Suicidio assistito in Italia. Ultimo tassello di una campagna di morte
di Samuele Maniscalco
Alla fine, anche l’Italia ha tagliato il traguardo lugubre del suicidio assistito.
Dopo la recente scomparsa di Fabio Ridolfi, 46enne marchigiano tetraplegico allettato da 18 anni, che appellandosi alla legge del 2017 ha optato per la revoca dei sostegni vitali e la sedazione profonda, pochi giorni fa è toccato a Federico Carboni, anche lui marchigiano e tetraplegico da 12.
Questa volta, però, si è trattato per l’appunto del primo caso legalizzato di suicidio medicalmente assistito.
È stato infatti lui stesso a premere il tasto per azionare l’apparecchio e far arrivare nelle vene il farmaco mortale.
«Non nego che mi dispiace congedarmi dalla vita» aveva detto Federico, «sarei falso e bugiardo se dicessi il contrario perché la vita è fantastica e ne abbiamo una sola. Ma purtroppo è andata così e io sono allo stremo sia mentale che fisico».
Il Corriere della Sera ha scritto che la sua era una «non-vita»1.
Marco Cappato, che con l’Associazione Coscioni si è battuto per ottenergli il suicido, ha approfittato di questa macabra “vittoria” per lanciare la palla ancora più avanti e dire che l’attuale legge sul fine vita ferma al Senato è già inutile, perché superata dai fatti2.
Il testo all’esame, ad esempio, esclude i pazienti che non sono tenuti in vita da trattamenti di sostegno vitali, come la respirazione e l’alimentazione artificiali.
Dopo appena 5 anni dalla famigerata legge sul testamento biologico, voluta dal governo Gentiloni e votata con convinzione da PD, M5S e LeU, l’Italia ha infine raggiunto anche in questo campo quell’alto “grado” di civiltà, caro a chi utilizza l’argomentazione della disponibilità della vita come un mantra, pur senza avere ancora una legge in materia….
È bastata la sentenza n. 242/2019 della Corte Costituzionale (altra vittoria di Cappato&company) che sancisce la non punibilità per chi aiuta altri a suicidarsi.
Ma anche in questo caso, siamo già andati oltre.
L’ha spiegato bene il magistrato Alfredo Mantovano il quale, dopo aver ricordato che in quella sentenza discutibile la Corte aveva fissato quattro condizioni, nota come sia falso che l’epilogo della vicenda di Federico ne costituisca l’applicazione.
Infatti, «chiamato dal Tribunale di Ancona a verificare la sussistenza delle condizioni previste dalla Consulta, a proposito del requisito della sofferenza intollerabile», il Comitato etico regionale delle Marche «riferiva di un ‘elemento soggettivo di difficile interpretazione’, di difficoltà nel ‘rilevare lo stato di non ulteriore sopportabilità di una sofferenza psichica’, e di ‘indisponibilità del soggetto ad accedere ad una terapia antidolorifica integrativa’».
Il contrasto «con la sentenza 242 – continua Mantovano - sta nell’aver omesso la terapia del dolore – che per la Corte è pregiudiziale rispetto a qualsiasi trattamento di fine vita, - e nell’aver ancorato la sofferenza intollerabile a un dato psicologico, difficilmente interpretabile»3.
Prevale ormai la tendenza sempre più diffusa di allargare le maglie della platea di chi possa accedere all’eutanasia: non più soltanto chi si trova a uno stadio terminale, ma anche chi soffre per gravi patologie, l’anziano non autosufficiente o il disabile.
Una traiettoria facilmente prevedibile ma sempre negata dalla sinistra.
Adesso, alla legge in discussione al Senato, che andrebbe semplicemente cestinata, bisognerebbe preferire misure che si prendano carico della sofferenza e offrano risposte concrete. Come la reale messa in pratica della legge sulle cure palliative, del 2010, che pur esistendo non è mai stata veramente implementata.
Soprattutto, però, bisognerebbe ricreare quelle condizioni sociali per una rinascita della carità cristiana. E ricordare anche che la stragrande maggioranza degli italiani affetti da gravi disabilità lotta per vivere e non per morire.
Come ricorda il prof. Tommaso Scandroglio, «sono circa quattromila le famiglie che assistono figli, mogli e mariti nelle stesse condizioni di Eluana Englaro e a nessuna di queste famiglie passa per la testa di staccare la spina. Parimenti è da dirsi per disabili gravi come Federico o Dj Fabo o Piergiorgio Welby. (…) Ma basta trovare una famiglia o un paziente di diverso avviso, o facilmente influenzabile, gestirlo massmediaticamente in modo efficace ed ecco che questo caso pietoso ha la meglio sul silenzio operoso di quattromila famiglie e di migliaia di persone disabili»4.
Purtroppo è esattamente così.
Il Catechismo della Chiesa Cattolica ci insegna che “Qualunque ne siano i motivi e i mezzi, l'eutanasia diretta [….] è moralmente inaccettabile” (CCC, n. 2277) e sul suicidio afferma:
“Il suicidio contraddice la naturale inclinazione dell'essere umano a conservare e a perpetuare la propria vita. Esso è gravemente contrario al giusto amore di sé. Al tempo stesso è un'offesa all'amore del prossimo, perché spezza ingiustamente i legami di solidarietà con la società familiare, nazionale e umana, nei confronti delle quali abbiamo degli obblighi. Il suicidio è contrario all'amore del Dio vivente. Se è commesso con l'intenzione che serva da esempio, soprattutto per i giovani, il suicidio si carica anche della gravità dello scandalo. La cooperazione volontaria al suicidio è contraria alla legge morale” (CCC, nn. 2281 e 2281).
Oggi, se si equipara quanto sta succedendo alla mentalità nazista degli anni ‘30, si viene bollati come degli ignoranti, quando va bene.
Ma già nel 1936, commentando un fatto di cronaca avvenuto in Australia - l’uccisione di un bambino da parte del padre per ragioni di salute - Plinio Correa de Oliveira scriveva:
“A tal punto il mondo scristianizzato sta perdendo il senso della carità, che diversi scrittori europei già sostengono l'inutilità e, più di questo, la nocività degli istituti di assistenza ai bambini malati. Se il bambino malato è un essere inferiore, per quale ragione lo Stato deve assumersi gli oneri della sua educazione? Non sarà meglio lasciar morire questi rami secchi, affinché la linfa affluisca più abbondantemente ai rami sani? Se un giorno questo pensiero conquisterà il mondo, i casi come quello del Signor Sullivan saranno numerosissimi”5.
E infatti sono diventati numerosissimi e per i più svariati motivi.
Che Dio ci aiuti.
Note
- “Mi dispiace andare, la vita è fantastica. Adesso sono libero di volare ovunque”, Corriere della Sera, 17 Giugno 2022.
- Il farmaco, la morte: addio a Federico. Suicidio assistito, primo caso in Italia, Corriere della Sera, 17 Giugno 2022.
- L’eutanasia è sempre una sconfitta. È la rinuncia ad amare, L’Identità, 17 Giugno 2022.
- Il suicidio di “Mario” e l’ordine naturale rovesciato, La Nuova Bussola Quotidiana, 17 Giugno 2022.
- Eutanasia dei bambini, "Legionario", 4 Ottobre 1936, rubrica "7 Dias em revista".
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