.

      I vescovi, i sacerdoti, i diaconi, i religiosi e i laici coinvolti in questi atti sacrileghi e implicitamente eretici saranno puniti? Continueranno a offendere gravemente Dio? Nell'attuale pontificato, data la nota apertura di Papa Francesco all'omosessualità e al transgenderismo, una domanda del genere rischia di essere solo retorica15.

      Non dimentichiamo, tuttavia, che la Genesi insegna come Dio punì Sodoma e Gomorra per il peccato di omosessualità: "quand'ecco il Signore fece piovere dal cielo sopra Sòdoma e sopra Gomorra zolfo e fuoco proveniente dal Signore. Distrusse queste città e tutta la valle con tutti gli abitanti delle città e la vegetazione del suolo” (Gen 19, 24-25).

      A Fatima, la Madonna avvertì che se l'umanità non avesse smesso di peccare, sarebbe arrivato un grande castigo, ma il suo Cuore Immacolato avrebbe infine trionfato. Preghiamola affinché questa terribile prova che affligge i suoi figli finisca al più presto e trionfi lo splendore della verità e della piena virtù.

       

      Note

      1. Vescovi delle Fiandre, “Homoseksuele personen pastoraal nabij zijn: Voor een gastvrije Kerk, die niemand uitsluit” [Come essere vicini pastoralmente alle persone omosessuali: per una Chiesa accogliente che non esclude nessuno, 20 settembre 2022 - traduzione nostra].
      2. Catholic News Service, Bishops in Belgium authorize prayer for committed gay couples, 10/3/22.
      3. “Dovrebbe essere chiara anche la differenza da ciò che la Chiesa intende come matrimonio sacramentale”. Vescovi delle Fiandre, “Homoseksuele personen”.
      4. Vescovi delle Fiandre (enfasi nostra).
      5. Vescovi delle Fiandre (enfasi nostra).
      6. Vescovi delle Fiandre (enfasi nostra).
      7. Vescovi delle Fiandre (enfasi nostra).
      8. Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2357: “Appoggiandosi sulla Sacra Scrittura, che presenta le relazioni omosessuali come gravi depravazioni, [Cfr Gen 19,1-29; Rm 1,24-27; 1Cor 6,10; 1Tm 1,10] la Tradizione ha sempre dichiarato che "gli atti di omosessualità sono intrinsecamente disordinati". Sono contrari alla legge naturale. Precludono all'atto sessuale il dono della vita. Non sono il frutto di una vera complementarità affettiva e sessuale. In nessun caso possono essere approvati” (enfasi nostra).
      9. Thomas Aquinas, Super Epistolam B. Pauli ad Romanos, cap. 1, lec. 8, I˚ (traduzione nostra).
      10. Si vedano, ad esempio, Gen 19, 1-33; Lev 19, 22; Ef 5, 21-32; Rm 1, 24-32; 1Cor 6, 9-11; Eb 13, 4. Una sintesi dell'insegnamento della Chiesa sul peccato di omosessualità è riportata in TFP Committee on American Issues, Defending a Higher Law: Why We Must Resist Same-Sex "Marriage" and the Homosexual Movement (Spring Grove, Penn.: The American Society for the Defense of Tradition, Family, and Property, 2012).
      11. Maike Hickson, “Müller Condemns Belgian Bishops’ Push for Same-Sex Blessings as ‘Heretical Opposition to the Revealed Truth’ ” LifeSiteNews.com, 22 settembre 2022 (enfasi nostra).
      12. Dariusz Oko, “With the Pope Against the Homoheresy”, Rorate-caeli.blogspot.com, 16, 2013.
      13. Vedere Summa Theologica, II—II, q. 11, a. 1, c.; idem q. 34, a. 1 e a. 2.
      14. Responsum della Congregazione per la Dottrina della Fede ad un dubium circa la benedizione delle unioni di persone dello stesso sesso, 15 marzo 2021.
      15. Luiz Sérgio Solimeo, “Francis’s Responsibility Facing Homosexual Heresy and the Transgender Dictatorship”, TFP.org, 22 settembre 2022.

       

      Fonte: Tfp.org, 13 Ottobre 2022. Traduzione a cura di Tradizione Famiglia Proprietà – Italia.

      © La riproduzione è autorizzata a condizione che venga citata la fonte

    • Papa Francesco contribuisce alla nostalgia della Chiesa che fu

       

       

       

      di Federico Catani

      «Il problema attuale della Chiesa è la non accettazione del Concilio». Questa la sfida che secondo papa Francesco deve affrontare il mondo cattolico oggi. Lo ha detto incontrando i direttori delle riviste culturali europee dei Gesuiti lo scorso 19 maggio, in Vaticano. Il testo dell’udienza si può leggere sul sito internet de La Civiltà Cattolica, dove è stato pubblicato il 14 giugno. E se la stampa finora ha dato ampio risalto alle parole del Papa sul conflitto russo-ucraino – che peraltro non aggiungono molto a quanto già dichiarato in altre interviste – degne di nota sono le riflessioni sulla situazione della Chiesa.

      Francesco denuncia una tendenza al “restaurazionismo”, specialmente negli Stati Uniti. «Il Concilio che alcuni pastori ricordano meglio è quello di Trento. E non è un’assurdità quella che sto dicendo – ha affermato -. Il restaurazionismo è arrivato a imbavagliare il Concilio [Vaticano II ndr.]». Pertanto, «è molto difficile vedere un rinnovamento spirituale usando schemi molto antiquati». Nella Chiesa quindi c’è un problema. Ma non si tratta delle chiese sempre più vuote, specie dopo l’emergenza Covid; o dei seminari chiusi per mancanza di vocazioni; o del caos dottrinale, aumentato notevolmente nell’ultimo decennio; oppure degli scandali finanziari e sessuali. No. A preoccupare Francesco sono piuttosto «idee, comportamenti che nascono da un restaurazionismo che in fondo non ha accettato il Concilio. Il problema è proprio questo: che in alcuni contesti il Concilio non è stato ancora accettato». Eppure, dati alla mano, proprio quegli istituiti e quelle realtà più fedeli alla tradizione cattolica (e che non accettano solo certe derive post-conciliari) registrano una notevole fioritura di vocazioni e di fedeli, tra cui molti giovani.

      Come modello da seguire, il gesuita Bergoglio addita padre Pedro Arrupe, Preposito Generale della Compagnia di Gesù nei turbolenti anni del post-Concilio (dal 1965 al 1983), la cui voce profetica sarebbe stata contrastata da «una reazione conservatrice», la stessa che sta minacciando la Chiesa oggi, «soprattutto con i tradizionalisti».

      Padre Arrupe, di cui nel 2019 è stato aperto il processo di beatificazione, era un sostenitore della teologia della liberazione, sebbene nella sua versione più “moderata”, contraria ad esempio alla lotta armata. Tuttavia, su quei temi sono noti i contrasti con Giovanni Paolo II. Arrupe, celebre per le sue aperture, guidò i Gesuiti proprio nel periodo in cui la l’Ordine scelse di impegnarsi per le cause più progressiste, vedendo peraltro molti suoi membri lasciare l’abito.

      Per dimostrare la fedeltà al papato del suo vecchio superiore, Francesco ha fatto cenno al discorso tenuto da Paolo VI il 3 dicembre 1974 in occasione della XXXII Congregazione Generale dei Gesuiti. Ha però dimenticato di dire che il suo predecessore sulla cattedra di Pietro non aveva mancato di muovere alcuni rimproveri alla Compagnia, allora in piena crisi di identità e infatuata dalle mode del tempo, quali la simpatia per il marxismo, un certo umanesimo profano, il dubbio sistematico, l’amore alla novità per se stessa, il relativismo.

      Non solo. A ben vedere, Paolo VI sembra contraddire Francesco anche in un altro punto. Mentre Bergoglio, sempre nel discorso di cui sopra, afferma che «la realtà è superiore all’idea, e quindi bisogna dare idee e riflessioni che nascono dalla realtà», rivolgendosi ai Gesuiti degli anni Settanta papa Montini metteva in guardia dal «prevalere dell’agire sull’essere; dell’agitazione sulla contemplazione; dell’esistenza concreta sulla speculazione teorica». Perché, in realtà, custodire e difendere dogmi e principi, non è in contrasto con la carità e l’azione pastorale. Sono due aspetti complementari della fede cattolica.

      Infine, Francesco si è soffermato sul cammino sinodale tedesco, su cui molti vescovi hanno già sollevato le loro preoccupazioni a causa delle derive scismatiche verso una sostanziale protestantizzazione della Chiesa in Germania. In questo caso il Papa non ha usato quei toni duri cui è solito ricorrere con i cosiddetti “restauratori”. Si è mostrato cauto, invitando la Conferenza episcopale tedesca a procedere senza troppi strappi. «Il problema – ha detto – sorge quando la via sinodale nasce dalle élite intellettuali, teologiche, e viene molto influenzata dalle pressioni esterne». Tuttavia, quelle stesse élite e pressioni sembrano avere il loro peso anche nelle scelte di questo pontificato.

      Un pontificato che, eterogenesi dei fini, ha contribuito in maniera decisiva al crescere di quel movimento “restaurazionista” inviso a Francesco.    

       

      Fonte: L’Identità, 18 giugno 2022. 

    • Papa Francesco definisce Cuba un simbolo. Di cosa?

       

       

      di John Horvat

      In un servizio streaming di Televisa-Univision, le dichiarazioni fatte dal Papa non possono non aver suscitato costernazione in coloro che soffrono in questa isola-prigione comunista.

      "Amo molto il popolo cubano", ha detto Francesco. "Confesso anche che mantengo una relazione umana con Raúl Castro". Il suo riferimento a Raúl Castro è come dire che, pur amando i detenuti di questa prigione, si dà bene con il direttore responsabile delle loro sofferenze. Ad aumentare la confusione, il Papa ha definito Cuba "un simbolo" e un Paese con "una grande storia".

      I commenti arrivano a poco più di un anno dalle più grandi proteste antigovernative che il Paese avesse visto da decenni per chiedere la liberazione dal comunismo. Le proteste erano state così intense che molti avevano pensato che la fine del regime potesse essere in vista. Tuttavia, il regime comunista represse brutalmente le manifestazioni pacifiche. Molti manifestanti furono sottoposti ad arresti arbitrari, torture e pene detentive draconiane. Il Vaticano e l'Occidente hanno lasciato passare quell'anniversario senza commenti.

      Nel frattempo, la miseria continua. Una recente epidemia di dengue dimostra quanto sia grave la situazione e quanto l'Occidente sia indifferente alle sofferenze di Cuba.

      La malattia di dengue si trasmette in modo virale dalle zanzare e provoca febbre, vomito e persino la morte. La prevenzione e il trattamento della febbre dengue non sono cose complicate nella maggior parte dei Paesi moderni. I programmi di fumigazione e di eradicazione delle zanzare di solito impediscono una diffusione significativa della malattia. Sebbene non esista un trattamento specifico per la febbre dengue, la diagnosi precoce e un adeguato trattamento ospedaliero ne attenuano gli effetti e riducono al minimo i decessi nella maggior parte dei Paesi normali.

      Tuttavia, Cuba non è un Paese normale e tutto sembra cospirare contro un trattamento medico adeguato.

      Per cominciare, la maggior parte delle agenzie governative ha rapporti contrastanti sull'estensione della malattia. Nessuno sa quanti ne siano affetti, poiché il sistema sanitario non dispone di materiale per i test. Le statistiche governative sono notoriamente inaffidabili. I video condivisi sui social media da cubani sofferenti presentano un quadro più accurato della devastazione della malattia e della pressione sul sistema sanitario pubblico. Scene drammatiche al pronto soccorso e negli ospedali mostrano l'impotenza della maggior parte dei malati, poiché i medici non hanno nulla da offrire.

      A contribuire all'epidemia di dengue è l'indisponibilità di farmaci e servizi semplici. Non ci sono reti di protezione alle finestre per tenere lontane le zanzare. Le persone usano acqua conservata in modo improprio nelle loro case, poiché la maggior parte ha un accesso limitato all'acqua corrente. I repellenti e le zanzariere non sono facilmente a portata della popolazione. Mancano anche il larvicida e il diesel necessario per la fumigazione.

      Le cose peggiorano se la persona infetta da dengue arriva in ospedale. I pazienti devono portarsi la propria biancheria da letto. In molti ospedali mancano l'acqua corrente e le forniture di base come guanti, siringhe e altri materiali. Scarseggiano le medicine che altrove sono facilmente disponibili nelle farmacie. La mancanza di gas influisce sui servizi di ambulanza per il trasporto dei pazienti che necessitano di cure urgenti.

      A peggiore ulteriormente la situazione ci sono i blackout elettrici che durano diverse ore al giorno. I funzionari danno la colpa a un "deficit di produzione di energia", il che significa che diversi impianti di generazione non sono funzionanti perché, come per la maggior parte delle altre infrastrutture del Paese, mancano di manutenzione o riparazione. Anche la cronica carenza di cibo e i disordini civili contribuiscono al disastro.

      Si tratta chiaramente di un Paese che vive in uno stato di emergenza e che ha bisogno di aiuto. Tuttavia, vive in questo stato da decenni e i suoi funzionari insistono che non ha bisogno di aiuto. Il povero Paese comunista non fa che peggiorare mentre si avvita verso il basso con la sua ideologia fallita, che non potrà mai produrre prosperità.

      Anzi, ancora peggio è che i teologi della liberazione e gli occidentali di sinistra indicano Cuba come un modello, o addirittura un paradiso, per il mondo. Hanno diffuso il mito che Cuba abbia uno dei migliori sistemi sanitari della terra. Nel frattempo, la sua gente muore per carenze sanitarie.

      In effetti, Cuba è un simbolo. Da un lato, simboleggia la continuazione della tirannia comunista, della miseria e della brutalità. Per l'Occidente, Cuba è un simbolo doloroso della sua propria indifferenza e ipocrisia. Coloro che ancora resistono a Cuba sono un simbolo di coraggio cristiano e di lunga sopportazione che anticipa il giorno in cui saranno liberi di scrivere la "grande storia" che li attende.

       

      Fonte: Tfp.org, 31 luglio 2022. Traduzione a cura di Tradizione Famiglia Proprietà – Italia.

      © La riproduzione è autorizzata a condizione che venga citata la fonte

    • Papa Francesco paragona le proteste di Black Lives Matteral buon Samaritano 

       

       

      di David McLoone

      Le proteste di BLM si trasformano spesso in disordini e i gruppi affiliati al movimento hanno posizioni anticattoliche, anche sull'aborto.

      CITTA' DEL VATICANO (LifeSiteNews) - In un discorso al quarto incontro mondiale dei movimenti popolari sabato scorso, Papa Francesco ha sostenuto le "proteste" distruttive scoppiate in seguito alla morte di George Floyd nel 2020, descrivendo coloro che sono coinvolti nel movimento come "samaritani collettivi".

      I commenti del Papa sono stati fatti all’interno di un discorso più lungo sulla giustizia sociale, parte del quale dedicato a sollecitare "tutti i grandi laboratori farmaceutici" a sospendere i loro brevetti sui vaccini COVID-19 come "un gesto di umanità", nonostante la loro connessione con l'aborto.

      I suoi commenti erano rivolti ai membri dei movimenti popolari, un'iniziativa creata dal Papa e che si descrive come "organizzazioni di base e movimenti sociali istituiti in tutto il mondo da persone i cui diritti inalienabili a un lavoro dignitoso, a un alloggio decente, a una terra fertile e al cibo sono minacciati o negati del tutto".

      Francesco si è riferito ai membri come "poeti sociali", poiché ha detto che essi "hanno la capacità e il coraggio di creare speranza dove sembra esserci solo scarto ed esclusione".

      Paragonando i movimenti popolari al Buon Samaritano del Vangelo di San Luca, il Papa ha detto che gli viene in mente la morte di George Floyd - l'afroamericano di 46 anni morto per mano del poliziotto di Minneapolis Derek Chauvin - quando pensa alla famosa parabola.

      "Sapete cosa mi viene in mente adesso quando, insieme ai movimenti popolari, penso al Buon Samaritano? Sapete cosa mi viene in mente? Le proteste per la morte di George Floyd", ha detto Francesco.

      LifeSiteNews ha contattato la Sala Stampa della Santa Sede per chiedere chiarimenti sui commenti del Papa, ma non ha ricevuto ancora una risposta.

      La parabola del Buon Samaritano racconta la storia di un uomo che viaggia da Gerusalemme a Gerico, interpretata dai padri della Chiesa come la discesa dalla grazia al peccato, e così l'uomo viene derubato e ferito nel suo cammino verso la perdizione. Egli è un simbolo di tutta l'umanità, secondo i padri, poiché si muove nella vita ed è vinto dal peccato, dall'opera del diavolo o semplicemente dalle esigenze della vita.

      Il sacerdote e il levita che, vedendo l'uomo, passano oltre, simboleggiano l'Antica Alleanza: pur essendo buoni, non sono in grado di salvare. Il Samaritano, quello rifiutato dai giudei come un cittadino di classe inferiore, è simbolo di Cristo, secondo i padri della Chiesa. Egli viene nonostante il rifiuto del mondo, per guarire e riabilitare l'uomo caduto.

      Nel caso di George Floyd, fermato e poi morto in un arresto violento, Francesco lo mette al posto dell'umanità, e le proteste intorno alla sua morte (spesso diventate sommosse) al posto di Cristo.

      Dando per scontata la motivazione caritatevole, Papa Francesco ha detto che "è chiaro che questo tipo di reazione contro l'ingiustizia sociale, razziale o maschilista può essere manipolata o strumentalizzata da macchinazioni politiche o altro, ma la cosa principale è che, in quella protesta contro questa morte, c'era il Samaritano Collettivo che non è uno stolto!"

      "Questo movimento non è passato dall'altra parte della strada quando ha visto la ferita alla dignità umana causata da un abuso di potere", ha continuato il Pontefice, aggiungendo che "i movimenti popolari non sono solo poeti sociali ma anche samaritani collettivi".

      Nei commenti a LifeSiteNews, il dottor Peter Kwasniewski, editorialista cattolico ed esperto di liturgia, ha detto che le parole del Papa dimostrano una delle due cose: "O Francesco è sorprendentemente ignorante della vera natura di BLM, un'organizzazione marxista che non si preoccupa di seguire la legge civile o anche la legge naturale e crede nel fomentare la rivoluzione e il razzismo al contrario, o sta mostrando i suoi veri colori marxisti e anti-cattolici".

      Kwasniewski ha aggiunto che per molto tempo, durante il pontificato di Francesco, è stato "difficile conciliare le osservazioni spontanee del Papa e persino alcuni dei suoi documenti ufficiali con gli insegnamenti perenni del cattolicesimo", ma che ora "sembra che stiamo entrando in un periodo in cui il Papa si allinea apertamente con le tendenze più liberali e anarchiche dell'epoca".

      Questi cosiddetti samaritani- secondo il Papa - sono collegati a quasi tutti gli oltre 570 disordini che hanno imperversato in 47 Stati la scorsa estate dopo la morte di George Floyd. Circa 30 persone, tra cui bambini piccoli e genitori di bambini piccoli, hanno perso la vita in quelle rivolte o a causa del clima di disordine generalizzato.

      In un tweet del giugno 2020 in seguito cancellato, il prominente portavoce di BLM Shaun King chiese la rimozione e la distruzione di "tutti i dipinti e le vetrate di Gesù bianco, e di sua madre europea, e dei loro amici bianchi".

      "(Queste raffigurazioni) sono una forma grossolana di supremazia bianca", aggiungeva King, dicendo che le immagini che ritraggono Cristo come bianco sono state "create come strumenti di oppressione", e ora sono usate come "propaganda razzista".

      Le proteste hanno portato al ferimento di oltre 700 agenti di polizia e a un valore record di 1-2 miliardi di dollari di danni solo tra il 27 maggio e l'8 giugno 2020.

      Non solo i danni sono stati così materialmente costosi, ma i principi su cui BLM pretende di operare minano la legge naturale e sono in netto contrasto con gli ideali del cattolicesimo.

      Un gruppo affiliato al movimento Black Lives Matter promuove l'aborto, l'omosessualità e lo smantellamento della "struttura familiare nucleare prescritta dall'Occidente".

      Infatti, in un manifesto online precedentemente disponibile, intitolato "Cosa crediamo", gli esponenti di Black Lives Matter Patrisse Khan-Cullors, Alicia Garza e Opal Tometi affermavano che loro e i loro seguaci si erano liberati dal "pensiero etero-normativo" e chiedevano una "giustizia riproduttiva". La voce è stata rimossa dal sito web, in seguito all’indagine sui media.

      "Noi promuoviamo una rete di affermazione queer1. Quando ci riuniamo, lo facciamo con l'intenzione di liberarci dalla stretta morsa del pensiero etero-normativo, o meglio, dalla convinzione che tutti nel mondo siano eterosessuali", scrivevano all'epoca.

      Inoltre, il gruppo affermava di essere in debito, e quindi di esigere, "una giustizia riproduttiva [cioè l'aborto] che ci dia autonomia sui nostri corpi e sulle nostre identità, assicurando che i nostri figli e le nostre famiglie siano sostenuti, sicuri e in grado di prosperare".

      Or ora, si stima che il 40% di tutti gli aborti statunitensi siano richiesti da donne nere, il che significa che BLM sostiene l'eliminazione annuale di più di 344.800 vite nere ogni anno.

       

      Note

      1. È un termine della lingua inglese che tradizionalmente significava "eccentrico", "insolito" e che oggi caratterizza coloro che non sono eterosessuali e/o che non si identificano con l’individuo il cui senso di identità personale corrisponde al sesso e al genere attribuitogli/le alla nascita (cfr. wikipedia).

       

      Fonte: Life Site News, 18 ottobre 2021. Traduzione a cura di Tradizione Famiglia Proprietà - Italia

      © La riproduzione è autorizzata a condizione che venga citata la fonte.

    • Papa Francesco riabiliterà Camilo Torres, il prete guerrigliero marxista della Colombia?

      Corrono Voci Che Rallegrano La Sinistra E Allarmano I Fedeli Cattolici

       

      Camilo Torres con campesinos colombianos

       

      Gustavo Solimeo

       

      Ci sono voci sempre più frequenti su una imminente riabilitazione (e anche beatificazione?) di padre Camilo Torres Restrepo. Il sacerdote colombiano morì nel 1966, armi in mano mentre combatteva tra le fila dell'Esercito di Liberazione Nazionale (ELN), un movimento guerrigliero marxista.

    • Papa Francesco, dieci anni di scompiglio e sconcerto

       

       

      di Stefano Fontana

      Il decennio del pontificato di Francesco che cade in questi giorni ha creato un considerevole sconcerto. È come se qualcuno fosse intervenuto a scompigliare tutte le carte in tavola, lasciando tutti senza parole sia per il metodo adoperato sia per i nuovi contenuti riguardanti punti molto sensibili della fede cattolica. Metodo e nuovi contenuti si sono vicendevolmente corrisposti, al punto che il metodo è diventato contenuto e viceversa.

      Sono stati dieci anni di tattiche movimentiste: dire e non dire, affermare e ritirare, andare avanti dicendo che si tornava indietro, far dire agli altri quanto si vorrebbe dire in proprio, aprire e chiudere, accogliere e condannare, dire e contraddire. Quando si pensava di averlo capito, Francesco si era già spostato altrove. Si era appena letta una sua intervista e lui ne aveva già rilasciata un’altra di diverso tenore. Nelle interviste con Scalfari non si capì mai che cosa avesse detto l’uno e che cosa l’altro. Le citazioni da Bibbia e magistero spesso parziali e imprecise, le note a piè di pagina usate per provocare grandi mutamenti senza farlo apparire, le frasi dalle mille sfumature, gli amori per i lontani e le tirate di orecchie per i vicini, i commissariamenti infiniti, gli interventi politici, la protezione di personaggi discutibili, la promozione dei dubbi di fede fatta senza coltivare alcun dubbio… ecco alcuni esempi di un metodo che ha provocato sconcerto.

      Non è realistico attribuire questo modo di fare solo al temperamento personale di Bergoglio o al suo gesuitismo. Gli esiti dei cambiamenti progettati per recuperare terreno sui duecento anni di ritardo rispetto al mondo richiedevano certamente atti ufficiali di modifica dei contenuti, come Amoris laetitia o la dichiarazione di Abu Dahbi, ma anche il cambiamento delle prassi e dei modi di pensare che esse inducono. Il rapporto circolare tra prassi e teoria, pastorale e dottrina, è infatti non un capitolo particolare di questo pontificato, ma la sua linea guida. Per questo lo sconcerto è avvenuto anche tramite la comunicazione oltre che mediante il mutamento di prospettiva sui contenuti.

      Proprio perché intende la dottrina dentro la pastorale, Francesco è stato intollerante con i dogmatici, i dottrinari, i rigidi e aperto con gli avventurieri, i novatori, gli insofferenti. Per questo stesso motivo, il suo è stato un pontificato anti-metafisico. La Fides et ratio di Wojtyla-Ratzinger è stata di fatto silenziata. Appena eletto, Francesco ha dichiarato che Kasper è “un grande teologo” e Kasper, alla vigilia dei due sinodi sulla famiglia, ha detto ai cardinali che non esistono i divorziati risposati ma questa o quella coppia particolare di divorziati risposati. Era la dichiarazione che la realtà e la morale non si prestano a conoscenze universali, come sono quelle a base metafisica e che la norma è sempre dentro ad una situazione, sicché ogni singola situazione doveva essere incontrata dall’interno e non più giudicata. Era la pastorale che si liberava della dottrina, era l’assunzione della filosofia nominalista: l’esperienza è fatta di situazioni assolutamente singolari che quindi non si possono giudicare. Ma il nominalismo è la filosofia che sta alla base della riforma protestante. Dopo Amoris laetitia, infatti, è la coscienza del soggetto ad assumere il primissimo piano nella vita morale.

      Con il che viene silenziata anche la Veritatis splendor. In questo decennio sono stati effettuati cambiamenti sostanziali nella teologia morale cattolica, tutti nella linea della sostituzione del giudizio, che parte dalla norma e dalla realtà, con il discernimento, che invece parte dalla situazione e dalla coscienza. I comandi di Cristo sono trasformati in ideali, il peccato da esclusione dalla grazia diventa uno stadio inadeguato di vita, la legge nuova non richiede il rispetto della legge naturale, ma la reinterpreta, la Chiesa deve ascoltare, integrare, accompagnare lungo le strade dell’esistenza, e niente altro. In questa prassi senza contenuti consisterebbe l’annuncio, il riferimento ai contenuti sarebbe invece proselitismo o ideologia. Questa nuova visione della teologia morale finisce per trascurare il giusnaturalismo cristiano, dichiarando superata anche la Dottrina sociale della Chiesa nella sua versione tradizionale.

      Il pastoralismo ha indotto a provocare vari processi scarsamente guidati dalla dottrina, ma aventi carattere spesso sperimentale, pensando che avendo essi una base di popolo potessero nel percorso esistenziale intercettare e vivere le suggestioni dello Spirito. Anche questi processi, come quello sinodale tedesco per ricordare il più dirompente, iniziati e poi inevitabilmente complicatisi, hanno molto sconcertato. Non sono stati governati alla luce della dottrina tradizionale e in nome del primato di Pietro. Sono stati provocati e vissuti come processi che dal confronto dialettico avrebbero dovuto produrre qualche verità nuova, almeno di atteggiamento pastorale. Ma hanno invece scandalizzato, confuso le menti e i cuori e disarticolato l’unità ecclesiale. Le ripercussioni negative sulla stessa concezione del ruolo del papato sono inquietanti.

      Tutti questi elementi sono confluiti poi nella prospettiva della sinodalità, che rappresenta forse la cifra più espressiva del decennio ormai concluso. Da un lato essa viene proposta come un nuovo dogma e una panacea, dall’altro viene intesa come una nuova avventura in cui la cosa fondamentale è il come si vive insieme anziché il perché e il fine. E così si ritorna alla confusione tra teoria e prassi, all’immanenza della dottrina nella pastorale e alla coincidenza tra metodo e contenuto.

      Non c’è dubbio che la Chiesa si riprenderà. Ma lo scompiglio c’è stato e ha lasciato dietro di sé un notevole sconcerto.    

      Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 13 Marzo 2023.

    • Per Papa Francesco la Sacra Eucaristia è il "pane dei peccatori". Per San Tommaso D'Aquino è il "panis angelorum"

       

       

      Luiz Sérgio Solimeo 

       

      Il Corpus Domini è la grande e solenne festa liturgica in lode del Santissimo Sacramento. Ispirata da Santa Giuliana di Mont Cornillon (1193-1258), ebbe la sua origine nel Medioevo. Papa Urbano IV l’approvò con la Bolla Transiturus dell'8 settembre 1264 e chiese a San Tommaso d'Aquino di comporne l’ufficio liturgico.

    • Perché manca Dio nella Economy of Francesco?

       

       

      di John Horvat

      Economy of Francesco è il nome di un'iniziativa di Papa Francesco in cui si invitano "giovani economisti, imprenditori e changemakerdel mondo" ad affrontare i problemi economici del mondo. Il progetto cerca di essere una fonte esplosiva di energia e nuove idee per un mondo stanco e bisognoso di cambiamento. Il veicolo principale per comunicare questo messaggio è un sito web multilingue dello stesso nome che presenta i risultati dell'"ascolto" dei "popoli" e dei "cuori" per costruire un mondo migliore. Eventi occasionali online e video popolano anche il sito e danno un aspetto di esuberanza giovanile.  

      Tuttavia, non è tutto oro quel che luccica. A guardare sotto la superficie del progetto si scoprono errori vecchi e familiari. Mentre gli obiettivi dichiarati possono sembrare lodevoli, l'ideologia sottostante è discutibile. Tutto sul sito apparirebbe molto più fresco se certe sue idee riciclate non fossero così stantie.

      La Economy of Francesco richiede di attraversare a guado una miscela confusa che sembra formata da un'accozzaglia di rapporti di commissioni delle Nazioni Unite, del manifesto ecologico della Laudato Si, dell'attivismo del Green New Deal e degli stereotipi del Sinodo dell'Amazzonia. Come la maggior parte dei progetti di "ascolto" di Papa Francesco, si prende atto solo di ciò che si vuole sentire. Nel suo nucleo si trova un messaggio fatto "in nome dei giovani e dei poveri del mondo".

      Mentre il sito vuole apparire giovanile, riesce invece ad avere un tono infantile alla Greta Thunberg. Nella sua introduzione si invita al cambiamento con lo stesso tono disperato e urgente: "I nostri tempi sono troppo difficili per chiedere qualcosa di diverso dall'impossibile".

      Tuttavia, l'appello riesce a trasmettere ciò che sembrerebbe impossibile: un messaggio ispirato dal Vaticano ma che non contiene nulla che lo identifichi come cattolico o addirittura come religioso. Infatti, da nessuna parte in questo appello di quasi 900 parole appaiono le parole "Dio", "Gesù", "Maria" o "cattolico". Neanche il peccato e il vizio sono menzionati. Il documento non è nemmeno diretto ai membri della Chiesa ma a "economisti, imprenditori, decisori politici, lavoratori e cittadini del mondo".

      Il progetto è tutto sull'umano e niente sul divino. Nonostante si mostri desideroso di essere inclusivo, esclude Dio dalla soluzione dei problemi del mondo. L'aspetto materialista è tanto più evidente quanto più l'unico obiettivo del progetto è costruire un mondo migliore attraverso l'economia. Detto progetto è diviso in dodici "villaggi", che sarebbero gruppi di lavoro che discutono temi specifici.

      I dodici temi dei villaggi sono management e dono, finanza e umanità, lavoro e prendersi cura, agricoltura e giustizia, CO2 della disuguaglianza, vocazione e profitto, affari e pace, donne per l'economia, energia e povertà, imprese in transizione, vita e stile di vita e, infine, politiche e felicità.

      I temi-villaggio evidenziano alcune legittime aree di preoccupazione. Tuttavia, il linguaggio impiegato per esprimerli riflette gli schemi secolari, ecologisti, socialisti e "woke"(ndt, termine per descrivere un “risveglio” della sinistra davanti alle ingiustizie sociali). Per descrivere più accuratamente il progetto, forse sarebbe meglio concentrare i dodici villaggi in quattro kolchozsecondo tematiche che rivelano meglio la realtà egualitaria delle loro proposte.

      Così, il primo kolkhoz potrebbe mettere in evidenza il tema della lotta di classe e dell'uguaglianza. Un tema costantemente ricorrente nell'Economy of Francescoè la divisione del mondo in ricchi e poveri o nei conflitti generati dalla politiche identitarie. Invece di cercare l’armonia sociale, in questo kolchoz sicerca di sottolineare la lotta di classe come mezzo per realizzare la giustizia sociale.

      Dunque, l'ineguaglianza delle nazioni è enfatizzata dalla esigenza di condividere con i paesi a basso reddito le tecnologie avanzate, in modo che siano utilizzate per raggiungere la "produzione sostenibile" e la "giustizia climatica".

      Il progetto critica anche le "ideologie economiche" che "offendono e rifiutano i poveri, i malati, le minoranze e le persone svantaggiate di ogni tipo". Il colpevole senza nome non è, per es., il comunismo, ma coloro che cercano il profitto nel loro lavoro. Esso invita inoltre "le organizzazioni economiche e le istituzioni civili a non fermarsi finché le lavoratrici donne non avranno le stesse opportunità dei lavoratori maschi".

      Dappertutto troviamo il costante richiamo all'uguaglianza. L'enfasi fa capire che le disuguaglianze giuste e ordinate che Dio desidera, come quelle basate sul talento, l'intelletto, lo sforzo e così via, sono illegittime e non necessarie per il progresso umano. Invece, queste disuguaglianze legittime sono condannate come non favorevoli alla creazione di "luoghi autenticamente umani e felici".

      Il kolkhoz per l'ecologia e la sostenibilità promuove una nuova dittatura ecologica che cerca di orientare tutte le cose verso il culto della terra. Così, c'è la richiesta di una gestione etica dei beni comuni, in particolare nelle aree di "atmosfera, foreste, oceani, terra, risorse naturali, tutti gli ecosistemi, la biodiversità e i semi". Questi temi sono al centro delle preoccupazioni per raggiungere la "giustizia climatica".

      L' Economy of Francesco chiede alle istituzioni nazionali e internazionali di promuovere e addirittura "premiare" coloro che meglio sapranno realizzare una "sostenibilità ambientale, sociale, spirituale e, non ultima, manageriale" che renda possibile "la sostenibilità globale dell'economia".

      Gli obiettivi e i piani del kolkhoz per il socialismo e la regolamentazione globale vanno oltre i semplici suggerimenti. Il socialismo genera regolamentazione e azione esecutiva. Come tutti i piani generali socialisti, questo collettivo immagina leggi, carte e trattati globali per far rispettare le buone intenzioni degli autori del progetto.

      Così, ci sono richieste di politiche sociali "riconosciute a livello mondiale da un trattato concordato che scoraggi le scelte commerciali basate solo sul profitto". Un nuovo patto fiscale globale deve essere fatto per abolire immediatamente i paradisi fiscali, che rubano "sia al presente che al futuro". Ma non si parla di eliminare il comunismo.

      Le nuove istituzioni finanziarie, e quelle esistenti come la Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale, devono "essere riformate in senso democratico e inclusivo per aiutare il mondo a riprendersi dalla povertà e dagli squilibri prodotti dalla pandemia". Le grandi aziende e le banche dovrebbero "introdurre un comitato etico indipendente nella loro governance con un diritto di veto sull'ambiente, la giustizia e l'impatto sui più poveri".

      L'ultimo kolkhoz pretende di poter chiedere l'abolizione della guerra e l'instaurazione della pace,completando la serie di richieste di Economy of Francesco. "Noi giovani non possiamo più tollerare che vengano sottratte risorse alla scuola, alla sanità, al nostro presente e al nostro futuro per fabbricare armi e alimentare le guerre al fine di venderle".

      La guerra è vista dalla prospettiva materialista marxista delle cause sistemiche. L’ineguaglianza, la povertà e la vulnerabilità economica mettono in pericolo la pace. La guerra non è mai giusta. La guerra non è il risultato del peccato, della natura umana caduta o delle ideologie malvagie (come il comunismo).

      In conseguenza, i liberi mercati sono etichettati come squilibrati e visti come fonti di conflitto, mentre le strutture sociali più egualitarie favoriscono la pace. La sostenibilità sociale e ambientale introdurrà la pace ed eliminerà la guerra per sempre.

      LaEconomy of Francesco è un progetto senza anima. È una collezione di slogan presi dall'ecologia, dal socialismo e dalla politica "woke". Il sito web riflette un entusiasmo forzato che caratterizza le moderne "attività giovanili" proposte dalla Chiesa progressista del post Concilio Vaticano II. E dietro l'apparenza di esuberanza giovanile ci sono gli esausti errori marxisti ed ecologisti dei tempi passati e presenti.

      Tali progetti sono superficiali e poco attraenti perché non sono centrati in obiettivi eterni. Non c'è un richiamo al ritorno alla virtù e alla santità personale o alla lotta contro il peccato e il vizio. L’appello introduttivo della Economy of Francesco non invoca Dio né cerca l'aiuto della Sua grazia.

      Il risultato è un blando invito a un'esistenza materiale egualitaria. Ai giovani promotori del progetto si chiede di impegnarsi "a vivere i migliori anni della nostra energia e intelligenza affinché la Economy of Francesco possa sempre più portare sale e lievito nell'economia di tutti".

      Un tale appello è contrario alla tradizionale chiamata della Chiesa alla santità. In tempi in cui i principi del Vangelo plasmavano la società, i cuori e le menti della cristianità erano rivolti al sublime spirito della Via Crucis. Esso permeava l'economia, l'arte e il pensiero, dando valore, significato e bellezza a tutte le cose umane. Così, l'economia della "Via Crucis" trovò un senso ai sacrifici e alle limitazioni legate al soddisfacimento dei bisogni economici dell'uomo.

      L'umanità non troverà mai la pace - la “tranquillità dell'ordine” - finché non tornerà a Dio, il centro di tutte le cose. Ella deve obbedire ancora una volta al consiglio divino: "Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta" (Matteo 6, 33).

       

      Fonte: Crisis Magazine, 4 ottobre 2021. Traduzione a cura di Tradizione Famiglia Proprietà – Italia.

      © La riproduzione è autorizzata a condizione che venga citata la fonte.

    • Presentazione/Il Cammino sinodale tedesco e il progetto di una nuova Chiesa

      Pubblichiamo di seguito la presentazione dell’opera di Diego Benedetto Panetta (Il Cammino sinodale tedesco e il progetto di una nuova Chiesa) scritta dal presidente di Tradizione Famiglia Proprietà – Italia. Il presente studio sarà a breve disponibile. Per prenotare una o più copie cartacee scrivere a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. o a Associazione Tradizione Famiglia Proprietà, Via Nizza, 110 - 00198 – Roma.

       

       

      di Julio Loredo

      Questo libro tratta del cosiddetto “Cammino sinodale tedesco” (Synodale Weg). La posta in gioco, tuttavia, deborda di molto l’ambito germanico. Per autorevoli osservatori della vita della Chiesa quanto si discute nel Weginfluenzerà possentemente il Sinodo Generale convocato da Papa Francesco per gli autunni del 2023 e del 2024, cosi come già ha influenzato le consulte pre-sinodali effettuate in diverse nazioni (1).

      Trascurando per ora il fatto statistico del bassissimo riscontro d’interesse trovato nei fedeli di tutto il mondo su “cammini” e/o consulte pre-sinodali, nel nostro studio ci soffermiamo ad analizzare l’importanza dei contenuti trattati e l’intensità dell’impegno profuso dalle autorità ecclesiastiche coinvolte per realizzare quanto auspicato da Francesco già nel 2015, in occasione del discorso per il cinquantesimo anniversario dell’istituzione del Sinodo dei vescovi: “Il cammino della sinodalità è il cammino che Dio si aspetta dalla Chiesa del terzo millennio [...] è dimensione costitutiva della Chiesa”(2).

      Per ora, indipendentemente da altre considerazioni, il Cammino sinodale tedesco, presentandosi come una risposta a questo invito papale, ha occupato la scena come un grande protagonista di questa “dimensione costitutiva della Chiesa del terzo millennio”. L’ombra delle sue audaci proposte si proietta a livello mondiale su tutto il processo sinodale avviato nella Chiesa.

      Una implicita riserva di Papa Francesco al Cammino sinodale tedesco si e voluta scorgere su una questione di metodo anziché di contenuto. Secondo uno dei vaticanisti più accreditati, Sandro Magister, a giudizio del Papa nel Wegtedesco “il problema sorge quando la via sinodale nasce dalle élite intellettuali, teologiche, e viene molto influenzata dalle pressioni esterne”, quando invece andrebbe fatta “con i fedeli, con il popolo”. Mostrando come queste “opinioni” del popolo vengono largamente condizionate dall’esterno della Chiesa, dai grandi protagonisti dei modelli culturali imperanti, Magister conclude che il contagio del ‘cammino sinodale’ della Germania, non arginato dal papa, ha ormai valicato le frontiere e minaccia di condizionare lo stesso sinodo generale sulla sinodalità(3).

      Recentemente, un’altra autorevole firma, Ed Condon, ha scritto su The Pillarqualcosa di ancora più esplicito: “Molti osservatori fanno notare il sostegno pubblico del segretario del Sinodo, il cardinale Mario Grech, alla controversa via sinodale tedesca, (con) una serie di incontri (in) Vaticano, soprattutto dopo che i delegati (delWeg tedesco) hanno votato a favore di formali strutture di governo della Chiesa guidate da laici, della benedizione delle unioni omosessuali nelle chiese e dell’intercomunione con i protestanti. I vescovi tedeschi hanno anche visitato gli uffici di Grech nelle ultime settimane, e ai membri principali della conferenza è stata concessa una serie di udienze private con Papa Francesco, dando l’impressione ad alcuni osservatori vaticani che l’intero processo sinodale globale abbia una sorta di ‘opzione preferenziale’ per i tedeschi(4).

      Se si dovesse avverare una decisiva influenza del Wegtedesco sui prossimi Sinodi sulla Sinodalità che, secondo il Cardinale Grech, “non saranno più un evento ma un processo”, cioè una sorta di sinodo permanente (5), possiamo essere sicuri che si tratterà in realtà di un ambizioso progetto di riforma della Chiesa universale, col rischio di scardinarla dalle fondamenta, o di reinventarla su basi diverse da quelle volute da Nostro Signore e consolidate in duemila anni di storia. Si parla già di una “nuova Chiesa sinodale”.

       

      Dal conciliarismo alla sinodalità permanente: la “lunga marcia” di un processo

      I promotori del modello “sinodale” di Chiesa non partono tanto da disquisizioni teologiche quanto dal desiderio, direi la bramosia, di adattare la Chiesa alla modernità, come un’irrifiutabile esigenza dello “spirito del tempo”. Troviamo in loro, per prima cosa, un profondo anelito per uno stato di cose più ugualitario e permissivista. In opposizione al doppio principio di gerarchia e di autorità, due nozioni concepite come valori metafisici esprimono bene lo spirito di questa riforma: uguaglianza assoluta e liberta illimitata. Il naturale bisogno di spiegare tale anelito ha dato origine a tendenze ideologiche, a scuole teologiche e, poi, a movimenti di riforma. In altre parole, si è passati dalle tendenze alle idee, e poi ai fatti.

      Tale anelito non e nuovo. Già all’inizio del secolo XV, col pretesto di accomodare la Chiesa alla nuova mentalità nata con l’Umanesimo, sorse la corrente detta “conciliarista”, che intendeva ridurre il potere gerarchico del Papa in favore di un’assemblea conciliare. La Chiesa avrebbe dovuto strutturarsi, come espressione della volontà dei fedeli, in “sinodi” locali e regionali, largamente autonomi, ognuno con la sua lingua e i suoi costumi. Questi sinodi si sarebbero dovuti poi riunire periodicamente in un “Concilio generale” o “Santo Sinodo”, detentore della massima autorità nella Chiesa. Il Papa, ridotto a un primum inter pares, avrebbe dovuto a sua volta sottomettersi alle decisioni dei concili, mediante il voto paritario dei partecipanti.

      Il conciliarismo contribuì possentemente all’indebolimento della Chiesa, fomentando abitudini di autonomia che prefiguravano quelle “chiese nazionali” create poi dalla Rivoluzione protestante all’insegna del Los von Rom!. Siamo all’inizio di quel processo di distruzione della Chiesa e della Cristianità denominato in seguito “Rivoluzione”. Questo processo andò avanti, con manifestazioni sempre più radicali dei suoi postulati ugualitari e libertari, attraverso tappe ben definite, magistralmente studiate da Plinio Correa de Oliveira in «Rivoluzione e Contro-Rivoluzione»(6): pseudo Riforma protestante (1517), Rivoluzione francese (1789), Comunismo (1917), Rivoluzione culturale (1968). Parimenti andò avanti anche la bramosia di taluni cattolici di adattare la Chiesa alla Rivoluzione, vista come l’ineluttabile vincitrice del futuro.

      A cavallo fra Settecento e Ottocento, a proposito di accomodare la Chiesa ai nuovi tempi inaugurati dalla Rivoluzione francese, sorse la corrente poi nota come “Cattolicesimo liberale” che, intrisa di egualitarismo, proclamava una democrazia livellatrice nella società e nella Chiesa. “Il futuro della società moderna dipende da due questioni: correggere la democrazia con più libertà, e conciliare il cattolicesimo con la democrazia liberale. (…) Noi accettiamo, noi invochiamo i principi e le libertà proclamati nel 1789”, tuonava Charles de Montalembert (7). Secondo loro, l’uguaglianza e la libertà dei tempi moderni richiedevano una Chiesa senza gerarchie e senza autorità dottrinale. “Noi adoriamo Dio come autore sovrano della Rivoluzione che ci libera. (…) Il vero regime del cattolicesimo è quello della libertà universale. [Nella Chiesa] siamo tutti uguali”, affermava nel 1791 Claude Fauchet, vescovo “costituzionale” di Calvados (8).

      La strada era ormai tracciata. Agli inizi del Novecento queste idee eterodosse sfociarono nel Modernismo (definito da san Pio X “sintesi di tutte le eresie”) la cui idea di Chiesa era cosi fluida che nemmeno contemplava una struttura visibile, e tantomeno un Magistero. Nel delirio modernista, la Chiesa e un mero prodotto della coscienza collettiva, vale a dire l’associazione di singole coscienze che mettono in comune le proprie esperienze religiose. Insomma, un’emanazione vitale della collettività dei cristiani, e non un’istituzione. “La visione di Gesù non comprendeva la fondazione di una Chiesa”, scrisse Alfred Loisy, l’esponente più in vista della corrente (9).

      Il progetto riformista del Modernismo – sempre col pretesto di adattare la Chiesa ai tempi che correvano – fu ripreso negli anni Trenta dalla cosiddetta Nouvelle Théologie, che elaboro il concetto di Chiesa “popolo di Dio” nel senso odierno. L’espressione e perfettamente legittima. Pero, in un ambiente surriscaldato dal progressismo e desideroso di adattare la Chiesa alle tendenze rivoluzionarie del momento, essa assunse lineamenti non consoni al Magistero. Abbandonando la concezione teologica di “popolo”, cioè l’insieme dei battezzati che per la grazia santificante diventano cittadini del Regno dei Cieli, si adottarono concezioni sociologiche, derivanti sia dalla dottrina democratica (il popolo sovrano) sia dalla dottrina marxista (il popolo proletario). Applicando tali concezioni alla Chiesa, ne risulto un’ecclesiologia ugualitaria del tutto estranea alla Tradizione. “La mia visione di Chiesa mette in discussione il sistema piramidale, gerarchico e giuridico stabilito dalla Contro-Riforma— affermava Yves Congar — la mia ecclesiologia è quella del «popolo di Dio»”(10) .

       

      1943: il grido d’allarme di Plinio Corrêa de Oliveira

      Riguardo al Modernismo, la Nouvelle Théologiepoté contare su un vantaggio fondamentale: mentre i modernisti avevano sempre costituito un élite intellettuale, con poca presa sulla massa dei fedeli, la Nouvelle Théologieriuscì invece a infiltrare vasti settori dei movimenti laicali, specialmente l’Azione Cattolica. “La nuova Azione Cattolica nata negli anni Venti e Trenta capovolse il metodo [teologico]. Noi fummo intimamente legati a questa rivoluzione”, si vantava nel 1975 P. Marie-Dominique Chenu (11).

      L’11 marzo 1940 Plinio Correa de Oliveira fu nominato presidente della Giunta arcidiocesana dell’Azione Cattolica di San Paolo. Da questo osservatorio privilegiato, egli venne a conoscenza diretta dei mali che iniziavano a infettare il laicato. Inizio quindi a denunciarli dalle pagine del Legionário, settimanale cattolico da lui diretto. Il male, pero, era penetrato troppo profondamente, non di rado con l’appoggio di alte autorità ecclesiastiche. Decise quindi di scrivere un libro offrendo un’accurata diagnosi dei mali che affliggevano la Chiesa.

      Con la prefazione del Nunzio apostolico in Brasile, mons. (poi cardinale) Benedetto Aloisi Masella, fu pubblicato nel 1943 «In Difesa dell’Azione Cattolica». L’opera costituì la prima confutazione di ampio respiro degli errori progressisti serpeggianti all’interno dell’Azione Cattolica in Brasile e, di riflesso, nel mondo.

      Dopo aver analizzato la natura dell’Azione Cattolica e il rapporto tra i laici e la gerarchia, il pensatore brasiliano affronta le deviazioni riguardanti la liturgia, la spiritualità e i metodi di apostolato. Tali errori avevano come comune denominatore il voler diminuire, fino a quasi annullarla, la struttura gerarchica della Chiesa. Il glorioso Corpo Mistico di Cristo, avvertiva il leader cattolico, correva il rischio di trasformarsi in una rete di “confraternite massoniche” (12) costituite da laici, che avrebbero assunto poteri fino a quel momento appartenenti ai sacerdoti e ai vescovi.

      In appendice, come chiave di lettura, Plinio Correa de Oliveira trascrisse la Lettera apostolica Notre Charge Apostolique, in cui san Pio X condanna Le Sillonprecisamente per le sue dottrine democratiche ugualitarie. Tali dottrine, glossa il pensatore brasiliano, “sono sovversive e rivoluzionarie”(13). Lo spirito ugualitario si palesava anche nel modo di concepire la liturgia. già allora, infatti, proprio all’interno dei circoli dell’Azione Cattolica, iniziarono pratiche che prefiguravano la riforma liturgica del 1969 e i suoi abusi. Questi errori, chiamati allora “liturgicismo”, furono oggetto di un’accurata analisi da parte di Plinio Correa de Oliveira, che così si dimostro pure pioniere nella denuncia delle derive modernistiche in campo liturgico. Secondo il pensatore brasiliano, “siamo in presenza non di errori sparsi, ma di tutto un sistema dottrinale basato su errori fondamentali, e molto coerente nel professarli in tutte le loro conseguenze”(14). Questo sistema non era altro che il vecchio Modernismo, ripresentato sotto nuove forme, ma pur sempre distruttivo di ogni elemento gerarchico nella Chiesa.

       

      1969: la denuncia della “Chiesa nuova”

      Il Concilio Vaticano II (1962-1965) e stato da molti – sia “progressisti” che “tradizionalisti” – paragonato agli Stati Generali che diedero il via alla Rivoluzione francese. Infatti, il nuovo rapporto che il Concilio volle inaugurare fra Chiesa e mondo moderno apri il vaso di Pandora delle riforme, avviando un processo che, nella pratica, quando non anche nella dottrina, ha assunto sempre più il volto di una Rivoluzione francese permanente. Mentre alcuni leggono il Concilio attraverso un’ermeneutica girondina moderata, altri ne propongono una lettura di tipo giacobina radicale, e non mancano quelli che corrono verso un babuvismo estremo. Proprio come nel 1789.

      Allarmato con la deriva che stavano prendendo gli avvenimenti nella Chiesa – da lui previsti trent’anni prima – Plinio Correa de Oliveira pubblico nel 1969 un’ampia e articolata denuncia: “Gruppi occulti tramano la sovversione nella Chiesa”(15). Secondo il pensatore brasiliano, il filo rosso del movimento sovversivo e l’insubordinazione e la disalienazione, intendendo con questo la “liberazione” della Chiesa da ogni e qualsiasi norma dottrinale o struttura organizzativa. La disalienazione, spiega Plinio Correa de Oliveira, implica “la ribellione contro ogni superiorità e ogni disuguaglianza”. Affermando che “il supremo obiettivo è una Chiesa non alienante né alienata”, il pensatore brasiliano passa in rivista i diversi campi dove si si vorrebbe attuare tale disalienazione:

      1a disalienazione della Chiesa: in relazione a Dio. La nuova Chiesa propone un Dio che non e trascendente ma immanente. Un Dio impersonale, come un elemento diffusamente sparso in tutta la natura.

      2a disalienazione della Chiesa: in relazione al soprannaturale e al sacro. Le cose della Chiesa – sacramenti, sacerdozio, ecc. – non vanno ritenute “sacre”. La sacralita deve morire con la fine delle alienazioni.

      3a disalienazione della Chiesa: in relazione alla fede, alla morale, al Magistero e all’azione evangelizzatrice. La nuova Chiesa non si pretende Maestra. Né tratta i fedeli come discepoli, perché ciò sarebbe alienante. Ognuno riceve carismi dallo Spirito Santo, che parla direttamente all’anima.

      4a disalienazione della Chiesa: in relazione alla Gerarchia ecclesiastica. Per disalienare la Chiesa dalla Gerarchia, occorre democratizzarla.

      5a disalienazione della Chiesa: in relazione al Potere Pubblico. La Chiesa nuova dichiara di non avere bisogno del Potere pubblico, né di volere con esso relazioni da Potere a Potere.

      Alla fine del processo si arriverebbe a una “Chiesa nuova, panteista, demitificata, desacralizzata, disalienata, ugualitaria e messa al servizio della Rivoluzione”.

       

      Il Cammino sinodale tedesco

      Il “Cammino sinodale tedesco” assume e porta avanti il vecchio sogno conciliarista. “Francesco ora affronta l’opera maggiore del suo pontificato: quella del passaggio da una Chiesa gerarchica a una Chiesa ‘sinodale’, vale a dire democratica e decentralizzata– scrive il vaticanista Jean-Marie Guénois – Questo implica un cambiamento profondo della cultura ecclesiale, volto a porre fine al ‘clericalismo’, il potere dei sacerdoti e dei vescovi, nella Chiesa”(16).

      Sulla stessa lunghezza d’onda il vaticanista Andrea Gagliarducci: “Papa Francesco vuole che tutti siano messi sullo stesso piano, che i sacerdoti non si sentano al di sopra dei laici e che i vescovi non abbiano più potere dei sacerdoti. Così facendo, però, decostruisce un mondo, svuota i simboli di significato”(17).

      Sintetizzando il senso delle riforme volute dal cammino sinodale, il filosofo Stefano Fontana afferma: “Si vuole introdurre nella Chiesa la democrazia liberale moderna”(18).

      Portato alle sue ultime conseguenze logiche, il Cammino sinodale implicherebbe la distruzione di Santa Romana Chiesa. Non sono io a dirlo, bensì il cardinale Gerhard Müller, già Prefetto della Congregazione per la dottrina della Fede: “Stanno sognando un’altra chiesa che non ha nulla a che fare con la fede cattolica... e vogliono abusare di questo processo, per spostare la Chiesa cattolica, non solo in un’altra direzione, ma verso la (sua) distruzione” (19).

      Il Cammino sinodale tedesco si inserisce pienamente nel processo rivoluzionario ugualitario e libertario che ebbe inizio nel secolo XV. Proprio in questo risiedono la sua forza e la sua pericolosità. Non si tratta di una chimera rimuginata da qualche teologo teutonico, bensì di un progetto che raccoglie e canalizza tendenze molto radicate nell’uomo moderno, alimentate poi dalla potentissima macchina propagandistica della Rivoluzione.

      Se a ciò aggiungiamo i segni di incoraggiamento a questo processo che arrivano dalle sfere ecclesiastiche, capiamo che siamo di fronte alla “tempesta perfetta”. Figlia della gesta di Plinio Correa de Oliveira, l’Associazione Tradizione Famiglia Proprietà mancherebbe gravemente ai suoi doveri se, in questo drammatico frangente, non innalzasse la sua voce in difesa della Sposa di Cristo. Una voce intrisa di venerazione per la Cattedra di Pietro, ma anche ferma nell’indicare le insidie che incombono.

      È perciò che offriamo ai nostri cari lettori l’importante studio del dott. Diego Benedetto Panetta sul Cammino sinodale tedesco, strettamente basato su fonti originali. Per chi vuole restare fedele alla Chiesa di sempre, questo studio costituisce un’ammonizione e una convocazione alla lotta dottrinale, proprio nell’ottantesimo anniversario del primo grido di allarme che Plinio Correa de Oliveira lancio con In difesa dell’Azione Cattolica.

       

      Note

      1. Sandro Magister, Il sinodo tedesco contagia l’intera Chiesa, senza che il papa lo freni.

      2. Discorso del Santo Padre per la commemorazione del 50° anniversario dell’istituzione del Sinodo dei Vescovi, 17 ottobre 2015.

      3. Sandro Magister,Il sinodo tedesco contagia l’intera Chiesa, senza che il papa lo freni.Grassetti nostri.

      4. Ed. Condon, Is Pope Francis' synodal extension a plan, or a punt?. Grassetti nostri.

      5. Stefano Fontana, Il Sinodo permanente, stortura che accresce i timori.

      6. Cfr. Plinio Correa de Oliveira, Rivoluzione e Contro-Rivoluzione, Roma, Luci sull’Est, 1998.

      7. Charles de Montalembert, L’Église libre dans l’État libre, in Emmanuel Barbier, Histoire du Catholicisme Libérale et du Catholicisme Social en France, Yves Cadoret, Bordeaux, 1924, vol. I, pp. 33-34.

      8. Claude Fauchet, Sermon sur l’accord de la réligion et de la liberté, Parigi, 14 febbraio 1791, in Migne, Collection intégrale et universelle des orateurs sacres, Paris 1855, vol. 66, col. 159-174.

      9. Alfred Loisy, L’évangile et l’église, p. 182, cit. inMarcel Chossat, in DAFC, vol. III, col. 629, s.v. “Modernisme”.

      10. Yves Congar, in Jean Puyo, Une vie pour la verité. Jean Puyo interrogue le Père Congar,Le Centurion, Paris 1975, p. 102.

      11. Cit. in Jacques Duquesne, Un théologien en liberté. Jacques Duquesne interrogue le Père Chenu,Le Centurion, Paris 1975, pp. 58-59.

      12. Plinio Correa deOliveira, Em defesa da Ação Católica, AveMaria, San Paolo, 1943, p. 77.

      13. Ibid., p. 361.

      14. Ibid., p. 101.

      15. “Grupos ocultos tramam a subversao na Igreja”, Catolicismo, aprile-maggio 1969.

      16. Vik van Brantegem, Le Figaro: «Papa Francesco crea dei cardinali per garantire la sua continuità».

      17. Andrea Gagliarducci, Pope Francis, the crisis of unity.

      18. Stefano Fontana, I tre buchi neri del Sinodo che mettono in pericolo la Chiesa.

      19. National Catholic Register, Cardinal Müller on Synod on Synodality: ‘A Hostile Takeover of the Church of Jesus Christ … We Must Resist’.

       

      © La riproduzione è autorizzata a condizione che venga citata la fonte

    • Proprietà privata diritto secondario: un assist ai regimi

       

      diegoesquivel 1595097472541 cathopic

       

      di Stefano Fontana

       

      Papa Francesco afferma spesso che quello alla proprietà privata non è un diritto assoluto e che può essere limitato. Di recente è tornato sull’argomento con il videomessaggio alla Conferenza internazionale sul lavoro dell’ONU del 17 giugno scorso con queste parole: «A volte quando si parla di proprietà privata, dimentichiamo che è un diritto secondario, che dipende da questo diritto primario, che è la destinazione universale dei beni». Anche stavolta, le sue affermazioni si sono accompagnate ad altre sulla società “dello scarto” e sulla necessità di ripensare completamente questa economia “che uccide”. Chi ascolta i discorsi del papa è spinto a collegare il richiamo alla proprietà privata come diritto “secondario”, e quindi che si può manomettere in virtù di quello primario, e la necessità di opporsi all’economia “che uccide” perché non accetterebbe manomissioni alla proprietà privata.

    • Quale conversione per la Russia?

       

       

      di Federico Catani

      Papa Francesco consacrerà la Russia e l’Ucraina al Cuore Immacolato di Maria il prossimo 25 marzo. Lo stesso farà, in contemporanea, il cardinale Krajewski a Fatima.

      Da diversi anni nel mondo cattolico c’è chi ritiene che la Russia sia già stata consacrata nel 1984 da papa Giovanni Paolo II e si sia convertita, perché l’URSS è collassata e oggi la Federazione Russa è guidata dal presidente Vladimir Putin, che sarebbe difensore dei valori della cristianità. Dietro questo modo di pensare v’è l’idea che la conversione preannunciata dalla Madonna a Fatima riguardasse solo il crollo del sistema sovietico.

       

      Già consacrata?

      Eppure, ci sono valide ragioni per credere che quella del 1984 non fu la consacrazione compiuta nei termini e modi chiesti dalla Madonna. Tralasciamo in questa sede le opinioni di suor Lucia, che, sebbene in un primo momento abbia negato che si fosse adempiuto quanto esattamente chiesto dalla Madre di Dio, solo a partire dal 1989, con la caduta del Muro di Berlino e per via di pressioni vaticane, cambiò idea e dichiarò che la consacrazione della Russia era avvenuta.

      Basiamoci solo sui fatti. La Madonna a Fatima spiegò che a seguito della consacrazione della Russia, questa si sarebbe convertita e sarebbe stato concesso al mondo un periodo di pace: “Alla fine il mio Cuore Immacolato trionferà”.

      Ebbene, è vero che uno è il tempo della semina e altro quello del raccolto. Ed è altrettanto vero che l’atto compiuto da Giovanni Paolo II ha probabilmente avuto, assieme ad altri fattori, i suoi benefici effetti, ovvero l’implosione, senza grande spargimento di sangue, del mostro sovietico. Del resto, anche la consacrazione del mondo fatta da Pio XII nel 1942 era servita, secondo suor Lucia, ad abbreviare la durata della guerra mondiale in corso.

      Però guardiamoci intorno. Questi ultimi decenni sono stati forse decenni di pace? Gli errori del comunismo sono scomparsi? Dov’è il trionfo del Cuore Immacolato promesso dalla Madonna? E soprattutto, si può affermare che la Russia si sia convertita?

      Prima di tutto occorre riflettere sul fatto che il comunismo non è affatto morto né ha smesso di diffondere i suoi errori: si dimentica infatti che l’ideologia marxista ha una natura evoluzionistico-trasformista e il suo nucleo centrale non riguarda solo un certo tipo di economia, ma l’ideologia ateo-materialistica. E oggi gli errori del comunismo si manifestano con altri tipi di lotte di classe: femmine contro maschi, figli contro genitori, omosessuali contro eterosessuali, animali e ambiente contro genere umano, neri contro bianchi, tribalismo indigeno contro civilizzazione cristiana e così via.

       

      Il ritorno alla Chiesa cattolica

      E poi è necessario tenere a mente quanto scritto da Padre Joaquín María Alonso, che intervistò molte volte l’ultima veggente di Fatima: «Potremmo affermare che Lucia ha sempre pensato che la “conversione” della Russia non va intesa soltanto come un ritorno del popolo russo alla religione cristiano-ortodossa, rigettando l’ateismo marxista dei Soviet, ma piuttosto si riferisce semplicemente e chiaramente alla conversione totale e integrale del ritorno all’unica e vera Chiesa, la cattolica romana»[1].

      Come si può pensare infatti che la Madonna accetti che il popolo russo resti nell’errore dello scisma ortodosso? La Beata Vergine Maria, debellatrice di tutte le eresie, approverebbe quindi la separazione da Roma e dal Romano Pontefice? E perché avrebbe chiesto proprio al Papa e a tutti vescovi del mondo in comunione con lui la consacrazione? Non è forse questo un riconoscimento fatto dalla Madonna del potere immenso del Papato? Non è forse un’implicita apologia del primato pontificio?

      La Madonna non ha promesso una conversione alla liberaldemocrazia o ai diritti dell’uomo. La Madre di Dio infatti non è antropocentrica né tantomeno ecumenica, ma vuole la conversione ai diritti di Dio: solo così anche la dignità umana sarà realmente rispettata e difesa.

      Ecco allora che l’effetto primario della consacrazione della Russia al Cuore Immacolato di Maria è il suo ritorno alla fede cattolica. Sì, perché è la Chiesa cattolica, nonostante la sua crisi spaventosa, a possedere la verità tutta intera. Rifugiarsi nell’ortodossia per scappare dal modernismo cattolico non è la soluzione, ma un tradimento. Piuttosto bisognerebbe lottare per restaurare e valorizzare la dottrina e la liturgia tradizionali della Chiesa di Roma, anziché illudersi di trovare nell’ortodossia russa un baluardo contro la deriva morale dell’Occidente.

       

      La Russia deve ancora convertirsi

      Ora, dopo quasi quarant’anni dall’atto di Giovanni Paolo II, non si vede neanche l’ombra della fine dello scisma di Mosca. Anzi. Le conversioni al cattolicesimo in Russia sono pochissime e la legislazione ammette come religioni tradizionali del paese - e quindi protette - ovviamente l’Ortodossia, e poi il Buddismo, il Giudaismo e l’Islam. Per la religione cattolica «vi è un regime non di libertà, bensì di tolleranza, i cui confini con l’intolleranza sono sempre aleatori. Si consideri, in proposito, la normativa sui veti amministrativi posti nei confronti dei ministri del culto stranieri e quella sui visti di ingresso in Russia al fine di evitare l’espansione spirituale e di garantire la sicurezza spirituale del paese»[2].

      Non è ad esempio un caso che nessun Papa finora sia mai riuscito a mettere piede sul territorio della Federazione. Quanto alla società russa, inoltre, non vi è molta differenza con quella dei Paesi occidentali. La pratica religiosa è molto bassa, mentre il degrado morale dilaga. Il tasso di aborti e divorzi è altissimo, la pratica dell’utero in affitto è permessa e gli omosessuali, benché non possano manifestare pubblicamente il loro “orgoglio”, hanno comunque i propri locali dove trovarsi, almeno nei grandi centri urbani.

      Tutto ciò permette di comprendere meglio quanto sia necessaria una consacrazione della Russia al Cuore Immacolato di Maria oggi, anno del Signore 2022. Ma per produrre i suoi frutti, è necessario che si uniscano al Papa tutti i vescovi cattolici del mondo, ciascuno nella propria diocesi, così come espressamente richiesto dalla Madonna.

      Data la gravità del momento, con il mondo sull’orlo di una possibile terza guerra mondiale a seguito del conflitto russo-ucraino, l’auspicio è che il Santo Padre esorti tutti i suoi fratelli nell’episcopato a recitare insieme a lui la consacrazione il prossimo 25 marzo.

       

      Note

      [1]ALONSO J.M., La verdad sobre el secreto de Fátima, Ejército Azul, Ediciones Sol de Fátima 1988², p. 81.

      [2] CODEVILLA G., La laicità dello Stato nella revisione costituzionale della Federazione di Russia

       

      © La riproduzione è autorizzata a condizione che venga citata la fonte.  

    • Si arriverà ad approvare il peccato di omosessualità negando la dottrina cattolica?

       

       

      di Luiz Sérgio Solimeo

      Il 28 gennaio, il quotidiano cattolico francese La Croix ha pubblicato un articolo in inglese di Robert Mickens intitolato "The First Gay Pope" (Il primo Papa gay) [1]. Sebbene Bill Clinton sia bianco - sostiene l'autore - è stato definito il "primo presidente nero" degli Stati Uniti perché ha perseguito una politica a favore dei neri. Mickens scrive: "Per molte delle stesse ragioni per cui Clinton è stato definito 'il primo presidente nero', si potrebbe sostenere che Papa Francesco meriti di essere conosciuto come il 'primo papa gay' ".

      Per Mickens, anche se Papa Francesco non ha cambiato la dottrina cattolica, "ha - in un certo senso - cambiato tutto in termini di atteggiamento e atmosfera soltanto con il suo personale approccio alle persone gay".

      Infatti, si può tentare di cambiare la dottrina cattolica con le parole, ma anche con gli atti, i gesti e gli atteggiamenti [2]. In questo senso, si può dire che Papa Francesco agisce come se la dottrina cattolica secondo cui il peccato di sodomia è "intrinsecamente malvagio" non fosse più vera.

      Tuttavia, la dottrina cattolica sul peccato di omosessualità, sull'adulterio o su qualsiasi punto di verità e morale definita non può mai cambiare. Nostro Signore è stato categorico: "Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno" (Marco 13, 31).

       

      La scienza non è al di sopra della rivelazione divina

      Nonostante l’affermazione di cui sopra, il cardinale Jean-Claude Hollerich, arcivescovo di Lussemburgo e gesuita come Papa Francesco, ha dichiarato in una recente intervista alla KNA, l'agenzia stampa cattolica tedesca, che la Chiesa deve cambiare la sua dottrina sulle relazioni omosessuali: "Credo che il fondamento sociologico-scientifico di questo insegnamento non sia più corretto" [3].

      L'affermazione del cardinale è errata sia dal punto di vista scientifico che teologico. Da un punto di vista scientifico, nessuno ha scoperto un "gene omosessuale” che dimostri che un omosessuale “nasca così" e, quindi, che l'omosessualità sia innata [4]. Dal punto di vista teologico, la dottrina della Chiesa si basa sulla Rivelazione divina, non sulle scienze sperimentali.

      L'articolo della KNA prosegue: "Il cardinale ha detto che è tempo di una revisione fondamentale dell'insegnamento della Chiesa e ha suggerito che il modo in cui Papa Francesco ha parlato dell'omosessualità in passato potrebbe portare a un cambiamento nella dottrina".

      Il cardinale Hollerich è presidente della Commissione delle Conferenze episcopali dell'Unione europea (COMECE) e relatore generale del Sinodo dei vescovi sulla Sinodalità convocato per l’autunno 2023.

       

      Il Cammino Sinodale tedesco approva gli atti omosessuali

      Il 5 febbraio, i partecipanti al Cammino Sinodale Tedesco, foriero a livello locale di ciò che potrebbe essere il Sinodo sulla Sinodalità a livello universale, hanno approvato un documento che nega la dottrina cattolica sul peccato di omosessualità.

      Il testo sulla "Rivalutazione magisteriale dell'omosessualità"è stato approvato con 174 voti contro 22 e 7 astensioni. Propone che "i numeri 2357-2359 e 2396" del Catechismo della Chiesa Cattolica sull'omosessualità e la castità siano "rivisti". Il documento afferma inoltre che: "Allo stesso modo, i passaggi pertinenti del Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica (n. 492)[5] dovrebbero essere modificati. Nel compendio, gli "atti omosessuali" devono essere rimossi dall'elenco dei "peccati gravi contro la castità’”[6].

      La sezione del Catechismo che il Cammino Sinodale tedesco vuole riformare richiama la dottrina tradizionale della Chiesa sull'omosessualità: "Appoggiandosi sulla Sacra Scrittura, che presenta le relazioni omosessuali come gravi depravazioni, la Tradizione ha sempre dichiarato che «gli atti di omosessualità sono intrinsecamente disordinati» [CDF Persona Humana, 8]. Sono contrari alla legge naturale. In nessun caso possono essere approvati" [7].

      Cambiare queste sezioni del Catechismo significa cambiare la dottrina cattolica così come è sempre stata insegnata e praticata, basata sulla Rivelazione divina e sulla legge naturale. È equivalente a abbandonare la Chiesa cattolica e formare una nuova religione.

       

      Dio permette che i giusti siano tentati come Giobbe

      Sappiamo che la Chiesa è indefettibile e che ogni tentativo di cambiare la sua dottrina perenne o la sua struttura gerarchica è vano. Chiunque aderisca a dottrine o a una morale diversa da quella che la Chiesa ha sempre insegnato si allontana dalla Chiesa cattolica, il Corpo mistico di Cristo [8].

      Tuttavia, come Dio permise al diavolo di tentare il giusto Giobbe nell'Antico Testamento, affinché la sua fedeltà risplendesse nella prova (vedi Giobbe, 1, 6-22), così Egli permette ai cattolici di oggi di passare attraverso una grande tribolazione.

      Diversi papi cattivi hanno governato la Chiesa durante i suoi 2.000 anni di storia. Dobbiamo resistere ai papi cattivi per fedeltà e obbedienza alla Santa Madre Chiesa. Ciò nonostante, non dobbiamo mai confondere la resistenza agli errori di un papa con gli sforzi sbagliati che si fanno per abolire le legittime prerogative del papato, istituite da Nostro Signore Gesù Cristo come fondamento della Sua Chiesa (cfr. Mt 16, 18).

      Immersi in questa situazione misteriosa e apocalittica, sappiamo nel profondo del cuore che Dio è fedele e, come dice San Paolo, non permetterà tentazioni superiori alle nostre forze: “Dio è fedele e non permetterà che siate tentati oltre le vostre forze, ma con la tentazione vi darà anche la via d'uscita e la forza per sopportarla” (1Cor 10, 13).

       
      Fiducia nella protezione della Madonna
      Confidando nell'amorevole sollecitudine e protezione della Beata Vergine Maria, non dubitiamo che questa prova passerà e la Chiesa tornerà a risplendere in tutto il suo splendore.
      "Mater mea, Fiducia mea!"
       
      Note

      1. Robert Mickens, “The First Gay Pope”, La Croix, Jan. 28, 2022.
      2. Cfr. Arnaldo Vidigal Xavier da Silveira, 
      Can Documents of the Magisterium of the Church Contain Errors? Can the Catholic Faithful Resist Them? trad. John R. Spann e José Aloisio A. Schelini (Spring Grove, Penn.: The American Society for the Defense of Tradition, Family and Property-TFP, 2015), 47ff.
      3. “
      Top EU Cardinal Calls for Change in Church Teaching on Gay Relationships”, National Catholic Reporter, Feb. 2, 2022.
      4. Cfr.TFP Committee on American Issues, 
      Defending A Higher Law: Why We Must Resist Same-Sex “Marriage and the Homosexual Movement (Spring Grove, Penn.: The American Defense of Tradition, Family and Property, 2004), ch. 11.
      5. Cfr. Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 492.
      6.
       „Lehramtliche Neubewertung von Homosexualität,“ Der Synodale Weg, consultato il 14 febbraio 2022.  

      7. Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2357.

      8. Cfr. Luiz Sérgio Solimeo, “The Heretic Excludes Himself From the Church, ‘Being Condemned by His Own Judgment,’” TFP.org, Jul. 3, 2019.

       

      Fonte: Return to Order, Agosto 2022. Traduzione a cura di Tradizione Famiglia Proprietà – Italia.

      © La riproduzione è autorizzata a condizione che venga citata la fonte

    • S.E. mons. Schneider sulla consacrazione della Russia e dell'Ucraina da parte di papa Francesco

      In una sua esaustiva valutazione prima e dopo l’atto a San Pietro nel giorno dell’Annunciazione, mons. Athanasius Schneider risponde alle domande della nota vaticanista americana riguardo l’importanza della Consacrazione del 25 marzo, la sua portata, la controversia sull’espressione “Terra del Cielo” attribuita alla Madonna e altri importanti aspetti dell’evento.

       

       

      di Diane Montagna

      [AGGIORNAMENTO]

      25 marzo 2022 (OnePeterFive) - Nei giorni scorsi sono sorte polemiche per una discrepanza nella traduzione di un titolo attribuito alla Madonna contenuto nell'atto di consacrazione al Cuore Immacolato offerto da Papa Francesco questa sera nella Basilica di San Pietro.

       

      Mentre la traduzione inglese dice:

      Perciò, o Madre, ascolta la nostra preghiera.

      Stella del mare, non farci naufragare nella tempesta della guerra.

      Arca della Nuova Alleanza, ispira progetti e percorsi di riconciliazione.

      Regina del Cielo, restituisci al mondo la pace di Dio.

       

      L'originale italiano dice:

      Accogli dunque, o Madre, questa nostra supplica.

      Tu, stella del mare, non lasciarci naufragare nella tempesta della guerra.

      Tu, arca della nuova alleanza, ispira progetti e vie di riconciliazione.

      Tu, "terra del Cielo", riporta la concordia di Dio nel mondo.

       

      L'originale italiano "terra del Cielo" non si traduce in inglese come "Regina del Cielo", ma come "earth of Heaven" o "Heaven's earth".

      Avendo portato questa discrepanza all'attenzione del portavoce vaticano Matteo Bruni, che l'ha inoltrata alle autorità competenti ed è in attesa di una risposta, abbiamo chiesto al vescovo Athanasius Schneider, la cui competenza è la patristica (cioè lo studio dei Padri della Chiesa), se avesse familiarità con questa espressione, e se ci fossero problemi inerenti al suo uso. Ecco la sua risposta:

      ***

      (Mons. Athanasius Schneider): Nell'Atto di Consacrazione della Russia e dell’Ucraina al Cuore Immacolato di Maria, l'espressione "terra del Cielo" [dall'originale italiano] è stata tradotta nelle altre lingue latine (portoghese, spagnolo, francese) allo stesso modo. In tedesco è stata tradotta: "Du Irdische im Himmel" (cioè, Tu sei la terra del Cielo). In molte lingue slave, e in russo, è stato tradotto: "terra celeste"; in slovacco: "terra dal cielo"; e in polacco: "terra del cielo". E come lei fa notare, in inglese è stata tradotta "Regina del cielo", quando una resa più accurata sarebbe "Heaven’s earth" o, più letteralmente, “earth of Heaven.” ("terra del cielo").

      Anche se c'è un'evidente discrepanza nelle traduzioni, comunque l'espressione "terra del Cielo" non è di per sé eretica o pagana. Non bisogna vedere immediatamente in questa espressione un parallelo con la Pachamama, ma interpretarla in modo oggettivo, benevolo e cattolico, il che è possibile. Ci sono poesie e canti mariani tradizionali cattolici con espressioni abbastanza simili come "Maria è il giardino celeste" o il "giardino del cielo". Consideriamo poi come l'espressione si accorda con la Sacra Scrittura, i Padri e la Liturgia:

      Sacra Scrittura

      L'espressione "earth of heaven" o "heaven’s earth" può essere interpretata in modo coerente con la Sacra Scrittura. Può avere il significato di "nuova terra" usato in 2Pietro 3, 13 e Apocalisse 21, 1-2 ed è coerente con la profezia dell'Antico Testamento che vediamo realizzata in Maria: "si apra la terra e produca la salvezza e germogli insieme la giustizia” (Isaia 45,8).

      Padri e dottori della Chiesa

      Troviamo anche espressioni simili nei Padri della Chiesa. Sant'Efrem il Siro scrisse: "La terra vergine di un tempo diede alla luce l'Adamo che è signore della terra, ma oggi un'altra vergine ha dato alla luce l'Adamo che è signore del cielo" (Inni sulla Natività, 1,16). Qui, la verginità è paragonata alla terra; la "terra vergine" scelta da Dio per far nascere il primo Adamo è un tipo di Maria, la terra vergine che ha dato alla luce Gesù Cristo, il secondo Adamo. Più tardi, San Giovanni Crisostomo dirà:

      “La parola Eden significa terra vergine. Ora tale era quella regione in cui Dio piantò il paradiso.... Ora questa vergine (terra) è un tipo della Vergine. Perché come quella terra, senza aver ricevuto alcun seme, fiorì per noi il paradiso; così anche Maria, senza aver concepito l'uomo, fiorì per noi Cristo (De mutatione nominum, 2, 3-4)”.

      Allo stesso modo, San Giovanni Damasceno disse: "Le porte del paradiso si aprono e ricevono la terra portatrice di Dio, sulla quale ha avuto origine Cristo, l'albero della vita eterna" (Omelia 3 sulla Dormizione di Santa Maria). E in un inno del XI secolo composto da San Pietro Damiano in onore della Beata Vergine Maria, il santo esclama "Es et terra cœlestis", cioè "e tu sei la terra celeste" (Rhythmus de S. Maria virgine).

      Liturgia bizantina

      Secondo un articolo pubblicato il 23 marzo 2022 dall'Osservatore Romano, l'espressione "terra del Cielo" è "tratta da un inno monastico bizantino-slavo, e significa poeticamente l'unione del cielo e della terra che possiamo contemplare in Maria, che è anche assunta in cielo con il suo corpo". La liturgia bizantina contiene, infatti, espressioni simili a "terra del cielo". Di Maria si dice: "Io sono la terra incolta" (Liturgia bizantina, Octoechos [Libro degli Inni], voce 8, domenica, inno 6), che significa: "Io sono la terra celeste", "la terra verginale", la "terra paradisiaca". E altrove è lodata come "Terra benedetta, sposa benedetta di Dio, terra incolta e salvatrice del mondo" (Canone per la Santa Cena, Ode 1, Theotokos).

      Maria è la Madre della nuova creazione. Il mistero della sua Assunzione corporale al cielo è anche legato al significato di "terra nuova" o "terra celeste". P. Garrigou-Lagrange lo spiega così:

      La maledizione divina espressa nella Genesi comprende, in parte: "E in polvere ritornerai". Maria, benedetta tra tutte le donne, doveva essere esente da questa maledizione, non doveva conoscere la corruzione della tomba; cioè l'ora della risurrezione doveva essere anticipata per lei. La resurrezione gloriosa è seguita dall'Assunzione o elevazione in cielo del suo corpo glorioso, che non è più fatto per la terra dove tutto passa, appassisce e si corrompe.

      ***

      [AGGIORNAMENTO]

      ROMA, 23 marzo 2022 (OnePeterFive) - Con la pubblicazione odierna da parte del Vaticano (in 35 lingue) dell'Atto di Consacrazione al Cuore Immacolato di Maria che Papa Francesco leggerà il 25 marzo, abbiamo chiesto al vescovo Athanasius Schneider se crede che la formula soddisfi gli elementi essenziali della richiesta della Madonna a Fatima. Ecco la sua risposta, seguita dalla nostra intervista più approfondita sulla Consacrazione di Russia e Ucraina.

      (Sua Eccellenza mons. Athanasius Schneider): "Rispetto alla formulazione dei due precedenti atti di consacrazione, fatti da Papa Pio XII (nel 1952) e da Papa Giovanni Paolo II (nel 1984), le parole e la forma della consacrazione che sarà usata da Papa Francesco il 25 marzo esprimono più chiaramente le richieste della Madonna di Fatima. Papa Francesco ha persino aggiunto la parola "solennemente" a "consacrare", un'espressione che mancava nelle formule del 1952 e del 1984:

      1952: “in modo specialissimo, consacriamo tutti i popoli della Russia al medesimo Cuore immacolato” (Lettera Apostolica di Pio XII, SACRO VERGENTE ANNO, Consacrazione della Russia al Cuore Immacolato di Maria).

      1984: "O Madre degli uomini e dei popoli... Ti affidiamo e consacriamo quegli uomini e quelle nazioni, che di questo affidamento e di questa consacrazione hanno particolarmente bisogno". (Papa Giovanni Paolo II, Consacrazione degli uomini e delle nazioni).

      2022: “Noi, dunque, Madre di Dio e nostra, solennemente affidiamo e consacriamo al tuo Cuore immacolato noi stessi, la Chiesa e l’umanità intera, in modo speciale la Russia e l’Ucraina.” (Atto di Consacrazione al Cuore Immacolato di Maria).

      La Madonna non ha detto che l'approvazione papale della comunione riparatrice nei primi sabati debba essere parte della formula di Consacrazione. Ella chiese l'approvazione papale di questa pratica solo al fine di ottenere i frutti da Lei promessi con l'atto di Consacrazione. L'approvazione papale potrebbe manifestarsi, per esempio, in un decreto della Penitenzieria Apostolica che dica che i fedeli che praticano la comunione riparatrice nei cinque Primi Sabati otterranno l'indulgenza plenaria. Un tale decreto generalmente indica che è stato approvato dal Santo Padre.

      ***

      SUA ECCELLENZA MONS. SCHNEIDER SULLA CONSACRAZIONE DELLA RUSSIA E DELL'UCRAINA DA PARTE DI PAPA FRANCESCO

      21 marzo 2022 (Roma) - Mentre Papa Francesco si prepara a consacrare la Russia e l'Ucraina al Cuore Immacolato di Maria il 25 marzo, il vescovo Athanasius Schneider condivide i suoi pensieri su questo evento storico e su ciò che i fedeli dovrebbero aspettarsi della Consacrazione se svolta secondo i desideri della Madonna.

      Oltre alle sue speranze di pace, il vescovo ausiliare di Astana, Kazakistan, i cui primi anni li trascorse nella Chiesa clandestina sovietica, e che ha costruito la più grande chiesa dell'Asia centrale dedicandola alla Madonna di Fatima, discute anche la decisione di includere l'Ucraina nella consacrazione, l'importanza della partecipazione di Benedetto XVI, e le sue speranze per una possibile unità con gli ortodossi attraverso questo atto.

      S.E. mons. Schneider, che nel nostro libro-intervista con lui del 2019, "Christus Vincit: il trionfo di Cristo sulle tenebre del nostro tempo", ritiene che la consacrazione della Russia non si sia finora svolta secondo i desideri della Madonna, ha parlato con OnePeterFive il 21 marzo. Qui di seguito il nostro colloquio:

      (Diane Montagna): Eccellenza, quei lettori che potrebbero non conoscere la storia e i dettagli della richiesta della Madonna a Fatima di consacrare la Russia al suo Cuore Immacolato, cosa dovrebbero tenere a mente?

      (Vescovo Athanasius Schneider): Vorrei offrire ai lettori il seguente estratto tratto da un articolo di Padre David Francisquini, pubblicato sulla rivista brasiliana "Catolicismo" (Nº 836, Agosto/2020), e intitolato "A consagração da Rússia foi efetivada como Nossa Senhora pediu?" ["La consacrazione della Russia è stata effettuata come la Madonna ha chiesto?"]. Credo che l'autore fornisca un succinto riassunto degli elementi essenziali. Egli scrive:

      Nell'apparizione del 13 luglio 1917, la Madonna disse ai bambini che Dio avrebbe "punito il mondo per i suoi crimini con la guerra, la fame e la persecuzione della Chiesa e del Santo Padre. [...] Per impedire questo, verrò a chiedere la consacrazione della Russia al mio Cuore Immacolato e la comunione di riparazione nei primi sabati. Se le mie richieste saranno ascoltate, la Russia si convertirà e ci sarà la pace; in caso contrario, essa diffonderà i suoi errori in tutto il mondo, promuovendo guerre e persecuzioni; i buoni saranno martirizzati, il Santo Padre avrà molto da soffrire, varie nazioni saranno annientate; alla fine, il mio Cuore Immacolato trionferà. Il Santo Padre mi consacrerà la Russia, che si convertirà, e un periodo di pace sarà concesso al mondo".

      Dodici anni dopo, il 13 giugno 1929, mentre risiedeva a Tui, in Spagna, Suor Lucia ebbe una visione in cui la Madonna le disse: "È giunto il momento in cui Dio chiede al Santo Padre di fare, in unione con tutti i vescovi del mondo, la consacrazione della Russia al mio Cuore Immacolato, promettendo di salvarla con questo mezzo".

      Ancora nel 1929, la veggente fece conoscere questa richiesta a Papa Pio XI, e l'anno successivo scrisse al suo confessore, P. José Bernardo Gonçalves S.J., riferendo che Nostro Signore l'aveva esortata a chiedere al Santo Padre l'approvazione della devozione riparatrice dei primi sabati. E aggiungeva: "Se non mi sbaglio, il buon Dio promette di porre fine alla persecuzione in Russia se il Santo Padre si degnerà di fare, e allo stesso modo ordinerà ai Vescovi del mondo cattolico di fare, un atto solenne e pubblico di riparazione e di consacrazione della Russia ai Santissimi Cuori di Gesù e Maria".

      In una successiva comunicazione intima, Nostro Signore si lamentò con Suor Lucia: "Non accoglieranno la mia richiesta. Come il re di Francia, si pentiranno; e lo faranno, ma sarà tardi. La Russia avrà già diffuso i suoi errori in tutto il mondo". In una lettera al suo confessore, datata 18 maggio 1936, Suor Lucia dichiara: "Intimamente, ho parlato con Nostro Signore della questione; e poco tempo fa Gli ho chiesto perché non ha convertito la Russia senza che Sua Santità facesse questa consacrazione". Questa fu la risposta che Suor Lucia ricevette da Gesù: "Perché voglio che tutta la mia Chiesa riconosca questa consacrazione come un trionfo del Cuore Immacolato di Maria, per poi estendere la sua venerazione e porre, accanto alla devozione del mio Cuore Divino, la devozione di questo Cuore Immacolato".

      Dopo lo scoppio della seconda guerra mondiale, Suor Lucia si rivolge direttamente al nuovo Papa, Pio XII: "In diverse comunicazioni intime, Nostro Signore non ha cessato di insistere su questa richiesta, promettendo recentemente - se Vostra Santità si degnerà di fare la consacrazione del mondo al Cuore Immacolato di Maria, con menzione speciale per la Russia, e di ordinare che, in unione con Vostra Santità e allo stesso tempo, lo facciano anche tutti i Vescovi del mondo - di abbreviare i giorni di tribolazione con cui ha deciso di punire le nazioni per i loro crimini, attraverso la guerra, la carestia e varie persecuzioni della Santa Chiesa e Vostra Santità."

      Dal 1984 fino alla caduta del muro di Berlino, Suor Lucia sostenne che nessuna delle consacrazioni fatte fino ad allora era stata "valida" (nel senso che avevano soddisfatto i requisiti fissati dalla Madonna). In un'intervista rilasciata nel 1985 alla rivista Sol de Fátima, dichiarò perentoriamente, riguardo a quelle effettuate da Giovanni Paolo II a Fatima (1982) e a Roma (1984): "Non c'è stata la partecipazione di tutti i vescovi, né è stata menzionata la Russia".

      In una lettera dell'8 novembre 1989, Suor Lucia dichiarò: "Sì [la consacrazione] è stata effettuata come richiesto dalla Madonna, dal 25 marzo 1984". E in una conversazione del Cardinale Tarcisio Bertone con Suor Lucia, questa avrebbe dichiarato: "Ho già detto che la consacrazione voluta dalla Madonna è stata fatta nel 1984 ed è stata accettata in Cielo".

      (DM) Eccellenza, come spiega questo cambiamento nel pensiero di Suor Lucia in soli quattro anni?

      (+AS):Nel suddetto articolo, P. Francesquini offre questa plausibile risposta:

      È legittimo congetturare che, nel rivalutare l'atto di Giovanni Paolo II nel 1984, Suor Lucia si sia lasciata influenzare dall'atmosfera di ottimismo che si diffuse nel mondo dopo il crollo dell'Impero Sovietico. Va notato che Suor Lucia non godeva del carisma dell'infallibilità nell'interpretazione dell'alto messaggio ricevuto. Pertanto, spetta agli storici, ai teologi e ai pastori della Chiesa analizzare la coerenza di queste dichiarazioni, raccolte dal Cardinale Bertone, con le precedenti affermazioni della stessa Suor Lucia. Tuttavia, una cosa è chiara: i frutti della consacrazione della Russia al Cuore Immacolato di Maria, annunciati dalla Madonna, sono lontani dall'essersi materializzati. Non c'è pace nel mondo.

      (DM): Eccellenza, crede che la consacrazione della Russia alla Madonna sia stata fatta?

      (+AS): Nel capitolo 19 del nostro libro "Christus vincit. Il trionfo di Cristo sulle tenebre del nostro tempo" (Fede & Cultura, 2020), abbiamo discusso questa domanda. Ho detto in quello scambio:

      Come sappiamo, il 25 marzo 1984, Papa Giovanni Paolo II consacrò tutta l'umanità al Cuore Immacolato, alla presenza della vera, originale statua di Fatima, in Piazza San Pietro. In quella consacrazione, egli menzionò specialmente quei popoli di cui la Madonna desiderava la consacrazione. Pertanto, fu una consacrazione implicita della Russia.

      Nella Cattedrale di Nostra Signora di Fatima a Karaganda, il centenario della prima apparizione della Madonna a Fatima, il 13 maggio 2017, fu celebrato nel contesto di un Congresso Mariologico. Papa Francesco inviò per l’occasione come legato pontificio il cardinale Paul Josef Cordes, e nell'omelia il cardinale Cordes menzionò la cosiddetta consacrazione della Russia al Cuore Immacolato, fatta da Papa Giovanni Paolo II nel 1984. Raccontò che qualche tempo dopo la consacrazione del 1984, fu invitato dal Papa a cena nel suo appartamento, e durante questo incontro chiese al Santo Padre: "Perché non ha consacrato esplicitamente la Russia?". Giovanni Paolo II gli rispose: "Era mia intenzione farlo". Il papa ha poi aggiunto che, a causa delle preoccupazioni dei diplomatici vaticani, non potè fare la consacrazione come aveva inizialmente previsto, consacrando la Russia in modo esplicito. Possiamo quindi vedere che, a causa delle conseguenze politiche presentate dalla diplomazia vaticana, Papa Giovanni Paolo II fece la consacrazione in questo modo implicito. Questi sono i fatti.

      Suor Lucia fu interrogata su questo atto. Lei disse: "Il cielo l'ha accettato". Ma questa frase di Suor Lucia, o altre frasi simili, non significano per me che questo atto sia stato il più perfetto. Certo, quando un papa fa una preghiera e una consacrazione così bella, il cielo l’accetta. Il cielo accetta ogni preghiera sincera e bella. Ma questo non significa, secondo me, che in futuro non si possa fare un atto di consacrazione più perfetto, che anche il cielo riceverà e accetterà.

      (DM): Allora, lei crede che la consacrazione, come la Madonna l'ha chiesta a Fatima, sia stata fatta o no?

      (+AS): Non è ancora stata fatta nel modo richiesto dalla Madonna. Secondo me, la consacrazione deve essere fatta più perfettamente, e questo significa con la menzione esplicita della Russia insieme alle altre condizioni, come specificate dalla Madonna. Spero e credo che un giorno, con un perfetto atto di consacrazione della Russia al Cuore Immacolato da parte di un futuro papa, il cielo riverserà molte abbondanti grazie per la Chiesa e l'umanità, e per la piena conversione della Russia (Christus Vincit, pp. 299-300).

      (DM): Il Vaticano ha annunciato che Papa Francesco consacrerà la Russia e l'Ucraina al Cuore Immacolato di Maria il 25 marzo, festa dell'Annunciazione, durante una funzione penitenziale alle 17 nella Basilica di San Pietro. La Sala Stampa della Santa Sede ha informato i giornalisti che la consacrazione stessa avverrà probabilmente intorno alle 18:30 (Roma), cioè alla conclusione della funzione penitenziale. Il Vaticano ha anche confermato che Papa Francesco ha invitato i vescovi del mondo, e i loro sacerdoti, a unirsi a lui in questa consacrazione. Alcuni si chiedono perché il Papa abbia incluso l'Ucraina, e se la sua inclusione rappresenti un ostacolo all'adempimento della specifica richiesta della Madonna. Cosa direbbe a coloro che si interrogano su questo?

      (+AS): Data l'attuale e dolorosa guerra in Ucraina, è del tutto comprensibile che Papa Francesco menzioni anche l'Ucraina. Si dovrebbe anche considerare che nel luglio 1917, quando la Madonna parlò per la prima volta della consacrazione della Russia, una gran parte del territorio dell'attuale Ucraina apparteneva all'Impero Russo, che chiamava alcune regioni di questo territorio "Piccola Russia" e "Russia del Sud". Se il Papa oggi menzionasse solo la Russia, una gran parte del territorio (cioè la maggior parte dell'attuale Ucraina), che la Madonna aveva davanti agli occhi nel luglio 1917, sarebbe esclusa dalla consacrazione.

      (DM): Alcuni sostengono che, per rispondere fedelmente alla richiesta della Madonna, il Papa deve "ordinare" e non solo "invitare" i vescovi del mondo a unirsi a lui nel consacrare la Russia al Cuore Immacolato. Come risponderebbe a questa obiezione? Quali sono, secondo lei, gli elementi essenziali che devono essere inclusi nella consacrazione, e cosa non è essenziale?

      (+AS): Nella richiesta della Madonna bisogna distinguere gli elementi essenziali da quelli secondari. Gli elementi essenziali, secondo me, sono: la consacrazione al Cuore Immacolato di Maria (e non solo alla "Madre di Dio" o alla "Beata Vergine Maria"); la menzione esplicita della Russia (la menzione aggiuntiva di un'altra nazione vicina alla Russia, o di tutte le nazioni del mondo, non invaliderà la consacrazione poiché l'elemento essenziale della "Russia" è incluso); che sia fatta in unione con tutti i vescovi (questa unione non deve includere il cento per cento dei vescovi quantitativamente parlando, ma l'intero episcopato in senso morale. In un senso simile, se il papa, in un concilio ecumenico, si unisse a una minoranza dottrinalmente sana e respingesse una maggioranza eterodossa, la dottrina o il dogma promulgato sarebbe l'insegnamento di tutta la Chiesa, anche se proclamato dal papa insieme alla parte minore dell'episcopato). A mio avviso, il modo in cui il papa convoca i vescovi a partecipare all'atto della consacrazione (se con un invito formale o con un ordine esplicito) è secondario.

      (DM): La menzione della comunione riparatrice nei cinque primi sabati è essenziale?

      (+AS): Come notato sopra, nell'apparizione del 13 luglio 1917, la Madonna disse che per prevenire i castighi divini (guerra, fame e persecuzione della Chiesa e del Santo Padre) sarebbe venuta a chiedere la consacrazione della Russia al suo Cuore Immacolato e la comunione riparatrice nei primi sabati. "Se le mie richieste saranno ascoltate", disse, "la Russia si convertirà e ci sarà la pace". Più tardi, in una lettera del 1929 al suo confessore, P. José Bernardo Gonçalves S.J., Suor Lucia riferì che la Madonna l'aveva esortata a chiedere al Santo Padre l'approvazione della devozione riparatrice dei Primi Sabati. A mio parere, l'approvazione della pratica della comunione riparatrice dei Primi Sabati non deve necessariamente essere inclusa esplicitamente nella formula di consacrazione. L'approvazione papale potrebbe anche essere manifestata, per esempio, in un decreto della Penitenzieria Apostolica, dicendo che i fedeli che praticano la comunione riparatrice nei cinque primi sabati otterranno l'indulgenza plenaria. Un tale decreto indica generalmente che è stato approvato dal Santo Padre.

      (DM): La distinzione tra rivelazione pubblica e privata è anch'essa importante da tenere presente?

      (+AS): Bisogna distinguere attentamente tra rivelazione divina pubblica e rivelazione privata. I messaggi nelle apparizioni della Madonna a Fatima e poi separatamente a Suor Lucia, anche se riconosciuti dalla Chiesa come di carattere soprannaturale, sono tuttavia una rivelazione privata. La Chiesa ci insegna a questo proposito:

      L'economia cristiana dunque, in quanto è l'Alleanza nuova e definitiva, non passerà mai, e non è da aspettarsi alcun'altra Rivelazione pubblica prima della manifestazione gloriosa del Signore Nostro Gesù Cristo (Concilio Vaticano II, Dei Verbum, 4).

      Lungo i secoli ci sono state delle rivelazioni chiamate «private», alcune delle quali sono state riconosciute dall'autorità della Chiesa. Esse non appartengono tuttavia al deposito della fede. Il loro ruolo non è quello di «migliorare» o di «completare» la Rivelazione definitiva di Cristo, ma di aiutare a viverla più pienamente in una determinata epoca storica. Guidato dal Magistero della Chiesa, il senso dei fedeli sa discernere e accogliere ciò che in queste rivelazioni costituisce un appello autentico di Cristo o dei suoi santi alla Chiesa. La fede cristiana non può accettare «rivelazioni» che pretendono di superare o correggere la Rivelazione di cui Cristo è il compimento. È il caso di alcune religioni non cristiane ed anche di alcune recenti sette che si fondano su tali «rivelazioni». (Catechismo della Chiesa Cattolica, 67).

      (DM): Il Vaticano non ha ancora pubblicato la preghiera di consacrazione che sarà utilizzata il 25 marzo, ma se conterrà gli elementi essenziali, quali effetti devono aspettarsi i fedeli dalla consacrazione?

      (+AS): L'effetto dell'atto di Consacrazione della Russia al Cuore Immacolato di Maria, anche se fatto in modo perfetto secondo la richiesta della Madonna, non deve essere inteso come se fosse un sacramento, il cui effetto deriva dalla sua valida celebrazione (ex opere operato). Un atto di consacrazione, teologicamente parlando, è un sacramentale (sacramentale), il cui effetto dipende principalmente dalla preghiera di impetrazione della Chiesa (ex opere operantis ecclesiae). La teologia cattolica precisa che i sacramentali (sacramentalia) non producono la grazia ma la preparano. Un atto di consacrazione non ha un effetto automatico, immediato e spettacolare o sensazionale. Dio, nella sua sovrana, sapiente e misteriosa Provvidenza, si riserva il diritto di determinare il tempo e il modo di realizzare gli effetti di una consacrazione. Facciamo bene a tenere a mente le parole di Nostro Signore: "Non spetta a voi conoscere i tempi e i momenti che il Padre ha riservato alla sua scelta” (Atti 1, 7). Il modo in cui la Divina Provvidenza guida la storia della salvezza e la storia della Sua Chiesa è solitamente caratterizzata da una crescita organica e dalla gradualità. Il nostro compito è quello di fare ciò che la Madre di Dio ha detto; per il resto spetta alla Provvidenza determinare secondo tempi e modi a noi non ancora noti. Come diceva Sant'Agostino, fino al ritorno di Cristo, "la Chiesa farà il suo pellegrinaggio in mezzo alle persecuzioni del mondo e alle consolazioni di Dio" (cfr. De civitate Dei, 18, 51).

      (DM): Eccellenza, quali sono le sue speranze per la consacrazione della Russia?

      (+AS): Si deve sperare che la consacrazione della Russia acceleri la sua conversione, che include necessariamente la riunificazione della Chiesa ortodossa russa con la Sede Apostolica, diventando così veramente cattolica. Solo allora ci sarà una vera conversione agli occhi di Dio, poiché la conversione non può essere a metà. Il vescovo Alexander Chira (+ 1983), un vescovo greco-cattolico clandestino di Zakarpattia (Rutenia carpatica), che viveva in esilio a Karaganda, Kazakistan, disse nel suo ultimo sermone, pronunciato in tedesco, il 13 maggio 1983:

      A Fatima, in Portogallo, la Madre di Dio ha rivelato: La Russia si convertirà all'unità cattolica (Russland bekehrt sich zur Katholischen Einigkeit). La dolorosa divisione tra la Chiesa dell'Est e dell'Ovest ha già strappato la Russia alla vera Chiesa di Cristo per 900 anni. I tentativi di guarire questa vecchia ferita nel Corpo Mistico di Cristo sono stati fatti più di una volta. La malvagità umana, l'iniquità e l'astuzia hanno frustrato i più amorevoli e nobili sforzi della Chiesa Cattolica. E ora, inaspettatamente, l'amorevole Madre di Dio prende la questione nelle sue mani. È apparsa a Fatima a tre bambini. Non è sorprendente che sia apparsa non ad eruditi e potenti capi militari, ma solo a tre semplici bambini di villaggio? E ha rivelato: La Russia si convertirà alla Chiesa cattolica!

      Dobbiamo anche sperare che la consacrazione della Russia affretti il trionfo del Cuore Immacolato di Maria, che consisterà in un autentico rinnovamento della vita della Chiesa Cattolica, cioè in un nuovo splendore della purezza della Fede Cattolica, della sacralità della liturgia e della santità della vita cristiana.

      Infine, dobbiamo sperare che la consacrazione della Russia affretti un'era di pace per l'umanità. Tuttavia una pace vera e duratura nella società umana sarà stabilita solo se Cristo regnerà sulla società umana. Come scrisse Papa Pio XI: "È dunque evidente che la vera pace di Cristo non può essere che nel regno di Cristo: «La pace di Cristo nel regno di Cristo»; ed è del pari evidente che, procurando la restaurazione del regno di Cristo, faremo il lavoro più necessario insieme e più efficace per una stabile pacificazione" (Enciclica, Ubi arcano, 49).

      (DM): Il segretario personale del Papa emerito Benedetto XVI, l'arcivescovo Georg Gänswein, ha confermato che Benedetto XVI si unirà a Papa Francesco e ai vescovi del mondo nella consacrazione di Russia e Ucraina il 25 marzo. Il Vaticano ha detto che lo farà privatamente dal Monastero Mater Ecclesiae, cioè dalla cappella della sua residenza in Vaticano. Quali sono i vostri pensieri su questa notizia? 

      (+AS): È una gioia per tutta la Chiesa che l'ex Papa Benedetto XVI che, naturalmente, è uno dei membri più eminenti dell'episcopato mondiale dei nostri giorni, si unisca alla consacrazione della Russia al Cuore Immacolato di Maria.

       

      Fonte: OnePeterFive, 25 Marzo 2022. Traduzione a cura di Tradizione Famiglia Proprietà – Italia.

      © La riproduzione è autorizzata a condizione che venga citata la fonte.

    • Sui dieci anni di Francesco (2013 – 2023)

       

       

      Voi siete stati riscattati a caro prezzo; non diventate schiavi degli uomini.

      1 Corinzi 7,23

      di Aldo Maria Valli

      Per commentare i dieci anni del pontificato di Francesco basterebbero le parole scritte da Demos (alias il compianto cardinale Pell) nel memorandum che un anno fa volle distribuire a tutti i cardinali: “Un disastro sotto più aspetti, una catastrofe”.

      Bergoglio è riuscito nella bella impresa, possibile solo a certi soggetti particolarmente dotati, di distruggere senza ricostruire. Fu eletto per portare aria fresca. Dopo dieci anni l’aria è irrespirabile. E la papolatria che imperversa in questi giorni, in occasione dell’anniversario, la rende ancora più mefitica.

      In Vaticano sembra di essere a Pyongyang, sotto un regime dispotico, capriccioso e crudele. In un clima da basso impero, spie e informatori dominano la scena. Ma più che trame ci sono tremori. Tutti hanno il terrore di finire sotto lo sguardo del tiranno. Che sia per una condanna o per un improvviso moto di amore, essere notati dal ras vuol dire farsi stritolare in un abbraccio mortale. E allora molti preferiscono fingersi morti per risultare invisibili.

      Giornalisti sottomessi gli fanno sempre le stesse domande inoffensive e lui dà sempre le stesse risposte. Le interviste si moltiplicano, ma sono tanti copia e incolla all’insegna di una mortificante piaggeria.

      Intanto la Chiesa cattolica è allo sbando (vedasi Germania) e Pietro, anziché fare da roccia, alimenta confusione e ambiguità.

      In questo quadro a molti viene spontaneo rimpiangere Benedetto XVI, ma bisogna dirlo chiaramente: per quanto si sia reso conto del disastro, Ratzinger non ha potuto fare nulla contro la deriva, perché egli stesso è stato parte del progetto di distruzione. Un progetto che ha un nome, Concilio Vaticano II, e una radice precisa: il modernismo.

      Paradossalmente, a Francesco dovremmo essere grati. Con le sue intemperanze ha reso evidente a tutti (tranne, ovviamente, a chi non vuol vedere) ciò a cui il modernismo mirava e ha finalmente ottenuto: sottomettere la Chiesa al mondo. Se Benedetto XVI, con le sue marce indietro, riuscì almeno in parte a nascondere la catastrofe, con Francesco tutto è diventato chiaro: il cattolicesimo fluido propugnato dai modernisti ha conquistato pienamente il soglio di Pietro. Infatti le prediche che da lì arrivano sono in tutto simili ai discorsi dei globalisti massoni. Non c’è più distinzione. La saldatura è avvenuta.

      Prendersela con Bergoglio, allora, è come preoccuparsi per l’ultimo raffreddore in un organismo minato da tumori devastanti e metastasi galoppanti.

      La prova? Chiedete a un bravo cattolico del nostro tempo, uno che magari va ancora a messa regolarmente, se crede nella regalità sociale di Gesù Cristo. Se crede che Gesù Cristo sia davvero re di tutte le nazioni e Signore dell’universo. Se crede che Colui che è il Creatore e il Redentore della natura umana possieda, di conseguenza, il potere sovrano sugli uomini, sia come singoli sia come comunità sociali.

      Il cattolico in questione vi guarderà come si guarderebbe un marziano e, ammesso che capisca il vostro linguaggio, incomincerebbe a sostenere che in realtà bisogna conciliare la fede con il mondo, che non si può imporre nulla, che occorre dialogare, discernere e camminare insieme, che c’è la libertà religiosa, che occorre tener conto dei diritti umani, che anche nelle altre fedi c’è del buono… Sono trascorsi circa cent’anni, non mille, da quando i papi ancora proclamavano la regalità sociale di Cristo (l’enciclica Quas primas di Pio XI che introdusse la solennità di Cristo Re è del 1925), ma di quella Chiesa e di quell’insegnamento non conserviamo neppure un pallido ricordo. La Rivoluzione è penetrata nella Chiesa e l’ha conquistata dall’interno. I guastatori modernisti hanno ottenuto lo scopo per cui si sono tanto impegnati. L’uomo è stato messo al posto di Dio.

      Considerato il lavoro che è stato fatto dal modernismo (molteplici le gallerie scavate nell’organismo vivo della Chiesa per impiantarvi i virus dell’apostasia), il pontificato di Francesco è una logica conseguenza e come tale dobbiamo considerarlo.

      E allora? A fronte della Rivoluzione, l’unica soluzione è la Contro-rivoluzione. Ma occorre saperlo: comporta il martirio. Prendere o lasciare. Se si prende, non ci si illuda di poter evitare persecuzione e sofferenza.

       

      Fonte: Duc in Altum - Aldo Maria Valli, 13 Marzo 2023. 

    • Tra i cardinali circola un memorandum sul prossimo conclave. Eccolo

       

       

      (s.m.) Dall’inizio della Quaresima passa di mano in mano tra i cardinali che eleggeranno il futuro papa questo memorandum. Il suo autore, che si firma col nome di Demos, “popolo” in greco, è sconosciuto, ma risulta sicuro padrone della materia. Non si può escludere che sia egli stesso un cardinale.

      ***
      IL VATICANO OGGI
       
      I commentatori di ogni scuola, anche se per ragioni diverse, con la possibile eccezione di padre Spadaro, SJ, concordano sul fatto che questo pontificato è un disastro sotto molti o più aspetti, una catastrofe.
      1. Il successore di san Pietro è la roccia su cui è edificata la Chiesa, una grande fonte e causa di unità mondiale. Storicamente, a partire da sant'Ireneo, il papa e la Chiesa di Roma hanno un ruolo unico nel preservare la tradizione apostolica, la regola della fede, nel garantire che le Chiese continuino a insegnare ciò che Cristo e gli apostoli hanno insegnato. In precedenza il motto era: “Roma locuta. Causa finita est” [Roma ha parlato, la causa è finita]. Oggi è: “Roma loquitur. Confusio augetur” [Roma parla, cresce la confusione].
      (A) Il sinodo tedesco parla di omosessualità, di donne sacerdote, di comunione per i divorziati. E il papato tace.
      (B) Il cardinale Hollerich rigetta l'insegnamento cristiano sulla sessualità. E il papato tace. Ciò è doppiamente significativo perché il cardinale è esplicitamente eretico; non usa parole in codice o allusioni. Se il cardinale continuasse senza la correzione romana, ciò rappresenterebbe un'altra più profonda rottura della disciplina, con pochi (o nessuno?) precedenti nella storia. La congregazione per la dottrina della fede deve agire e parlare.
      (C) Il silenzio è ancor più in evidenza quando stride con la persecuzione attiva dei tradizionalisti e dei monasteri contemplativi.
      2. La centralità di Cristo nell'insegnamento si indebolisce; Cristo viene rimosso dal centro. A volte Roma sembra addirittura confusa sull'importanza di uno rigoroso monoteismo, alludendo a un certo concetto più ampio di divinità; non proprio panteismo, ma come una variante del panteismo indù.
      (A) Pachamama è idolatrica, anche se forse non era intesa come tale inizialmente.
      (B) Le monache contemplative sono perseguitate e sono fatti tentativi per cambiare gli insegnamenti dei carismatici.
      (C) L'eredità cristocentrica di san Giovanni Paolo II nella fede e nella morale è oggetto di attacchi sistematici. Molti docenti dell’istituto romano per la famiglia sono stati allontanati; la maggior parte degli studenti se ne sono andati. L’accademia per la vita è gravemente disastrata, ad esempio alcuni suoi membri hanno recentemente sostenuto il suicidio assistito. Le pontificie accademie hanno membri e oratori ad invito che sostengono l'aborto.
      3. Il mancato rispetto della legge in Vaticano rischia di diventare uno scandalo internazionale. Questi problemi sono stati concretizzati nel processo in corso in Vaticano a dieci accusati di negligenza finanziaria, ma il problema è più vecchio e più ampio.
      (A) Il papa ha cambiato la legge quattro volte durante il processo per aiutare l'accusa.
      (B) Il cardinale Becciu non è stato trattato con giustizia perché è stato rimosso dal suo incarico e privato delle sue dignità cardinalizie senza alcuna prova. Non ha ricevuto il giusto processo. Tutti hanno diritto a un giusto processo.
      (C) In quanto capo dello Stato vaticano e fonte di ogni autorità di legge, il papa si è servito di questo potere per interferire nei procedimenti giudiziari.
      (D) Il papa a volte, se non spesso, governa con decreti pontifici, motu proprio, che eliminano il diritto di appello delle persone colpite.
      (E) Molti membri del personale, spesso sacerdoti, sono stati sbrigativamente cacciati dalla curia vaticana, spesso senza una valida ragione.
      (F) Le intercettazioni telefoniche sono regolarmente praticate. Non sono sicuro di quanto spesso ciò sia autorizzato.
      (G) Nel processo inglese contro Torzi, il giudice ha criticato aspramente i pubblici accusatori vaticani. I quali o sono incompetenti e/o sono stati condizionati, impediti di fornire il quadro completo.
      (H) L'irruzione della gendarmeria vaticana al comando del dottor Giani, nel 2017, nell'ufficio del revisore dei conti Libero Milone, in territorio italiano, era probabilmente illegale ed è stata in ogni caso intimidatoria e violenta. È possibile che le prove contro Milone siano state fabbricate.
      4. (A) La situazione finanziaria del Vaticano è grave. Negli ultimi dieci anni (almeno) ci sono stati quasi sempre deficit finanziari. Prima del COVID, questi deficit erano di circa 20 milioni di euro all'anno. Negli ultimi tre anni sono stati circa 30-35 milioni di euro all'anno. I problemi datano a prima sia di papa Francesco che di papa Benedetto.
      (B) Il Vaticano ha di fronte un pesante deficit del fondo pensioni. Intorno al 2014 gli esperti della COSEA stimavano che nel 2030 il deficit sarebbe stato di circa 800 milioni di euro. Questo prima del COVID.
      (C) Si stima che il Vaticano abbia perso 217 milioni di euro sul palazzo di Sloane Avenue a Londra. Negli anni '80 il Vaticano fu costretto a sborsare 230 milioni di dollari dopo lo scandalo del Banco Ambrosiano. A causa dell'inefficienza e della corruzione, negli ultimi 25-30 anni il Vaticano ha perso almeno altri 100 milioni di euro, e probabilmente parecchi di più, forse 150-200 milioni..
      (D) Nonostante la recente decisione del Santo Padre, i processi di investimento non sono stati centralizzati (come raccomandato dalla COSEA nel 2014 e tentato dalla segreteria per l’economia nel 2015-16) e restano privi del consiglio di esperti. Per decenni, il Vaticano ha avuto a che fare con finanzieri di cattiva reputazione, evitati da tutti i banchieri che godono di stima in Italia.
      (E) Il rendimento delle 5261 proprietà immobiliari vaticane resta scandalosamente basso. Nel 2019 il ricavo medio (prima del COVID) era di quasi 4.500 dollari all'anno. Nel 2020 era di 2.900 euro per proprietà.
      (F) Il ruolo mutevole di papa Francesco nelle riforme finanziarie (progressi incompleti ma sostanziali nella riduzione della criminalità, molto meno riusciti, tranne che allo IOR, in termini di redditività) è un mistero e un enigma.
      Inizialmente il Santo Padre ha sostenuto con forza le riforme. Poi ha impedito la centralizzazione degli investimenti, si è opposto alle riforme e alla maggior parte dei tentativi di smascherare la corruzione e ha sostenuto (allora) l'arcivescovo Becciu, al centro dell'establishment finanziario vaticano. Poi, nel 2020, il papa si è rivoltato contro Becciu e alla fine dieci persone sono state messe a processo e accusate. Nel corso degli anni, sono state avviate poche azioni penali a partire dalle segnalazioni di infrazioni dell'AIF.
      I revisori dei conti di Price Waterhouse and Cooper sono stati allontanati e il revisore generale Libero Milone è stato costretto a dimettersi nel 2017 con accuse inventate. Si stavano avvicinando troppo alla corruzione in segreteria di Stato.
      5. L'influenza politica di papa Francesco e del Vaticano è trascurabile. Intellettualmente, gli scritti papali mostrano un declino rispetto ai livelli di san Giovanni Paolo II e di papa Benedetto. Le decisioni e le linee politiche sono spesso "politicamente corrette", ma ci sono stati gravi fallimenti nel sostenere i diritti umani in Venezuela, Hong Kong, Cina continentale e ora nell'invasione russa.
      Non c'è stato alcun sostegno pubblico per i fedeli cattolici in Cina che sono stati perseguitati a intermittenza per la loro fedeltà al papato per più di 70 anni. Nessun sostegno pubblico vaticano alla comunità cattolica in Ucraina, in particolare ai greco-cattolici.
      Questi temi dovrebbero essere rivisitati dal prossimo papa. Il prestigio politico del Vaticano è ora a un livello basso.
      6. A un livello diverso, minore, dovrebbe essere regolarizzata la situazione dei tradizionalisti tridentini (cattolici).
      A un livello ancora più modesto, dovrebbe essere nuovamente consentita la celebrazione delle messe “individuali” e con piccoli gruppi al mattino nella basilica di San Pietro. Al momento, questa grande basilica di prima mattina è come un deserto.
      La crisi del COVID ha coperto il forte calo del numero di pellegrini presenti alle udienze papali e alle messe.
      Il Santo Padre ha scarso appoggio tra seminaristi e giovani sacerdoti e nella curia vaticana esiste una diffusa disaffiliazione.
      Il prossimo conclave
      1. Il collegio dei cardinali è stato indebolito da nomine eccentriche e non è stato più riconvocato dopo il rifiuto delle posizioni del cardinale Kasper nel concistoro del 2014. Molti cardinali sono sconosciuti l’uno all’altro, aggiungendo una nuova dimensione di imprevedibilità al prossimo conclave.
      2. Dopo il Vaticano II, le autorità cattoliche hanno spesso sottovalutato il potere ostile della secolarizzazione, del mondo, della carne e del diavolo, specialmente nel mondo occidentale e hanno sopravvalutato l'influenza e la forza della Chiesa cattolica.
      Siamo più deboli di 50 anni fa e molti fattori sono al di fuori del nostro controllo, almeno a breve termine, ad esempio il calo del numero dei credenti, la frequenza delle presenze alla messa, la scomparsa o l'estinzione di molti ordini religiosi.
      3. Il papa non ha bisogno di essere il miglior evangelizzatore del mondo, né una forza politica. Il successore di Pietro, in quanto capo del collegio dei vescovi, che sono anche i successori degli apostoli, ha un ruolo fondamentale per l'unità e la dottrina. Il nuovo papa deve capire che il segreto della vitalità cristiana e cattolica viene dalla fedeltà agli insegnamenti di Cristo e alle pratiche cattoliche. Non viene dall'adattamento al mondo o dal denaro.
      4. I primi compiti del nuovo papa saranno il ripristino della normalità, il ripristino della chiarezza dottrinale nella fede e nella morale, il ripristino del giusto rispetto del diritto e la garanzia che il primo criterio per la nomina dei vescovi sia l'accettazione della tradizione apostolica. La competenza e la cultura teologica sono un vantaggio, non un ostacolo per tutti i vescovi e soprattutto per gli arcivescovi.
      Questi sono fondamenti necessari per vivere e predicare il Vangelo.
      5. Se i raduni sinodali continuano in tutto il mondo, consumeranno molto tempo e denaro, probabilmente distogliendo energie dall'evangelizzazione e dal servizio piuttosto che approfondendo queste attività essenziali.
      Se ai sinodi nazionali o continentali sarà data autorità dottrinale, avremo un nuovo pericolo per l'unità della Chiesa mondiale, per cui, ad esempio, la Chiesa tedesca ha già ora posizioni dottrinali non condivise da altre Chiese e non compatibili con la tradizione apostolica.
      Se non ci sarà una correzione romana di simili eresie, la Chiesa si ridurrebbe a una vaga federazione di Chiese locali, con visioni diverse, probabilmente più vicina a un modello anglicano o protestante, rispetto a un modello ortodosso.
      Una immediata priorità per il prossimo papa deve essere quella di eliminare e prevenire uno sviluppo così pericoloso, richiedendo unità nell'essenziale e non permettendo differenze dottrinali inaccettabili. La moralità dell'attività omosessuale sarà uno di questi punti critici.
      6. Mentre il giovane clero e i seminaristi sono quasi completamente ortodossi, a volte piuttosto conservatori, il nuovo papa dovrà essere consapevole dei cambiamenti sostanziali apportati alla leadership della Chiesa dal 2013, forse soprattutto in Sud e Centro America. C'è un nuovo balzo nell’avanzata dei protestanti “liberal” nella Chiesa cattolica.
      È improbabile che uno scisma avvenga a sinistra, dove abitualmente non fanno drammi sulle questioni dottrinali. Uno scisma è più probabile che arrivi da destra ed è sempre possibile quando le tensioni liturgiche sono infiammate e non smorzate.
      Unità nelle cose essenziali. Diversità in quelle non essenziali. Carità in tutto.
      7. Nonostante il loro pericoloso declino in Occidente e l'intrinseca fragilità e instabilità in molti luoghi, si dovrebbe prendere in seria considerazione la fattibilità di una visita apostolica all’ordine dei Gesuiti. Sono in una situazione di catastrofico declino numerico, da 36 mila membri durante il Concilio a meno di 16 mila nel 2017 (con probabilmente il 20-25 per cento di loro sopra i 75 anni di età). In alcuni luoghi, c'è anche un catastrofico declino morale.
      L'ordine è altamente centralizzato, suscettibile di riforma o rovina dall'alto. Il carisma e il contributo dei Gesuiti sono stati e sono così importanti per la Chiesa che non dovrebbe essere loro consentito di scomparire indisturbati dalla storia o di ridursi semplicemente a una comunità afroasiatica.
      8. Occorre affrontare il disastroso calo del numero dei cattolici e l'espansione dei protestanti in Sud America. Ciò è stato pochissimo menzionato nel sinodo amazzonico.
      9. Ovviamente occorre lavorare molto sulle riforme finanziarie in Vaticano, ma questo non dovrebbe essere il criterio più importante nella selezione del prossimo papa.
      Il Vaticano non ha debiti sostanziali, ma i continui disavanzi annuali alla fine porteranno al fallimento. Ovviamente, si prenderanno provvedimenti per rimediare, per separare il Vaticano da complici criminali e bilanciare entrate e spese. Il Vaticano dovrà dimostrare competenza e integrità per attirare consistenti donazioni che aiutino a risolvere questo problema.
       
      Nonostante il miglioramento delle procedure e una maggiore trasparenza, le continue difficoltà finanziarie rappresentano una grande sfida, ma sono molto meno importanti dei pericoli spirituali e dottrinali che la Chiesa deve affrontare, specialmente nel Primo Mondo.
       
      Demos
      Quaresima 2022
       
      Fonte: Settimo Cielo - Sandro Magister, 15 Marzo 2022.
    • Tra Mosca e Kyiv il papa ha smarrito la strada

       

       

      di Sandro Magister

      È difficile trovare una guerra in cui la distinzione tra aggressore e aggredito sia così netta come nell’attuale conflitto in Ucraina. Eppure è proprio questa distinzione che risulta assente nelle parole e negli atti di papa Francesco. La sua visita all’ambasciatore di Russia presso la Santa Sede, venerdì 25 febbraio, ne è stato l’esempio lampante. “Durante la visita il papa ha voluto manifestare la sua preoccupazione per la guerra in Ucraina”, ha titolato in prima pagina “L’Osservatore Romano”. Non una riga in più, nessun articolo a seguire. Perché era solo quello e nient’altro ciò che il papa voleva si sapesse del suo contatto con la Russia di Vladimir Putin e del patriarca di Mosca Kirill.

      Certo, Francesco ha anche parlato per telefono con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky e con l’arcivescovo maggiore della Chiesa greco-cattolica Sviatoslav Shevchuk. Per il mercoledì delle ceneri ha indetto una giornata di preghiera e di digiuno “per la pace in Ucraina e nel mondo intero”. E sia lui sia il segretario di Stato cardinale Pietro Parolin hanno più volte chiesto ai contendenti di deporre le armi. Ma “facendo finta di non capire che se si invoca il cessate il fuoco nel bel mezzo di un’invasione si sta in realtà invitando il popolo invaso alla capitolazione, gli si sta chiedendo di accettare l’occupazione del proprio paese”, ha scritto sul “Corriere della Sera” del 27 febbraio Angelo Panebianco, numero uno dei politologi italiani di scuola liberale.

      Tutt’altra musica nelle Chiese dell’Ucraina invasa dalla Russia. Nei suoi appassionati messaggi ai fedeli, trasmessi ogni giorno dai sotterranei della cattedrale cattolica di Kyiv, l’arcivescovo Shevchuk prega per “gli eroici soldati della guardia di frontiera dell’isola Zmijiny nel Mar Nero” uccisi per non essersi arresi all’invasore, per “l’eroe che al prezzo della propria vita ha fermato l’esercito russo vicino a Kherson facendosi esplodere assieme al ponte sul fiume Dnipr”, insomma, sia “per tutte le vittime innocenti tra i civili” che “per tutti coloro che combattono in difesa della nazione”.

      Ma c’è di più. Nemmeno la Chiesa ortodossa d’Ucraina soggetta al patriarcato di Mosca ha approvato l’invasione, come invece ha fatto in Russia la Chiesa madre. Il suo primate Onufry, metropolita di Kyiv, ha invocato fin dall’inizio la benedizione di Dio sui “nostri soldati che proteggono e difendono la nostra terra e il popolo, la sovranità e l’integrità dell’Ucraina”. E ha denunciato aggressioni a suoi sacerdoti e fedeli e devastazioni di chiese ucraine ortodosse ad opera delle truppe russe: tutto l’opposto di quanto asserito da Putin nel suo fantasioso discorso del 21 febbraio, in cui accusava le autorità ucraine di perseguitare gli ortodossi fedeli a Mosca e indicava in se stesso il giustiziere.

      Non solo. Il 28 febbraio il sinodo di questa stessa Chiesa ha pubblicato un messaggio di piena solidarietà al popolo ucraino, con un diretto appello al patriarca di Mosca Kirill affinché chieda “alla leadership della Federazione Russa”, cioè a Putin, di “immediatamente fermare un’aggressione che già sta minacciando di trasformarsi in una guerra mondiale”. Con nessun commento, fino ad oggi, del patriarcato di Mosca.

      Più prevedibile la condanna dell’invasione russa da parte dell’altra Chiesa ortodossa di Ucraina, indipendente dal patriarcato Mosca e da questo messa al bando ed esclusa dalla comunione eucaristica. Il suo metropolita Epifanio ha anche lui rivolto il 27 febbraio, domenica, “giorno in cui ricordiamo il giudizio universale”, un vibrante appello al patriarca Kirill, affinché “se non può levare la voce contro l’aggressione almeno aiuti a riportare in patria i corpi dei soldati russi che hanno pagato in Ucraina con le loro vite l’idea della ‘grande Russia’”.

      La “grande Russia”, sia politica che religiosa, è in effetti l’idea madre dell’aggressione di Mosca all’Ucraina. Idea che per Putin si fa disegno neoimperiale, mentre per il patriarcato di Mosca è questione d’identità e di primato.

      La Chiesa ortodossa d’Ucraina soggetta alla giurisdizione di Mosca conta la metà del clero, un terzo dei fedeli e un buon 40 per cento delle parrocchie dell'intero patriarcato russo, 12 mila su 30 mila circa. Perderle, per Mosca sarebbe un dramma. E se poi a queste 12 mila parrocchie si sommano le altre migliaia appartenenti alle altre due Chiese ortodosse attualmente esistenti in Ucraina – quella con metropolita Epifanio e quella più piccola separatasi da Mosca al seguito dell’autoproclamato patriarca Filarete –, l’insieme dell’ortodossia ucraina diventerebbe la seconda più popolosa ortodossia del mondo, capace di rivaleggiare con il patriarcato di Mosca, fino ad oggi primo indiscusso per numero di fedeli.

      Rivelatrice del timore di questa perdita è stata l'omelia che il patriarca Kirill ha tenuto domenica 27 febbraio a Mosca, tutta mirata a invocare la tenuta dell’unità – anche geografica e politica – tra l’ortodossia russa e la Chiesa ucraina soggetta a Mosca, “a protezione della nostra comune, storica madrepatria contro ogni forza esterna che voglia distruggere questa unità”.

      Sta di fatto che l’aggressione della Russia all’Ucraina non aiuta a cementare questa unità. Tutto il contrario. Nei giorni scorsi, un sondaggio del centro di ricerca russo “Razumkov” ha riscontrato che ben due terzi dei fedeli della Chiesa ortodossa d’Ucraina soggetta al patriarcato di Mosca condannano l’invasione e che la stima per il loro primate Onufry – anche lui come s’è visto critico – è molto più alta di quella per il patriarca Kirill, la cui popolarità è scesa a picco.

      Ma poi ci sono anche i quasi cinque milioni di ucraini greco-cattolici, una comunità viva, con una storia popolata di martiri, animata da sincero spirito ecumenico con i connazionali ortodossi e da un forte spirito d’autonomia rispetto alla Russia. È la Chiesa più in pericolo in un’Ucraina che cadesse sotto il giogo di Mosca, eppure è incredibilmente maltrattata da Roma, da quando Francesco è papa.

      Alla fine del 2014 la prima aggressione della Russia all’Ucraina, l’occupazione armata della sua marca orientale nel Donbass e l’annessione della Crimea trovarono la Santa Sede ai margini, come indifferente, se non per lamentare, nelle parole di Francesco, una “violenza fratricida” che metteva tutti alla pari. E questo nonostante l’allora nunzio vaticano in Ucraina, Thomas E. Gullickson, inviasse rapporti sempre più allarmati sulle tragedie dell’occupazione. Ciò che a Francesco premeva di più era incontrare il patriarca di Mosca Kirill, legato a filo doppio con Putin e avversario irriducibile proprio dei greco-cattolici d’Ucraina, da lui squalificati – col termine sprezzante di “uniati” – come falsi imitatori papisti dell’unica vera fede cristiana ortodossa.

      Nel febbraio del 2016 Francesco e Kirill si incontrarono all’Avana col protocollo laico dei capi di Stato, nell'area di transito dell’aeroporto, senza alcun momento di preghiera, senza una benedizione. Solo un colloquio privato e la firma di una dichiarazione congiunta tutta sbilanciata dalla parte di Mosca e subito accolta dai greco-cattolici ucraini, dallo stesso arcivescovo di Kyiv e persino dal nuovo nunzio Claudio Gugerotti come un “tradimento” e “un appoggio indiretto all’aggressione russa all’Ucraina”.

      Due anni dopo, nel 2018, quando in Ucraina stava per nascere una nuova Chiesa ortodossa indipendente dal patriarcato di Mosca, vista da questo come una peste ma con simpatia dai greco-cattolici, di nuovo Francesco scelse di stare più dalla parte di Kirill e – ricevendo in Vaticano una delegazione del patriarcato russo presieduta dal suo potente ministro degli esteri, il metropolita Hilarion di Volokolamsk – si produsse in una arringa contro gli “uniati” greco-cattolici, a cui ingiunse di “non immischiarsi nelle cose interne della Chiesa ortodossa russa”. Il testo integrale dell’intervento del papa, che doveva restare riservato, fu alla fine reso pubblico dopo che il patriarcato di Mosca, plaudente, ne aveva anticipato i passaggi ad esso più favorevoli.

      Oggi l’intero mondo ortodosso è in crisi drammatica proprio a motivo di quanto accade in Ucraina, dove la nuova Chiesa indipendente da Mosca ha ricevuto il riconoscimento canonico del patriarcato ecumenico di Costantinopoli, delle Chiese di Grecia e Cipro e del patriarcato di Alessandria e di tutta l’Africa. Ma proprio per questo Mosca ha rotto la comunione eucaristica con tutte queste Chiese.

      In questo scisma che divide l’ortodossia, il patriarcato di Mosca sta persino operando per sottomettere l’Africa alla propria giurisdizione, sottraendola al patriarcato di Alessandria. È impensabile, quindi, che accetti passivamente di perdere l’Ucraina, come proprio sta accadendo, invece.

      In un libro-intervista sulla storia del cristianesimo in Ucraina, l’arcivescovo greco-cattolico Shevchuk sogna la rinascita nel suo paese di un’unico patriarcato di tutti i cristiani, ortodossi e cattolici. Il sogno non è storicamente infondato, tutt’altro. Ma a Roma, al vertice della Chiesa, regna incertezza, se non smarrimento, al punto che nemmeno si osa dire il nome di chi sta aggredendo in armi l’Ucraina politica e religiosa.

      —————

      Riguardo agli ebrei d’Ucraina, tra i quali il presidente Zelensky, e ai rapporti tra Israele e la Russia, è di notevole interesse questa intervista del demografo israeliano Sergio Della Pergola:

      > “Il cuore di Israele è verso l’Ucraina, ma la testa guarda anche a Mosca”

      Come pure l'offerta di mediazione del rabbino capo della Russia Berel Lazar, nato a Milano e molto vicino a Putin, rilanciata dal quotidiano di Mosca "Kommersant".

      —————

      POST SCRIPTUM - Poco dopo la pubblicazione di questo post, il patriarcato di Mosca ha dato notizia dettagliata, con numerose foto, di un incontro tra il patriarca Kirill e il nunzio apostolico in Russia, Giovanni D’Aniello, nella residenza ufficiale del patriarcato, il monastero Danilov:

      > His Holiness Patriarch Kirill met with the Apostolic Nuncio in Russia

      Secondo quanto riferito, il patriarca Kirill ha avuto solo parole di apprezzamento per papa Francesco, la cui “moderata e saggia posizione su molte questioni internazionali – ha detto – è coerente con la posizione della Chiesa ortodossa russa”, a partire dall’incontro di Cuba del 2016. “È molto importante che le Chiese cristiane, compresa la nostra, non diventino, volontariamente o involontariamente, a volte senza la minima intenzione, attori delle complesse e contraddittorie tendenze dell'attualità”, ha sottolineato il patriarca di Mosca.

      Inoltre il 6 marzo, che nella liturgia ortodossa era la "domenica del perdono", il patriarca Kirill ha pienamente giustificato nell'omelia la guerra scatenata dalla Russia, in nome del rifiuto delle "false libertà dei paesi democratici", a suo dire testimoniate dalle parate del "gay pride".

       

      Attribuzione foto: Kremlin.ru, CC BY 4.0, via Wikimedia Commons.

      Fonte: Settimo Cielo – Sandro Magister, 3 Marzo 2022.

    • Traditionis custodes: una guerra sull’orlo dell’abisso

       
      alejogrant 1575749932976 cathopic
       
       

      di Roberto de Mattei

       

      L’intento del Motu proprio di papa Francesco Traditionis custodes, del 16 luglio 2021, è quello di voler reprimere ogni espressione di fedeltà alla liturgia tradizionale, ma il risultato sarà quello di accendere una guerra che si concluderà inevitabilmente con il trionfo della Tradizione della Chiesa.

    • Traditionis Custodes. Lettera di fedeli legati alla Messa tradizionale ai cattolici di tutto il mondo, che dal Papa regnante attendono del pane anziché delle pietre

       

       

      Lettera di fedeli legati alla Messa tradizionale ai cattolici

      Chi di voi, se suo figlio gli chiede del pane, gli darà una pietra? (Mt 7, 9)

      Cari fratelli e sorelle in Cristo,
      È con grande tristezza che abbiamo appreso della decisione di Papa Francesco di abrogare le principali disposizioni del Motu proprio Summorum Pontificum promulgato da Papa Benedetto XVI il 7 luglio 2007. Dopo decenni di divisioni e litigi, questo Motu proprio è stato per tutti i fedeli cattolici un’opera di pace e riconciliazione.

      Roma viola la parola data da Papa Benedetto XVI, con brutalità e intransigenza, ben lungi dall’accoglienza fraterna di cui tanto si parla.

      La volontà espressa nel Motu proprio Traditionis Custodes del 16 luglio 2021 è quella di far scomparire dalla Chiesa la celebrazione della Messa di San Pio V. Questa decisione ci provoca profonda costernazione. Come comprendere questa rottura con il Messale tradizionale, realizzazione “venerabile e antica” della “legge della fede”, che ha santificato tanti popoli, tanti missionari e ha contribuito a fare tanti santi? Che male fanno i fedeli che semplicemente desiderano pregare come hanno fatto per secoli i loro genitori e i loro avi? Come ignorare che la Messa tridentina oggi converte moltissime anime, attira assemblee giovani e ferventi, suscita tantissime vocazioni, ha dato origine a seminari, comunità religiose, monasteri, e che è la spina dorsale di innumerevoli scuole, opere giovanili, catechesi, ritiri spirituali, pellegrinaggi?

      Molti di voi, fratelli cattolici, sacerdoti, vescovi, avete condiviso con noi la vostra incomprensione e il vostro profondo dolore: grazie per le vostre numerose testimonianze di sostegno.

      Promuovere la pace della Chiesa per costruire l’unità nella carità, ma anche portare i cattolici a riconnettersi con un’eredità che è loro propria, facendo scoprire al maggior numero possibile di persone le ricchezze della tradizione liturgica, tesoro della Chiesa, tali sono stati gli obiettivi perseguiti da Summorum Pontificum. Il Papa emerito Benedetto XVI vede ora la sua opera di riconciliazione essere rovinata durante la sua vita.

      In un’epoca scevra di materialismo e lacerata dalle divisioni sociali e culturali, la pace liturgica ci appare come una necessità assoluta per preservare la fede e la vita spirituale dei cattolici in un mondo che muore di sete. La drastica restrizione dell’autorizzazione a celebrare la messa nella sua forma tradizionale riaccende la diffidenza, il dubbio, l’incomprensione, e preannuncia il ritorno di una disputa liturgica che è straziante per il popolo cristiano.
      Qui lo affermiamo solennemente, davanti a Dio e agli uomini: non permetteremo a nessuno di privare i fedeli di questo tesoro, che è anzitutto un tesoro della Chiesa. Non rimarremo inattivi di fronte al soffocamento spirituale delle vocazioni nei seminari tradizionali, ora preparato dal Motu proprio Traditionis Custodes. Non priveremo i nostri figli di questo mezzo privilegiato di trasmissione della fede che è la fedeltà alla liturgia tradizionale.

      Chiediamo dunque a Papa Francesco, quali figli al loro padre, di revocare la sua decisione e di voler abrogare Traditionis Custodes, ripristinando in tale modo la piena libertà di celebrare la Messa tridentina, per la gloria di Dio e il bene dei fedeli. Del pane anziché delle pietre.

      L’8 settembre 2021, nella festa della Natività della Beata Vergine Maria.

       

      Letter of faithful attached to the traditional Mass to the Catholics

      What father, if his son asks him for bread, will give him a stone? (Mt 7, 9)

      Dear Brothers and Sisters in Christ,
      It is with great sadness that we learned of Pope Francis’ decision to abrogate the main provisions of the Motu Proprio Summorum Pontificum, promulgated by Pope Benedict XVI on July 7, 2007. After decades of divisions and quarrels, that Motu Proprio was, for all the Catholic faithful, a work of peace and reconciliation.
      Rome violates the word given by Pope Benedict XVI with brutality and intransigence, far from the much vaunted fraternal welcoming.
      The explicit will of Pope Francis, stated in the Motu Proprio Traditionis Custodes, of July 16, 2021, is to see the celebration of the Mass of the Tradition of the Church disappear. This decision drives us to great dismay. How can we understand this rupture with the traditional Missal, a “venerable and ancient” actualization of the “law of faith,” which has bore fruit through so many nations, so many missionaries, and so many saints? What harm is done by the faithful who simply want to pray as their ancestors had done for centuries? Can we be unaware that the Tridentine Mass converts many souls, that it attracts young and fervent assemblies, that it arouses many vocations, that it has given rise to seminaries, religious communities, monasteries, that it is the backbone of many schools, youth groups, catechism activities, spiritual retreats, and pilgrimages?
      Many of you, Catholic brothers and sisters, priests, and bishops, have shared with us your failure to understand this and your deep sorrow: thank you for your many testimonies of support.
      To promote peace within the Church, in order to build unity in charity, and also to lead Catholics to reconnect with their own heritage by making as many people as possible discover the riches of liturgical tradition, the treasure of the Church: those were the goals pursued by Summorum Pontificum. Pope Emeritus Benedict XVI witnesses his work for reconciliation destroyed during his own lifetime.
      In a time steeped in materialism and torn by social and cultural divisions, liturgical peace appears to us as an absolute necessity for the Faith and for the spiritual life of Catholics in a world that is dying of thirst. The drastic restriction of the authorization to celebrate Mass in its traditional form will bring back mistrust, doubt, and it heralds the return of an agonizing liturgical war for the Christian people.
      We solemnly affirm, before God and before men: we will not let anyone deprive the faithful of this treasure which is first of all that of the Church. We will not remain inactive in the face of the spiritual suffocation of vocations laid forth in the Motu proprio Traditionis Custodes. We will not deprive our children of this privileged means of transmitting the faith which is faithfulness to the traditional liturgy.
      As children to their father, we request Pope Francis to reverse his decision, by abrogating Traditionis Custodes and restoring full freedom to celebrate the Tridentine Mass, for the glory of God and the good of the faithful. Bread rather than stones.
      September 8, 2021, on the feast of the Nativity of the Blessed Virgin Mary

       

      Lettre de fidèles attachés à la messe traditionnelle aux catholiques

      Quel père, si son fils lui demande du pain, lui donnera une pierre ? (Mt 7, 9)

      Chers Frères et Sœurs dans le Christ,
      C’est avec une immense tristesse que nous avons appris la décision du pape François d’abroger les principales dispositions du Motu Proprio Summorum Pontificum promulgué par le pape Benoît XVI, le 7 juillet 2007.
      Après des décennies de divisions et de querelles, ce Motu Proprio fut, pour tous les fidèles catholiques, une œuvre de paix et de réconciliation.
      Rome viole la parole donnée par le pape Benoît XVI, avec brutalité et intransigeance, bien loin de l’accueil fraternel tant vanté.
      La volonté affirmée du pape François, dans le Motu Proprio Traditionis Custodes du 16 juillet 2021 est de voir disparaître la célébration de la messe de la Tradition de l’Eglise. Cette décision nous plonge dans la consternation. Comment comprendre cette rupture avec le Missel traditionnel, réalisation «vénérable et antique» de la «loi de la foi», qui a fécondé tant de peuples, tant de missionnaires et tant de saints? Quel mal font les fidèles qui souhaitent, simplement, prier comme le firent leurs pèresdepuis des siècles? Peut-on ignorer que la messe tridentine convertit de nombreuses âmes, qu’elle attire des assemblées jeunes et ferventes, qu’elle suscite de nombreuses vocations, qu’elle a fait surgir des séminaires, des communautés religieuses, des monastères, qu’elle est la colonne vertébrale de nombreuses écoles, œuvres de jeunesse, catéchismes, retraites spirituelles et pèlerinages?
      Beaucoup d’entre vous, frères catholiques, prêtres, évêques, nous avez fait part de votre incompréhension et de votre profonde douleur : merci pour vos nombreux témoignages de soutien.
      Favoriser la paix de l’Église afin de construire l’unité dans la charité, mais aussi amener les catholiques à renouer avec leur propre héritage en faisant découvrir au plus grand nombre les richesses de la tradition liturgique, trésor de l’Église, tels étaient les buts poursuivis par Summorum Pontificum. Le pape émérite Benoît XVI voit son œuvre de réconciliation détruite de son vivant.
      Dans une époque imprégnée de matérialisme et déchirée par les divisions sociales et culturelles, la paix liturgique nous apparaît comme une nécessité absolue pour la foi et la vie spirituelle des catholiques dans un monde qui meurt de soif. La restriction drastique de l’autorisation de célébrer la Messe selon sa forme traditionnelle fera resurgir la méfiance, le doute et annonce le retour d’une querelle liturgique déchirante pour le peuple chrétien.
      Nous l’affirmons solennellement, devant Dieu et devant les hommes: nous ne laisserons personne priver les fidèles de ce trésor qui est d’abord celui de l’Église. Nous ne resterons pas inactifs devant l’étouffement spirituel des vocations que prépare le Motu proprio Traditionis Custodes. Nous ne priverons pas nos enfants de ce moyen privilégié de transmission de la foi qu’est la fidélité à la liturgie traditionnelle.
      Comme des fils à leur père, nous demandons au pape François de revenir sur sa décision, en abrogeant Traditionis Custodes et en rétablissant la pleine liberté de célébration de la messe tridentine, pour la gloire de Dieu et le bien des fidèles. Du pain plutôt que des pierres.
      Le 8 septembre 2021, en la fête de la Nativité de la Très sainte Vierge Marie

      Bernard Antony, Président de l’AGRIF
      Xavier Arnaud, Forum catholique
      Victor Aubert, Président d’Academia Christiana
      Moh-Christophe Bilek, Notre Dame de Kabylie
      François Billot de Lochner, Président Fondation de Service politique
      Benjamin Blanchard, Délégué général de SOS Chrétiens d’Orient
      Anne Brassié, Journaliste et écrivain
      Jacques Charles-Gaffiot, Historien d’art
      Thibaud Collin, Professeur agrégé de philosophie
      Laurent Dandrieu, Journaliste
      Yves Daoudal, Journaliste – Directeur de Blog
      Marie-Pauline Deswarte, Docteur en Droit
      Stéphane Deswarte, Docteur en Chimie
      Cyrille Dounot, Docteur en droit, licencié en droit canonique
      Alvino-Mario Fantini, The European Conservative
      Claude Goyard, Professeur des universités
      Max Guazzini, Avocat
      Michael Hageböck, Summorum Pontificum Freiburg
      Maike Hickson, Docteur en Littérature, écrivain
      Robert Hickson, Professeur, écrivain
      Michel De Jaeghere, Journaliste et essayiste
      Marek Jurek, Ancien pdt de la Diète de Pologne
      Peter Kwasnieswki Ecrivain
      Philippe Lauvaux, ULB Paris Assas
      Pierre de Lauzun, Haut fonctionnaire Ecrivain
      Massimo de Leonardis, President International Commission of Military History
      Anne le Pape, Journaliste
      Christian Marquant, Président de Paix Liturgique
      Michael Matt, The Remnant
      Roberto de Mattei, Ancien président du CNR (CNRS italien)
      Jean-Pierre Maugendre, Renaissance Catholique
      Philippe Maxence, Rédacteur en Chef de L’Homme Nouveau
      Charles de Meyer, Président de SOS Chrétiens d’Orient
      Paweł Milcarek, Christianitas
      Jean-Marie Molitor, Journaliste
      Martin Mosebach, Ecrivain
      Hugues Petit, Docteur en Droit
      Philippe Pichot-Bravard, Docteur en Droit
      Jean-Baptiste Pierchon, Docteur en Droit
      Hervé Rolland, Vice-Président de ND de Chrétienté
      Reynald Secher, Historien
      Jean Sévillia, Journaliste, Historien, Ecrivain
      Henri Sire, Ecrivain, compositeur, chercheur
      Jeanne Smits, Journaliste – Directrice de Blog
      Jean de Tauriers, Président de Notre Dame de Chrétienté
      Guillaume de Thieulloy, Editeur de presse
      Jérôme Triomphe, Avocat
      Philippe de Villiers, Ancien ministre, écrivain

       

      Fonte: Korazym.org, 10 settembre 2021.

    • Tre cose che non accadranno all'incontro del presidente Biden con papa Francesco

       

       

      di John Horvat 

      Il Vaticano ha confermato che il presidente Biden incontrerà Papa Francesco quando si recherà in Europa per il vertice del G20 a Roma il 30-31 ottobre. Non sono stati rilasciati dettagli su ciò che potrebbe essere discusso nel breve incontro privato.
       
      Tuttavia, le passate dichiarazioni di entrambi i partecipanti possono fornire alcune idee su ciò che non accadrà all'incontro.  Inoltre, l'udienza del 9 ottobre del Papa con Nancy Pelosi è indicativa di cosa non aspettarsi alla fine di questo mese quando il Papa si vedrà con Biden. Una dichiarazione della ottantunenne presidente della Camera ha riferito che i temi discussi durante la sua visita con il pontefice sono stati l'ambiente, la migrazione e i diritti umani. La visita del presidente Biden seguirà probabilmente un formato simile. Ecco tre cose da non aspettarsi durante l'udienza.
       
      1. Niente sull'aborto
      La riunione non riguarderà l'aborto. Non aspettatevi nessuna clamorosa condanna dell'aborto procurato.  Il presidente Biden non cambierà la sua agenda radicale andata oltre qualsiasi altro presidente nel promuovere la strage di vite innocenti. Non aspettatevi che Papa Francesco lo critichi, rimproveri o gli faccia una lezione sul suo scandaloso sostegno all'aborto.
       
      Questa visita dovrebbe smentire tutte le illusioni che ci sia speranza di dialogo con i cattolici liberal su questo tema. Il presidente Biden mostra chiaramente che l'aborto è una questione non negoziabile per lui e per il suo partito e che non farà alcun compromesso o concessione in questa battaglia. L'aborto procurato è il dogma centrale del suo credo liberal. Il suo aggressivo impegno per l'aborto illimitato non mostra alcuna pietà per i molti americani nascituri morti sotto il suo sguardo.
       
      Per molto tempo, alcuni cattolici hanno nutrito l'idea che i politici pro-aborto fossero pecorelle confuse, ignoranti e disinformate bisognevoli di un'ampia "guida" pastorale per spiegare loro la dottrina cattolica. La doppia visita di Nancy Pelosi e del presidente Biden renderà palese che non sono interessati alla guida dottrinale della Chiesa o al ritorno all'ovile.
       
      Tragicamente, diventerà evidente che il peccato mortale dell'aborto procurato non è importante neanche per il Vaticano. Non ci sarà nessuna condanna o duro rimprovero da parte di Papa Francesco su questa questione preminente, nonostante l'opportunità unica.
       
      2. Niente su questioni morali
      Non aspettatevi che l'incontro sia su questioni morali. La nuova teologia della terra è più che probabile che sia un tema centrale dell'incontro. I due sono d'accordo sulla "giustizia climatica". È molto più probabile che ci siano lamentele contro la società dei consumi piuttosto che contro i temi caldi della sessualità che distruggono la fibra morale dell'America.
      Qualsiasi menzione di Dio è più probabile che assomigli alla Pachamama venerata al Sinodo dell'Amazzonia a Roma l'anno scorso che all'unico vero Dio del culto cattolico.
       
      Ancora una volta, è il momento di abbandonare le illusioni. Nessuno cambierà le proprie posizioni. Da una parte, Papa Francesco ha scritto le encicliche Laudato Si' e Fratelli Tutti, che delineano la sua decisa agenda ecologica in favore dell’immigrazione di massa non controllata. Da parte sua, il presidente Biden sta cercando di far passare al Congresso (con il nihil obstant di Bernie Sanders) una versione del Green New Deal dell’Alexandria Ocaso Cortez (ndt, deputato neo-marxista), travestito da “legge sulle infrastrutture”.
       
      3. Nessuna scomunica
      Non aspettatevi dall'udienza di vedere alcuna scomunica. Papa Francesco vede le scomuniche come anti-pastorali - tranne che per i cattolici devoti che si attengono fortemente alla Tradizione. Papa Francesco ha appena detto che non ha mai negato la Comunione a nessuno durante i suoi decenni da vescovo. Questa visita non romperà con il suo rifiuto di ammonire i famigerati politici cattolici che scandalizzano i fedeli con il loro empio disprezzo per l'insegnamento della Chiesa.
       
      D'altra parte, né il presidente Biden né la signora Pelosi temono la scomunica. Sembra che non ci sia nulla che entrambi possano intraprendere tale da provocare un'azione disciplinare. Mons. Salvatore Cordileone - arcivescovo di San Francisco, dove risiede la signora Pelosi - ha definito il Women's Health Protection Act del 2021, che cerca di codificare il "diritto" all'aborto nella legge federale, come "il tipo di legislazione che ci si aspetta da un satanista devoto, non da un cattolico devoto". Tuttavia, non l'ha scomunicata.
       
      Tragicamente, la visita del presidente Biden al Santo Padre servirà solo a convalidare la loro indifendibile posizione pro-aborto. Non ci sarà alcun "dialogo" per cercare la conversione del presidente alla posizione corretta. Sia il presidente che l'oratore useranno le loro visite per strombazzare la "buona accoglienza" in Vaticano. Parallelamente, Papa Francesco continuerà le sue politiche sbagliate che favoriscono la sinistra radicale.
       
      La visita può aiutare però a frantumare tutte le illusioni. Gli atteggiamenti esibiti durante queste visite indicano che nessuna delle persone coinvolte cambierà le loro posizioni.
       
      Coloro che si oppongono all'aborto procurato devono continuare il loro ammirevole lavoro dentro questa dolorosa conclusione. Devono continuare a pregare, ponendo tutta la loro fiducia in Nostro Signore e in Sua Madre e in nessun altro. Devono confidare che Dio porrà fine a questi giorni di maledizione e castigo. Devono ricordare le parole consolanti della Chiesa nell'Introito della Quarta Domenica di Avvento, il Rorate caeli desuper: "confortati,/ confortati, o mio popolo, improvvisa verrà/ la tua salvezza. Perché ti struggi/ d'amarezza, per il dolore che ti penetra? Ti/ porterò io a salvezza, non temere; sono/ infatti il tuo Signore, il tuo/ Creatore, l'Ideale tuo, il tuo Redentore.”
       
      Fonte: Return to Order, Ottobre 2021. Traduzione a cura di Tradizione Famglia Proprietà - Italia

      © La riproduzione è autorizzata a condizione che venga citata la fonte.