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Violazione del segreto confessionale: uno stimolo al crimine

 

 

di José Antonio Ureta

Un arcivescovo convocato dal ministro dell'Interno per spiegare le sue osservazioni. Era quello che succedeva un tempo nell'URSS? O ora succede in Cina? A Cuba? No, in Francia!

Il ministro Gérald Darmanin ha convocato mons. de Moulins-Beaufort, arcivescovo di Reims e presidente della Conferenza Episcopale francese, per venire da lui al ministero in Place Beauvau a giustificarsi.

Cosa motiva dunque una tale convocazione? Il semplice fatto che Mons. de Moulins-Beaufort abbia ricordato che il segreto della Confessione "è stato imposto" ai preti e che è "più forte delle leggi della Repubblica".

Dicendo questo, l'arcivescovo di Reims ha semplicemente ricordato l'insegnamento costante della Chiesa sul segreto della Confessione, che mai e poi mai può essere tradito. Infatti, come si legge in una nota della Penitenzieria Apostolica su questo argomento, datata 1 luglio 2019: "L'inviolabilità (...) deriva direttamente dal diritto divino rivelato ed è così profondamente radicata nella natura stessa del sacramento che non ammette eccezioni".

Naturalmente, ciò non toglie che il sacerdote debba invitare il penitente a convertirsi. Dovrebbe persino rifiutargli l'assoluzione se dubita che il penitente abbia la ferma intenzione di fare ammenda. Deve anche invitarlo a riparare il male che ha fatto e avvertirlo che un peccato così grave come l'abuso di un minore lo rende meritevole dell'inferno.

Solo una conversione radicale, una giusta riparazione delle sue colpe e l'adozione di misure concrete per evitare di commettere in futuro un crimine così mostruoso, può dare al peccatore la speranza del perdono di Dio.

In altre parole, non basta andare al confessionale per essere perdonati. Se uno confessa i propri peccati, ma non ha la ferma risoluzione di non commetterli più, la confessione non è valida.

Non si scherza con Dio impunemente. La Chiesa dice tutto questo e il confessore deve senza dubbio ricordarlo al penitente. Per tutto questo, il confessore non può dare con una mano il perdono di Dio e prendere il telefono con l'altra per chiamare il giudice istruttore! Dio non tende mai una trappola, e nemmeno il sacerdote che agisce in suo nome può farlo!

Ciò che il ministro dell’Interno sembra ignorare è che il sacerdote non è una persona come le altre: quando amministra un sacramento, egli agisce in nome di Dio.

Quando il sacerdote dice "Io ti assolvo", è dunque Nostro Signore che parla attraverso la sua bocca, e nessuna legge umana ha il potere di cambiare questo!

Citiamo ancora il suddetto documento della Penintezieria Apostolica della Santa Sede sulla Confessione: "Qualsiasi azione politica o iniziativa legislativa volta a "forzare" l'inviolabilità del sigillo sacramentale costituirebbe un'offesa inaccettabile alla libertas Ecclesiae, che non riceve la propria legittimazione dagli Stati, ma da Dio".

In concreto, cosa potrebbe succedere se il prete diventasse un informatore?

Non saranno i crimini a diminuire, ma le confessioni! In altre parole, ci saranno ancora altrettanti criminali, ma molti meno pentiti! Infatti, chi andrà ancora in un confessionale sapendo che ciò che vi si dice sarà denunciato alla polizia?

Pertanto i sacerdoti non avranno più l'opportunità di invitare i colpevoli alla conversione e non potranno più pregarli di riparare le loro colpe. E cosa succederà ai confessori se la legge ordina loro di denunciare i penitenti? Dovranno scegliere tra la prigione e la fedeltà al segreto della Confessione a cui sono legati. In altre parole, saranno perseguitati!

Basta! Con il pretesto di lottare contro gli abusi sessuali, Gérald Darmanin sta portando il suo ministero sulla strada del totalitarismo.

 

P.S. In questa intervista concessa ad AciStampa, il cardinale Piacenza, Penitenziere Maggiore di Santa Romana Chiesa, ha ribadito che il segreto della confessione è inviolabile.

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